Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25424 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25424 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a TARANTO il 19/09/1964
avverso la sentenza del 12/11/2024 della Corte d’appello di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; Letta la memoria del difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento del ricorso,
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Roma, in data 18 marzo 2023, che ha condannato NOME alla pena di giustizia per il reato di bancarotta fraudolenta documentale previsto e punito dagli artt. 216 comma 1 n.1) e 223 comma 1 e 2 n. 2) Legge fall.
Il Tribunale aveva dichiarato l’imputato colpevole del reato di bancarotta fraudolenta documentale, per distruzione e occultamento delle scritture contabili, commesso nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE
dichiarata fallita in data 8 maggio 2018, avente ad oggetto il commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e di combustili per riscaldamento, di cui , peraltro, era socio unico detentore del capitale sociale. Aveva, invece, assolto il medesimo imputato dalla contestata ipotesi di bancarotta distrattiva.
La Corte di appello ha confermato la sentenza impugnata ritenendo sussistente l’elemento soggettivo del reato , escludendo ogni automatismo argomentativo dedotto dalla difesa, e ritenendo irrilevante lo stato detentivo dell’imputato dal 2018 al febbraio 2022.
L’imputato , per il tramite del suo difensore, avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
2.1. Con primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 216, 223 legge fall. deducendo l’insussistenza dell’elemento soggettivo del dolo per essere stato l’imputato assolto dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
2.2. Con secondo motivo denuncia violazione di legge, in relazione all’art. 216, comma 1, nn. 1 e 2 Legge fall., e vizio di motivazione Deduce che la sentenza impugnata non avrebbe precisato i contorni del dolo specifico richiesto ai fini della configurabilità della fattispecie contestata non potendo tale elemento essere dedotto solo dalla mancanza delle scritture contabili, occorrendo circostanze ulteriori in difetto delle quali potrebbe essere configurata soltanto la meno grave fattispecie di bancarotta semplice.
3.Il Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Occorre, innanzitutto, ricordare che le fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale previste dall’art. 216, comma primo, n. 2, legge fall. sono riconducibili a due tipologie differenti.
La prima fattispecie (c.d. ‘specifica’) consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (totale o parziale) dei libri e delle altre scritture contabili e richiede il dolo specifico, collegato alla previsione esplicita dello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori ( Sez. 5, n. . 42546 del 07/11/2024, Rv. 287175 -01).
A tale prima fattispecie viene ricondotta anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili quando la condotta omissiva risulti sorretta (al pari delle altre ipotesi) da dolo specifico; quando non sia configurabile un dolo specifico la condotta potrebbe essere sussunta nell’alveo della bancarotta documentale prevista dall’art. 217 legge fall. (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, Morace, Rv. 279179).
L ‘omessa tenuta (così come la sottrazione, distruzione o falsificazione) può essere anche ‘parziale’ e tale nozione ricomprende oltre alla mancata istituzione di uno o più libri contabili anche l’ipotesi della ‘materiale’ esistenza dei libri contabili che però sono stati ‘lasciati in bianco’.
La seconda fattispecie è integrata dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita. Dal punto di vista oggettivo il presupposto necessario è che sia avvenuto un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari. La fattispecie si realizza attraverso una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, COGNOME, Rv. 278321); sotto il profilo soggettivo è sufficiente il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).
L’ipotesi di sottrazione delle scritture contabili, in rilievo nel caso in esame, presuppone, dunque, il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, costituendo una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), Legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, a dolo generico.
1.1.Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha ritenuto integrata l’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale per distruzione o sottrazione della contabilità ,desumendo la sussistenza dell’elemento psicologico del dolo specifico, collegato al fine di recare pregiudizio ai creditori, dal consapevole protrarsi del comportamento omissivo , dalla specifica posizione assunta dall’imputato rispetto alla società ( di cui è stato socio fondatore ed unico detentore del capitale sociale), dall’entità dei crediti in contrapposizione con l’elevato ammontare dei ricavi dichiarati per l’anno 2015 ( ultimo per il quale è stato depositato il bilancio) indicati per un importo pari a quasi tre milioni di euro.
