Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17817 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17817 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME nato a Villa Castelli il 3 settembre 1956;
COGNOME NOME nata a Grottaglie il 16 agosto 1990;
COGNOME NOME nata a Grottaglie il 24 marzo 1985;
Prete NOME nato a San Marzano di San Giuseppe il 27 maggio 1953;
avverso la sentenza del 12 novembre 2024 della Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito l’avv. NOME COGNOME sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME che ha insistito per
l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
NOME, NOME e NOME COGNOME ed NOME COGNOME, odierni ricorrenti, venivano tratti a giudizio per rispondere, secondo le individual
responsabilità, di un reato associativo, di plurimi reati fiscali (qualificati ai s degli artt. 2, 5 e 8 d. Igs. n. 74 del 2000), di plurimi reati di bancarotta fraudole patrimoniale e documentale (commessi in relazione alle società: RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita 1’11 gennaio 2012; RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 10 giugno 2015; RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 23 maggio 2018), nonché di plurimi rea di inosservanza agli obblighi del fallito e di bancarotta semplice (artt. 220 e 224 I fa Il.).
Più in particolare, secondo la prospettazione accusatoria, attraverso l’artificiosa manipolazione di scritture contabili e fiscali e intestazioni fitt prestanomi, NOME COGNOME avrebbe costituito e amministrato, di fatto, una pluralità di società (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE), gestendone l’attività stabilendo le strategie da adottare per evitare di pagare i debiti e trasferire i ram produttivi ad altre società. E, sotto la direzione di NOME, gli altri correi avrebbe assunto, di volta, in volta, il ruolo di socio, di amministratore di fatto amministratore di diritto, partecipando, così, alla congiunta gestione.
La prospettazione accusatoria veniva sostanzialmente accolta in primo grado, dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto, che, all’esito del giudizio, celebrato con rito abbreviato, pronunciate le necessarie estinzioni (per prescrizione) e le individuali assoluzioni, dichiarava:
NOME COGNOME responsabile del reato associativo (capo A), dei plurimi reati fiscali contestati ai capi C, D, E, F, G e H (emissione e utilizzazione di fattu per operazioni inesistenti e omessa dichiarazione di componenti attivi) e dei connessi reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale contestati ai capi I, L e P (il capo I limitatamente all’ipotesi di bancarotta fraudolent documentale, con esclusione dell’aggravante della concorrenza di più fatti), in questi ultimi, assorbiti i paralleli reati di cui ai capi N, O e K (inosservanza de obblighi imposti al fallito e bancarotta semplice).
NOME COGNOME responsabile del reato associativo (capo A), del reato fiscale contestato al capo G (utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti) dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale contestati ai capi L e P (in questi assorbiti i paralleli reati di cui ai capi N e O);
NOME COGNOME responsabile del reato associativo (capo A), dei due reati fiscali contestati ai capi C e F (emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti) e dei reati di bancarotta fraudolenta di cui al capo L e P (in ques assorbiti i paralleli reati di cui ai capi N e O);
NOME COGNOME responsabile del reato di bancarotta patrimoniale e documentale contestata al capo L.
La decisione è stata integralmente confermata anche dalla Corte d’appello, che si è limitata a dichiarare l’estinzione per prescrizione dei reati fiscali contest a NOME COGNOMEcapi C ed F).
Avverso la sentenza emessa dalla Corte territoriale, tutti gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.
Il ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE si compone di quattro motivi d’impugnazione, tutti formulati sotto i profili della violazione di legge e d connesso vizio di motivazione.
5.1. Il primo motivo di ricorso deduce che la responsabilità del Prete sarebbe stata fondata sulla sola carica formale assunta in un periodo pregresso al fallimento, senza considerare la mancanza di prova certa in ordine all’effettiva sottoscrizione dell’atto di cessione dei crediti da parte del Prete e il ruo (esclusivamente formale) da lui assunto.
5.2. Il secondo attiene alle singole condotte contestate:
la cessione dei crediti (vantati nei confronti della Saint Gobain) in favore della PMP non avrebbe natura distrattiva in quanto: a) avvenuta cinque anni prima del fallimento; b) giustificata dalla parallela estinzione di un debito di pari impor che la fallita (RAGIONE_SOCIALE) aveva nei confronti della cessionaria (PMP), estinzione effettivamente intervenuta (la cessione era stata concordata pro so/vendo) alla luce dell’importo complessivo dei bonifici effettuati dalla Saint Gobain (debitore ceduto) in favore della cessionaria (ampiamente superiore all’importo dei crediti ceduti);
non sarebbe ipotizzabile alcuna distrazione né della forza lavoro (in quanto solo tre degli originari trentasette dipendenti della RAGIONE_SOCIALE sono transitati alle dipendenze di altre società di famiglia), né delle attrezzature industriali della fall (di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e non della RAGIONE_SOCIALE);
l’assenza della contabilità precluderebbe ogni valutazione in ordine alla sua tenuta e comunque sarebbe evento imputabile all’ultimo amministratore.
5.3. Il terzo motivo attiene alla qualificazione delle condotte contestate, assunte, sostiene la difesa, senza alcuna preordinazione distrattiva o fraudolenta, ma nella sola inesperienza e incapacità di gestione.
5.4. Il quarto, in ultimo, attiene alla sussistenza delle aggravanti contestate (il danno di rilevante gravità e i più fatti di bancarotta), ritenute nonostante mancanza dei rispettivi presupposti applicativi.
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p.r
NOME, NOME e NOME COGNOME, a mezzo di un unico comune ricorso, formulano otto motivi di censura, tutti articolati intorno ad un’asserit erronea valutazione del compendio probatorio, fondata, sostiene la difesa, sulle sole dichiarazioni del curatore e sui paralleli esiti delle verifiche della Guardia Finanza, a fronte dei quali sarebbero state radicalmente pretermesse le conclusioni della consulenza di parte e la relativa analitica ricostruzione delle singole operazioni finanziarie in contestazione.
Analizzando partitamente le singole censure e prescindendo da quelle prospettate in relazione alla bancarotta contestata al capo L (sostanzialmente sovrapponibili alle parallele censure sollevate dalla difesa del Prete):
il contratto di fornitura stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE e la Saint Gobai (relativo alla bancarotta di cui al capo P) non è mai stato ceduto: risulta risolto 29 giugno 2018 in ragione della dichiarazione di fallimento della prima e altro contratto, tra la RAGIONE_SOCIALE e la Saint Gobain, è stato stipulato solo successivamente, nel 2017;
la prova della distrazione delle attrezzature della RAGIONE_SOCIALE (capo I) si fonda sulle generiche dichiarazioni del curatore, il quale, tuttavia, senza eseguire neanche l’inventario, ha dato atto della totale mancanza di documentazione, cosicché mancherebbe non solo l’accertamento della previa disponibilità dei beni ipotizzati come sottratti, ma anche il semplice accertamento contabile;
la ritenuta fittizietà delle operazioni sottese alle fatture emesse dalla Verpool (in relazione ai singoli reati fiscali) viene desunta dal solo rilevato legame parentela esistente tra gli amministratori o i soci delle società coinvolte nell singole operazioni (dato in sé equivoco) e dal significativo margine di ricarico operato dalla Verpool (giustificato, invece, dai costi di trasporto caricati);
mancherebbe, in relazione al reato associativo, un’autonoma struttura organizzata e, individualmente, una condotta di partecipazione attribuibile a NOME e NOME COGNOME, sostanziatasi nel solo compimento di pochi reati fine;
illogico il rigetto della richiesta di integrazione istruttoria (CTU), riten erroneamente superflua in quanto avente per oggetto questioni interpretative riservate all’autorità giudiziaria;
contraddittoria l’irrogazione della medesima pena base a tutti i concorrenti, nonostante l’oggettiva diversità di ruoli e priva di motivazione sarebbe la concreta quantificazione, così come il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Con memoria del 28 marzo 2025, la difesa di NOME COGNOME propone un nuovo motivo di censura, afferente alla confisca, deducendo che la sentenza
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frif d’appello, pur a fronte di specifica doglianza, difetterebbe di reale risposta a gravame difensivo sull’evidente e documentata sproporzione della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono, complessivamente, infondati.
2. Il procedimento trae origine da una verifica fiscale, iniziata dalla Guardia di Finanza nel giugno del 2014, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e dai conseguenti accertamenti disposti in funzione del controllo di veridicità delle fatture emesse dalla predetta società. Accertamenti che, alla luce degli esiti delle verifiche condotte e delle sommarie informazioni testimoniali raccolte (il giudizio è stato celebrato con il rito abbreviato), permettevano di ritenere non solo la fittizietà delle operazioni documentate nelle fatture emesse dalla Verpool, ma, a monte, l’esistenza di un gruppo di società (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) di cui NOME COGNOME ave direttamente o indirettamente (tramite prestanomi e familiari) la gestione: tutte operavano nel medesimo settore ed erano interessate da reciproche partecipazioni societarie e da un’intensa attività di emissione di fatture (per operazioni risultat inesistenti) da parte di alcune società in favore di altre del gruppo (segnatamente dalla Verpool e dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE); erano gestite direttamente o indirettamente dai COGNOME; molte avevano la medesima sede (ove è stata rinvenuta la contabilità della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE, della Verpool e della RAGIONE_SOCIALE) e lo stesso recapito telefonico ed erano amministrate, nell’ultimo periodo di vita, dopo l’avvenuta spoliazione delle poste attive, da semplici prestanomi. E tutte erano, poi, caratterizzate da un’evidente intercambiabilità delle persone fisiche che, di volta in volta, secondo una dinamica ciclica, assumevano la formale amministrazione: persone, appartenenti o comunque riconducibili alla famiglia COGNOME (questi ultimi in particolar modo nelle fasi finali della società), che si sostituivano periodicamente le une alle altre, pu conservando sempre, di fatto, i COGNOME l’esercizio delle funzioni gestorie. E, avvicendandosi nella gestione delle singole società, restituivano traccia dell’esistenza di un originario accordo all’azione congiunta, poi realizzata con l’apporto materiale di ognuno; un accordo che, nella prospettazione accusatoria, era finalizzato alla radicale spoliazione di tutte le componenti produttive della società di famiglia di volta in volta destinata al fallimento (bad company), dirottate verso altre società di famiglia (le best company) in modo da rendere inesigibili le obbligazioni debitorie accumulate in capo alla prima, della quale venivano sottratte od occultate le scritture contabili, per rendere impossibile la ricostruzione delle Corte di Cassazione – copia non ufficiale
vicende societarie. Modalità operativa che ha caratterizzato l’avvicendamento tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE e si è poi ripetuta nell’avvicendamento tra la stessa RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (sottoposta a sequestro e divenuta oggetto di confisca).
Ciò considerato, emerge con evidenza come la responsabilità di ciascuno derivi non già dalla mera veste formale assunta nelle epoche specificamente indicate, ma dall’esercizio in fatto delle funzioni gestorie delle singole societ facenti parte del gruppo e il riferimento ai diversi periodi nei quali i singoli imputa hanno assunto veste formali rileva al solo fine di dimostrate per facta concludentia il consapevole e innegabile coinvolgimento di ciascuno nelle azioni accertate.
In questo contesto, si inseriscono tutte le singole imputazioni.
Preliminarmente, va fin d’ora considerato che la decisione impugnata si caratterizza per la condivisione dei medesimi criteri di valutazione adottati in primo grado e per i frequenti richiami alla relativa motivazione, con la quale, pertanto, la struttura giustificativa della sentenza, fondendosi, forma un unico complessivo corpo argomentativo (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595).
Sempre in via preliminare, il motivo nuovo proposto dalla difesa dei COGNOME è inammissibile in quanto non investe i capi o i punti della decisione già enunciati nell’atto originario di gravame. La “novità”, infatti, deve intenders riferita non ai capi o ai punti del provvedimento impugnato, ma ai soli “motivi” e quindi alle ragioni che illustrano ed argomentano il gravame, sui capi o i punti già censurati con il ricorso (Sez. 1, n. 40932 del 26/05/2011, Rv. 251482).
Ciò precisato, l’intero ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE e il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME, NOME e NOME COGNOME attengono al capo L; capo nel quale si contestano (al COGNOME, quale amministratore di diritto, e ai COGNOME, quali amministratori di fatto della RAGIONE_SOCIALE) i reati di bancarotta fraudolenta documentale (per aver tenuto le scritture in modo tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio e degli affari) e bancarotta fraudolenta patrimoniale (per aver distratto i crediti vantati dalla falli nei confronti della Saint Gobain Italia, ceduti ad altra società di famiglia, e l’int suo compendio aziendale, rappresentato dalla forza lavoro, dalla complessiva attrezzatura utilizzata e dalla stessa disponibilità dei locali aziendali).
2.1. Le difese deducono: la natura non distrattiva della cessione del credito stipulata tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, il numero limitato di dipendenti della fallita transitati nelle altre società della famiglia, la titolarità aliena dei beni azienda il solo COGNOME, anche la qualificazione delle condotte (prospettata in termini di
bancarotta semplice), l’imputabilità all’amministratore di diritto delle condotte distrattive e di gestione della contabilità assunte dagli amministratori di fatto e sussistenza delle aggravanti.
2.2. Le censure sono tutte, complessivamente, infondate. In primo luogo, quelle afferenti alla cessione di credito.
I giudici di merito hanno ritenuto la natura distrattiva di tale cessione i ragione dell’assenza di un reale corrispettivo per la cedente e del periodo storico all’interno del quale è stata realizzata (nel 2008, quando le perdite avevano sostanzialmente eroso tutto il capitale).
Come chiaramente ribadito nella sentenza impugnata, non è mai stato posto in discussione che la RAGIONE_SOCIALE vantasse dei crediti verso la RAGIONE_SOCIALE e che quest’ultima avesse onorato la propria posizione versando alla società indicata dalla propria creditrice il quantum debeatur, quanto, piuttosto, il presupposto di quella cessione e la regolarità formale della stessa. La cessione, infatti, è risultata priva di collegamento con l’attività delle società, effettuata incongrui criteri economici e in assenza di sottostanti rapporti che giustificassero l’operazione; circostanza riferita dal curatore e confermata dagli esiti delle verifiche fiscali e dall’incoerenza del complessivo importo versato dalla Saint Gobain alla PMP, di molto superiore a quello formalmente ceduto (con atto per notaio Torraca).
A fronte di ciò, la difesa continua a dedurre l’esistenza di un debito formalmente posto in compensazione (rappresentato da fatture emesse proprio dalla Verpool), l’effettivo adempimento da parte della Saint Gobain e, a monte, uno scollamento temporale dell’operazione rispetto alla dichiarazione di fallimento. Circostanze eccentriche rispetto alle argomentazioni offerte che, come detto, non pongono in discussione la legittimità formale dell’operazione o l’effettivo pagamento da parte della Saint Gobain, ma l’esistenza di un rapporto sottostante reale tra la cedente e la cessionaria, che giustificasse economicamente la cessione. Ebbene: a) un generico richiamo proprio alle fatture della cui autenticità si dubita è, in sé (essendo la fattura una mera dichiarazione di parte), inidoneo a provare l’esistenza del rapporto; b) l’invocato scollamento temporale dell’operazione (posta in essere nel 2010) rispetto al fallimento (dichiarato nel 2015) è dato già valutato irrilevante da entrambi i giudici di merito, che hanno dato atto delle chiare condizioni economiche nelle quali versava la RAGIONE_SOCIALE al momento della cessione (circostanza che, in sé, dà conto della pericolosità concreta dell’operazione e della relativa consapevolezza in capo all’agente); c) i dubbi ventilati in ordine all’autenticità delle firme apposte al negozio di cessione (e l’invocata perizia grafologica) sono formulati in termini evidentemente generici a fronte di un atto
(una scrittura privata autenticata) che, della provenienza dello stesso, fa fede fino a querela di falso.
2.3. La seconda condotta distrattiva, contestata al capo L, attiene all’intero complesso aziendale. E anche in questo caso le argomentazioni offerte nella sentenza impugnata danno conto della indeducibilità delle censure difensive.
Secondo la prospettazione accusatoria (fondata sulle dichiarazioni del curatore e sugli esiti delle pregresse verifiche fiscali), la distrazione si sarebbe sostanzia nella costante attribuzione delle passività in capo alla fallita e nella confusione beni e forza lavoro impiegata: le società in bonis, facenti capo alla famiglia, operavano sul mercato intrattenendo relazioni commerciali con soggetti terzi, concludendo contratti, ricevendo le commesse e adempiendo alle obbligazioni assunte, ma i relativi costi gravavano sulla SGME, della quale venivano utilizzati i locali, la strumentazione e la relativa forza lavoro, senza, però, che per essa derivasse alcun vantaggio economico in termini di profitto. Non si deduce, quindi, l’esistenza di un formale contratto di cessione di contratto, ma il sostanziale utilizzo della forza lavoro (oltre che dei macchinari e dei locali) alle dipendenz della fallita, che ha sopportato i costi della produzione senza ricevere i conseguenti vantaggi economici. E alla luce di ciò si comprende l’inconferenza dell’invocato limitato transito di alcuni lavoratori dalle fila dei dipendenti della fallita verso società del gruppo; evento estraneo alla contestazione e successivo alla dichiarazione di fallimento.
2.4. Analoghe considerazioni anche con riferimento alla prospettata (differente) titolarità dei beni aziendali, pacificamente riconducibile alla Immobiliare. Anche in questo caso, ciò che rileva non è la proprietà dei beni (pacificamente di una società diversa, peraltro, comunque riconducibile agli stessi COGNOME), ma la loro utilizzazione per finalità estranee a quelle proprie della società, riferibili alle altre società del gruppo che, conseguentemente, incameravano i profitti connessi ai contratti, senza sopportare, anche sotto tale profilo, alcun costo di produzione. Anche in questo caso, ciò che rileva non è la titolarità del bene distratto, ma l’utilizzazione di un bene di cui la società fal aveva (comunque) la disponibilità per fini differenti dal soddisfacimento dei diritt della massa dei creditori, condotta sostanzialmente distrattiva (Sez. 5, n. 10220 del 19/09/1995, COGNOME, Rv. 203006).
2.5. Analoghe considerazioni, in ultimo, anche in relazione alla contestata bancarotta documentale. La Corte ha dato atto di aver parzialmente rinvenuto la documentazione della fallita presso lo studio del professionista deputato alla cura della contabilità delle singole società, rilevando l’esistenza di uno schema operativo che, a fronte dell’apparente correttezza formale delle operazioni, aveva consentito la dissimulazione di varie operazioni commerciali artatamente poste in
essere per assicurare la distrazione di beni e denaro alla garanzia dei creditori, quando la situazione di decozione della compagine era già evidente. Ed è proprio tale finalità fraudolenta ad aver condotto i giudici di merito ad escludere la possibilità di qualificare le condotte in termini di bancarotta semplice; così come è proprio con tale prospettazione e con la coerenza delle rilevate incompletezze o irregolarità rispetto alla sottostante finalità distrattiva, che le difese n confrontano, limitandosi a ribadire l’estraneità del Prete (mero prestanome) e l’incompatibilità logica dell’analitica ricostruzione delle operazioni rispetto a ritenuta incompletezza documentale. Ebbene, che aliunde sia stato possibile ricostruire le operazioni è circostanza, in sé, irrilevante, ed anzi costituisce ripro dell’inidoneità della documentazione tenuta (Sez. 5, n. 21028 del 21/02/2020, COGNOME, Rv. 279346); il Prete, contrariamente a quanto prospettato dalla difesa, per come chiaramente ricostruito dai giudici di merito, era pienamente consapevole dei disegni criminosi dell’amministratore di fatto, ai quali ha attivamente partecipato sottoscrivendo l’atto di cessione del credito e accettando di assumere formalmente la responsabilità degli atti gestori, senza neppure premurarsi della concreta operatività o dell’esistenza e della regolarità di una completa documentazione contabile, in chiara violazione degli obblighi propri dell’organo amministrativo (Sez. 5 n. 19049 del 19/02/2010, Succi, Rv. 247251).
2.6. Indeducibili, in ultimo, anche le censure afferenti alla sussistenza delle aggravanti contestate ai reati di bancarotta (il danno patrimoniale di rilevante gravità e i più fatti di bancarotta), nella loro formulazione manifestamente infondati.
I giudici di merito hanno ancorato le due aggravanti: a) alla misura della distrazione accertata (avente per oggetto, oltre che la già significativa somma di denaro di oltre 295 mila euro, anche i vantaggi economici rinvenienti dall’utilizzo del compendio aziendale e dei dipendenti della fallita, destinati a garantire lo svolgimento dell’attività imprenditoriale ad altre società del gruppo) e, quindi, del conseguente pregiudizio arrecato ai creditori; b) alla accertata consumazione di una bancarotta patrimoniale, per distrazione, e di una bancarotta documentale (ritenuti due fatti autonomi).
A fronte di ciò, per come si è detto, la difesa giustifica le singole operazion contestate agli imputati (svolta nei motivi precedenti), escludendo la riconducibilità agli imputati del danno patrimoniale di rilevante entità e deduce l’unitarietà dell’azione delittuosa, escludendo la sussistenza di più fatti bancarotta.
