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Bancarotta fraudolenta: compenso e distrazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta distrattiva di un amministratore che aveva sottratto fondi alla società, poi fallita, attraverso diverse operazioni. Tra queste, l’auto-liquidazione di un compenso sproporzionato per un incarico esterno, l’uso di crediti della società per estinguere un debito personale e pagamenti per operazioni immobiliari fittizie o prive di garanzie. La sentenza chiarisce la distinzione tra distrazione e bancarotta preferenziale, sottolineando che la mancanza di un credito certo, liquido ed esigibile qualifica l’atto come distrattivo e non come mero favoritismo verso un creditore. Viene ribadito che per la bancarotta fraudolenta distrattiva è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella dovuta.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta Distrattiva: Quando il Compenso dell’Amministratore Diventa Reato

La gestione del patrimonio di una società, specialmente in momenti di crisi, richiede massima trasparenza e correttezza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini tra una gestione legittima e la bancarotta fraudolenta distrattiva, analizzando il caso di un amministratore condannato per aver sottratto risorse alla sua azienda, poi fallita. Questa decisione offre importanti chiarimenti sulla differenza tra distrazione e bancarotta preferenziale, in particolare quando sono coinvolti compensi e operazioni con parti correlate.

I Fatti: Le Operazioni Contestate all’Amministratore

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un amministratore unico di una S.r.l., dichiarata fallita nel 2016. L’imprenditore è stato ritenuto responsabile di diversi episodi di distrazione di fondi societari:

1. Compenso per incarico esterno: L’amministratore, in qualità di socio di maggioranza e presidente dell’assemblea, aveva deliberato a proprio favore un compenso di 15.000 euro come “direttore tecnico” per un cantiere, senza che vi fosse una giustificazione concreta sulla congruità e sui criteri di liquidazione di tale somma.
2. Estinzione di un debito personale: La società fallita vantava un credito per canoni di locazione verso un’altra società. L’amministratore, anziché incassare tale credito per la sua azienda, lo ha utilizzato per compensare un suo debito personale verso la stessa società debitrice.
3. Acconti per vendite immobiliari fittizie: L’amministratore ha ricevuto bonifici per 18.000 euro dalla società fallita come “acconto” per l’acquisto di un immobile di sua proprietà, senza che un contratto preliminare fosse mai stato stipulato a garanzia della società acquirente.
4. Caparra senza garanzie: La società fallita ha versato un assegno da 21.000 euro a un’altra società immobiliare, anch’essa amministrata dall’imputato, come acconto per l’acquisto di un immobile, operazione mai conclusa e priva di adeguate tutele contrattuali per la società versante.

L’Analisi della Corte e la bancarotta fraudolenta distrattiva

La difesa dell’imprenditore ha tentato di riqualificare le condotte come bancarotta preferenziale, un reato meno grave, sostenendo che i pagamenti erano diretti a soddisfare crediti preesistenti. La Cassazione ha respinto questa tesi, tracciando una linea netta tra le due fattispecie.

Il criterio distintivo, secondo la Corte, risiede nell’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile. Se un amministratore preleva somme per pagare un debito societario reale e dimostrabile, si può parlare di bancarotta preferenziale, perché si viola solo la parità di trattamento tra creditori. Se, invece, il credito non ha queste caratteristiche – come nel caso del compenso per direttore tecnico, deliberato arbitrariamente senza criteri oggettivi – il prelievo di denaro costituisce bancarotta fraudolenta distrattiva. In questo secondo caso, non si sta pagando un debito, ma si sta semplicemente sottraendo patrimonio alla società.

Il Principio del Dolo nella Bancarotta Fraudolenta

Un altro punto chiave affrontato dalla sentenza è l’elemento soggettivo del reato. Per la bancarotta fraudolenta distrattiva non è richiesto il dolo specifico, ovvero l’intenzione di danneggiare i creditori. È sufficiente il dolo generico: la consapevolezza e la volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella prevista, privando la società di risorse utili a garanzia delle proprie obbligazioni.

Le operazioni compiute dall’amministratore, caratterizzate da un palese conflitto di interessi e dall’assenza di garanzie per la società fallita, dimostravano ampiamente questa consapevolezza.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso presentati dall’imprenditore. In primo luogo, ha chiarito che il principio giurisprudenziale sul compenso dell’amministratore, che può integrare bancarotta preferenziale se congruo, non era applicabile al caso di specie. Il compenso in questione non era per la sua attività di amministratore, ma per un incarico esterno di “direttore tecnico”, il cui credito non era né certo né liquido, rendendo il prelievo un atto puramente distrattivo.

In secondo luogo, riguardo all’operazione di “compensazione”, la Corte ha evidenziato che non si trattava di una vera compensazione legale, ma di un reimpiego di denaro della società per estinguere un debito personale dell’amministratore. La distrazione è configurabile anche se i fondi non transitano materialmente nelle casse sociali, essendo sufficiente la loro sottrazione alla destinazione aziendale per scopi personali.

Per le operazioni immobiliari, la Corte ha sottolineato che l’assenza di contratti preliminari e di qualsiasi tutela per la società acquirente rendeva i pagamenti degli acconti atti privi di causa lecita e puramente distrattivi. Il conflitto di interessi dell’amministratore, che agiva contemporaneamente come venditore e rappresentante dell’acquirente, era un chiaro “indice di fraudolenza”. Infine, la Corte ha confermato la correttezza della valutazione sulla pena, ritenendo adeguata la motivazione fornita dai giudici di merito sull’assenza di attenuanti generiche, data la reiterazione delle condotte e l’intensità del dolo.

le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per gli amministratori di società. La Corte di Cassazione ribadisce che ogni operazione che incide sul patrimonio sociale deve essere supportata da una valida ragione economica e non deve perseguire interessi personali o di terzi in conflitto con quelli dell’impresa. In particolare, l’auto-attribuzione di compensi per incarichi extra-gestionali deve basarsi su criteri oggettivi e documentabili, altrimenti si rischia di passare dal lecito all’illecito penale. La mancanza di formalizzazione contrattuale e di garanzie in operazioni significative è un campanello d’allarme che i giudici considerano un chiaro indicatore di un intento distrattivo, integrando così il grave reato di bancarotta fraudolenta.

Quando il pagamento di un compenso all’amministratore costituisce bancarotta fraudolenta distrattiva e non preferenziale?
Costituisce bancarotta fraudolenta distrattiva quando il credito sottostante non è certo, liquido ed esigibile. Se il compenso è deliberato in modo arbitrario, senza criteri di liquidazione e senza prove sulla congruità della prestazione (specialmente per incarichi extra-gestionali), il prelievo è considerato una sottrazione di patrimonio e non il pagamento di un debito, integrando quindi la distrazione.

È configurabile la distrazione di fondi se il denaro non entra mai fisicamente nelle casse della società fallita?
Sì. La sentenza chiarisce che la distrazione non richiede necessariamente che il denaro entri fisicamente nelle casse sociali per poi essere prelevato. Si configura anche quando un credito della società viene utilizzato direttamente per scopi estranei all’impresa, come estinguere un debito personale dell’amministratore, perché ciò comporta comunque una riduzione del patrimonio sociale a danno dei creditori.

Qual è l’elemento soggettivo richiesto per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione?
È sufficiente il dolo generico. Non è necessario dimostrare che l’amministratore avesse lo scopo specifico di danneggiare i creditori. Basta la consapevolezza e la volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia per le obbligazioni della società, per finalità personali o comunque estranee all’interesse sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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