Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14208 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14208 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME nato a Bassano del Grappa (VI) il 23/01/1963 avverso la sentenza del 28/03/2024 della Corte d’appello di Venezia; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria del difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Venezia ha confermato la condanna emessa dal Tribunale di Padova, in data 1/10/2019, nei confronti di NOME COGNOME per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o distruzione della contabilità della fallita RAGIONE_SOCIALE di cui l’imputato era legale rappresentante: fatto commesso allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
COGNOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo l’erronea applicazione dell’art. 216 r.d. 267/1942, contestando, in sostanza, la sussistenza
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del dolo specifico del reato, poiché l’omessa consegna della contabilità, in sé, è priva di un’autonoma forza inferenziale, potendo derivare anche da semplice negligenza (verosimile, nella specie, in ragione delle non buone condizioni psicofisiche dell’imputato, come desumibili dalla sentenza di primo grado): sicché il fatto sarebbe, al più, sussumibile nel reato di cui all’art. 217 r.d. 267/1942.
Si contesta la sentenza d’appello laddove aveva erroneamente valorizzato sia il mancato recupero della contabilità presso la sede della cessionaria dell’azienda, ove si trovava, condotta a cui l’imputato (si assume) non era tenuto, sia la cessione d’azienda per l’importo di 2.000,00 euro, attestante, invece, per parte ricorrente, la sua inconsistenza, sia la locupletazione in termini imprecisati in relazione alla detta cessione aziendale, definita, da parte ricorrente, una mera congettura), sia, infine, la mancata consegna di un’autovettura, oggetto di condanna non definitiva in sede penale. E si contesta, altresì, la sentenza d’appello, per non aver considerato il non rilevante passivo, la regolare tenuta delle scritture, fino al 2014, e, infine, la mancata contestazione di distrazione di somme.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, per diversi profili inammissibile (specie nella parte in cui sollecita una mera rilettura dei fatti di causa), è nel complesso infondato.
È noto che sia radicalmente inammissibile ogni censura che si risolva in doglianze in fatto che sottopongano al giudice di legittimità una diversa valutazione delle prove raccolte. Tanto esula dal novero dei vizi deducibili ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen,, con limiti non aggirabili, ovviamente, col mero richiamo di violazioni normative (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-04): salvo non emergano omissioni, contraddizioni o illogicità manifeste e, ovviamente, decisive.
Queste ultime, in quanto «manifeste», devono essere tali da apparire di lapalissiana evidenza per esser la motivazione fondata su congetture implausibili o per avere la stessa trascurato dati di superiore valenza (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944-01; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205621-01; Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rv. 285504-01; Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, Rv. 278609-01): tanto più nel caso di decisioni di merito conformi, che, come noto, si saldano tra loro in un unicum motivazionale da valutare nel suo complesso (Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Rv. 252615-01; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Rv. 197250-01).
In estrema ed efficace sintesi, «la manifesta illogicità della motivazione, prevista dall’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., presuppone che la ricostruzione proposta dal ricorrente e contrastante con il procedimento argomentativo recepito nella sentenza impugnata sia inconfutabile e non rappresenti soltanto un’ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza» (Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 280589-02).
Si contesta, per contro, nella specie, la logica valutazione operata in sede di merito, in cui, in modo razionale ed esaustivo, di certo non contraddittorio o manifestamente illogico, s’è ritenuta la prova del dolo del reato de quo, in quanto:
l’imputato non si era presentato all’invito del curatore;
la contabilità era esistita (come desumibile dal bilancio del 2015) e, dunque, era stata volutamente ed in larga parte occultata o distrutta;
a seguito di accesso dell’Ufficiale giudiziario nella sede operativa della società cessionaria dell’azienda, era stata ritrovata solo parte della stessa, essendo mancante dei partitari contabili dal 2012 al 2014 e del libro giornale dal 2010 a 2016;
la parte rinvenuta rendeva impossibile ricostruire gli affari societari;
l’azienda era stata ceduta nel dicembre 2015, poco prima della decozione;
l’attivo societario era pari a zero, mentre il passivo era di 147.665,77 euro;
NOME COGNOME istante il fallimento, aveva anche sporto querela per truffa, avendo pagato una vettura mai consegnatagli dall’COGNOME;
l’imputato aveva ammesso l’incasso di somme per vetture mai consegnate agli acquirenti, senza spiegare, in modo plausibile, il loro destino.
Alcune di tali affermazioni – quali l’incasso di somme non documentate, indicata sin dalla sentenza di primo grado (pagina 1, terza facciata), il non esiguo passivo finale, l’impossibilità di ricostruzione dell’andamento societario – non sono state oggetto di alcuna contestazione, neanche in sede d’appello, men che meno di alcuna plausibile e comprovata spiegazione, atta a sovvertire quanto acclarato in sede di merito e ivi trascurata: e, comunque, non risultano oggetto di censure ammissibili in questa sede, tanto più laddove formulate, per la prima volta, con la memoria depositata da ultimo dall’imputato.
E si tratta di ragioni idonee a dare conto dell’esistenza del dolo specifico correlato alla sottrazione o mancata corretta tenuta delle scritture.
La sentenza d’appello, dunque, lungi dal basarsi solo sull’affermazione secondo cui la contabilità ben avrebbe potuto essere recuperata dall’imputato presso la cessionaria dell’azienda o su quella per cui la sua omessa consegna fosse funzionale ad occultare (solo) il modesto incasso correlato alla cessione d’azienda, ha tratto, invece, la prova del dolo specifico da ben altri elementi, niente affatto
incongrui o illogici, quali il detto incasso di somme per vetture, peraltro, neppure consegnate agli acquirenti ed il non esiguo passivo finale.
Tanto è, peraltro, conforme al pacifico orientamento secondo cui il fine di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o altri un ingiusto profitto può
essere desunto anche dalle provate condotte distrattive ai danni della fallita, la cui destinazione resti incerta proprio per la mancata consegna della contabilità, specie
se protrattasi nel tempo (nella specie, dal 2012 al 2014 per i partitari contabili e dal 2010 a 2016, per il libro giornale) e comportante un’ingente (nella specie di
147.665,77 euro) esposizione debitoria finale (così Sez. 5, n. 10968 del
31/01/2023, Rv. 284304-01; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, Rv.
279179-01; Sez. 5, n. 47762 del 16/12/2022, non massimata).
3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 18/03/2025