Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22381 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22381 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CALTANISSETTA il 13/08/1965 il udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento del ricorso limitatamente alla
avverso la sentenza del 20/12/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME bancarotta fraudolenta per distrazione dei veicoli.
RITENUTO IN FATTO
E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di Messina che, in parziale riforma della decisione del G.U.P. del Tribunale di quella stessa città, – che, nel giudizio abbreviato, ha dichiarato NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 05/06/2019, responsabile di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale nonché di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto, astenendosi dal richiedere il proprio fallimento, in presenza di una situazione di grave dissesto e di cronica insolvenza – ha riconosciuto la sospensione condizionale della pena comminata dalla sentenza di primo grado, che ha confermato, nel resto.
Il ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME è affidato a due motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo, denuncia erronea applicazione della legge fallimentare, e correlati vizi della motivazione, con riferimento alla sussistenza sia della bancarotta distrattiva che della bancarotta documentale, nonché erronea applicazione della bancarotta semplice contestata.
2.1.1. Quanto alla prima, posto che l’attività distrattiva ha per oggetto due veicoli della società detenuti in leasing una automobile e una moto, entrambe del 2006 e di marca BMW- che la fallita ha restituito alla finanziaria, sulla base di una procura a vendere esibita dalla Difesa, e risalente al 2009, a fronte di un fallimento del 2019, lamenta che, di tale documentazione, la sentenza impugnata non ha tenuto conto, né ha dimostrato l’elemento soggettivo, che, di fatto, discende esclusivamente dalla condotta astrattamente distrattiva.
2.1.2. Relativamente al delitto di bancarotta fraudolenta documentale in relazione al quale i giudici di merito hanno escluso la riqualificazione ai sensi dell’art. 217 L.F., sul rilievo che la mancata tenuta delle scritture contabili si si protratta per oltre un decennio, e, quindi, ben oltre il triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento, come richiesto dalla norma di legge – ci si duole che la sentenza impugnata non avrebbe indicato i dati da cui ha tratto tale affermazione. La Corte di appello, inoltre, non ha spiegato le ragioni per le quali non siano stati ritenuti influenti sul profilo soggettivo – ai fini della qualificazi del fatto – gli accadimenti riguardanti la dispersione delle scritture contabili (att di vandalismo e una mareggiata).
2.1.3. Con ulteriore censura è denunciata la violazione dei principi di diritto che governano la fattispecie di aggravamento del dissesto.
2.2. Il secondo motivo afferisce al trattamento sanzionatorio, dolendosi la difesa della erronea applicazione della normativa in materia di sanzioni sostitutive, in specie, di quella dei lavori di pubblica utilità, richiesta con l’att appello. In primo luogo, si deduce che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che fosse stata chiesta la messa alla prova; inoltre, non è stato attivato il sub-procedimento conseguenziale alla richiesta di parte, omettendo di fissare l’apposita udienza finalizzata alla verifica dei presupposti per la concessione della sostituzione di pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato limitatamente alle contestazioni di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale, per le quali si impone l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio di merito, restando assorbiti i motivi sul trattamento sanzionatorio. Nel resto, il ricorso propone motivi inammissibili.
Con riguardo alla bancarotta distrattiva, per quanto è dato comprendere dalle sentenze di merito, i due veicoli risulterebbero ceduti fin dal 2009, l’uno, e dal 2012, l’altro. A fronte di un fallimento dichiarato a distanza di anni, nel 2019, non emergono, in motivazione, elementi in grado di dare conto della fraudolenza, tra cui stabilire se la situazione di dissesto fosse maturata già un decennio prima del fallimento, così come non sono descritti elementi dai quali desumere la destinazione che venne data alle somme ricavate dalla vendita dei beni, se in contrasto con quella propria di conservazione della garanzia dei creditori, così da potere inferire che esse furono sottratte a tale finalità.
2.1. Invero, dalle sentenze di merito emerge che, per la alienazione dei suddetti veicoli, venne rilasciato mandato a vendere i e che detti beni furono trasferiti con scritture private, dalle quali sarebbe, dunque, derivata una cessione a titolo oneroso, con conseguente incasso del relativo prezzo pagato dall’acquirente. Di tanto, tuttavia, non v’è riscontro argomentativo, essendosi limitati i giudici di merito a descrivere le circostanze dell’alienazione, senza indicare dati che consentano di ritenerne il mancato incasso ovvero la sua destinazione a finalità diverse da quelle sociali.
2.2. E’ vero, infatti, secondo la linea interpretativa da tempo seguita da questa Corte, che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza. (Sez. Un n. 22474 del 31/03/2016 ud. (dep. 27/05/2016) Passarelli, rv. 266804), non rilevando la lontananza nel tempo degli eventi che, a seguito della dichiarazione di fallimento, assumono valenza di distrazione penalmente rilevante. Invero, la condotta del delitto di bancarotta si perfeziona con la distrazione, mentre la punibilità della condotta stessa è
subordinata alla dichiarazione di fallimento, che, ovviamente, consistendo in una pronunzia giudiziaria, si pone come un evento ontologicamente esterno e successivo alla condotta dell’agente. (Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017, COGNOME, Rv. 269388)
2.3. Nondimeno, pur non essendo necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento, non può prescindersi, al fin della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, dalla constatazione che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse a impieghi estranei alla sua attività. D’altronde, sebbene si affermi costantemente che, in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione, tuttavia, il giudice non può ignorare l’affermazione dell’imputato di aver impiegato tali beni per finalità aziendali o di avere restituito il prezzo della cessione, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, e, in tal caso, non può limitarsi a rilevare l’assenza dei beni nel possesso del fallito.( Sez. 5 del 17/01/2020, Rv. 279204; Sez. 5, n. 19896 del 07/03/2014, Rv. 259848).
2.2.1. In effetti, tutta la prospettiva di tutela penale del delitto bancarotta fraudolenta patrimoniale pre-fallimentare ruota intorno ai creditori: è integrativa del reato non già la sottrazione di ricchezza tout court, ma solo quella concretamente idonea a recare danno alle pretese dei creditori, e cioè a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale dei crediti verso l’impresa. Anche analizzando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, si ritrova diffusamente l’affermazione che indica la fattispecie di bancarotta, nel disegno normativo congegnato dalla legge fallimentare, come reato posto a tutela dell’integrità del patrimonio della società in decozione, nella sua peculiare funzione di garanzia dei creditori (In motivazione, Sez. Un Sez. n. 21039 del 27/01/2011 Cc. (dep. 26/05/2011 ). Loy; Sez. U, n. 24468 del 26/2/2009, Rizzoli; Sez. U, n. 22474 del 31/3/2016, COGNOME).
2.2.2. Tale ricostruzione non è mutata neppure per il legislatore del Codice della crisi d’impresa, che ha riproposto il consueto schema tipico della disposizione dell’art. 216, comma primo, n. 1, I. fai!. nella fattispecie dell’art 322, comma primo, lett. a) del Codice introdotto dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, sostituendo il lessico di riferimento per l’autore della condotta: non più “il fallito”, ma l’imprenditore “dichiarato in liquidazione giudiziale” (per l’affermazione di piena continuità normativa tra le due previsioni, stante l’identità della formulazione delle norme incriminatrici, al netto di aggiornamenti lessicali
non rilevanti in sede penale, cfr. Sez. 5, n. 33810 del 26/5/2023, COGNOME, Rv. 285107).
2.2.3. Nella stessa linea di pensiero, la Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 268 del 1989, ha osservato che anche l’estensione della tutela penale – disposta dall’art. 236, secondo comma, I. fall. “è preordinata alla conservazione dell’integrità del patrimonio dell’impresa costituente la garanzia per i creditori della medesima, in vista della mera eventualità del loro non pieno soddisfacimento”. (Sez. 5 n. 28941 del 14/02/2024,Rv. 287059).
2.3. Nel rinnovato giudizio di merito, le indicate aporie argomentative dovranno essere colmate, verificando che, effettivamente, si sia formata una distrazione dei beni mobili registrati, che essa abbia messo realmente in pericolo la garanzia dei creditori, e che detta distrazione sia riconducibile all’imputato.
E’ parimenti fondato il secondo motivo, afferente alla bancarotta documentale.
3.1. Occorre considerare che la contestazione formulata nel capo di imputazione è articolata in termini alternativi e/o cumulativi, venendo descritta nel senso che l’imputato “allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori, ometteva di tenere i libri e le altre scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società fallita.”
3.2. La sentenza impugnata ha, piuttosto, affermato che, all’esito dello scrutinio dibattimentale, il fatto integrato dalla condotta dell’imputato è consistito nell’omessa consegna dell’intera documentazione contabile della fallita successiva al 2007 (pg. 6), richiamando quanto riferito dal curatore fallimentare; dal canto suo, l’imputato ha dichiarato che le scritture contabili erano state istituite e tenute, anche successivamente al 2007 ( annualità fino alla quale esse erano state consegnate alla curatela), ma erano andate disperse, alcune, a causa di atti vandalici, altre perché travolte da una mareggiata nel luogo in cui erano state riposte).
3.3. Giova evidenziare come si ritenga ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudolenta tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo generico, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione (Sez.5 n. 8902 del 19/01/2021, Rv. 280572; Sez. 5, n. 27930 del 01/07/2020, Rv. 27963601). Quest’ultima decisione, riassumendo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, ha ribadito che è legittima la contestazione, nel decreto che dispone il giudizio, di imputazioni alternative, sia nel senso di più reati, sia di fatti alternativi tra loro, in quanto tale metodo risponde
un’esigenza della difesa, posto che l’imputato è messo in condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattito processuale (Sez. 1, n. 2112 del 22/11/2007 – dep. 15/01/2008, Rv. 2386360). Ciò che si spiega in un contesto di parziale esistenza della documentazione contabile, ma che impone una evidente scelta al giudice, in sede decisoria.
3.3. Nel caso di specie, come si evince dalla sentenza di primo grado, l’imputato si è difeso dalla contestazione di bancarotta specifica, avendo giustificato il mancato rinvenimento delle scritture affermando che esse, pur istituite e tenute, erano andate distrutte per eventi atmosferici. La Corte territoriale ha ritenuto del tutto inverosimili tali giustificazioni, ravvisando ne condotta, così delineata, della omessa totale tenuta della contabilità dal 2007, una ipotesi di c.d. bancarotta generica, per la quale è sufficiente, ai fini della sua integrazione, sotto il profilo soggettivo, il dolo generico.
3.3. La valutazione della Corte di appello non è corretta.
La sentenza impugnata (anche in ragione del contenuto descrittivo del capo di imputazione, che pone in correlazione le condotte di soppressione/distruzione con la finalità propria del disordine contabile) lascia intravedere una certa confusione interpretativa nello scrutinio dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale, quanto alle diverse fattispecie declinate dall’art. 216 co. 1 n. 2 L.F., e al distinguo tra il dolo generico proprio della fattispecie di cui all’ultima parte dell’art. 216 co.l. n. 2 ( che attiene alla tenu delle scritture contabili “in guisa da non renderne possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”, c.d. “bancarotta generale”), e il dolo specifico richiesto ai fini dell’integrazione della fattispecie declinata nella prima parte della predetta disposizione di legge ( che disciplina le tre ipotesi di chi “ha sottratto, distrutto o falsificato in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o scritture contabili” c.d. “bancarotta specifica”).
3.2.2. Invero, già l’imputazione riverbera una siffatta imprecisione, laddove contesta al ricorrente la omessa tenuta delle scritture contabili della fallita (che, come si dirà, va collocata nell’ambito della c.d. bancarotta specifica), collegando tale condotta alla finalità di “non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari” (che è propria, tuttavia, della fattispecie c.d. generale.).
3.3. Per chiarezza ermeneutica, va, allora, ricordato che, nella giurisprudenza di questa Corte, l’art. 216 del R.d. 16 marzo 1942 n. 267 contempla, nel numero 2 del primo comma, due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale alternative. La prima (sottrazione, distruzione o falsificazione, parziale o totale, di libri o altre scritture contabili) richiede il
specifico (consistente nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori); per la seconda (tenuta dei libri e delle scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari) è sufficiente il dolo generico (con indirizzo costante affermato fin da Sez. 5, n. 6148 del 19/12/1986 (dep. 1987) Rv. 175959; conf., più recentemente, per tutte, Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rv. 271611).
3.4. Per la ipotesi c.d. “generale”, la legge prevede, dunque, solo il dolo generico, consistente nell’intenzione dell’agente di rendere impossibile o estremamente difficile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione (per tutte, Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013 (dep. 2014),Rv.258881). In tale ottica, si afferma che la formula legislativa ” in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari” connota la condotta (e, dunque, l’elemento materiale del reato) e non la volontà dell’agente, così da escludere che la stessa possa configurare un dolo specifico (Sez. 5 n. 13701/1994, n.nn.). In sintesi, si ritiene che l’ostacolo alla ricostruzione del patrimonio e del volume di affari dell’impresa costituisca una connotazione modale della condotta oggetto di incriminazione, ritenendosi cioè tipici solo quei comportamenti che si risolvano in una oggettiva compromissione della utile e immediata fruizione dei dati contabili da parte degli organi fallimentari (Sez. 5, n. 21872 del 25/03/2010 Rv. 247444). E’ bene anche specificare, sempre con riferimento all’ ipotesi c.d. generale, che l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, poichè è necessario chiarire, da parte del giudice di merito, la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, legge fall. (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006 (dep. 2007 ) Rv. 236031; conf. Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Rv. 262384). Il dolo generico della fattispecie “generale” deve essere, dunque, desunto, con metodo logico-inferenziale, dalle modalità della condotta contestata, e non dal solo fatto che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, fatto che costituisce l’elemento materiale del reato ed è comune alla diversa e meno grave fattispecie di Corte di Cassazione – copia non ufficiale
bancarotta semplice, incriminata dall’art. 217, comma secondo, legge fall.( Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, Rv. 276910). Secondo consolidato principio di questa Sezione (cfr. sentenza n. 2900 del 02/10/2018 (dep. 2019 ) Rv. 274630), infatti, “La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2), legge fa/I., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.” In sostanza, nella ipotesi di bancarotta generale, la finalità dell’agente è riferita a un elemento costitutivo della fattispecie, ovvero alla impossibilità di ricostruire il patrimonio e gli affari dell’impresa (Sez. 3, n 46972 del 03/11/2004 Rv. 230482; conf. Sez. 5, n. 26907 del 07/06/2006, Rv. 235006).
3.5. Altro è l’elemento psicologico che viene in rilievo nelle ipotesi di c.d. bancarotta documentale specifica, in relazione alle quali si richiede, piuttosto, il dolo specifico, configurato dalla locuzione” con lo scopo di recare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori”. L’utilizzo della disgiuntiva tra le ipotesi che integrano il dolo specifico richiesto per la configurabilità della fattispecie di bancarotta documentale specifica ha fatto ritenere che, accanto allo scopo di recare pregiudizio ai creditori (animus nocendi) sia contemplato, alternativamente, lo scopo di recare a sé o ad altri un ingiusto profitto ( animus lucrandi), sicchè la prova di uno dei due diversi intenti è sufficiente all’affermazione di responsabilità ( Sez. 5 n. 43966 del 28/06/2017, Rv. 271611; Sez. 5 n. 18634 del 01/12/2017, Rv. 269904; Sez. 5 n. 17084 del 09/12/2014 , dep. 2015, rv. 263242): pertanto, per la configurazione delle ipotesi di reato di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scrittur contabili previste dall’art. 216, primo comma n. 2 prima parte della legge fallimentare, è necessario il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, mentre il reato si perfeziona indipendentemente dall’impossibilità di ricostruire la contabilità dell’impresa, non essendo tale evento riconducibile a detta ipotesi, ma soltanto alla quarta declinata dall’art. 216 co.1 n. 2 L.F., concernente la irregolare tenuta dei libri contabili (Sez. 5, n. 3951 del 18/02/1992, Rv 189813).
3.6. Ma va aggiunto – perché di rilievo nella fattispecie in scrutinio – che, per costante insegnamento di questa Corte, l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili deve essere ricondotta nell’alveo di tipicità dell’art. 216, comma 1, n. 2 Legge Fall., atteso che la norma incriminatrice, punendo la tenuta della contabilità in modo tale da rendere relativamente impossibile la ricostruzione dello stato patrimoniale e del volume d’affari dell’imprenditore, a “fortiori” ha inteso punire anche colui che non ha istituito la suddetta contabilità, anche solo per una parte della vita dell’impresa. Si è, peraltro, ripetutamente precisato come ciò non consenta, ai fini dell’individuazione dell’elemento soggettivo, di ricondurre la condotta di omessa tenuta a quella testè descritta, dovendosi, invece, ritenere che l’omessa tenuta della contabilità interna integri gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori, chè altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 Legge Fall, e punita sotto il titolo d bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992; conf. Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, Rv. 262915; Sez. 5 n. 18320 del 07/11/2019 (dep. 2020 ) Rv. 279179). Il dolo richiesto per la sussistenza del reato in tal caso non è, dunque, quello generico sufficiente a supportare la condotta di tenuta fraudolenta ( costituito dalla consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio sociale) bensì quello, specifico, che caratterizza il falso contabile per soppressione descritto nella prima parte dell’incriminazione in oggetto, ovvero che la condotta sia supportata dal fine di recare pregiudizio ai creditori. (Sez. 5 n. 26379 del 05/03/2019, Rv. 276650 ; conf. Sez. 5 n. 33114 del 08/10/2020 Rv. 279838 ).
3.7. Detto che anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta nell’alveo di tipicità dell’art. 216 comma primo, n.2, legge fall., va specificato che l’omessa tenuta (così come la sottrazione, distruzione o falsificazione) può essere anche “parziale” e che tale nozione ricomprende oltre alla mancata istituzione di uno o più libri contabili anche l’ipotesi della “materiale” esistenza dei libri contabili che però sono stati “lasciati in bianco”.
3.8. Quanto alla “falsificazione” che, in apparenza, sembra connotare entrambe le fattispecie, la Corte di cassazione, con indirizzo consolidato, ha tracciato la seguente linea di demarcazione: la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispecie di bancarotta documentale “specifica” può avere natura sia materiale sia ideologica, ma consiste, comunque, in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata. La condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale “generale”, invece, si realizza sempre con un falso ideologico contestuale alla tenuta della
contabilità. In altri termini, l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall., quella c.d. ‘generale’ (così, da ultimo, in motivazione Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, COGNOME).
3.8.1. Come è stato efficacemente chiarito, per rimarcare, in modo ancora più netto, la differenza rispetto alla fattispecie di “omessa tenuta”, anche parziale, «occorre chiarire che rientra nella ipotesi “a dolo generico” il caso della omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale assenza di annotazioni, ma nella mancata annotazione di specifiche operazioni. Proprio questo consente di cogliere la differenza tra bancarotta fraudolenta documentale “specifica” e “generale” e la ratio sottesa al diverso elemento soggettivo richiesto: nel caso della bancarotta “generale” la fraudolenza è pressoché insita nella condotta materiale di alterazione della valenza delle scritture, sicché è sufficiente il dolo generico; mentre nel caso della bancarotta “specifica” l’elemento oggettivo è polivalente sicché è richiesta una specifica direzione della volontà. In questa ottica le annotazioni incomplete, che incidono sul principio di continuità impedendo di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari (non come evento del reato, ma come carattere modale della condotta), danno comunque la parvenza che la contabilità rifletta l’operatività dell’impresa e dunque creano quell’inganno che è punito nella “bancarotta generale”.»( Sez. 5 n. 42546 del 07/11/2024, Rv.287175).
3.9. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, si osserva che, nel caso di specie, per quanto si è già osservato, il fatto ricostruito in sentenza sembra essere stato individuato nella omissione totale delle scritture contabili (o nella loro sottrazione), stante la ravvisata inverosimiglianza della tesi difensiva che, invece, ne ha affermato la esistenza e la successiva dispersione non imputabile al ricorrente. Se così è, allora, l’elemento soggettivo che va ricercato ai fini dell’inquadramento del fatto in termini di fraudolenta sottrazione/soppressione, è il dolo specifico, costituito dalla specifica volontà indicata dalla legge, da ricostruire adeguatamente sulla base degli elementi di fatto a disposizione, attraverso uno scrutinio che deve essere rigoroso, trattandosi del momento decisivo per tracciare la linea di confine soprattutto con la bancarotta semplice documentale ( art. 217 co. 2).
4. Il terzo motivo è inammissibile per la sua assoluta genericità, predicando senza alcuna argomentazione il mancato rispetto di principi di diritto genericamente evocati, e mancando anche del dovuto confronto con la sentenza
impugnata, la quale ha ben chiarito le ragioni della ritenuta inverosimiglianza della tesi difensiva. Un motivo del genere, più che specifico, come richiede l’art.
581 cod. proc. pen., risulta soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso
(Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822).
5. Il quarto motivo, che formula deduzioni con riguardo al trattamento sanzionatorio, è assorbito dall’annullamento.
6. L’epilogo del presente giudizio di legittimità è l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata relativamente ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale
e documentale, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della
Corte di appello di Messina. Il ricorso deve essere dichiarato, invece, inammissibile relativamente al delitto di aggravamento del dissesto di cui all’art.
217 L.F., come contestato e definitivamente ritenuto ai sensi dell’art. 624 cod.
proc. pen.. Restano assorbiti dall’annullamento i motivi afferenti al trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Messina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, 17 aprile 2025
Il Onsliere estensege