Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11210 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11210 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a PIACENZA il 14/09/1989
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, COGNOME la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 27 febbraio 2024, la Corte d’appello di Bologna, salvo riconoscere il beneficio condizionale della sospensione della pena, ha per il resto confermato la condanna pronunciata dal Tribunale di Piacenza, in esito a giudizio abbreviato cd. condizionato, nei confronti di NOME COGNOME per i delitti di bancarotta fraudolenta documentale cd. generica e bancarotta fraudolenta patrimoniale, commessi in qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con provvedimento del 9 gennaio 2017.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME affidando le proprie censure a due motivi, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 II primo motivo di ricorso ha a oggetto il giudizio di responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che sarebbe affetto da vizio motivazionale ed errata applicazione della legge penale. Con motivazione affatto illogica, il giudice d’appello avrebbe tratto la prova dell’asserita distrazione dalla mancanza (peraltro, soltanto parziale) di libri contabili. La motivazione dell’impugnata sentenza sarebbe altresì viziata da travisamento di prova, atteso che la relazione prodotta dal consulente contabile della difesa aveva specificamente chiarito il rapporto tra i singoli prelievi contestati e i documenti di spesa, illustrando come le spese -tutte effettuate nell’interesse della società fallitavenissero anticipate o rimborsate ex post tramite prelievi col bancomat. Inoltre, la motivazione sarebbe illogica per avere la Corte territoriale ritenuto non soddisfatto l’onere probatorio gravante sul ricorrente, sebbene questi avesse documentato, come appena ricordato, le ragioni giustificative delle spese sociali.
2.2 Col secondo motivo, si lamenta violazione di legge in relazione 1) alla mancata dimostrazione del dolo specifico nell’ascritto delitto di delitto di bancarotta fraudolenta documentale e 2) alla mancata riqualificazione del delitto di bancarotta fraudolenta documentale in quello di bancarotta documentale semplice. Si lamenta, inoltre, vizio di motivazione, per carenza della stessa, in relazione alle censure difensive sul tema dell’elemento soggettivo dei delitti ascritti, oggetto del secondo motivo d’appello. In quella sede, si era precisato che la sentenza di primo grado non indicava precisamente quali fossero le sottrazioni ascritte al De Martino al precipuo scopo di arrecare danno al ceto creditorio. Pertanto, si lamentava che né l’elemento oggettivo né quello soggettivo risultavano argomentati dal giudice di primo grado. Quanto al delitto di bancarotta fraudolenta documentale, l’allora appellante ricordava che 1) il libro I.v.a. era
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stato prodotto; tutte le transazioni e le operazioni soggette a I.v.a. erano dunque documentate. La mancata tenuta del libro cespiti, soprattutto in un’azienda che offre servizi, non ostacolava affatto la ricostruzione del volume d’affari. L’incapacità di gestire la parte amministrativa dell’impresa (e, quindi, la mancanza di adeguata cura nella gestione della documentazione contabile e nell’utilizzo del denaro contante) era stata ricondotta dal Tribunale stesso alla giovane età del De Martino e alla totale inesperienza dello stesso nel settore imprenditoriale. A siffatte doglianze, la Corte d’appello non ha replicato in alcun modo, limitandosi a motivare in punto di diniego della riqualificazione del di bancarotta fraudolenta documentale in quello di bancarotta documentale semplice (che costituiva oggetto del terzo motivo d’appello). Sul punto, la motivazione è meramente apparente, in quanto fa coincidere l’incompleta tenuta della documentazione e dei libri contabili con il dolo richiesto dalla norma.
Sono state trasmesse le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato, come si procede a illustrare.
1.1 II primo motivo è infondato. Non ravvisa, il Collegio, né vizi motivazionali né errata interpretazione di legge e di principi giurisprudenziali nel ragionevole apprezzamento della Corte d’appello, che ha ritenuto la connotazione fraudolenta delle contestate operazioni distrattive corroborata anche dalla mancanza di scritture contabili obiezione della Corte d’appello. A tal riguardo, va ribadito il principio secondo cui «in tema di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall., il dolo, generico, può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall’accertata responsabilità dell’imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta l’evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale» (Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, Scarponi, Rv. 283659 – 01; Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276910 – 01).
