Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33680 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33680 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Pallagorio il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 18 settembre 2023 della Corte d’appello di Venezia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata il 30 maggio 2024 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Venezia, esclusa, in parziale riforma della condanna pronunciata in primo grado, l’aggravante contestata e rideterminata conseguentemente la pena irrogata, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica, perché, nella sua qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 30 luglio 2014) avrebbe sottratto ( distrutto) i libri e le altre scritture contabili della predetta RAGIONE_SOCIALE allo scop recare pregiudizio ai creditori e di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si compone di quattro motivi d’impugnazione.
2.1. I primi tre motivi, formulati sotto i profili del vizio di motivazione primo e il terzo) e della violazione di legge (il secondo), attengono alla sussistenza del dolo specifico e deducono che la Corte territoriale avrebbe fondato l’accertamento dell’elemento soggettivo sulla semplice assunzione della carica di amministratore, alla luce di una valutazione apodittica del comportamento complessivo dell’imputato che, in ipotesi, non si sarebbe presentato al curatore per la consegna delle scritture, così mostrando evidente disinteresse per le sorti della RAGIONE_SOCIALE.
Tanto, però, sostiene la difesa, contrasterebbe con le condotte, positive, poste in essere dall’imputato nel 2011 (la messa in liquidazione della RAGIONE_SOCIALE e l’esposto con il quale si denunciava la mancata consegna dei libri), con la risalenza delle condizioni di dissesto e con i principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità quanto all’obbligo di tenuta e conservazione delle scritture riconducibili in capo a colui che sia investito solo formalmente dell’amministrazione della RAGIONE_SOCIALE fallita.
Secondo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità in punto di dolo, infatti, è sempre necessaria la dimostrazione, non solo astratta e presunta, ma effettiva e concreta della specifica intenzione di procurare un ingiusto profitto a sé o ad altri, non potendosi affermare in modo automatico la responsabilità dolosa dell’agente per le condotte incriminante dalla legge fallimentare sulla base della mera carica ricoperta o dell’integrazione dell’elemento materiale del reato.
Cosicché, se il ricorrente era soltanto una persona che non aveva mai effettivamente avuto poteri amministrativi, se le carte processuali non evidenziano elementi oggettivi per attribuire al medesimo la sottrazione o la distruzione delle scritture contabili, se il suo ruolo fu effettivamente circoscritto ad un periodo in cu la RAGIONE_SOCIALE non era operativa, non pare sufficiente, ad avviso della difesa, fondare
il giudizio di responsabilità sul mero richiamo a condotte genericamente noncuranti o al disinteresse del medesimo verso le sorti della RAGIONE_SOCIALE.
Peraltro, continua la difesa, la Corte d’appello, richiamando l’obbligo in capo all’imputato di consentire la ricostruzione del movimento degli affari, sembra aver fatto riferimento al dolo generico, che, invece, rappresenta l’elemento psicologico dell’altra condotta, alternativa, punita nell’art. 216 della legge fallimentare. E, tanto, rende la motivazione non solo carente, per quanto in precedenza osservato, ma anche illogica e contraddittoria.
2.2. Il quarto, in ultimo, deduce violazione dell’art. 217 I. fall., nella par in cui la Corte d’appello, pur facendo riferimento a condotte improntate a disinteresse e noncuranza, abbia ritenuto integrato il più grave reato di cui all’art. 216 I. fall. e non già quello sanzionato nel successivo art. 217 che, coerentemente con quanto in fatto ricostruito dalla Corte stessa, sanziona l’atteggiamento negligente di trascuratezza.
Il 30 maggio 2024, l’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, in replica alle conclusioni rassegnate dal AVV_NOTAIO generale, ha depositato una memoria con la quale insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato
Va premesso che il ricorrente è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di bancarotta fraudolenta documentale specifica, per aver sottratto (o distrutto) i libri contabili della RAGIONE_SOCIALE da lui amministrata, al fine specifico di recare pregiudizio ai creditori e di procurarsi un ingiusto profitto.
Il reato, per come costantemente ritenuto da questa Corte, si caratterizza, sotto il profilo soggettivo, per il dolo specifico, inteso, appunto, come scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali; un profilo, quello della frode, che distingue le figure delittuose di bancarotta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. dalle ipotesi, che ne sono prive, d bancarotta semplice, previste dal successivo art. 217, il cui secondo comma incrimina, parimenti, l’omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, sia essa volontaria o dovuta a mera negligenza (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630)
Sotto il profilo probatorio, lo scopo fraudolento che deve caratterizzare il fatto può essere desunto (in ragione della natura psicologica del dato da apprezzare) dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che la caratterizzano, evidenziando gli elementi dai quali dedurre la finalizzazione del
comportamento onnissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283983).
Ciò considerato, la Corte territoriale ha dedotto la sussistenza del predetto coefficiente psicologico dalla mancata collaborazione con la curatela e dal totale disinteresse mostrato per le sorti dell’impresa. Dati astrattamente valorizzabili all’interno di una più ampia piattaforma probatoria, ma, in sé, privi di autonoma forza inferenziale, in quanto logicamente compatibili con un comportamento omissivo colorato da semplice negligenza, estraneo al perimetro normativo del reato contestato e astrattamente sussumibile in quello, meno grave, di cui all’art. 217 della legge fallimentare.
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.
Così deciso il 6 giugno 2024
ConsiglerR estensore
Il Pre ‘dente