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Bancarotta fraudolenta documentale: l’amministratore

La Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta documentale a un amministratore di fatto che aveva occultato le scritture contabili. Irrilevante che fosse formalmente uscito dalla società, la sua gestione di fatto è stata provata. L’occultamento impedisce di valutare il danno e quindi di concedere attenuanti.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta Documentale: La Responsabilità dell’Amministratore di Fatto

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, torna a pronunciarsi sul reato di bancarotta fraudolenta documentale, offrendo importanti chiarimenti sulla figura dell’amministratore di fatto e sulla configurabilità del dolo specifico. La decisione conferma che la sottrazione o distruzione dei libri contabili integra il reato anche quando l’imputato ha formalmente dismesso le proprie cariche societarie, ma ha continuato a gestire l’impresa di fatto. Questo principio ribadisce la prevalenza della sostanza sulla forma nella valutazione delle responsabilità penali in ambito fallimentare.

Il Caso: La Gestione Occulta e i Libri Contabili Spariti

La vicenda riguarda un imprenditore, condannato in primo e secondo grado per aver sottratto o distrutto le scritture contabili di una S.r.l., dichiarata fallita nel 2010. In particolare, mancavano i documenti relativi agli anni 2005 e 2006, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società.

La difesa dell’imputato sosteneva che egli non potesse essere ritenuto responsabile, poiché nel periodo critico aveva ceduto le proprie quote e la carica di amministratore. Le quote erano state trasferite prima a un’anziana zia e poi a un terzo soggetto. Secondo il ricorrente, egli aveva continuato a lavorare per la società solo come responsabile di un punto vendita, senza alcun potere gestionale. Contestava, inoltre, la sussistenza del dolo specifico, ovvero l’intenzione di arrecare un pregiudizio ai creditori, e richiedeva l’applicazione dell’attenuante per il danno di speciale tenuità.

La Decisione della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta Documentale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la condanna. I giudici hanno ritenuto infondate tutte le censure sollevate dalla difesa, basando la loro decisione su una solida ricostruzione dei fatti e su principi giuridici consolidati.

Il Ruolo dell’Amministratore di Fatto

Il punto centrale della sentenza è il riconoscimento del ruolo di amministratore di fatto in capo all’imputato. La Cassazione ha avallato la tesi dei giudici di merito, secondo cui le cessioni di quote societarie erano state operazioni puramente formali, finalizzate a celare la continuità della gestione da parte dell’imputato. Elementi come la delega ricevuta dalla zia per ritirare la documentazione contabile presso la Guardia di Finanza e altre circostanze hanno dimostrato che egli era il vero dominus della società, nonostante la sua formale uscita di scena.

Il Dolo Specifico nel Reato di Bancarotta Documentale

Anche la censura relativa alla mancanza del dolo specifico è stata respinta. La Corte ha chiarito che l’intento fraudolento non consiste necessariamente nel nascondere specifiche operazioni distrattive (per le quali, in questo caso, l’imputato era stato assolto), ma nella volontà di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e degli affari. In un contesto caratterizzato da “vorticosi trasferimenti di titolarità”, la condotta di occultamento della contabilità è stata considerata l’unica spiegazione logica per impedire ai creditori e agli organi della procedura fallimentare di verificare la reale situazione economica della società.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione ribadendo un principio fondamentale: l’amministratore “di fatto” è gravato della stessa gamma di doveri e responsabilità penali dell’amministratore “di diritto”. Pertanto, le operazioni societarie che hanno portato alla sua formale dismissione sono state interpretate come sintomatiche di una condotta finalizzata a celare dolosamente la contabilità.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’occultamento delle scritture contabili rende impossibile la dimostrazione stessa del danno causato alla massa creditoria. Di conseguenza, l’imputato non può sfruttare la mancanza di prove, da lui stesso causata, per ottenere l’attenuante del danno di speciale tenuità. Impedire la ricostruzione dei fatti di gestione equivale a impedire ai creditori di esercitare le proprie azioni a tutela dei loro interessi, integrando così il pregiudizio richiesto dalla norma.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, nei reati fallimentari, la realtà sostanziale prevale sempre sull’apparenza formale. Chi gestisce un’impresa non può sottrarsi alle proprie responsabilità penali attraverso schermi societari o prestanome. La responsabilità per bancarotta fraudolenta documentale sorge dalla semplice condotta di occultamento dei libri contabili, quando questa è finalizzata a impedire la trasparenza della gestione, a prescindere dalla prova di specifici atti di distrazione patrimoniale. La decisione serve da monito per tutti gli amministratori: la corretta tenuta e conservazione della contabilità è un dovere inderogabile la cui violazione, in caso di fallimento, può portare a gravi conseguenze penali.

Un amministratore che cede formalmente le sue quote può essere ancora responsabile per bancarotta?
Sì. La Cassazione ha confermato che se una persona, pur non avendo più cariche formali, continua a gestire la società come “amministratore di fatto”, è pienamente responsabile per i reati fallimentari, inclusa la bancarotta fraudolenta documentale.

Perché è stata negata l’attenuante del danno di speciale tenuità?
L’attenuante è stata negata perché l’occultamento delle scritture contabili ha reso impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione e, di conseguenza, la dimostrazione stessa del danno causato ai creditori. L’imputato non può beneficiare di una mancanza di prove che lui stesso ha causato.

In cosa consiste il dolo specifico nel reato di bancarotta fraudolenta documentale?
Il dolo specifico consiste nella volontà di recare pregiudizio ai creditori. Secondo la sentenza, questo scopo si realizza anche solo con la condotta di sottrazione o distruzione della contabilità, poiché tale azione impedisce la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, ostacolando le azioni dei creditori a tutela dei loro diritti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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