Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19627 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19627 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a MONTE SANT’ANGELO il 20/06/1944 COGNOME nato a FOGGIA il 29/04/1974
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
udito il difensore, l’avvocato COGNOME che discute i motivi proposti e chiede l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la decisione impugnata del 21.11.2023, la Corte d’Appello di Bari, in riforma del sentenza del Tribunale di Foggia, emessa in data 11.12.2018:
ha dichiarato non doversi procedere nei riguardi di NOME COGNOME nella sua quali di amministratore di diritto della società RAGIONE_SOCIALE, fallita il 22.4.2014, quant reato di cui al capo C (bancarotta semplice documentale), perché estinto per prescrizione, ritenuto assorbito il reato di cui al capo B (violazione degli obblighi previsti dagli artt. e 16 n. 3 della legge fallimentare) in quello di cui al capo A (bancarotta fraudolenta document per omessa tenuta delle scritture contabili), ha rideterminato la pena inflitta in anni reclusione, con pene accessorie fallimentari di eguale durata;
ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME amministratore di fatto e s accomandatario della fallita, in anni tre e giorni quindici di reclusione (pene accessorie di e durata), previo assorbimento del reato di cui al capo B in quello di cui al capo A d contestazione e riconoscimento della continuazione criminosa tra i capi di imputazione.
Avverso la sentenza impugnata hanno proposto ricorso gli imputati, tramite i difensori d fiducia, deducendo tre motivi differenti.
2.1. Il primo argomento di censura eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione relazione alla affermazione di responsabilità dei ricorrenti per il reato di bancarotta fraud documentale, denunciando la contraddittoria valutazione di sussistenza del dolo, derivat dall’erronea contestazione del reato attraverso la fusione tra due condotte – quella omissiv mancata predisposizone delle scritture contabili dal 2004 e quella commissiva di tenuta in guis da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fa – che ha determinato un evidente errore di prospettiva da parte dei giudici di merito anch soprattutto quanto alla tipologia di dolo richiesto per configurare il reato: specifico dell’ipotesi di cui alla prima parte dell’art. 216, comma primo, n. 2, I. fall.; generi dell’ipotesi di cui alla seconda parte della medesima norma.
La difesa evidenzia come la recente giurisprudenza di legittimità abbia unanimemente chiarito che le fattispecie omissive di bancarotta fraudolenta documentale, previste dalla pr parte dell’art. 216, comma primo, n. 2, I. fall., siano da considerare come condotte a d specifico (di recare pregiudizio ai creditori) e non possono refluire, attraverso la fusion due condotte normativamente previste, in condotte a dolo generico.
Nel caso di specie, dunque, la Corte d’Appello ha errato nel ritenere di poter configurar reato sulla base di un accertamento del coefficiente soggettivo calibrato sul dolo generi piuttosto che su quello specifico previsto per le condotte omissive della tenuta delle scri contabili; né è in ogni caso stato dedicato alcun passaggio motivazionale implicito o esplicito sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma citata (il dolo di recare pregiudizio ai c o di recare agli imputati o ad altri un ingiusto profitto).
2.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione relazione alla mancata riqualificazione della condotta ascritta ai ricorrenti in quella p dall’art. 217, comma 1, n. 4, I. fall., tenuto conto che, di fatto, la sentenza impugn riferimento, per ritenere provato il reato, allo stato di insolvenza registrato a partire da anno in cui ha inizio l’omessa tenuta dei libri contabili – aggravato dal non aver richi fallimento.
La mancanza di verifica del dolo specifico del reato di bancarotta fraudolenta documentale da omessa tenuta delle scritture contabili farebbe sì che la sola fattispecie configurabile sia di bancarotta semplice documentale, peraltro già contestata al capo C, dichiarato prescritto.
2.3. La terza censura attiene, infine, al capo C dell’imputazione.
La difesa ritiene che si riscontri un vizio di motivazione nella sentenza impugnata, là d essa non fa riferimento ad un coefficiente colposo, né tantomeno doloso, per ritenere configurat il reato di bancarotta semplice da aggravamento del dissesto causato dall’omessa richiesta d declaratoria di fallimento.
La tesi dei ricorrenti è che tale carenza di motivazione determina l’insussistenza del reat cui all’art. 217, comma primo, n. 4, I. fall. che non può essere collegato alla mera prosecuzi dell’attività sociale in crisi, tanto più che non è stata accertata l’entità esatta del disse la relazione del curatore non restituisce un andamento negativo della società insorto già a part dal 2004.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, limitatamente al primo motivo ed al reato di cui al capo A d contestazione, per le ragioni che si indicheranno di seguito.
La sentenza d’appello, pur riconoscendo l’equivocità dell’imputazione, costruita facend riferimento ad entrambe le condotte di bancarotta fraudolenta documentale previste dall’art 216, primo comma, n. 2)1. fall., “fuse” tra loro così da applicare alla prima ipotesi il coef soggettivo previsto per la seconda, ha ritenuto illegittimamente che la bancarotta fraudole potesse essere integrata dalla condotta di omessa tenuta delle scritture contabili dal 2004 2014, ancorchè a dolo generico.
Secondo l’erronea prospettiva della Corte d’Appello, l’omessa tenuta delle scritture contab può considerarsi alla stregua di una irregolare tenuta, da intendersi lacunosa in senso diacroni se rapportata alla sussistenza, invece, dei libri contabili per il periodo di attività degl 1998 al 2004.
In tale prospettiva, l’omessa tenuta è divenuta irregolare tenuta, in guisa da non rende possibile diacronicamente – tenuto conto dell’intero periodo di attività della societ ricostruzione del patrimonio, perseguibile a titolo di dolo generico.
3. La sentenza impugnata ha deciso disallineandosi rispetto alla giurisprudenza di legittimi oramai consolidata, che da tempo rammenta la distinzione delle due fattispecie previste dall’ar 216, comma primo, n. 2, I. fall., indicandone il diverso coefficiente soggettivo, oltr distinguendone la condotta oggettiva.
Seguendo l’opzione condivisa, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, rientra nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e richiede il dolo spec recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, la no omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libri in bianco” e si differenzia dal caso, caratterizzato invece da dolo generico, dell’ome annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale mancanza di annotazion ma nell’omessa annotazione di specifiche operazioni (si richiamano, soprattutto, le recen sentenze Sez. 5, n. 45246 del 7/11/2024, COGNOME, Rv. 287175 e Sez. 5, n. 6556 del 22/11/2024, dep. 2025, Xiang, n.m.)
In particolare:
1) la prima fattispecie è quella costruita dal legislatore a dolo specifico (e per questo de “specifica”) e consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (totale o parziale) e delle altre scritture contabili; richiede il dolo specifico consistente nello scopo di arrec o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
In tale prima ipotesi va ricompresa anche l’omessa tenuta dei libri contabili, sempre che condotta omissiva sia sorretta da dolo specifico, perché altrimenti risulterebbe impossib distinguere tale fattispecie da quella – analoga sotto il profilo materiale – di bancarotta se documentale prevista dall’art. 217 legge fall. (Sez. 5, n. 25432 del 11/4/2012, De Mitri, 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179).
Va aggiunto, ad ulteriore chiarimento dell’opzione cui il Collegio aderisce, che l’omes tenuta (così come la sottrazione, distruzione o falsificazione) può essere anche “parziale” e nozione ricomprende sia la mancata istituzione “sincronica” di uno o più libri contabili determinato anno, sia la mancata istituzione “diacronica” di uno o più libri contabili nel co diversi anni di vita dell’impresa, sia anche l’ipotesi della “materiale” esistenza dei libri che però sono stati “lasciati in bianco”;
2) la seconda fattispecie di reato a dolo generico (definita anche “generale”), invece, integrata dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione movimento degli affari e del patrimonio della fallita.
Questa ipotesi, diversamente dalla prima, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e si realizza attr una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotaz “originaria” di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 5081
13/01/2020, COGNOME, Rv. 278321), che dà luogo ad annotazioni incomplete che incidono sul principio di continuità contabile, impedendo di ricostruire il patrimonio e il movimento degli (non come evento del reato, ma come carattere modale della condotta).
Essa si risolve in una fattispecie di falso ideologico materiale (per aggiunta di dati fals omissione di dati veri) applicata alla bancarotta poiché determina comunque la parvenza (evidente nella locuzione normativa utilizzata: “in guisa da”) che la contabilità r l’operatività dell’impresa e crea quell’inganno che è punito nella “bancarotta a dolo generi generale”.
Sotto il profilo soggettivo, per la seconda fattispecie di bancarotta fraudolenta documenta è sufficiente il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).
In conclusione, deve essere affermato che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, rientra nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall., e richied specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto pro nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende sia la mancata istituzione “sincronica” di uno o più libri contabili in un determinato anno, sia la m istituzione “diacronica” di uno o più libri contabili nel corso di diversi anni di vita dell sia anche l’ipotesi della “materiale” esistenza dei libri contabili che però sono stati “las bianco”.
3.1. I giudici d’appello non si sono adeguati a tali indicazioni ermeneutiche, considerando fattispecie concreta accertata – vale a dire una bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta “diacronica” delle scritture contabili, nel corso di diversi anni di operatività della fallita – come una ipotesi di tenuta fraudolenta delle stesse, rientrante nella seconda ar incriminazione contemplata dall’art. 216, primo comma, n. 2, I. fall.
Per quanto esposto al paragrafo precedente, si tratta di una valutazione errata, poich confonde i piani di tipicità delle due diverse disposizioni di reato, contenute nella previs legge citata, e ritiene sussistente il delitto di bancarotta fraudolenta documentale da irre tenuta delle scritture contabili, a dolo generico, là dove nessuna falsificazione originaria stesse scritture è stata accertata, né sotto forma di annotazione di dati falsi né sotto for omessa annotazione di dati veri all’interno di uno o più dei libri contabili istituiti.
Viceversa, è stata accertata una omessa tenuta di scritture societarie nel corso degli an dal 2004 al 2014 (non è chiarissima, peraltro, la circostanza fattuale del se sia totale blocchi di scritture), che ritrova la sua ragione di incriminazione nella prima delle due fatt normative individuate dall’art. 216, primo comma, n. 2, I. fall., che richiede la verifica d specifico (di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditor coefficiente soggettivo necessario e qualificante della condotta.
Dolo specifico che non è stato oggetto di verifica, neppure implicita, desumibile da a segmenti motivazionali della sentenza impugnata, sì da ovviare all’errore interpretati dichiaratamente commesso nella pronuncia d’appello.
3.2. Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, al fin di dar modo al giudice di secondo grado, in diversa composizione, di ricomporre il giudizio su sussistenza della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale secondo le line ermeneutiche indicate dal Collegio in adesione alla giurisprudenza di legittimità dominante.
Nel giudizio rescissorio, il giudice del rinvio dovrà verificare la sussistenza del dolo spe del reato di omessa tenuta delle scritture contabili, previsto dalla prima parte dell’art. 216, comma, n. 2, I. fall., valutando anche la possibile configurabilità dell’ipotesi di ban semplice documentale, prevista dall’art. 217 I. fall., al centro del secondo motivo di ricorso cui si chiede la riqualificazione del delitto di cui al capo A – che, pertanto, è a dall’accoglimento della prima ragione difensiva.
Infatti, come si è già evidenziato, alla luce della differenza sul piano oggettivo, prima an che soggettivo, tra le due fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale previste dal disposizione incriminatrice, se nel caso concreto è configurabile una omessa tenuta, nel cors degli anni, di tutte le scritture contabili o di una loro parte, si realizza l’ipotesi di re nel primo segmento dell’art. 216, primo comma, n. 2, I. fall., necessariamente a dolo specifi con la conseguenza che, ove tale coefficiente doloso non fosse riscontrato, potrebbe configurars il reato di bancarotta semplice documentale previsto dall’art. 217 legge fall. (e non la diff ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale a dolo generico), analogo sotto il profilo materi e distinguibile soltanto in ragione del coefficiente soggettivo di attribuzione della condotta autore (cfr. le già citate sentenze Sez. 5, n. 25432 del 2012; Sez. 5, n. 11115 del 2015; Sez n. 18320 del 2020).
4. Il terzo motivo di ricorso deve essere rigettato.
La denuncia di carenza di motivazione riguardo all’affermazione di responsabilità de ricorrenti è priva di fondamento.
La Corte d’Appello non ha omesso di rispondere ad un motivo specifico proposto nell’atto di impugnazione della difesa (nei due atti di appello distinti), ma ha dato adeguata spiegazione, piano oggettivo, del perché vi siano indicatori della condotta di reato di bancarotta ex art I. fall. da aggravamento del dissesto per omessa richiesta di fallimento, contestata al cap dell’imputazione (cfr. pag. 8 della sentenza di secondo grado).
I ricorrenti ritengono che la loro colpevolezza per il reato di cui all’art. 217, comma n. 4, I. fall. sia stata collegata al mero dato della prosecuzione dell’attività sociale in cr neppure accertare l’entità esatta del dissesto o l’andamento negativo della società insorto 2004.
Ed invece, la sentenza impugnata ha individuato plurimi elementi indicativi della condizion di insolvenza della fallita quanto meno a far data dagli anni 2004/2005, protra
negligentemente dagli amministratori per circa dieci anni, sino a giungere al fallimen addirittura ritrovando la conferma di tale situazione dalle stesse ammissioni degli atti di ap
dei ricorrenti (la parte di interesse è richiamata in corsivo e tra virgolette nella sent secondo grado).
Tra gli indicatori enucleati: l’abbandono dei beni aziendali all’interno dei locali di sua a seguito della procedura di sgratto; la cessazione dei rapporti di lavoro dipendente essenzi
alla prosecuzione dell’attività; la scelta di non presentare più, sin dal 2005, la dichiarazi redditi annuale; l’entità del debito maturato, ammontante complessivamente a circa 349.000
euro (sommando le cifre indicate in sentenza dei crediti chirografari e privilegiati), che la territoriale ritiene ragionevolmente accumulatosi nel corso di un decennio.
Si tratta di elementi che logicamente hanno portato i giudici d’appello a ritenere provat condotta di reato di bancarotta semplice per mancata tempestiva richiesta di fallimento che –
rammenta – vede oggetto di incriminazione l’aggravamento del dissesto dipendente dal semplice ritardo nell’instaurare la concorsualità, senza che siano richiesti ult
comportamenti concorrenti (Sez. 5, n. 28609 del 21/4/2017, COGNOME, Rv. 270874; Sez. 5, n.
13318 del 14/2/2013, INDIRIZZO Rv. 254986).
Ritardo che, nel caso di specie, sicuramente è provato visto che l’esigenza di richiedere fallimento era emersa oltre dieci anni prima della decozione formalmente pronunciata con sentenza del Tribunale di Foggia del 22.4.2014.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al capo A, con rinvio per nuo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari. Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso il 4 febbraio 2025.