Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4821 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4821  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME Il Proc. Gen.si riporta alla requisitoria già depositata e conclude per il rigetto udito il difensore L’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 dicembre 2022, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, revocava le statuizioni civili (la parte civile aveva rinunciato alla propria costituzione in giudizio, a seguito dell’avvenuto risarcimento), confermandola, invece, nella parte in cui aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole dei delitti di bancarotta ascrittigli, come meglio individuati nel dispositivo, irrogandogli la pena complessiva di anni 7 di reclusione e le pene accessorie fallimentari nella misura di anni 10.
Al COGNOME erano state contestati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale – consumati con la condotta riportata al capo Aa) dell’imputazione, con le precisazioni di cui al dispositivo – e documentale – descritta al capo B, assorbiti gli ulteriori profili – commessi quale presidente del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata RAGIONE_SOCIALE con sentenza del 28 ottobre 2010, ritenuta l’aggravante di cui all’art. 219, comma 1, legge fall. (di rilievo ai fini d computo del termine di prescrizione).
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte territoriale aveva osservato quanto segue.
La RAGIONE_SOCIALE era stata amministrata dall’imputato che non aveva tenuto e conservato le scritture contabili e gli altri documenti in modo da consentire la corretta ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della stessa.
In tale contesto, la produzione, da parte della difesa, di fatture, seppur quietanzate ma del tutto generiche, sia in tema di indicazioni di lavori e di intestazione (il Tribunale aveva osservato come non si riferissero alla costruzione delle villette e come, a volte, non fosse riportato il nome della RAGIONE_SOCIALE ma quello della diversa società, la Eur 2) e che non riportavano alcuna specificazione delle modalità dei pagamenti.
Si osservava inoltre che: lo scopo mutualistico della società (peraltro smentito dalla sentenza dichiarativa del fallimento, pronunciata sul presupposto che la società, appunto, non lo perseguisse) non esonerava i suoi amministratori dall’obbligo della tenuta delle scritture contabili; l’avvenuta costruzione dei villi – costituenti l’oggetto e lo scopo sociale della RAGIONE_SOCIALE – non si poneva in contrasto con le ipotizzate distrazioni, posto che ciò non dimostrava affatto che tutti i proventi della società (ivi compresi gli acconti versati dai soci) fossero sta in tal modo utilizzati; la mancata insinuazione al fallimento dei fornitori della società poteva essere conseguente a ragioni diverse rispetto a quella dell’integrale soddisfacimento dei loro crediti.
Non era, poi, compito della pubblica accusa investigare ulteriormente sui pochi pagamenti tracciabili anche considerando che solo una parte di questi (un quinto del totale) erano stati annotati nell’unica scrittura contabile consegnata, il libro giornale. Del resto, neppure il perito d’ufficio aveva potuto stabilire un nesso fra le uscite e i prelievi effettuati dal COGNOME ai più vari titoli.
Anche le somme che erano pervenute direttamente all’imputato non erano state giustificate in alcun modo.
Della effettiva reintegrazione del patrimonio sociale ad opera dell’imputato non vi era traccia alcuna e doveva pertanto escludersi l’ipotesi della bancarotta riparata.
Quanto al maggior costo dei villini imputato ai soci della RAGIONE_SOCIALE (la spia delle avvenute distrazioni), restava la considerazione che lo stesso era stato determinato dal mancato rinvenimento nelle casse della RAGIONE_SOCIALE delle somme che i soci avevano versato anche alle altre cooperative (con ricevute firmate dallo stesso COGNOME) e che queste avevano riversato alla RAGIONE_SOCIALE stessa.
Quanto alle somme corrisposte al RAGIONE_SOCIALE, era del tutto mancata la prova della corrispondenza fra le operazioni descritte in imputazione ed i pagamenti che si assume essere stati da questa effettuati per conto della RAGIONE_SOCIALE, considerando anche che, alcune di queste somme, erano poi pervenute al medesimo COGNOME, in assenza, per tale ulteriore passaggio, di annotazioni e delle relative fatturazioni.
