Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46982 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46982 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Petilia Policastro il 22 aprile 1975;
avverso la sentenza del 6 ottobre 2023 della Corte d’appello di Catanzaro;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata in relazione al trattamento sanzionatorio, con rigetto, nel resto, del visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; ricorso;
letta la memoria depositata il 4 novembre 2024, dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Catanzaro, confermando la condanna pronunciata in primo grado (riformata solo in termini di determinazione del trattamento sanzionatorio, quanto alla durata
delle pene accessorie), ha ritenuto NOME COGNOME nella sua qualità di titolare della ditta individuale “RAGIONE_SOCIALE” (dichiarato fallito il febbraio 2014), responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per aver distratto le due autovetture indicate nel capo d’imputazione, quota parte della proprietà dell’abitazione e le somme indebitamente prelevate dal conto corrente) e bancarotta fraudolenta documentale (per aver distrutto le scritture contabili, comunque tenute in modo da non permettere la ricostruzione del patrimonio e della movimentazione degli affari, al fine di recare pregiudizio ai creditori).
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si compone di quattro motivi d’impugnazione.
2.1. Il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto. La difesa deduce che: a) il ricorrente non avrebbe mai inteso sottrarre alcuna garanzia ai creditori, offrendo sempre un comportamento collaborativo e producendo tutte le informazioni richieste; b) tutti gli atti dispositivi oggetto del capo di imputazione sono stati posti in essere in un momento di assoluta solvibilità dell’impresa; c) non sarebbe stata acquisita alcuna prova in ordine ai prelevamenti oggetto della contestazione; d) l’immobile è stato trasferito con parallelo accollo del relativo mutuo ipotecario; e) nulla è stato dedotto in ordine al dolo specifico che normativamente deve assistere il reato di bancarotta documentale specifica oggetto di contestazione; f) gran parte della documentazione contabile è stata prodotta e la residua parte è deteriorata ed illeggibile, per come risulta dalla relativa attestazione della polizia municipale.
2.2. Il secondo, formulato sotto il profilo del vizio di motivazione, attiene alla sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 219 I. fall. e alla parallela applicabil dell’art. 131-bis cod. pen., invocate dalla difesa ed escluse dalla Corte territoriale nonostante, si sostiene, l’esiguità delle somme oggetto della contestazione.
2.3. Il terzo attiene al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, privo di una specifica argomentazione.
2.4. Il quarto, in ultimo, deduce violazione di legge e connesso vizio di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale si sarebbe limitata a confermare la decisione assunta in primo grado senza analizzare le censure difensive e, in particolare, senza indicare il perché abbia ritenuto non attendibili le prove addotte dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
Il primo motivo è inammissibile sotto diversi profili.
La Corte territoriale ha dato atto di come, dall’esame del teste di polizia giudiziaria e dalla stessa relazione fallimentare, emergessero tutti gli elementi costitutivi, sotto il profilo oggettivo, dei delitti contestati: il trasferimento favore della propria moglie NOME COGNOME – della proprietà dei beni mobili registrati (indicati nel capo d’imputazione, per un valore complessivo di circa euro 15.500) e della quota di proprietà dell’abitazione (per valore di euro 62.690,13), nonché, immediatamente dopo la sentenza dichiarativa del fallimento, singoli prelevamenti per complessivi euro 2.900,00; la mancata esibizione – nella sua interezza – della documentazione contabile relativa agli anni nei quali sono state poste in essere le predette condotte.
La Corte ha poi dato atto: a) della coincidenza temporale tra le condotte contestate e l’inizio della crisi economica della impresa (per come analiticamente descritta nella sentenza di primo grado); b) del contestuale mutamento del regime patrimoniale della famiglia (da comunione legale a separazione dei beni); c) della discrepanza temporale tra la data dell’incidente che avrebbe distrutto, per allagamento, parte della documentazione richiesta e non esibita (2 maggio 2013) e la successiva data (10 maggio 2013) in cui il professionista avrebbe effettivamente consegnato la documentazione contabile riferita al periodo per cui è causa.
Ebbene, la difesa, senza confrontarsi con tali analitiche argomentazioni, si limita ad allegare: a) circostanze irrilevanti: l’accollo del mutuo connesso al trasferimento immobiliare (che non esclude la valenza distrattiva del trasferimento: l’imprenditore fallito si è privato di un bene senza adeguata contropartita, poiché il debito corrispondente al valore del mutuo continua a gravare su di essa, Sez. 5, n. 55409 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271876) o l’asserita necessità di un nesso eziologico tra la condotta distrattiva ed il fallimento (laddove il fallimento, non essendo l’evento del reato – che si perfeziona nel momento in cui la condotta ha generato un depauperamento del patrimonio dell’imprenditore destinando le risorse ad impieghi estranei alla sua attività – non solo non deve essere necessariamente collegato, sotto il profilo eziologico, alla condotta dell’agente, ma non deve neanche partecipare del coefficiente soggettivo che anima quest’ultimo, poiché l’agente deve solo prefigurarsi la probabile idoneità della sua condotta ad incidere negativamente sulla consistenza della garanzia patrimoniale a disposizione dei creditori al momento dell’apertura dell’eventuale concorso, senza necessariamente dovere neanche prevedere né il dissesto, né il fallimento: Sez. 5, n. 47616 del 17/07/2014, COGNOME, Rv 261683; Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, COGNOME ed altri, Rv. 261942; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, COGNOME, Rv. 262741); b) circostanze in parte assertive (l’assoluta solvibilità dell’impresa, l’assenza di prova in ordine ai prelevamenti di denaro, il
deterioramento delle scritture contabili), che si risolvono in una critica non già alla motivazione offerta dai giudici di merito nel provvedimento impugnato, ma alla valutazione delle fonti di prova utilizzate, peraltro, attraverso una mera allegazione sfornita di riferimenti fattuali.
Ciò considerato, effettivamente, la Corte territoriale, nel rispondere alle censure sollevate in relazione al profilo soggettivo della bancarotta documentale e a fronte della chiara scelta contenuta nella sentenza di primo grado (in termini di bancarotta documentale specifica), argomenta con un illogico riferimento al dolo generico, ma ciò a fronte di un motivo d’appello radicalmente indeducibile, in quanto privo di un effettivo confronto con le argomentate deduzioni offerte in primo grado, che, invece, aveva chiaramente evidenziato come la prova del dolo specifico dovesse rinvenirsi, da un canto, nel maldestro tentativo di eludere le investigazioni attraverso un’attestazione risultata antecedente alla consegna da parte del consulente fiscale della documentazione contabile, dall’altro, nella finalità di non far emergere l’andamento dell’impresa nel periodo di riferimento. Da ciò l’indeducibilità del parallelo motivo di ricorso per cassazione, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (ex multis, Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281).
3. Il secondo e il terzo sono infondati.
Quanto alle invocate circostanze attenuanti generiche, la Corte territoriale ha indicato, seppur sinteticamente, le ragioni che hanno condotto al rigetto del relativo motivo di appello, evidenziando il contegno elusivo assunto dell’imputato quanto al profilo della reperibilità dei documenti, i suoi precedenti penali e le plurime violazioni normative.
Quanto alla circostanza di cui all’art. 219 I. fall., è pur vero che la Corte territoriale, sotto tale profilo, omette ogni esplicito riferimento, ma le relative argomentazioni sono, comunque, ricavabili dal complessivo impianto motivazionale (ben potendo la ragione di una determinata statuizione risultare anche da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito: Sez. 1, n. 20030 del 18/01/2024, COGNOME, Rv. 286492; Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096). Ebbene, è ormai principio consolidato quello secondo cui l’entità del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all’esecuzione concorsuale, piuttosto che al pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell’attivo, ed indipendentemente dalla relazione con l’importo globale del passivo (Sez. 5, n. 49642 del 02/10/2009, COGNOME, Rv. 245822; Sez. 5, n. 13285 del 18/01/2013, COGNOME, Rv. 255063). E
la Corte territoriale ha dato atto, nel corpo della motivazione, di tutti gli elementi dai quali desumere l’effettiva entità del danno: l’entità delle condotte distrattive e il parallelo valore del depauperamento patrimoniale che, in assenza di contrarie deduzioni, rappresenta all’evidenza un ‘g*. pregiudizio per gli interessi creditori. E tanto vale anche in relazione all’invocato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. (comunque inapplicabile alla luce dei limiti edittali di pena, incoerenti con la previsione normativa). ’42
Il quarto, in ultimo, è indeducibile: il ricorrente si limita ad allegare un asserito vizio di motivazione senza indicare gli elementi (in fatto e in diritto) che sono alla base della censura formulata. E tanto non consente a questa Corte di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’11 novembre 2024