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Bancarotta fraudolenta documentale: Dolo e Omissioni

Un amministratore di un’associazione e di una cooperativa, entrambe fallite, viene condannato per vari reati fallimentari, tra cui la bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta delle scritture contabili. La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 28612 del 2025, annulla la condanna per questo specifico reato. La Corte chiarisce che la completa omissione delle scritture contabili, equiparabile alla loro sottrazione o distruzione, richiede la prova del ‘dolo specifico’, ovvero l’intenzione di danneggiare i creditori o ottenere un profitto ingiusto. Il tribunale di merito aveva erroneamente applicato il criterio del ‘dolo generico’, sufficiente solo per la tenuta irregolare dei libri contabili. Il caso viene rinviato per un nuovo esame sulla sussistenza dell’elemento soggettivo.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta Documentale: La Cassazione sul Dolo Specifico per Omissione Contabile

La corretta tenuta delle scritture contabili non è un mero adempimento burocratico, ma il pilastro su cui si fonda la trasparenza della gestione aziendale. Quando un’impresa fallisce, questi documenti diventano cruciali per ricostruire il patrimonio e soddisfare i creditori. Ma cosa succede se le scritture contabili non sono mai state tenute? La risposta a questa domanda è al centro di una recente sentenza della Corte di Cassazione, che fa luce sulla sottile ma decisiva linea di demarcazione tra bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta semplice.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un amministratore coinvolto nel fallimento di due entità giuridiche: prima un’associazione e poi una società cooperativa. I giudici di merito lo avevano ritenuto responsabile di una serie di reati fallimentari, tra cui bancarotta fraudolenta distrattiva, bancarotta semplice e, per quanto qui rileva, bancarotta fraudolenta documentale. Quest’ultima accusa si basava sulla constatazione che l’amministratore aveva completamente omesso di istituire e tenere le scritture contabili obbligatorie, rendendo di fatto impossibile per il curatore fallimentare ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari.
L’imputato, attraverso il suo legale, ha presentato ricorso in Cassazione, contestando in particolare la condanna per la bancarotta documentale. La difesa ha sostenuto che i giudici di merito non avevano adeguatamente provato l’elemento soggettivo richiesto per questo grave reato, ovvero il dolo specifico.

L’Analisi della Corte e la bancarotta fraudolenta documentale

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso sul punto della bancarotta documentale, offrendo un’importante lezione sulla distinzione tra le diverse forme di questo reato previste dall’art. 216 della Legge Fallimentare. La norma, infatti, delinea due scenari principali:

1. Bancarotta documentale ‘specifica’: Si configura quando l’imprenditore sottrae, distrugge o falsifica i libri contabili. Per questo reato, la legge richiede il dolo specifico, ossia la condotta deve essere tenuta “con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori”.

2. Bancarotta documentale ‘generale’: Si verifica quando i libri contabili sono tenuti “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”. In questo caso, è sufficiente il dolo generico, cioè la semplice coscienza e volontà di tenere le scritture in modo caotico e irregolare.

Il punto cruciale sollevato dalla Corte è come inquadrare la totale omissione delle scritture contabili. Secondo gli Ermellini, la mancata istituzione dei libri contabili non può essere assimilata alla loro tenuta irregolare (dolo generico), ma va equiparata alla loro sottrazione o distruzione (dolo specifico). Pertanto, per condannare un amministratore per bancarotta fraudolenta a causa della totale assenza di contabilità, non basta dimostrare che tale assenza ha reso impossibile la ricostruzione patrimoniale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha annullato la sentenza impugnata perché il giudice d’appello ha commesso un “evidente errore di diritto”. Ha applicato il metro del dolo generico a una fattispecie che, secondo l’interpretazione consolidata, ne richiede uno specifico. La motivazione della corte d’appello si era “adagiata” sulla considerazione che fosse sufficiente una delle condotte descritte dalla norma (come l’aver reso impossibile la ricostruzione), senza indagare sulla finalità fraudolenta dell’agente.
La Cassazione ha ribadito che, in caso di omissione totale, è necessario uno scrutinio rigoroso per distinguere la condotta fraudolenta da quella che integra la meno grave ipotesi di bancarotta semplice documentale (art. 217 Legge Fallimentare), punita a titolo di colpa. In altre parole, l’accusa deve provare che l’amministratore ha deliberatamente scelto di non tenere la contabilità proprio con lo scopo di creare un ‘buco nero’ informativo per frodare i creditori o per trarne un vantaggio personale. Questa finalità non può essere presunta, ma deve essere rigorosamente provata sulla base di elementi di fatto concreti.

Le Conclusioni

La sentenza in esame stabilisce un principio di garanzia fondamentale: la sola assenza dei libri contabili non è sufficiente per una condanna per bancarotta fraudolenta documentale. È indispensabile che l’accusa fornisca la prova del dolo specifico, ovvero della volontà finalizzata a danneggiare i creditori o a ottenere un profitto illecito. Annullando con rinvio la decisione, la Cassazione impone al giudice di merito di effettuare una nuova e più approfondita valutazione dell’elemento psicologico dell’imputato. Questa pronuncia rafforza la distinzione tra una gestione negligente e una deliberatamente fraudolenta, alzando l’asticella probatoria per le accuse più gravi in materia di reati fallimentari.

Quando l’omissione totale delle scritture contabili integra il reato di bancarotta fraudolenta?
Secondo la sentenza, l’omissione totale delle scritture contabili integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale solo se si accerta che lo scopo dell’omissione era quello di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto (dolo specifico). Non è sufficiente la mera impossibilità di ricostruire il patrimonio.

Qual è la differenza tra dolo generico e dolo specifico nella bancarotta documentale?
Il dolo generico, sufficiente per la bancarotta ‘generale’ (tenuta irregolare dei libri), consiste nella coscienza e volontà di tenere la contabilità in modo tale da non renderne possibile la ricostruzione. Il dolo specifico, richiesto per la bancarotta ‘specifica’ (sottrazione, distruzione o, come in questo caso, omissione totale), richiede una finalità ulteriore: l’intenzione di danneggiare i creditori o di trarre un profitto illecito.

Può un amministratore essere condannato per bancarotta fraudolenta documentale solo perché le scritture contabili sono assenti?
No. La sentenza chiarisce che la sola assenza delle scritture contabili non basta. È necessario un rigoroso scrutinio che provi, sulla base di elementi di fatto, che l’amministratore ha agito con la specifica intenzione di frodare i creditori. In assenza di tale prova, la condotta potrebbe al più integrare il meno grave reato di bancarotta semplice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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