Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18825 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18825 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 13/03/2025
R.G.N. 659/2025
EVA TOSCANI
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Ala di Stura (TO) il 17/08/1946 avverso la sentenza del 10/10/2024 della Corte di appello di Torino udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME
COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 10 ottobre 2024 la Corte di appello di Torino, giudicando quale giudice del rinvio disposto dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 41796 emessa in data 20/09/2022 con riferimento alla motivazione circa il coefficiente soggettivo del reato, ha condannato NOME COGNOME alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, dichiarata sospesa, e alle sanzioni accessorie previste dalla legge fallimentare per la durata di due anni, per il reato di cui agli artt. 223, 216, comma 1, n. 2, legge fallimentare commesso il 26 giugno 2014 omettendo di tenere, ovvero distruggendo, le scritture contabili della società RAGIONE_SOCIALE da lui amministrata.
Secondo il giudice di rinvio la sussistenza del dolo specifico dell’imputato, nel tenere la condotta contestata, Ł desumibile dal protrarsi del comportamento omissivo, dal 2009 sino alla dichiarazione di fallimento, finalizzato all’evasione fiscale, non avendo la società mai pagato IRES, IVA e IRAP, stante l’omessa redazione dei bilanci e il conseguente occultamento degli utili. Anche il fatto di avere proseguito la condotta omissiva tenuta dai precedenti amministratori dimostra, secondo i principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità, la volontà dolosa dell’imputato di recare pregiudizio ai creditori, continuando in tal modo a impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, nonchØ continuando ad eludere gli obblighi fiscali.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo dei suoi difensori avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del delitto
contestato.
L’iter argomentativo della sentenza impugnata si pone in contrasto con le censure mosse dalla Corte di cassazione avverso la precedente pronuncia di secondo grado. Nella condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, il discrimine tra la qualificazione come ipotesi di bancarotta fraudolenta e quella di bancarotta semplice Ł dato dalla finalità dell’omissione, che rende configurabile il reato piø grave solo se consiste nella volontà di arrecare danno ai creditori. L’atto di appello chiedeva al giudice del merito di accertare come potesse tale volontà conciliarsi con l’assoluzione dall’accusa di bancarotta fraudolenta distrattiva, avendo il giudice di primo grado ritenuto che le operazioni compiute dall’imputato fossero finalizzate ad evitare di esporre la società ad azioni legali e a ricavare denaro con cui tacitare i creditori, ed essendosi accertato che dal 2009 la società aveva sostanzialmente cessato l’attività.
La sentenza impugnata non ha risolto tale contraddizione, e non ha indicato alcuna prova relativa all’asserita finalità di arrecare pregiudizio ai creditori.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, e deve essere rigettato.
La sentenza impugnata ha valutato approfonditamente, e con argomentazione non contraddittoria nØ manifestamente illogica, la sussistenza del dolo di danneggiare i creditori nella condotta di omessa tenuta o distruzione delle scritture contabili della società RAGIONE_SOCIALE amministrata dal ricorrente, così rispondendo alla prescrizione contenuta nella sentenza di rinvio.
Secondo la sentenza impugnata, la sussistenza del dolo specifico Ł desumibile dalla protrazione per anni della totale omissione nella tenuta delle scritture contabili della società, nonostante essa operasse e producesse utili, secondo quanto accertato, e dall’omesso pagamento di imposte, tasse e tributi per un importo che la Guardia di finanza ha calcolato in € 1.779.929,64, comprensivo di sanzioni e interessi. La protrazione per anni di tale condotta dimostra, secondo i giudici, che si trattava di un comportamento volontario e consapevole, e il mancato pagamento degli importi dovuti all’erario dimostra che essa era finalisticamente orientata, in primo luogo all’evasione fiscale ma anche, direttamente e non solo indirettamente, a danneggiare il ceto creditorio, occultando la reale situazione creditoria e debitoria della società, e impedendo la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Tale condotta, infatti, oltre a danneggiare direttamente l’erario, quale creditore, solitamente comporta un notevole danno per gli altri creditori societari, in quanto da un lato rende impossibile una completa e certa ricostruzione del patrimonio societario, e impossibile per detti creditori di conoscere il reale andamento debitorio della società nel corso della sua gestione, e dall’altro lato il mancato, tempestivo pagamento delle imposte provoca un notevole incremento del debito fiscale, per l’imposizione di interessi e sanzioni: l’iscrizione al passivo di un tale debito comporta la diminuzione dell’attivo fallimentare a disposizione degli altri creditori, privi di un titolo preferenziale quanto meno di pari grado, fino ad escluderlo del tutto, come avvenuto nel presente caso. Tale problematica Ł nota ad ogni contribuente, per cui logicamente la sentenza ha ritenuto che l’imputato abbia tenuto la condotta omissiva contestatagli con la piena consapevolezza di procurare un danno a tutti i creditori, e agendo volontariamente nonostante tale consapevolezza, quindi con una condotta finalizzata a realizzare, o a non impedire, tale danno.
