Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19194 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19194 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
udito il difensore
AVV_NOTAIO si riporta sia ai motivi nuovi già depositati in cancelleria in data 6.01.2024, con particolare riferimento all’eccezione di prescrizione, sia al ricorso per il quale chiede l’accoglimento.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Catania confermava la sentenza con cui il tribunale di Catania, in data 23.4.2019, aveva condannato COGNOME NOME alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai latti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e di bancarotta fraudolenta documentale, ascrittigli al capo G) dell’imputazione, in qualità di amministratore unico della “RAGIONE_SOCIALE“, dichiarata fallita dal tribunale di Catania in data 3.4.2009.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) violazione di legge processuale, avendo la corte territoriale omesso di dichiarare l’estinzione dei reati per cui si procede per prescrizione, intervenuta prima della pronuncia della sentenza di secondo grado, in quanto il relativo termine massimo pari a 12 anni e sei mesi risulta perento alla data del 3.10.2022, essendo stata contestata e ritenuta la circostanza aggravante dei più fatti di bancarotta, che non costituisce una circostanza aggravante ad effetto speciale; 2) violazione di legge con riferimento all’art. 195, c,p.p., e vizio di motivazione, con riferimento all’escussione, in qualità di teste di riferimento del curatore fallimentare, del consulente tecnico della curatela, AVV_NOTAIO, posto che il teste indiretto può deporre solo su fatti, in quanto testimone, laddove un consulente tecnico può riferire su valutazioni e pareri, che sono estranei al contenuto di una testimonianza, con la conseguenza che le dichiarazioni dell’COGNOME sono inutilizzabili; 3) violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto i pagamenti di cui si contesta la natura distrattiva sono stati in realtà effettuati per estinguere debiti societari, con la conseguenza che, in ipotesi, siffatta condotta andrebbe qualificata in termini di bancarotta preferenziale; 4) violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, posto che, da un lato, la condotta accertata, rispetto alla fattispecie di bancarotta fraudolenta
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documentale cd. specifica contestata all’imputato, andrebbe qualificata in termini di bancarotta semplice, consistendo in una semplice condotta, presumibilmente colposa, di disordine, carenza e irregolarità della stessa documentazione; dall’altro, avendo i giudici di merito ritenuto la sussistenza della bancarotta fraudolenta documentale cd. generica, si è verificata un’evidente violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, di cui all’art. 521, c.p.p.
Con requisitoria scritta del 30.12.2023 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO NOME COGNOME chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Con motivi nuovi pervenuti a mezzo di posta elettronica certificata in data COGNOME 6.1.2024, COGNOME l’AVV_NOTAIO. COGNOME NOME COGNOME NOME, NOME difensore di fiducia dell’imputato, nel replicare alla requisitoria del pubblico ministero, insiste in particolare sulla fondatezza del primo motivo di ricorso.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
Manifestamente infondato appare il primo motivo di ricorso, reiterato nei motivi nuovi, in quanto il ricorrente non considera, accanto agli atti interruttivi, l’intervenuta sospensione del decorso del termine di prescrizione per un complessivo periodo di 1001 giorni, derivante dall’adesione del difensore alla proclamata astensione dalle udienze da parte degli organismi di categoria ovvero da richieste di rinvio provenienti dallo stesso difensore, come specificamente indicato dalla scheda in atti, che esclude il compiuto decorso del termine di prescrizione alla data indicata dal ricorrente.
Inammissibile appare anche il secondo motivo di ricorso, per un duplice ordine di ragioni.
Da un lato, si osserva che, come affermato dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilil:à per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed
ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (cfr. Cass., Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, Rv. 269218; Cass., Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, Rv. 270303; Cass., Sez. 5, n. 31823 del 06/10/2020, Rv. 279829).
Siffatto onere non risulta adempiuto dal ricorrente, a fronte di un articolato percorso motivazionale, in cui valore decisivo ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’imputato viene attribuito non solo alle dichiarazioni rese dal consulente contabile della curatela fallimentare e al contenuto della relativa relazione, ma anche alle dichiarazioni rese dallo stesso curatore fallimentare e dagli agenti di polizia giudiziaria, che hanno svolto le indagini (cfr. p. 5 della sentenza di appello).
D’altro canto, non può non rilevarsi la manifesta infondatezza dell’assunto difensivo, stante la piena equiparazione, sul piano processuale, tra consulente tecnico escusso in dibattimento e testimone, che determina l’estensione al primo delle regole previste per il secondo, affermata con uniforme e costante orientamento dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, Rv. 274337; Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Rv. 275112; Sez. 2, n. 7245 del 27/11/2019, Rv. 278508).
7. Inammissibile appare anche il terzo motivo di ricorso, essendo precluso in questa sede di legittimità il percorso argonnentativo con esso seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
Meramente assertivo è l’assunto difensivo sulla pretesa natura preferenziale dei pagamenti effettuati dall’imputato, a fronte di una
motivazione, certo non manifestamente illogica o contraddittoria, con cui la corte di appello ne ha desunto la natura distrattiva dalla circostanza che al momento della dichiarazione di fallimento non veniva rinvenuta alcuna somma di denaro nelle casse sociali, né venivano reperiti i numerosi beni aziendali, senza che l’amministratore fornisse giustificazione alcuna al riguardo, nonostante che, nel periodo in cui l’imputato rivestiva tale carica, la società avesse nella sua disponibilità somme di denaro utilizzate dal COGNOME attraverso un continuo ricorso a prelievi dai conti correnti societari, rendendo, di conseguenza, il patrimonio della società inidoneo a svolgere la necessaria funzione di garanzia dei creditori.
Tale conclusione appare del tutto conforme al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione qualunque operazione diretta a distaccare dal patrimonio sociale, senza immettervi il corrispel:tivo e senza alcun utile, beni ed altre attività, così da impedirne l’apprensione da parte degli organi fallimentari e causare un depauperamento del patrimonio sociale, in pregiudizio dei creditori (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 36850 del 06/10/2020, Rv. 280106).
Del tutto legittimamente, dunque, i giudici di merito hanno desunto la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale dal mancato reperimento dei beni di cui si è detto in assenza di una valida giustificazione da parte dell’imputato in ordine alla destinazione degli stessi, che, peraltro, la mancanza della documentazione contabile non ha consentito di accertare.
Invero, la responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87 I. fall. sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, Rv. 267710).
Manifestamente infondato, generico e versato in fatto deve ritenersi l’ultimo motivo di ricorso.
Come si evince dall’articolata motivazione resa dalla corte territoriale sul punto, la condotta dell’imputato è stata ricondotta al paradigma normativo della bancarotta fraudolenta documentale cd. specific:a, per l’accertata mancata tenuta dei libri, delle scritture e dei documenti contabili, dal 31.12.2007 al 3.4.2009, dunque in un periodo immediatamente antecedente alla dichiarazione di fallimento, che non sono stati consegnati agli organi del fallimento, né rinvenuti dal curatore e la cui mancanza ha reso impossibile ricostruire il movimento degli affari e la reale consistenza patrimoniale della società fallita, anche in considerazione della irregolare tenuta della suddetta documentazione per gli esercizi relativi agli anni precedenti.
La corte territoriale, infine, evidenziava lo stretto collegamento esistente tra l’omessa tenuta delle scritture contabili e l’attività distrattiva, ai fini della ritenuta sussistenza del dolo specifico di arrecare danno ai creditori (cfr. pp. 13-20).
Anche sotto l’indicato profilo la decisione della corte di appello è immune da vizi, risultando conforme ai principi affermati al riguardo dalla Corte di Cassazione.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha evidenziato che integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione, come nel caso che ci occupa, è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (cfr. Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, Rv. 279179: fattispecie relativa all’occultamento ed omessa consegna della documentazione contabile da parte di un soggetto che aveva assunto la gestione di fatto della società dopo aver dismesso la carica formale di amministratore).
In una serie di recenti e condivisibili arresti si è, inoltre, precisato, che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle
stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Cass., Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Rv. 269904; Cass., Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Rv. 276650; Cass., Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
Per integrare tale forma di bancarotta (cd. bancarotta fraudolenta documentale specifica), non si richiede, dunque, un effettivo pregiudizio delle ragioni del ceto creditorio, ma solo che la condotta del soggetto attivo del reato sia sostenuta dalla finalità di arrecare pregiudizio ai creditori (ovvero di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto).
Al riguardo deve osservarsi che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato.
Dovendo, piuttosto, consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica; della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documenl:azione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica.
Appare, pertanto, evidente che tra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa.
Orbene la corte territoriale ha reso una puntuale motivazione sul punto, evidenziando, con logico argomentare, come la finalità di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio si deduca in tutta evidenza sulla base, da un lato, dell’accertata condotta distrattiva che era interesse dell’imputato non emergesse (cfr., in questo senso, Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, Rv. 283659; Sez. 5, n. 2228 del 04/11;2022, Rv. 283983); dall’altro, della complessiva condotta elusiva posta in essere dal ricorrente, che ha omesso di consegnare al curatore, come si è detto, la documentazione contabile relativa agli anni in precedenza indicati.
L’originaria COGNOME inammissibilità COGNOME dei COGNOME motivi COGNOME di COGNOME ricorso COGNOME determina l’inammissibilità dei motivi nuovi, ex art. 585, co. 4, ultimo periodo, c.p.p.
9. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.