Ebbene, l’infondatezza dei precedenti assunti e la rilevata natura distrattiva delle singole operazioni assorbe la censura afferente alla riconducibilità del danno alle condotte degli imputati; parallelamente, l’accertata consumazione di condotte
di bancarotta patrimoniale e bancarotta documentale dà, invece, conto, in sé, della sussistenza di più fatti di bancarotta (Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249667).
Le altre censure (prospettate dai COGNOME) afferiscono alle residue imputazioni contestate: i reati di bancarotta di cui ai capi I) e P), i reati fisca in ultimo, il reato associativo di cui al capo A).
3.1. I capi I e P riguardano la gestione di altre due società del gruppo, la RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita l’11 gennaio 2012) e la RAGIONE_SOCIALEdichiarata fallita il 23 maggio 2018).
La censura afferente al capo I è chiaramente indeducibile, in quanto è riferita, nella sua formulazione, all’originaria imputazione per bancarotta fraudolenta patrimoniale, in relazione alla quale, tuttavia, già in primo grado, è stata pronunciata sentenza di assoluzione.
Indeducibile anche quella riferita al capo P). L’imputazione, infatti, attiene al fallimento della RAGIONE_SOCIALE ed è formulato in termini sostanzialmente sovrapponibili al capo L (relativo al fallimento RAGIONE_SOCIALE), replicando, la prima, il medesimo modello gestionale della seconda. Anche in questo caso, si contesta, a tutti i Bernardi, nei ruoli in precedenza evidenziati, di aver tenuto le scritture modo tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio e degli affari e di aver distratto l’intero compendio aziendale rappresentato dalla forza lavoro, dalla complessiva attrezzatura utilizzata e dalla stessa disponibilità dei locali aziendali e, fra questi, anche il contratto di fornitura stipulato con Saint RAGIONE_SOCIALE (trasferito ad altra società di famiglia).
Le difese deducono che il contratto di fornitura stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE e la Saint RAGIONE_SOCIALE non sarebbe mai stato ceduto (risulta risolto il 29 giugno 2018 in ragione della dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE), mentre tra la RAGIONE_SOCIALE e la Saint RAGIONE_SOCIALE ne sarebbe stato stipulato altro (solo successivamente, nel 2017).
La censura è, complessivamente, infondata, per le medesime ragioni già esposte in precedenza. Secondo la ricostruzione prospettata dai giudici di merito, anche in questo caso, infatti, la distrazione si è sostanziata non nella stipula di un formale atto di cessione di contratto, ma nella concreta utilizzazione dell’intero compendio aziendale della RAGIONE_SOCIALE da parte della RAGIONE_SOCIALE, altra società del gruppo, individuata dagli amministratori quale best company, alla quale far affluire le poste attive delle consorelle, secondo il consolidato modello gestionale. Non si discute, quindi, di una formale cessione del contratto stipulato tra la fallita e la Saint Gobain RAGIONE_SOCIALE, ma della prosecuzione di fatto con la RAGIONE_SOCIALE del rapporto originariamente esistente tra la RAGIONE_SOCIALE (poi
fallita) e la Saint Gobain Italia; si discute dell’appropriazione dei (soli) vanta economici di un contratto rimasto formalmente in essere con la RAGIONE_SOCIALE, della quale la RAGIONE_SOCIALE continuava ad utilizzare – senza sopportarne i costi – i dipendenti, i locali, la strumentazione, nella cui sede si era insediata dop una fittizia comunicazione di cessazione dell’attività. E, come correttamente rileva il giudice di secondo grado, proprio l’invocata stipula di un nuovo, autonomo, contratto tra la Saint RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, all’esito del fallimento dell RAGIONE_SOCIALE (originaria contraente), conferma l’inesistenza di rapporti della RAGIONE_SOCIALE con la Saint Gobain, antecedenti al fallimento della RAGIONE_SOCIALE ed indipendenti dal rapporto di quest’ultima, solo evocati dalla difesa attraverso il riferimento ad un asserito contratto di fornitura stipulato con la RAGIONE_SOCIALE nel 2017, neanche prodotto in questa sede (indicato come contenuto negli allegati 11 e 12 della relazione di consulenza, che, invece, indicano solo fatture), in violazione del principio di autosufficienza.
3.2. Le censure afferenti ai reati fiscali sono tutte indeducibili in quant integralmente versate in fatto.
I giudici di merito hanno desunto la fittizietà delle operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizio) sottese alle fatture emesse dalla Verpool evidenziando: a) il legale di parentela esistente tra gli amministratori delle societ coinvolte nelle fatturazioni; b) l’assenza, presso la sede, di uffici e stabilimenti; l’utilizzo di un capannone, già sede di altra società del gruppo, locato da altra ancora; d) il dato cronologico (le fatture sono tutte localizzate alla fine del perio d’imposta, ovvero nella parte dell’anno in cui si procede contabilmente agli aggiustamenti degli accadimenti aziendali onde addivenire alla determinazione del risultato d’esercizio); e) la genericità della descrizione dell’oggetto del prestazione, mancando ogni riferimento al tipo di prestazione erogata (opere edili, carpenteria metallica, idraulica, elettrica) e ai parametri di quantificazione d relativo valore (ore lavoro, numero personale impiegato, durata della prestazione, materiali impiegati, beni strumentali utilizzati); f) l’assenza di riferimento fatture negli incassi, rilevati in contabilità, transitati tramite intermed finanziario; g) l’esclusività del conto corrente bancario utilizzato per regolarizzazione delle fatture (movimentato solo con flussi finanziari generati o diretti a società riconducibili alla famiglia).
A fronte di ciò, per come si è detto, la difesa deduce l’equivocità dell’evocato legame di parentela esistente tra gli amministratori o i soci delle singole società coinvolte nelle operazioni e la giustificazione del significativ margine di ricarico operato dalla Verpool sulle fatture emesse in favore delle consorelle. Ma tanto non solo significa non confrontarsi con l’analitica motivazione offerta, ma significa censurare la valutazione della prova, non la motivazione che
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di essa ne danno i giudici di merito, significa chiedere a questa Corte una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, articolata sulla base dei diversi parametri di ricostruzione e valutazione, attivit che, com’è noto, è riservata al giudice di merito.
3.3. Le censure afferenti al delitto associativo e al trattamento sanzionatorio, anch’esse inammissibili.
In relazione al capo A), va premesso che, in linea di principio, la prova dei singoli elementi costitutivi dell’associazione e della stessa condotta partecipativa di ciascuno non necessita di particolari forme, ben potendo provenire anche dalla sola valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un’organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi (Sez. 2, n. 22906 del 08/03/2023, Rv. 284724), perché, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Rv. 266670). Ne discende, quindi, che gli elementi certi relativi alla partecipazione di determinati soggetti ai reati fine effettivamente realizzat possono essere influenti nel giudizio relativo all’esistenza del vincolo associativo e all’inserimento dei soggetti nell’organizzazione, specie quando la struttura e le caratteristiche dei singoli reati o le modalità della loro esecuzione siano dimostrativi del tipo di criminalità (Sez. 5, n. 21919 del 04/05/2010, Rv. 247435).
Ciò considerato, la Corte territoriale, facendo corretta applicazione dei principi in precedenza evidenziati, ha desunto l’esistenza di un’autonoma struttura associativa e l’individuale partecipazione di ciascuno alla luce dei plurimi elementi indicati in precedenza (sub 2 del considerato in diritto), riscontrati dai pluri reati scopo, in sé indicativi, per le loro modalità, di un’organizzazione stabile autonoma, dotata di una propria capacità progettuale ulteriore rispetto alla consumazione dei singoli reati.
In questa direzione, a prescindere dalle dichiarazioni rese (in ipotesi senza le garanzie connesse alla posizione processuale rivestita) dal Prete: l’operatività congiunta, coordinata e continua negli anni di tutte le società e, per esse, dei legali rappresentanti; la comune preordinazione dell’attività alla sottrazione della garanzia patrimoniale ai creditori sociali; la durata dell’attività illecita; il freq scambio dei ruoli all’interno delle società; la continua creazione di nuove società, con avvicendamenti continui nelle cariche.
Un complessivo quadro probatorio dal quale emerge, secondo la ricostruzione argomentativa dei giudici di merito, un sistema gestionale stabile a continuativo, finalizzato ad assicurare, con ciclica periodicità, la sopravvivenza di alcune società (individuate quali best company) a scapito di altre (utilizzate come scatole vuote, sulle quali convogliare le perdite attraverso artate e/o fittizie operazio
commerciali), utile a garantire la conservazione di capitali e risorse all’interno del gruppo in assoluto sottraendole alla garanzia dei creditori sociali.
In ciò l’esistenza del reato associativo: proprio la necessità di una comune gestione di tutte le società è chiara manifestazione dell’esistenza di un vincolo che va oltre semplice accordo, occasionale, limitato alla consumazione dei singoli reati fine. D’altronde, per la sussistenza del delitto di associazione a delinquere non è necessario né un numero notevole di persone, né una distinzione precisa di ruoli tra le stesse, né la predisposizione di una particolare struttura organizzativa (se non quella strettamente necessaria alla realizzazione dello scopo): ciò che unisce i singoli associati, pur nella loro limitata dimensione, è l’esistenza di un vincol continuativo, scaturente dalla consapevolezza di ciascuno di far parte dell’associazione e di partecipare, con il proprio contributo causale, alla realizzazione di un programma criminale duraturo (Sez. 1, n. 34043 del 22/09/2006, Rv. 234800)
3.4. Residuano le censure afferenti al rigetto della richiesta di perizia e al trattamento sanzionatorio, quanto, in particolare, alla quantificazione della pena irrogata e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Sotto il primo profilo, è sufficiente rilevare come, nel giudizio di appell avverso la sentenza emessa all’esito del giudizio abbreviato non condizionato, l’assunzione di nuove prove è possibile solo qualora queste non si riferiscano a circostanze di fatto anteriori al processo e conosciute dall’imputato, trattandosi altrimenti, di prove che avrebbero dovuto formare oggetto di una richiesta di giudizio abbreviato condizionato da sottoporre al relativo vaglio di ammissibilità (Sez. 2, n. 49324 del 25/10/2016, COGNOME, Rv. 268363).
Quanto al trattamento sanzionatorio, deve premettersi che la graduazione della pena presuppone un apprezzamento in fatto e un conseguente esercizio di discrezionalità (ed è, quindi, riservata al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, ove non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e s sorretta da sufficiente motivazione: Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142). Naturale corollario di tale assunto è che il giudice deve dar conto, sia pure sinteticamente, delle singole decisioni adottate nell’esercizio del suo potere discrezionale; onere che può ritenersi adempiuto allorché il giudice di merito abbia indicato, nel corpo della sentenza, gli elementi ritenuti rilevanti determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Rv. 211582; Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, Rv. 258410) ed è tanto meno stringente quanto più la determinazione è prossima al minimo edittale, rimanendo, in ultimo, sufficiente il semplice richiamo al criterio di adeguatezza, nel quale sono impliciti
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gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 28852 del 08/052013
256464).
In questo contesto, le circostanze attenuanti generiche, in sé, costituiscono oggetto di un diritto conseguente all’assenza di elementi neg
connotanti la personalità del soggetto, ma necessitano, in positivo, di ele ritenuti idonei a giustificare la mitigazione del trattamento sanzion
rendendolo coerente alla concreta gravità del fatto, dei quali la motivazione dar conto, indicando le ragioni a sostegno decisione assunta, senza la st
necessità della contestazione o dell’invalidazione degli elementi sui qu simmetrica prospettazione si fonda (Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Rv. 271315
Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Rv. 252900; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/202
Rv. 281590).
Ebbene, la pena utilizzata per ognuno quale base per i successivi calco prossima al limite minimo ed è stata quantificata in funzione del rea
bancarotta fraudolenta (e tanto spiega l’irrilevanza dell’invocata diversità d all’interno dell’associazione), così come prossimi ai minimi sono i singoli au
irrogati individualmente per ciascun reato satellite; le circostanze atte generiche, in ultimo, sono state escluse in ragione della mancanza di eleme favorevolmente valutabili (oltre l’insufficiente incensuratezz simmetricamente, del fondamentale e determinante apporto offerto da ciascuno e della consolidata organizzazione venutasi a creare.
La motivazione esiste e non è né manifestamente illogica, né contraddittor e, nella sua “intensità”, alla luce di quanto osservato in precedenza, coeren l’entità della pena irrogata.
In conclusione, tutti i ricorsi devono essere rigettati e i ri condannati, in solido, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processu
Così deciso il 14 aprile 2025
4-) Il Consigliere e COGNOME nsore
Il Presidente