La valutazione contenuta nella sentenza impugnata si conforma al principio dettato da questa Corte, secondo cui «In tema di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della
contabilità interna, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali» (Sez. 5, n. 10968 del31/01/2023, Rv. 284304) Questa pronuncia, infatti, nella parte motiva ha affermato che «l’elemento psicologico del dolo specifico, vale a dire il fine di recare pregiudizio ai creditori» Ł «logicamente desunto dal consapevole protrarsi del comportamento omissivo per numerosi anni» (in quel caso cinque anni, come nel presente). Lo scopo di danneggiare i creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali, «ben può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda», in particolare dalla produzione, grazie all’occultamento, protratto nel tempo, dei movimenti della gestione della società, di un debito ingentissimo, quale quello accertato anche nel presente caso, indicato nell’imputazione come superiore a 2.500.000,00 euro. La motivazione della sentenza impugnata, pertanto, deve essere ritenuta logica e adeguata, in quanto ha tenuto conto della condotta complessiva del ricorrente, proseguita per molti anni, e ha dedotto da questa e dalla rilevante entità del debito, raggiunta a causa dell’occultamento delle scritture e alla connessa evasione fiscale, il dolo specifico richiesto dalla norma.
E’ infondata anche la censura di contraddittorietà della motivazione, per essere stato ritenuto sussistente il delitto di bancarotta fraudolenta documentale a fronte dell’assoluzione dall’accusa di bancarotta fraudolenta patrimoniale, avendo il giudice di primo grado escluso la natura distrattiva dell’appropriazione di un importo dovuto a titolo di IVA, contestata al capo A), con conseguente assoluzione anche dal reato di cui al capo B).
L’assoluzione Ł stata pronunciata dal giudice di primo grado perchØ l’importo distratto Ł stato ridimensionato nella mera somma di € 11.680,00, derivante da due operazioni di compravendita, ed Ł risultato che questa somma non Ł stata trattenuta dall’imputato ma immediatamente utilizzata per saldare i creditori della società venditrice, così da liberare da ipoteca gli immobili compravenduti. Si Ł trattato, quindi, di un’operazione priva di collegamento con la condotta di bancarotta documentale e con la posizione dei creditori societari, che perciò non può essere valutata come finalizzata ad apportare loro un vantaggio o un danno, in quanto aveva la sola utilità di acquistare due immobili liberi da ipoteche. La modestia dell’importo, formalmente sottratto al patrimonio della società fallita e quindi alla garanzia dei suoi creditori, Ł stata altresì ritenuta tale da non consentire di affermare che la sua distrazione avesse inciso in modo significativo sul dissesto, così da concorrere nella sua produzione.
Peraltro anche tale operazione, secondo quanto riportato nella sentenza di primo grado, Ł stata accertata solo per mezzo delle attività ispettive della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate, dimostrando così ulteriormente che l’omessa tenuta delle scritture contabili aveva una finalità di occultamento del movimento degli affari e dell’incremento o decremento patrimoniale della società, in danno dei creditori sociali, lasciati nell’impossibilità di conoscere le vicende gestionali della stessa.
Anche sotto tale profilo, pertanto, la sentenza non presenta vizi di motivazione, risultando non contraddittoria la diversa valutazione delle condotte sopra descritte, stante la loro totale autonomia e la diversa finalità rispetto al delitto di bancarotta fraudolenta documentale ritenuta sussistente.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME