Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11598 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11598 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 39458/2024
CARMINE RUSSO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME nato a CARIATI il 04/04/1981 inoltre: RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del 03/07/2024 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Si da atto che nessun difensore Ł presente, nonostante lo stesso abbia fatto pervenire richiesta di trattazione orale.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, quale giudice di rinvio a seguito di annullamento della Corte di cassazione, con sentenza in data 3 luglio 2024, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 30 giugno 2022 con cui NOME era stato condannato per i reati di cui agli art. 216, primo comma, n. 2 e 223 RD 267/1942 alla pena di anni due e mesi sei di reclusione.
L’imputazione mossa all’imputato era di bancarotta fraudolenta documentale commessa nella sua qualità di amministratore di diritto, in concorso con l’amministratore di fatto, della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita dal Tribunale di Milano in data 9 maggio 2013.
La declaratoria di condanna pronunciata dal Tribunale di Milano e confermata dalla Corte di Appello di Milano con sentenza del 21 marzo 2023 veniva annullata dalla Corte di Cassazione, sez. 5, sotto il profilo della mancata precisazione della condotta materiale attribuita all’imputato cui era contestata in alternativa sia la sottrazione e distruzione delle scritture contabili, sia la loro irregolare tenuta, e ciò con evidenti ricadute in tema di accertamento del dolo e quindi del reato attribuitogli.
Infatti, sebbene in entrambi i casi l’onere probatorio che incombe sull’accusa non sia assolto nØ provando una mera superficialità da parte del fallito, nØ le modalità omissive e/o lacunose di tenuta delle scritture contabili, Ł però necessario – per potere dare una qualificazione esatta al reato attribuito all’imputato – verificare quale sia stato l’atteggiamento psicologico del medesimo.
Nel giudizio rescissorio la Corte di Appello di Milano, nella sentenza impugnata, riteneva provato in capo all’imputato il dolo specifico e ciò in quanto- secondo quanto ricostruito nella sentenza di primo grado – Cetera, in qualità di amministratore unico della fallita, aveva comunicato la avvenuta distruzione della documentazione contabile della società stessa, a seguito di un allagamento che aveva interessato il magazzino ove la stessa era custodita, di talchŁ era divenuta illeggibile.La curatela aveva accertato la falsità di tale affermazione, poichØ tale documentazione risultava conservata presso la società RAGIONE_SOCIALE in locale condotto in locazione dall’imputato in forza di un contratto concluso qualche giorno prima della intervenuta dichiarazione di fallimento.
Tale condotta rivelava il dolo specifico sotteso all’occultamento della documentazione contabile e finalizzato ad impedire alla curatela e ai creditori la ricostruzione del patrimonio e degli affari della fallita.
Avverso tale decisione proponeva ricorso l’imputato tramite il difensore di fiducia articolando tre motivi di doglianza.
3.1 Con il primo motivo denunciava la violazione dell’art. 216, primo comma, n. 2, r.d. 267/1942 e correlato vizio di motivazione.
Il ricorrente ritiene che la Corte territoriale abbia errato nell’individuare la condotta ascritta all’imputato e il relativo atteggiamento psicologico in ragione di un unico elemento, costituito dall’invio della citata comunicazione al curatore, senza avere preso in considerazione alcun altro aspetto, come invece richiesto nella sentenza rescindente.
Il ricorrente ritiene che anche la pronuncia emessa ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen. non abbia emendato gli elementi di oggettiva equivocità, rilevati nella sentenza di annullamento e sottolinea come, stante la brevissima successione cronologica degli eventi, emerga con evidenza la estraneità dell’imputato rispetto al reato.
In particolare, il ricorrente richiama alcune dichiarazioni testimoniali dalle quali sarebbe emerso che la documentazione contabile piø rilevante non era nella disponibilità del Cetera, bensì dell’amministratore di fatto, COGNOME.
COGNOME infatti pur avendo ceduto le quote societarie a RAGIONE_SOCIALE in data 9/1/2013, nell’imminenza del fallimento, aveva comunque mantenuto il controllo della fallita; per contro, il curatore rilevava come RAGIONE_SOCIALE sembrasse del tutto ignaro delle vicende societarie.
Il ricorrente era uomo di paglia, che nulla sapeva e che nessuna esperienza aveva; l’imputato aveva affermato di avere effettuato la comunicazione falsa al curatore su indicazione di una terza persona; il contratto di locazione dei locali ove la documentazione in effetti era conservata era stato concluso prima.
La qualifica di amministratore di diritto – nella prospettiva del ricorrente – non comporterebbe in capo all’imputato la automatica responsabilità per i fatti contestatigli, dai quali egli sarebbe del tutto estraneo.
La circostanza emersa che i documenti fossero in realtà meramente occultati e fossero stati poi consegnati al curatore esclude la sussistenza del reato in quanto, una volta avutane la disponibilità, solo per volontà del curatore gli stessi non vennero consultati, pur essendo stati reperiti.
In difetto della necessaria dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza circa lo stato delle scritture, il fatto di avere ricoperto la carica formale sarebbe elemento insufficiente da cui inferire la penale responsabilità per il reato contestato.
3.2 Con il secondo motivo di ricorso lamenta violazione degli artt. 216, 223 RD 267/1942 e dell’art. 131 bis cod. pen. e vizio di motivazione
La impugnata sentenza sarebbe poi carente sotto il profilo della omessa motivazione in punto alla riqualificazione della condotta ascritta al ricorrente quale bancarotta semplice.