Quanto alla possibilità che i versamenti al COGNOME fossero relativi alla rennunerazione della sua opera di amministratore, mancavano, a tal proposito, le delibere assembleari e qualsivoglia annotazione o documentazione che ne indicasse il titolo e la congruità.
La bancarotta documentale non era smentita dalla ricostruzione operata dal consulente della difesa, visto che questa era stata resa possibile anche dalla documentazione extracontabile rinvenuta, e che, comunque erano stati rilevati “artifici contabili” e l’anomalia del conto cassa/banca, impropriamente strutturato come unica voce. Tutti elementi che non consentivano di derubricare la condotta nell’ipotesi colposa di cui all’art. 217 legge fall..
L’aggravante di cui all’art. 219 comma 1 legge fall. si configurava avendo riguardo alle maggiori somme versate dai soci per l’acquisto dei villini.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando le proprie censure in quattro motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il travisamento della prova in riferimento alla ritenuta responsabilità del prevenuto in ordine alle condotte di bancarotta patrimoniale.
La prova delle quali si era esclusivamente fondata sulle relazioni ex art. 33 legge fall. del curatore, che si era però limitato a verificare gli ultimi tre eserci sociali, e sulla relazione contabile disposta nella procedura concorsuale anch’essa limitata alle ultime annualità. E ciò, nonostante la RAGIONE_SOCIALE fosse operativa fin dal 1990.
Si era così mantenuto un approccio del tutto formale, imputando a titolo di distrazione tutte quelle uscite che non erano state direttamente corrisposte ai fornitori ed in particolare all’appaltante Eur 2 (una società anch’essa amministrata da COGNOME).
Ben più attendibile era stata la verifica contabile fatta dal consulente della difesa e dallo stesso perito del Tribunale che avevano esaminato le fatture dei 20 anni di operatività della RAGIONE_SOCIALE, a seguito della quale avevano concluso quantomeno per il dubbio circa l’intento distrattivo sotteso ai prelievi effettuati dall’imputato.
Resta il fatto che la RAGIONE_SOCIALE era riuscita a costruire i nove villin programmati, e li aveva tutti consegnati ai rispettivi proprietari, senza che vi fossero insinuazioni al passivo neppure dei fornitori della RAGIONE_SOCIALE.
Non si era così verificato alcun pericolo concreto per il patrimonio sociale né si era individuato e provato il necessario dolo, pur se generico, della ritenuta bancarotta patrimoniale.
La Corte, come si è detto, aveva omesso di considerare persino i dubbi espressi dal perito d’ufficio, essendosi limitata ad osservare che il disordine contabile non consentiva di affermare che i prelievi fossero stati effettivamente destinati al pagamento di debiti della RAGIONE_SOCIALE, effettuati in contanti. Così, impropriamente deducendo, dalla condotta di bancarotta documentale, la prova delle formulate ipotesi distrattive.
2.1.1. In ordine alle singole condotte contestate, il ricorrente osservava quanto appresso.
In riferimento ai capi Aa) – e A9), A9 bis), A9 ter), A9 quater) – si era ritenuta la responsabilità dell’imputato limitandosi ad osservare, come già rilevato, che il disordine contabile non consentiva di attribuire i prelievi al pagamento di debiti della RAGIONE_SOCIALE, così incorrendo nell’illogicità manifesta sopra evidenziata. Si sarebbe, invece, dovuto investigare sulla destinazione almeno dei pagamenti tracciati (bonifici, assegni e postagiri) per accertare chi ne fosse stato il reale destinatario.
Si sarebbe dovuto prendere atto che l’importo delle fatture quietanzate corrispondeva al denaro prelevato dai conti della società.
Quanto ai rapporti con il RAGIONE_SOCIALE, non poteva sostenersi l’assenza di traccia contabile dei pagamenti posto che vi era un contratto che li giustificava e le conseguenti fatture emesse.
Viziato era anche il ragionamento posto a fondamento delle condotte distrattive, desunte dal pagamento da parte dei soci di somme in favore di altre cooperative, somme che avrebbero dovuto essere versate dalla RAGIONE_SOCIALE, che però non le aveva conservate. Un argomento complessivo smentito dal consulente della difesa, che aveva rilevato come tali somme fossero state versate alle altre cooperative, compensando debiti che la RAGIONE_SOCIALE aveva, con le stesse, contratto.
2.1.2. Quanto alla ritenuta responsabilità del prevenuto per le condotte di cui ai capi A4), A5), A6, A7, A8, considerate distrattive, e che riguardavano l’emissione di assegni in favore del RAGIONE_SOCIALE, non si era raggiunta la prova necessaria.
Si era, infatti, provato che il RAGIONE_SOCIALE, quale stazione appaltante, aveva preso in carico dalla RAGIONE_SOCIALE parte delle attività sociali, così giustificando i versamen effettuati nel corso degli anni (che avevano anche condotto all’emissione delle relative fatture). Smentendo, pertanto, l’assunto della Corte territoriale secondo cui non vi era traccia o annotazione contabile di tali operazioni.
Quanto alle somme versate al consorzio e poi pervenute sui conti del NOME, le stesse rappresentavano la remunerazione a questi dovuta per il lavoro effettivamente svolto per conto di Eur 2. Nonostante l’assenza di delibere assembleari, la somma rimaneva congrua e al più avrebbe potuto comportare un’ipotesi di bancarotta preferenziale.
2.1.3. Si sollevava, infine, la questione della bancarotta riparata.
La quietanza delle fatture dimostrava che erano state fornite le necessarie disponibilità finanziarie. La Corte si era limitata ad affermare che, anche sotto questo aspetto, il disordine contabile non consentiva di ritenere l’ingresso dei fondi che avrebbero fatto da contrappeso alle distrazioni.
Restava il fatto che le villette erano state realizzate ed i fornitori erano stat saldati.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
NOME amministrava una RAGIONE_SOCIALE e riteneva pertanto di potersi avvalere del regime di contabilità semplificata. La consulente della difesa aveva potuto ricostruire, in pochi mesi di lavoro, il patrimonio della società ed il suo movimento degli affari, a partire dal 1999, e ciò appariva significativo nel contrastare la ritenuta inattendibilità e lacunosità dell’apparato contabile consegnato alla curatela.
In altri termini, la contabilità non era parziale o decettiva ma solamente confusa.
Ed il curatore si era limitato a verificare quella degli ultimi anni senza approfondire la verifica controllando i precedenti esercizi, diversamente da quanto fatto dal perito del Tribunale. Che aveva riferito come, anche le fatture prodotte dalla difesa, risultassero annotate.
Si chiedeva la rimessione alle Sezioni unite del contrasto giurisprudenziale fra le sentenze 28/11/97 e 25/07/91 e la più recente giurisprudenza in tema di utilizzo di documenti extracontabili nella valutazione della configurabilità del reato.
Si annotava poi come l’ipotesi di bancarotta documentale che era stata contestata al prevenuto fosse quella punibile a titolo di dolo generico come la Corte territoriale ne avesse dedotto la configurabilità dalle condotte distrattive così, nuovamente, adottando un’argomentazione circolare (come si era già osservato essere avvenuto anche per la bancarotta patrimoniale). Non era stata, invece, affatto chiarita la ragione per la quale il prevenuto avesse avuto inteso impedire la ricostruzione del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE e non avesse, piuttosto, agito per mera negligenza (dovendo così rispondere della gradata ipotesi della bancarotta semplice).
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge in ordine alla motivazione apparente circa la sussistenza dell’aggravante di cui al primo comma dell’art. 219 legge fall..
Già il Tribunale aveva affermato come non potesse dedursi quale fosse stato il danno cagionato ai creditori, posto che avrebbe dovuto accertarsi quante fatture fossero state effettivamente saldate.
E, invece, l’aggravante può configurarsi solo in caso di accertato, rilevante, pregiudizio per i creditori derivante dalle condotte consumate. Né vi era prova che gli ulteriori esborsi di chi aveva acquistato i villini dovessero essere attribuiti al consumate distrazioni. Come peraltro aveva affermato anche il perito. E come aveva confermato il Tribunale, rigettando la richiesta provvisionale.
2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
L’imputato era incensurato ed aveva tenuto un comportamento processuale ampiamente collaborativo, rispondendo alle domande postegli nel lungo esame dibattimentale. Aveva inoltre risarcito la parte civile tanto che questa aveva revocato la propria costituzione e la pretesa gravità del fatto costituiva una mera ed indimostrata asserzione.
Il fine mutualistico della RAGIONE_SOCIALE era stato poi realizzato.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME non merita accoglimento.
Dalle relazioni del curatore (e dalla sua escussione), evidenziate dalla Corte territoriale nel suo percorso argomentativo, e della cui attendibilità non vi è ragione di dubitare, erano emerse una serie di circostanze:
i prelievi dalla casse sociali erano quasi interamente avvenuti a favore dell’imputato che, a suo dire, con gli stessi, avrebbe assolto ai debiti della RAGIONE_SOCIALE;
 neppure quando i pagamenti erano stati disposti in modo tracciabile (assegni o bonifici o altri mezzi di pagamento) ne era stato annotato, nelle scritture e nella documentazione contabile, il reale destinatario (tanto che lo stesso ricorrente, anche in questa sede di legittimità, lamenta la mancata verifica dei loro beneficiari);
 la documentazione contabile consegnata al curatore era, pertanto, del tutto deficitaria (tanto appunto da non consentire neppure di individuare chi avesse ricevuti i pagamenti effettuati, in qualsivoglia forma);
 l’ulteriore documentazione prodotta dall’imputato non era affidabile, trattandosi di fatture che, in parte rilevante, non riportavano né il corretto intestatario (la RAGIONE_SOCIALE) né il riferimento alla edificazione di quelle nov villette che costruivano l’unico oggetto della sua attività.
1.2. Era pertanto priva di manifesti vizi logici la considerazione della Corte territoriale sulla impossibilità, quanto alla complessiva ipotesi di bancarotta distrattiva (descritta nel capo Aa della rubrica e negli ulteriori capi in esso assorbiti), di rapportare l’avvenuta costruzione e consegna delle ville con le uscite
a qualsivoglia titolo effettuate dall’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, l’odierno imputato.
Tanto più se si considera che tale sostanziale corrispondenza (nei soli valori assoluti e complessivi) non spiegava, affatto, gli ulteriori fattori economici che erano, invece, risultati decisivi per comprendere come la RAGIONE_SOCIALE mostrasse un evidente squilibrio economico finanziario (conseguente alla sua spoliazione ad opera del prevenuto):
il deficit complessivo che aveva pur sempre determinato la declaratoria di insolvenza della società;
 la somma ulteriore che gli assegnatari delle villette avevano dovuto versare per vedersele assegnare (pur dovendo gli stessi versare un saldo di circa 950.00 euro complessivi, avevano, invece, dovuto corrispondere una somma di oltre 2 milioni di euro).
A ciò si aggiunge, quantomeno sul piano logico, quanto osservato dal Tribunale circa il tenore di vita di cui aveva goduto, proprio in quegli anni, la famiglia del prevenuto, ed il prevenuto stesso, non altrimenti giustificato.
Quanto ai prelievi diretti a favore dell’imputato e dal medesimo, solo in corso di processo, attribuiti ai compensi dovuti per la sua opera di amministratore, manca del tutto qualsivoglia delibera che glieli abbia riconosciuti e che, anche, li abbia quantificati.
E si è, invece, ricordato come commetta il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale il socio amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti (Sez. 5, n. 49509 del 19/07/2017, Allia, Rv. 271464).
E, nell’odierno caso concreto, era del tutto mancata non solo la precisazione delle somme versate a tale titolo ma anche l’indicazione degli elementi concreti da cui trarre l’ipotetica congruità delle medesime (considerando anche l’assoluta assenza di professionalità, comunque dimostrata dal prevenuto nell’amministrare la RAGIONE_SOCIALE e l’assoluto disprezzo per la salvaguardia del suo patrimonio).
Né può rinvenirsi, nella condotta del prevenuto, l’ipotesi della condotta riparata.
Questa, infatti, si configura (determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato) quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività
di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori, sicchè è onere dell’amministratore, che si è reso responsabile di atti di distrazione e sul quale grava una posizione di garanzia rispetto al patrimonio sociale, provare l’esatta corrispondenza tra i versamenti compiuti e gli atti distrattivi precedentemente perpetrati (Sez. 5, n. 57759 del 24/11/2017, COGNOME, Rv. 271922).
Una situazione del tutto estranea a quanto accertato nel presente processo, ove le operate distrazioni non sono state compensate da alcun versamento del prevenuto, che sia stato operato con fondi propri.
Né risultano fondate le censure argomentate sulla motivazione della Corte territoriale in ordine al delitto di bancarotta documentale (la seconda ipotesi fra quelle contemplate dall’art. 216, comma 1 n. 2 legge fall.).
La bancarotta contestata sussiste per avere, l’imputato, amministratore della RAGIONE_SOCIALE, tenuto le scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto che, come si è detto, non si era neppure potuto individuare, a fronte dei prelievi e dei pagamenti, a quale creditore e a quale titolo gli stessi fossero stati, eventualmente (quando non erano stati destinati al prevenuto stesso), corrisposti.
Né la successiva produzione di un certo numero di fatture passive aveva modificato il quadro, non potendosi attribuire le stesse, come si è già osservato, in buona parte, né direttamente alla RAGIONE_SOCIALE, né alla costruzione delle villette, né s era potuto individuare quali fossero state le modalità di pagamento (dovendosi anche considerare che l’ipotetico principale beneficiario, l’appaltante Eur 2, era anch’essa amministrata da NOME).
Del resto, si è osservato che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall., il dolo, generico, può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall’accertata responsabilità dell’imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, c rappresenta l’evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, COGNOME, Rv. 283659).
3.1. Priva di concreto rilievo – a fronte di tale colpevole disordine contabile è pertanto anche la considerazione difensiva relativa alla avvenuta ricostruzione del movimento degli affari a seguito della produzione di documentazione
extracontabile (con la richiesta di dubitare – come invece non vi è ragione di fare – dell’ormai consolidato orientamento che nega l’utilizzo di tale compendio contabile al fine di negare la configurabilità del delitto di bancarotta documentale: Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018, dep. 2019, Cortinovis, Rv. 274455), posto che, comunque, nel caso di specie, neppure la documentazione extracontabile aveva consentito (come si è sopra rilevato) di ricostruire, congruamente, il patrimonio della RAGIONE_SOCIALE ed il movimento degli affari della stessa.
Da ultimo, deve ritenersi infondata anche la doglianza relativa alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 219, comma 1, legge fall., considerando il rilevante importo complessivo sottratto dall’imputato alle casse sociali, in assenza di concreta prova dell’utilizzo dei fondi prelevati, che trovano logica corrispondenza quantomeno nelle maggiori somme che gli assegnatari delle villette si erano trovati a dover corrispondere, danno determinato anche dalla ricordata condotta di bancarotta documentale, che tali ammanchi era destinata a coprire.
Al  complessivo rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma il 5 dicembre 2023.