Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11567 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11567 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ADRARA SAN MARTINO il 17/08/1958
avverso la sentenza del 18/09/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria in replica a firma del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME
Ritenuto in fatto
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di condanna resa in primo grado nei confronti di NOME COGNOME per i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta fraudolenta documentale.
Secondo l’editto accusatorio, l’imputato, in qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, dalla sua costituzione -2003- sino al fallimento, dichiarato con sentenza del 19 novembre 2015: 1) distraeva somme, pari a euro 43.122, ricevute dalla Telecom s.p.a. a titolo di canone di locazione per locali di proprietà della fallita
accreditandole sul conto corrente della socia NOME COGNOME; 2) ometteva di tenere regolarmente le scritture contabili del periodo 2012-2015, impedendo alla curatela di ricostruire il patrimonio sociale e il movimento degli affari.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite dell’Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai motivi, di seguito esposti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali in relazione al ritenuto delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non avendo la Corte d’appello adeguatamente valutato le dichiarazioni rese in sede testimoniale dal curatore, dalle quali si evinceva che l’immobile locato alla Telecom s.p.a. era gravato da triplice ipoteca. Pertanto, le somme versate alla socia Parigi non erano nella titolarità della società, bensì in quella del custode giudiziario e, dunque, dei creditori ipotecari. Non potendo essere assicurate al fallimento e, dunque, al soddisfacimento dei creditori, l’affermazione di penale responsabilità per l’asserita distrazione delle somme sarebbe priva di fondamento.
2.2 Con il secondo motivo, si deduce violazione di legge, con riferimento all’elemento soggettivo del reato ascritto, non avendo la Corte territoriale provato la sussistenza del dolo specifico, necessario per integrare la fattispecie di cui all’art. 216, primo comma, n. 2), I. fall. richiamata dal capo di imputazione. In quest’ultimo, infatti, è operato riferimento al dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori.
Sono state trasmesse a) le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con richiesta di inammissibilità del ricorso; b) conclusioni in replica nell’interesse dell’imputato.
Considerato in diritto
Il primo motivo è aspecifico e reiterativo di doglianze già sottoposte al giudice di appello e, da questi, legittimamente respinte (sull’inammissibilità del ricorso per cassazione per mancanza di specificità del motivo di ricorso, valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione -che è evidente nel caso in esame- tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità per violazione dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., v., ex multis, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970 – 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849-01).
Inoltre, dacché il ricorrente lamenta vizio di motivazione in relazione al presunto travisamento della prova, per avere entrambi i Giudici del merito ricostruito il fatto senza tenere adeguatamente conto del contenuto delle dichiarazioni rese in sede testimoniale dal curatore, gioverà ricordare che «nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado» (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, Seccia, Rv. 283777 – 01, tra le tante pronunce in tal senso). Evenienza, quest’ultima, che certamente non ricorre nel caso di specie, dal momento che il dato probatorio asseritamente travisato (le dichiarazioni rese in sede testimoniale del curatore fallimentare) è stato valutato in entrambi i gradi di giudizio, come ricordato dal ricorrente stesso.
Si osserva, in ogni caso, che, nella ricostruzione del fatto proposta dalla difesa, è omesso il confronto con decisivi passaggi della motivazione resa dalla Corte distrettuale, in cui si sono adeguatamente evidenziati taluni “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda (così, Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, COGNOME, Rv. 270763 – 01). Si è chiarito, in particolare, che il versamento -tra il 2015 e il 2017- di parte dei canoni di locazione sul conto della socia Parigi, anziché su quello della fallita società (che deteneva il titolo di proprietà degli immobili locati alla Telecom s.p.a.), avveniva in un momento in cui il dissesto della RAGIONE_SOCIALE si era già ampiamente manifestato. Che la società amministrata dall’imputato fosse, all’epoca dell’ascritta condotta distrattiva e anche prima, in stato di decozione è dimostrato -secondo il puntuale apprezzamento della Corte distrettuale- dal fatto che, già a far tempo dall’inizio del 2012, risultavano non pagati gli stipendi dei dipendenti e i tributi erariali; inoltre, per ammissione dell’imputato stesso, la società non era più attiva dal 2013.
Tanto ricordato a proposito delle condizioni patrimoniali e finanziarie dell’azienda al tempo della condotta contestata, i giudici d’appello hanno poi correttamente ritenuto privo di qualsivoglia pregio l’argomento difensivo relativo alla spettanza delle somme distratte al custode giudiziario, puntualizzandone l’inconferenza, posto che il privilegio ipotecario sui beni locati era vicenda successiva alle condotte contestate (v. Sez. 5, n. 20096 del 26/01/2024, COGNOME, Rv. 286501 – 01: «la bancarotta fraudolenta distrattiva L.] è un reato di pericolo concreto da valutarsi “ex ante”, benché riferito al momento della declaratoria dello stato di insolvenza e con riguardo agli atti depauperativi commessi nella c.d. “zona del rischio penale”; in motivazione, la Corte ha precisato che non deve
confondersi l’esposizione al pericolo, sufficiente per l’integrazione del reato, con il danno alla massa dei creditori, il quale costituisce un “post factum”, irrilevante per la realizzazione della fattispecie).
Ai fini della sussistenza dell’ascritto delitto, viene in rilievo -come ben evidenziato in parte motiva- la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266805 – 01).
2. Il secondo motivo è fondato.
Risulta centrata la doglianza relativa alla valutazione dell’elemento soggettivo del reato ascritto, non avendo la Corte territoriale provato la sussistenza del dolo specifico, necessario per integrare la fattispecie di cui all’art. 216, primo comma, n. 2), I. fall. espressamente richiamata dal capo di imputazione. In quest’ultimo, infatti, è operato il riferimento al dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori e alla condotta dell’omessa tenuta delle scritture contabili relative al periodo 2012-2015. La motivazione della gravata sentenza è però contraddittoria, in quanto, per un verso, ritiene provato il dolo generico, in vista della mancata regolare tenuta delle scritture contabili, dall’altro afferma che la mancanza di regolare aggiornamento delle scritture contabili è stata “chiaramente finalizzata all’impedimento della ricostruzione del movimento degli affari”, con conseguente pregiudizio arrecato al ceto creditorio (p. 7 dell’impugnato provvedimento).
Ora, tale “chiara” finalizzazione della condotta omissiva non risulta affatto argomentata in motivazione; il passaggio è del tutto assertivo, sicché residua un margine non trascurabile d’incertezza circa l’elemento soggettivo del reato ascritto.
A tal proposito, va ricordato che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, «in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma e alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scrittu che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi» (Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650 – 01).
E, di recente, è stato sottolineato come, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, rientra nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad alt un ingiusto profitto, la nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libri “lasciati in bianco” e si differenzia dal caso, caratterizzato
invece da dolo generico, dell’omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale mancanza di annotazioni, ma nell’omessa annotazione di specifiche operazioni (Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287175 – 01). Si è condivisibilmente chiarito che «rientra nella ipotesi “a dolo generico” il caso della omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale assenza di annotazioni, ma nella mancata annotazione di specifiche operazioni. Proprio questo consente di cogliere la differenza tra bancarotta fraudolenta documentale “specifica” e “generale” e la ratio sottesa al diverso elemento soggettivo richiesto: nel caso della bancarotta “generale” la fraudolenza è pressoché insita nella condotta materiale di alterazione della valenza delle scritture, sicché è sufficiente il dolo generico; mentre nel caso della bancarotta “specifica” l’elemento oggettivo è polivalente sicché è richiesta una specifica direzione della volontà. In questa ottica le annotazioni incomplete, che incidono sul principio di continuità impedendo di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari (non come evento del reato, ma come carattere modale della condotta), danno comunque la parvenza che la contabilità rifletta l’operatività dell’impresa e dunque creano quell’inganno che è punito nella “bancarotta generale”» (così in motivazione la citata Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024).
Della alternatività delle condotte e delle differenti intensità di dolo che caratterizzano le due diverse specie di bancarotta fraudolenta documentale, né il giudice d’appello né quello di primo grado hanno considerato le implicazioni in ordine alla dimostrazione dell’elemento soggettivo del reato in parola.
Per le ragioni fin qui illustrate, s’impone: 1) l’annullamento la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano, e 2) la dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 17/12/2024
Il Consigliere estensore