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Bancarotta fraudolenta documentale: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha analizzato il caso di un amministratore accusato di bancarotta fraudolenta documentale per aver sottratto i libri contabili. Pur confermando che la mancata consegna delle scritture al curatore costituisce il reato materiale, la Corte ha annullato la condanna, ritenendo non adeguatamente provato il dolo specifico, ovvero l’intenzione di procurare un profitto o danneggiare i creditori, elemento necessario per questo tipo di reato.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta fraudolenta documentale: l’importanza del dolo specifico

La bancarotta fraudolenta documentale rappresenta uno dei reati più gravi nel contesto delle crisi d’impresa. Questa fattispecie si configura quando un imprenditore, dichiarato fallito, sottrae, distrugge o falsifica i libri e le scritture contabili. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12840/2025, interviene per fare chiarezza su un elemento cruciale: il dolo specifico. La decisione sottolinea che non basta la semplice mancata consegna dei documenti per configurare il reato, ma è necessaria la prova della volontà di ottenere un profitto ingiusto o di danneggiare i creditori.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda l’amministratore unico di una società a responsabilità limitata, condannato nei gradi di merito per il reato di bancarotta fraudolenta documentale c.d. specifica. L’accusa, mossa in concorso con il precedente amministratore, era quella di aver sottratto i libri e le scritture contabili della società, poi dichiarata fallita.
La difesa dell’imputato si basava su diversi punti:
1. Le scritture contabili non gli erano mai state consegnate dal suo predecessore.
2. I documenti erano sempre rimasti presso uno studio professionale esterno.
3. Mancava l’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo specifico. Secondo la difesa, l’eventuale omissione era dovuta a mera negligenza, configurando al massimo l’ipotesi meno grave di bancarotta semplice (art. 217 Legge Fallimentare).

Nonostante queste argomentazioni, sia il tribunale che la corte d’appello avevano confermato la condanna, ritenendo provata la sottrazione dei documenti e la volontà fraudolenta dell’amministratore.

La responsabilità nella bancarotta fraudolenta documentale

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso, scindendo l’analisi tra l’elemento materiale e quello soggettivo del reato.
Sotto il profilo materiale, i giudici hanno ritenuto il ricorso infondato. Hanno sottolineato che l’amministratore di una società ha un ‘diretto e personale obbligo di tenere e conservare le suddette scritture’. Pertanto, il fatto che le scritture contabili non fossero state messe a disposizione del curatore fallimentare era incontestabile e sufficiente a integrare la condotta materiale della sottrazione. La Corte ha respinto la giustificazione dell’imputato, evidenziando che non era stata fornita alcuna prova del presunto mancato passaggio di consegne da parte del precedente amministratore.

Le Motivazioni della Decisione

Il punto cruciale della sentenza risiede nell’analisi dell’elemento soggettivo. La Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo al dolo specifico. La bancarotta fraudolenta documentale specifica, prevista dall’art. 216, n. 2, della Legge Fallimentare, richiede che la sottrazione dei documenti contabili sia compiuta ‘allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori’.
I giudici di legittimità hanno osservato che la corte d’appello aveva fondato la sua decisione su argomenti ‘ultronei’, ossia esterni alla fattispecie, come la generica volontà di ostacolare la ricostruzione del patrimonio della fallita. Tuttavia, questa finalità integra una diversa ipotesi di reato (la bancarotta documentale c.d. generica), non quella specifica contestata.
La Cassazione ha stabilito che la motivazione della condanna era carente perché non spiegava in modo convincente da quali elementi concreti si desumesse la specifica intenzione dell’imputato di trarre un profitto o di danneggiare i creditori, specialmente in assenza di atti di disposizione patrimoniale a danno della società. Pertanto, la sola mancata tenuta o consegna delle scritture non è sufficiente a provare automaticamente il dolo specifico richiesto per la forma più grave di bancarotta documentale.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna con rinvio ad un’altra sezione della corte d’appello. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso, concentrandosi specificamente sulla prova del dolo specifico. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: nei reati a dolo specifico, l’accusa deve provare non solo la condotta materiale, ma anche l’intenzione finalistica che la legge richiede. Per l’amministratore, anche se solo ‘formale’, rimane fermo l’obbligo di conservare e rendere disponibili le scritture contabili, ma la sua condanna per la fattispecie più grave di bancarotta fraudolenta documentale necessita di una prova rigorosa del suo scopo fraudolento.

Qual è l’obbligo principale di un amministratore riguardo alle scritture contabili?
L’amministratore, anche se solo formale, ha un obbligo diretto e personale di tenere e conservare le scritture contabili e di metterle a disposizione del curatore in caso di fallimento. La mancata consegna integra la condotta materiale del reato di sottrazione.

Cosa si intende per ‘dolo specifico’ nella bancarotta fraudolenta documentale?
Per ‘dolo specifico’ si intende la finalità, richiesta dalla norma, che l’agente deve perseguire. Nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica, non basta sottrarre i documenti, ma bisogna farlo con lo scopo preciso di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto oppure di recare un danno ai creditori.

La mancata consegna dei libri contabili è sufficiente per una condanna per bancarotta fraudolenta documentale specifica?
No. Secondo questa sentenza, la sola condotta materiale della mancata consegna delle scritture contabili al curatore non è sufficiente. È necessario che l’accusa dimostri anche la presenza del dolo specifico, ovvero l’intenzione finalizzata al profitto o al danno dei creditori. In assenza di tale prova, il fatto potrebbe essere qualificato come bancarotta semplice o non costituire reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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