Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22554 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22554 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOLOGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Lette le conclusioni scritte, pervenute in data 4 aprile 2024, del difensore di fiducia e procuratore speciale, AVV_NOTAIO,, nell’interesse della costituita parte civile Curatela fallimentare, unitamente alla nota spese.
Letti i motivi aggiunti, pervenuti in data 21 marzo 2024, del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, nonché la memoria di replica alla requisitoria del Sostituto Procuratore generale, nell’interesse del ricorrente, pervenute in data 29 marzo 2024 con le quali ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 luglio 2023 la Corte di appello di Bologna ha riformato la pronuncia del Tribunale cittadino del 12 luglio 2016 nei confronti di COGNOME
Pio, rideterminando la pena principale e le pene accessorie, confermandola nel resto.
La sentenza di primo grado aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva (limitatamente alle somme dovute alle società concessionarie) e documentale nella sua qualità di titolare della impresa individuale “RAGIONE_SOCIALE“, dic:hiarata fallita con sentenza del Tribunale di Bologna del 15 marzo 2011.
Avverso la decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso l’imputato, attraverso il difensore di fiducia, articolando i motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla penale responsabilità del ricorrente per il reato di bancarotta patrimoniale distrattiva di cui al capo B) tradottosi in travisamento della prova.
La sentenza impugnata, con riferimento alle somme distratte, ha distinto le somme che dovevano essere versate all’Amministrazione a titolo di PREU (il cui omesso versamento configura il reato di peculato) dalle somme da versare alle società concessionarie e agli esercenti che avevano installato le macchinette, la cui mancata corresponsione configura una ipotesi di bancarotta fallimentare distrattiva poiché tra i beni del fallito rientrano tutti quelli che fanno parte de sfera di disponibilità del suo patrimonio indipendentemente dalla proprietà e dalle modalità del loro acquisto.
In realtà, secondo la difesa, anche le somme destinate agli esercenti e alle concessionarie devono considerarsi come mai entrate nella sfera di disponibilità del patrimonio del ricorrente come affermato dalle pronunzie RAGIONE_SOCIALE sezioni civili di questa Corte.
L’unica condotta attribuibile al ricorrente era quella di peculato ed il ricorrente aveva interesse alla diversa qualificazione in quanto ciò avrebbe escluso la legittimazione della curatela a costituirsi parte civile.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato giudizio di prevalenza RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante contestate con riferimento ad entrambi i capi di imputazione.
Con il deposito dei motivi aggiunto il ricorrente ha approfondito le argomentazioni contenute nel primo motivo di ricorso.
La Corte territoriale ha ammesso di non aver saputo ricavare con certezza l’ammontare oggetto di distrazione da parte del ricorrente: l’unico elemento certo era che le somme non rinvenute dalla Curatrice all’atto del suo subentro comprendevano quote di pertinenza erariale ed altre destinate a remunerare l’esercente così come il concessionario di rete.
Stante dunque questa perdurante incertezza su come dovessero essere determinate, dapprima, quindi riassegnate e distribuite per competenza e titolo quelle somme genericamente indicate, si doveva considerare con attenzione che la loro distrazione avrebbe integrato, per la parte riferita al PREU ed anche quella appartenente al concessionario, una ipotesi di peculato e, per quella destinata a compensare l’esercente, un fatto appropriativo specifico in danno di quel soggetto, trattandosi di somme tutte che erano ab origine destinate a quei soggetti, senza entrare affatto nel patrimonio, restando soltanto la distrazione della quota di spettanza dell’impresa fallita che, tuttavia, espressamente non è mai stata determinata.
CONSIDERATO in DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.11 primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata e con la giurisprudenza di questa Corte.
1.1.Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte in tema di reati fallimentari, la provenienza illecita dei beni non esclude il delitto di bancarotta pe distrazione, sia che si tratti di beni fungibili, e quindi confusi nel patrimonio d fallito destinato alla soddisfazione dei creditori, sia che si tratti di beni infungi e quindi formalmente distinti dal patrimonio del fallito, atteso che, in quest’ultimo caso, il curatore, che ne assume la disponibilità, ha l’obbligo di restituirli agli aven diritto e la condotta distrattiva, rendendo impossibile la restituzione, genera a carico della procedura l’obbligo di pagarne il controvalore ai titolari. (Sez. 5 n 45372 del 18/10/2019, COGNOME, Rv. 276991); tra i beni del fallito, di cui all’art. 216, comma 1, n. 1) legge fall., rientrano tutti quelli che fanno parte della sfera di disponibilità del suo patrimonio, indipendentemente dalla proprietà e dalle modalità del loro acquisto. (Sez. 5, n. 23686 del 06/05/2021, COGNOME, Rv. 281413; Sez. 5 n. 7824 del 30/11/2022, dep.2023, Bergese, Rv. 284223).
Questa Corte, nelle richiamate pronunzie, ha precisato che, nel caso di fallimento di una società, è irrilevante che i beni illecitamente acquisit dall’amministratore siano solo strumentalmente transitati nel patrimonio della fallita, per essere poi distratti in favore dello stesso amministratore o di terzi: “,”
Del resto è principio consolidato secondo cui integrano il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione tutte le operazioni economiche che, esulando dagli
scopi dell’impresa, determinano, senza alcun utile per il patrimonio sociale, un effettivo depauperamento di questo in danno dei creditori, anche attraverso il distacco di beni da detto patrimonio, senza irnmettervi alcun corrispettivo, così da impedirne l’apprensione da parte degli organi fallimentari (Sez. 5, n. 36850 del 06/10/2020, Piazzi, Rv. 280106).
1.2. La Corte territoriale ha operato buon governo dei consolidati e costanti principi suindicati atteso che con motivazione immune da vizi logici e in quanto tale non censurabile in questa sede, ha chiarito che (p.4):
-indipendentemente dalla quantificazione degli importi che COGNOME avrebbe dovuto versare ai suoi diversi creditori (Pubblica amministrazione, società concessionarie, esercenti che avevano installato nei loro locak le macchinette da gioco), siffatte somme risultano essere state distratte.
1.3. Quanto alla specifica doglianza in punto di diversa qualificazione giuridica della condotta relativa alla distrazione anche RAGIONE_SOCIALE somme dovute ai concessionari – peculato e non bancarotta fraudolenta distrattiva- anche in tal caso la doglianza non si confronta con le indicazioni di questa Corte secondo cui è configurabile il concorso formale tra il reato di peculato e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, in quanto essi si differenziano tra loro per il soggetto attivo, pe l’interesse tutelato, per le modalità di aggressione del bene giuridico, per il momento della consumazione e per la condizione di punibilità, prevista solo in relazione al reato fallimentare. (Sez.6, n. 14402 del 05/11/2020 dep.2021, Bovo, Rv. 280966).
Il secondo motivo di ricorso manifestamente infondato non confrontandosi con la sentenza impugnata, nonché inedito.
La Corte territoriale ha accolto il motivo di appello che lamentava la eccessività del trattamento sanzionatorio riducendo di mesi sei di reclusione la pena in precedenza inflitta.
Nel rideterminare la pena ha correttamente operato il calcolo considerando le già concesse circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alla circostanza aggravante della commissione di più fatti di bancarotta.
Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e RAGIONE_SOCIALE spese di costituzione e rappresentanza in favore della costituita parte civile, da liquidarsi come da dispositivo.
Consegue altresì, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE, determinata, in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità del ricorso, nella misura di euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3866,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2024 Il consigliere estensore COGNOME