P eraltro, l’assoluzione dal reato contestato di bancarotta distrattiva, contestata con riferimento ad alcuni saldi attivi di specifici conti correnti, è stata determinata
dalla mancanza di prova che tali saldi attivi siano mai effettivamente esistiti, essendo stato sottolineato, al tempo stesso, che la mancanza di qualsivoglia scrittura contabile ha impedito la ricostruzione delle stesse cause del dissesto, a fronte di utili dichiarati di importo così elevato.
La sentenza di primo grado ha ritenuto integrata la fattispecie contestata di sottrazione della documentazione contabile in quanto «strumentale ad impedirne l’apprensione da parte del fallimento, tenuto conto del rilevante importo dei crediti ammessi al passivo e della consistenza delle poste attive riportate nell’ultimo bilancio depositato’ dopo avere evidenziato che l’ultimo bilancio depositato è stato relativo all’anno 2015 e che aveva fatto emergere un utile pari a quasi tre milioni di euro e ricavi di oltre 48 milioni di euro. Ha, quindi, ritenuto che la responsabilità della sottrazione o dell’occultamento non potesse che ricadere sull’imputato in quanto «ha rivestito la carica di socio unico e amministratore della società, dalla costituzione alla data di fallimento, e non ha reso giustificazioni di sorta alla curatela sull’andamento dell’attività e sul luogo di custodia della documentazione contabile così da non consentirne l’apprensione da parte degli organi della procedura in pregiudizio dei creditori» ( pag.7).
La sentenza di appello ha evidenziato che l’imputato «risulta essere stato l’assoluto dominus della società fallita, quale unico amministratore unico per l’intera parabola sociale ( dal 24.11.2014 e fino alla dichiarazione di fallimento intervenuta con sentenza del Tribunale di Roma in data 8.5.2018) essendone peraltro il socio fondatore e unico detentore del capitale sociale» ( pag. 4) ed ha ritenuto che, essendo rimaste ignote le cause del dissesto, «l’unica spiegazione logica della condotta tenuta dall’ appellante, nel contesto descritto» sia quella di considerarla «il frutto della precisa volontà di impedire la ricostruzione del patrimonio e dell’andamento degli affari della società da lui gestita , ai danni dei creditori sociali, rimasti integralmente soddisfatti» (pag.5).
La motivazione della sentenza impugnata appare tuttavia, sotto tale profilo, tautologica in quanto non indica attraverso quali specifici indici di fraudolenza sia stato ritenuto sussistente l’elemento della frode che deve connotare le figure delittuose di bancarotta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. -per distinguerle dalle ipotesi, che ne sono prive, di bancarotta semplice, previste dal successivo art. 217, il cui comma 2 (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630-01).
Occorre, peraltro, ricordare la necessità di un accertamento ancor più rigoroso quando manchi, come nel caso di specie, una concorrente imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non potendo, in tal caso, la prova giovarsi della presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di
regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, Rv. 276910 – 01).
Lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può ben essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304). Tuttavia, la Corte territoriale non ha in alcun modo motivato in ordine alla pur ritenuta fraudolenza dell’intento, prospettandone la sussistenza in termini di dolo generico ed ipotizzando che la volontarietà dell’omessa tenuta delle scritture contabili fosse elemento sufficiente per dimostrare la “consapevolezza” di rendere impossibile o significativamente difficoltosa la ricostruzione delle vicende societarie, nonché mettendo in risalto una condotta ritenuta non collaborativa da parte dell’imputato senza dare sufficiente rilievo al prolungato stato di detenzione sofferto dal medesimo proprio in periodo contestuale all’apertura della procedura fallimentare. Tanto, all’evidenza, è un dato intrinsecamente insufficiente, in quanto circostanza priva di efficacia inferenziale rispetto alla sussistenza di uno specifico intento fraudolento. Ritenere che il dolo specifico possa essere logicamente inferito dalla semplice sottrazione (o dall’omessa consegna) di parte delle scritture contabili equivarrebbe a sostenere che, ogni qualvolta l’amministratore non consegna le scritture contabili al curatore, egli persegue sicuramente il fine di celare condotte distrattive e di danneggiare i creditori.
In conclusione, la sentenza annullata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio a diversa sezione della Corte di appello di Roma.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così è deciso, 03/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME