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Bancarotta fraudolenta documentale: la responsabilità

La Corte di Cassazione conferma la condanna di un’amministratrice per bancarotta fraudolenta documentale, sottolineando che la responsabilità penale per la mancata tenuta delle scritture contabili sussiste anche in assenza di una gestione attiva. La carica formale impone l’obbligo di conservare i documenti. Tuttavia, la Corte annulla la decisione della Corte d’Appello riguardo al diniego della sospensione condizionale della pena, giudicando la motivazione illogica e limitata al solo richiamo di un precedente penale. Il caso viene rinviato per una nuova valutazione su questo specifico punto.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta fraudolenta documentale: quando risponde l’amministratore?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 8918 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla bancarotta fraudolenta documentale e sulla responsabilità penale dell’amministratore di società. Anche chi accetta la carica solo formalmente, senza partecipare alla gestione attiva, ha precisi doveri la cui violazione può portare a una condanna. La pronuncia si sofferma anche sui criteri che il giudice deve seguire per concedere o negare la sospensione condizionale della pena, evidenziando l’importanza di una motivazione completa e non arbitraria.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda l’amministratrice di una società a responsabilità limitata, dichiarata fallita. La donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, per aver sottratto o occultato i libri e le scritture contabili della società con lo scopo di pregiudicare i creditori. La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la sua estraneità alla gestione aziendale e l’assenza di prove sulla sua consapevolezza riguardo alla sottrazione dei documenti contabili. Inoltre, veniva contestata la decisione dei giudici di merito di negarle il beneficio della sospensione condizionale della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto solo parzialmente il ricorso. Da un lato, ha confermato la condanna per il reato di bancarotta, rigettando le argomentazioni difensive sulla mancanza di coinvolgimento gestionale. Dall’altro lato, ha annullato la sentenza limitatamente al diniego della sospensione condizionale della pena, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione su questo specifico punto.

Le Motivazioni: la responsabilità per bancarotta fraudolenta documentale

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati fallimentari: l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale anche se è un mero prestanome. L’obbligo di tenere e conservare le scritture contabili deriva direttamente, ex lege, dalla sola assunzione formale della carica. Non è quindi rilevante dimostrare una partecipazione attiva alla gestione quotidiana della società.

Per quanto riguarda l’elemento psicologico del reato, ovvero l’intenzione di recare un danno ai creditori, i giudici hanno spiegato che può essere desunto da elementi indiretti (inferenziali). Nel caso di specie, l’assoluta irreperibilità dell’amministratrice, l’ingente passivo della società e l’azzeramento ingiustificato delle rimanenze di magazzino sono state considerate circostanze sufficienti a dimostrare la volontà consapevole di occultare le vicende gestionali per danneggiare i creditori.

Le Motivazioni: il diniego della sospensione condizionale della pena

La parte più innovativa della sentenza riguarda la censura mossa alla Corte d’Appello sul diniego della sospensione della pena. I giudici di merito avevano basato la loro decisione negativa unicamente sull’esistenza di un precedente penale a carico dell’imputata. La Cassazione ha ritenuto tale motivazione ‘manifestamente illogica’.

Il riconoscimento di tale beneficio è una facoltà discrezionale del giudice, ma deve essere esercitata nel rispetto dei criteri legali (art. 133 e 164 c.p.). Il giudice deve formulare una prognosi sulla probabilità che il condannato si astenga dal commettere futuri reati. Limitarsi a citare un precedente penale, senza considerare altri elementi rilevanti come la sua risalenza nel tempo e l’età dell’imputata, costituisce un vizio di motivazione. La decisione, pertanto, deve essere annullata per consentire una valutazione più approfondita e completa.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma la severità con cui l’ordinamento tratta la figura dell’amministratore di società, anche quando il suo ruolo è puramente formale. L’accettazione della carica comporta doveri e responsabilità personali non delegabili, specialmente per quanto riguarda la corretta tenuta della contabilità. Al contempo, la pronuncia costituisce un importante monito per i giudici di merito: le decisioni che incidono sulla libertà personale, come la concessione o meno di benefici di legge, devono essere supportate da una motivazione logica, completa e non basata su automatismi, valutando ogni aspetto della situazione concreta dell’imputato.

L’amministratore di una società che non partecipa attivamente alla gestione risponde di bancarotta fraudolenta documentale?
Sì. Secondo la Corte, l’amministratore di diritto ha un obbligo legale personale di tenere e conservare le scritture contabili, che discende direttamente dalla sua carica formale. La sua responsabilità sussiste anche se non è coinvolto nella gestione operativa.

Come si prova l’intenzione di danneggiare i creditori nella bancarotta documentale per omissione?
L’intenzione può essere provata attraverso elementi indiziari. Nel caso esaminato, elementi come l’irreperibilità dell’amministratrice, la rilevante entità del passivo e la sparizione delle scritture contabili sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare la consapevole volontà di recare pregiudizio ai creditori.

Un precedente penale è sufficiente per negare la sospensione condizionale della pena?
No. La Corte ha stabilito che la motivazione del diniego non può limitarsi a menzionare un precedente penale. Il giudice ha l’obbligo di effettuare una valutazione prognostica completa, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti, come la data del precedente reato e l’età dell’imputato, e non può basare la sua decisione su un singolo elemento in modo illogico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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