La condotta di NOMECOGNOME che subentrò all’ultimo momento e che mise la
documentazione in un magazzino, senza distruggerla, integrerebbe al piø, secondo il ricorrente, l’ipotesi di bancarotta semplice documentale.
Ciò in quanto il ricorrente richiamava una pronuncia di questa Corte che impone che la motivazione concernente la sussistenza degli indici di fraudolenza della condotta di tenuta irregolare sia maggiormente rigorosa.
Una volta ricostruita la fattispecie criminosa ascrivibile all’imputato come bancarotta documentale semplice, il ricorrente invocava la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto; su tale punto la Corte non si sarebbe espressa, nonostante tale richiesta avesse fatto parte degli originari motivi di appello.
3.3 Con il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.
La pena inflitta, contrariamente a quanto sostenuto nell’impugnato provvedimento non Ł di poco superiore al minimo edittale, ma lo Ł di nove mesi; nella determinazione della pena non Ł stato considerato il fatto che NOME Ł incensurato, che Ł stato coinvolto per leggerezza in un episodio criminoso e che Ł stato amministratore per un brevissimo periodo di tempo.
4. Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
La Corte di Appello, quale giudice di rinvio, con una motivazione stringata, ma pregnante, ha affrontato la questione rimessale da questa Corte con la sentenza di annullamento, descrivendo con esattezza la condotta ascritta all’amministratore di diritto consistita nella sottrazione della documentazione contabile alla curatela, da cui non si può che desumere il dolo specifico di arrecare pregiudizio ai creditori.
1.1 Il primo motivo Ł infondato.
Come sottolineato nell’impugnato provvedimento, proprio il fatto che RAGIONE_SOCIALE abbia, subito dopo avere acquisito le quote societarie e il ruolo di amministratore di diritto della fallenda, concluso un contratto di locazione di spazi ove ha fatto collocare la documentazione societaria, per poi dichiarare falsamente all’amministratore che la documentazione era stata mandata al macero, perchØ rovinata ed illeggibile, evidenzia la mala fede del medesimo; egli, infatti, Ł stato razionalmente ritenuto a conoscenza del fatto che la documentazione esisteva e non era andata distrutta, proprio in ragione del fatto di essersi adoperato per trovare uno spazio ove conservarla e ciò nell’immediatezza dell’assunzione della carica, e qualche giorno prima delle dichiarazione di fallimento.
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza Ł necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2, l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904 – 01).
Proprio la tempistica di tale condotta, come evidenziato nell’impugnata sentenza, rende ancora piø scoperto l’intento fraudolento dell’imputato.
Per contro, il ricorrente, da un lato cerca di scardinare la motivazione, parcellizzando gli
elementi di prova e dall’altro sollecita, inammissibilmente, una loro rivalutazione e ciò in aperto contrasto con il principio secondo cui Ł inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anzichØ al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne Ł stata fornita. (Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012, P.m. in proc. aprovitola, Rv. 253774 – 01)
In tema di reati fallimentari, l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purchØ sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017 Rv. 271754). Tale principio, applicabile al caso della bancarotta fraudolenta documentale cd. generica, resta superato dal concreto accertamento, nel caso di specie, del dolo specifico dell’agente.
Nel caso in esame -come esposto nell’impugnato provvedimento – non solo l’imputato non si preoccupò di conservare e ricostruire la documentazione ma, al contrario, una volta avutane la disponibilità, la occultò, sottraendola alla disponibilità dei creditori e del curatore.
Il reperimento successivo – reso possibile in forza di un decreto di perquisizione e susseguente sequestro, secondo quanto affermato dalla Corte territoriale, – Ł post factum irrilevante rispetto alla condotta di occultamento dell’imputato che comunque – e trattasi di rilievo svolto per mera completezza argomentativa – non Ł stato colui che ha riconsegnato i documenti o copia di essi, che sono entrati nella disponibilità del curatore per ragioni estranee alla condotta tenuta dall’imputato.
1.2 Il secondo motivo Ł infondato.
Nel momento in cui la Corte territoriale ricostruisce la fattispecie come bancarotta fraudolenta documentale, risponde implicitamente anche alla sollecitazione circa la qualificazione ex art. 271 l. fall.e all’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., non applicabile ratione poenae al reato di bancarotta fraudolenta.
1.3 Anche il terzo motivo Ł infondato.
Secondo un costante orientamento di questa Corte, cui si intende dare continuità, l’onere motivazionale inerente la dosimetria sanzionatoria Ł direttamente proporzionale all’entità del discostamente dal minimo edittale e fino al raggiungimento del medio edittale, superato il quale il quantum di motivazione proprio in ragione dell’entità di tale discostamente assume connotati di maggiore pregnanza, non potendo desumersi la ragione di tale discostamento dal complesso motivazionale della decisione.
Infatti, in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non Ł necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo Ł desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena. (Sez. 3, Sentenza n. 38251 del 15/06/2016, Rv. 267949); nel medesimo senso si Ł affermato che nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non Ł necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283 – 01)
L’onere motivazionale, in ragione della entità del discostamente dal minimo edittale, assolutamente trascurabile, Ł stato assolto.
Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 12/02/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME