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Bancarotta fraudolenta compenso: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta distrattiva a carico dell’amministratore unico e socio unico di una S.r.l. fallita. L’imputato aveva prelevato somme dalle casse sociali a titolo di compenso, senza che vi fosse una formale delibera assembleare a determinarne l’importo. Secondo la Corte, tale condotta integra una distrazione di beni, poiché il credito, in assenza di delibera, non è liquido ed esigibile. La natura unipersonale della società non esclude il reato, in quanto il patrimonio sociale deve essere tutelato a garanzia dei creditori, soprattutto in un contesto di grave dissesto finanziario. La richiesta di riqualificare il reato in bancarotta preferenziale è stata respinta.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta per Compensi dell’Amministratore: Analisi della Sentenza della Cassazione

La gestione dei compensi degli amministratori societari è un tema delicato, soprattutto quando l’azienda naviga in cattive acque. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: prelevare somme a titolo di compenso senza una formale delibera assembleare, in un periodo di dissesto, integra il reato di bancarotta fraudolenta compenso, anche se l’amministratore è l’unico socio. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: L’Amministratore e i Prelievi Contestati

Il caso riguarda l’amministratore unico di una S.r.l., che era anche l’unico detentore delle quote sociali. Questi, nel corso della sua gestione, aveva prelevato sistematicamente somme di denaro dalle casse della società, imputandole a compensi per la propria attività lavorativa. Il problema sorgeva dal fatto che tali prelievi non erano supportati né da una previsione statutaria specifica né da una delibera dell’assemblea dei soci che ne stabilisse l’ammontare. La situazione era aggravata dallo stato di grave e cronico dissesto finanziario in cui versava la società, che è stata poi dichiarata fallita.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano condannato l’amministratore per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione di beni sociali.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

L’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali:

1. Natura unipersonale della società: Essendo egli stesso l’unico socio, una delibera assembleare sarebbe stata una mera formalità, poiché non vi erano interessi di altri soci da ledere.
2. Riqualificazione del reato: La difesa sosteneva che, al massimo, la condotta avrebbe dovuto essere riqualificata come bancarotta preferenziale, e non come la più grave bancarotta fraudolenta per distrazione. Questo perché i prelievi erano destinati a soddisfare un suo credito (quello per il lavoro svolto), sebbene in preferenza rispetto agli altri creditori sociali.

L’Analisi della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta Compenso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze precedenti. Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra un credito certo, liquido ed esigibile e una mera aspettativa. Secondo l’art. 2389 del Codice Civile, la misura del compenso degli amministratori deve essere determinata dall’assemblea dei soci. In assenza di tale delibera, il credito per il compenso, sebbene possa esistere in linea di principio (“an”), non è determinato nel suo ammontare (“quantum”). Pertanto, non è un credito liquido.

Prelevare somme per un credito non liquido, soprattutto in una situazione di dissesto, non equivale a pagare un debito esistente, ma a sottrarre risorse che dovrebbero essere destinate a soddisfare tutti i creditori. Questa azione costituisce una vera e propria distrazione del patrimonio sociale.

La Società Unipersonale non è una Scusante

I giudici hanno sottolineato che la natura unipersonale della società non cambia la sostanza dei fatti. Anzi, proprio in questi casi, la necessità di formalizzare le decisioni gestionali, come la determinazione del compenso, diventa ancora più cruciale per garantire la trasparenza e la tutela del patrimonio sociale, che funge da garanzia per i terzi creditori. L’amministratore-socio unico avrebbe potuto, senza alcuna difficoltà, deliberare formalmente il proprio compenso, rendendo il credito legittimo.

La Sproporzione del Compenso come Indice di Fraudolenza

Un altro elemento decisivo è stato la valutazione sulla congruità dei compensi prelevati. I giudici di merito avevano accertato che gli importi erano sproporzionati rispetto alle dimensioni della società e all’attività effettivamente svolta, che negli ultimi anni era quasi inesistente. Questo ha rafforzato la convinzione che i prelievi non fossero finalizzati a remunerare un lavoro, ma a svuotare le casse sociali prima del fallimento.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di consolidati principi giurisprudenziali. Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione si configura quando l’amministratore preleva somme a titolo di retribuzione se tali compensi non sono stati determinati da una delibera assembleare. In tal caso, il credito è da considerarsi illiquido. La condotta è volta a depauperare il patrimonio sociale in danno ai creditori. La Corte ha ritenuto che i prelievi, effettuati con modalità informali e in un periodo di cronico dissesto, non fossero legittimi. La natura unipersonale della società, anziché essere una scusante, rafforzava la necessità di una cristallizzazione formale del compenso per tutelare il patrimonio sociale. Di conseguenza, i prelievi non autorizzati, non giustificati e sproporzionati, effettuati in un periodo di grave crisi, integravano pienamente la condotta distrattiva contestata.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un messaggio chiaro per gli amministratori: la formalità nella gestione societaria non è un optional, ma un presidio di legalità a tutela dei creditori. Anche nell’ambito di una società unipersonale, l’amministratore non può disporre del patrimonio sociale come se fosse il proprio. Il diritto al compenso deve essere formalizzato attraverso una delibera che ne stabilisca l’importo, rendendo il credito certo e liquido. Agire diversamente, soprattutto in un contesto di crisi aziendale, espone al grave rischio di una condanna per bancarotta fraudolenta per distrazione.

L’amministratore di una società unipersonale può prelevare compensi senza una delibera assembleare?
No, la sentenza chiarisce che anche in una società unipersonale è necessaria una delibera o una previsione statutaria che determini l’importo del compenso. L’assenza di tale atto rende il credito non liquido e il prelievo integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione se la società è in dissesto.

Quando il prelievo di un compenso da parte dell’amministratore costituisce bancarotta fraudolenta distrattiva e non preferenziale?
Costituisce bancarotta fraudolenta distrattiva quando il credito per il compenso non è certo, liquido ed esigibile, come nel caso di assenza di una delibera che ne determini l’ammontare. Si configurerebbe bancarotta preferenziale solo se l’amministratore si ripagasse di un credito legittimo, certo e congruo, pur violando il principio di parità di trattamento dei creditori.

Il fatto che l’amministratore sia anche l’unico socio della società attenua la sua responsabilità?
No, secondo la Corte, questa circostanza non attenua la responsabilità. Anzi, rafforza la necessità di formalizzare la determinazione del compenso con un atto gestorio per evitare il depauperamento del patrimonio sociale a danno dei creditori, soprattutto in un periodo di crisi finanziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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