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Bancarotta fraudolenta documentale: dolo specifico

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per bancarotta fraudolenta documentale, stabilendo che il disinteresse dell’amministratore e la sua mancata collaborazione con il curatore non sono, da soli, sufficienti a dimostrare il dolo specifico richiesto dal reato. Tale condotta, infatti, potrebbe essere compatibile anche con la semplice negligenza, configurando il reato meno grave di bancarotta semplice.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta Documentale: Disinteresse Non Basta per Provare il Dolo

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 33680/2024 offre un’importante precisazione sulla distinzione tra bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta semplice. La Corte ha stabilito che la prova del dolo specifico, elemento essenziale del reato più grave, non può basarsi unicamente su un atteggiamento di disinteresse o sulla mancata collaborazione dell’amministratore con gli organi della procedura fallimentare. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda l’amministratore di una società cooperativa, dichiarata fallita nel 2014, accusato del reato di bancarotta fraudolenta documentale. Secondo l’accusa, egli avrebbe sottratto o distrutto i libri e le altre scritture contabili della società con lo scopo preciso di arrecare un pregiudizio ai creditori e procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.

La Corte d’Appello di Venezia aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato, pur riducendo la pena. La condanna si fondava sulla valutazione del comportamento complessivo dell’amministratore, in particolare sulla sua assenza al momento della consegna delle scritture al curatore fallimentare, interpretata come un chiaro segnale di disinteresse per le sorti della società e, di conseguenza, come prova della sua intenzione fraudolenta.

L’Appello e il dolo specifico nella bancarotta fraudolenta documentale

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando proprio la sussistenza del dolo specifico. La difesa ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse erroneamente desunto l’intento fraudolento dalla semplice posizione formale di amministratore e dal suo comportamento omissivo. Si è evidenziato come tale approccio trascurasse elementi concreti, come le azioni positive compiute in passato dall’amministratore (ad esempio, la messa in liquidazione della società e la denuncia della mancata consegna dei libri contabili anni prima del fallimento).

Il punto centrale del ricorso era la netta differenza tra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, che richiede la prova di un’intenzione specifica di frodare i creditori (art. 216 Legge Fallimentare), e quello di bancarotta semplice (art. 217 Legge Fallimentare), che punisce anche la condotta negligente o l’omessa tenuta delle scritture contabili. Secondo la difesa, il comportamento dell’amministratore poteva, al massimo, essere qualificato come negligente, ma non come dolosamente orientato a occultare la gestione aziendale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici supremi hanno ribadito che per configurare il reato di bancarotta fraudolenta documentale è indispensabile dimostrare il dolo specifico, ovvero lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali.

La Corte territoriale, secondo la Cassazione, ha commesso un errore logico: ha dedotto la sussistenza di questo coefficiente psicologico qualificato dalla mera mancata collaborazione con la curatela e dal totale disinteresse per l’impresa. Questi elementi, sebbene possano avere un peso in un quadro probatorio più ampio, da soli sono ambigui. Essi, infatti, sono “logicamente compatibili con un comportamento omissivo colorato da semplice negligenza”, che rientra invece nella fattispecie meno grave di bancarotta semplice.

In altre parole, non cooperare con il curatore o mostrarsi disinteressati non equivale automaticamente a voler frodare i creditori. Per una condanna per il reato più grave, è necessario che l’accusa fornisca elementi concreti dai quali sia possibile desumere, senza incertezze, la finalizzazione della condotta all’occultamento delle vicende gestionali a danno della massa creditoria.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna e ha rinviato il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Venezia per un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà attenersi al principio di diritto enunciato, procedendo a una valutazione più rigorosa dell’elemento soggettivo. Sarà necessario accertare, sulla base di prove concrete e non di mere presunzioni, se l’amministratore abbia agito con la specifica intenzione di danneggiare i creditori, oppure se la sua condotta sia riconducibile a una più generica negligenza nella conservazione dei documenti contabili.

Per la bancarotta fraudolenta documentale è sufficiente dimostrare che l’amministratore non ha consegnato le scritture contabili?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che la mancata consegna delle scritture, unita a un generico disinteresse per le sorti dell’impresa, non basta da sola a integrare il reato di bancarotta fraudolenta documentale, poiché tale condotta non prova l’intento specifico di frodare i creditori.

Qual è la differenza tra bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice documentale?
La differenza fondamentale risiede nell’elemento psicologico. La bancarotta fraudolenta documentale (art. 216 l. fall.) richiede il “dolo specifico”, cioè l’intenzione mirata di recare pregiudizio ai creditori. La bancarotta semplice documentale (art. 217 l. fall.) punisce invece l’omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, che può essere dovuta anche solo a mera negligenza.

Cosa significa che la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con rinvio?
Significa che la condanna precedente è stata cancellata. Il caso non è chiuso, ma torna a un’altra sezione della Corte d’Appello, la quale dovrà celebrare un nuovo processo. In questo nuovo giudizio, i giudici dovranno applicare il principio di diritto stabilito dalla Cassazione e cercare prove più concrete per dimostrare l’eventuale dolo fraudolento dell’imputato, non potendo basare la condanna solo sul suo disinteresse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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