Ora, la Corte distrettuale ha correttamente applicato tale principio di diritto, non senza prima evidenziare l’inadeguatezza delle prospettate ragioni difensive a giustificare gli ammanchi contestati; più precisamente, nel replicare alle deduzioni difensive circa l’asserita completezza della relazione del consulente COGNOME i
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giudici di merito ne hanno evidenziato l’inadeguatezza a dar conto della frattura tra i tanti prelevamenti di contanti (per un ammontare di circa 100.000 euro) e le spese asseritamente rispondenti a scopi sociali; sicché si rivelava impossibile comprendere la destinazione dei contestati prelievi, non risultando, contestualmente agli stessi, né riduzione di debiti ( a beneficio, ad esempio, di fornitori della società ovvero di dipendenti della stessa) né uscite giustificate da apprezzabili finalità sociali. Entrambi i giudici di merito hanno rimarcato l’inanità del tentativo operato dal consulente di parte per spiegare -peraltro solo parzialmenteex post le fuoriuscite di liquidità: anche da tale punto di vista, la valutazione della Corte è conforme alla giurisprudenza di legittimità, alla luce della quale il pericolo concreto che caratterizza il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva è da valutarsi ex ante, non già ex post factum (da ultimo, v. Sez. 5, n. 20096 del 26/01/2024, Parcesepe, Rv. 286501 – 01).
Tanto premesso, la Corte distrettuale ha ricordato anche che il depauperamento -così effettuato tramite i detti prelievi in contanti- della società, poi fallita nel 2017, avveniva a ridosso dell’operazione con cui l’imputato faceva transitare i clienti della fallita in una nuova ditta individuale, cedendo, nel 2016, la società ormai decotta a un nuovo amministratore (tal COGNOME). Il motivo appare, pertanto, reiterativo di censure già disattese, con motivazione logica e fondata in diritto, dalla Corte distrettuale.
2. Il secondo motivo, nella parte in cui lamenta violazione di legge in relazione alla mancata dimostrazione del dolo specifico nell’ascritto delitto di delitto di bancarotta fraudolenta documentale, è infondato. Il dolo richiesto dalla fattispecie incriminatrice in esame è, infatti, il dolo generico, non già specifico (v., ad es., Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677 – 02). In ogni caso, la motivazione sul profilo dell’elemento soggettivo del reato in parola è adeguata, dacché dà conto della possibilità che l’imputato -di giovane età, ma con sufficiente esperienza imprenditoriale, maturata nel corso di circa quindici anni – si rappresentasse le conseguenze della mancata, regolare tenuta delle scritture contabili sulla ricostruzione del patrimonio e della movimentazione degli affari (ex plur., Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018, dep. 2019, Cortinovis, Rv. 274455 – 01). Ne deriva anche la correttezza della valutazione circa l’impossibilità di riqualificare l’ascritto delitto in quello di bancarotta documentale semplice e la conseguente infondatezza della censura, che è ai limiti dell’inammissibilità, non confrontandosi il ricorrente con la logica motivazione resa dalla Corte distrettuale circa le ragioni del diniego di riqualificazione. Il motivo è inoltre inammissibile, in quanto aspecifico e generico, nella parte in cui sostiene l’irrilevanza, in un’azienda che offre servizi, della mancata tenuta del libro cespiti ai fini della ricostruzione del
volume d’affari: trattasi, infatti, di mera asserzione, non ulteriormente argomentata e, pertanto, non idonea a incrinare la tenuta della motivazione.
Per le ragioni fin qui evidenziate, il Collegio rigetta il ricorso. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 06/12/2024
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Il consigliere estensore
Il presidente