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Bancarotta fraudolenta: anche il primo atto conta

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un amministratore per un’operazione di acquisto di un ramo d’azienda tra società a lui riconducibili. La Corte ha stabilito che il reato si configura anche se l’atto di distrazione è il primo della neocostituita società e avviene molto prima della dichiarazione di fallimento, essendo sufficiente il pericolo concreto per la garanzia patrimoniale dei creditori.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Fraudolenta: Anche il Primo Atto di Gestione Può Essere Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21860/2024) ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di bancarotta fraudolenta per distrazione, chiarendo come questo grave reato possa configurarsi anche in circostanze apparentemente lontane dalla dichiarazione di fallimento. La decisione analizza il caso di un amministratore che, attraverso un’operazione di acquisto di un ramo d’azienda tra società a lui riconducibili, ha compromesso fin dall’inizio la salute finanziaria della società poi fallita. Questo articolo esamina i fatti, la decisione della Corte e le sue importanti implicazioni pratiche per gli amministratori.

I Fatti: Un’Acquisizione Sospetta tra Società Collegate

Il caso riguarda un imprenditore, amministratore di una società di nuova costituzione (la “cessionaria”), che ha acquistato un ramo d’azienda da un’altra società (la “cedente”), anch’essa a lui riconducibile e in difficoltà economiche. L’operazione presentava diverse anomalie:

1. Prezzo gonfiato: Il prezzo di acquisto era superiore sia a quello pattuito che al valore effettivo del ramo d’azienda.
2. Avviamento sovrastimato: L’avviamento della società cedente, che versava in perdite da anni, era stato valutato in modo sproporzionato.
3. Crediti inesigibili: Nell’accordo erano stati inclusi crediti “incagliati” o del tutto inesigibili.
4. Pagamento di debiti estranei: La società cessionaria si era fatta carico di pagare debiti della cedente verso altre due società, sempre riconducibili allo stesso amministratore, anche se tali debiti non erano previsti nel contratto di cessione.

Queste manovre hanno di fatto trasferito risorse dalla nuova società a quelle più anziane e indebitate dello stesso gruppo, svuotando il patrimonio della prima a scapito dei suoi futuri creditori. Anni dopo, la società cessionaria è stata dichiarata fallita.

La Decisione della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato, confermando la condanna per bancarotta fraudolenta. La sentenza si basa su alcuni principi cardine del diritto penale fallimentare.

La Bancarotta è un Reato di Pericolo

Il punto centrale della decisione è che la bancarotta fraudolenta per distrazione è un “reato di pericolo” e non un “reato di evento”. Questo significa che per la sua configurazione non è necessario dimostrare un legame di causa-effetto diretto tra la singola operazione distrattiva e il successivo fallimento. È sufficiente che l’agente abbia compiuto atti che diminuiscono il patrimonio sociale, mettendo così in pericolo la garanzia che tale patrimonio rappresenta per i creditori.

Irrilevanza del Momento della Condotta

Di conseguenza, un atto di distrazione è penalmente rilevante in qualsiasi momento sia stato commesso, anche molto prima della dichiarazione di fallimento e persino quando la società non era ancora in stato di insolvenza. Nel caso specifico, la Corte ha affermato che anche il primo atto gestorio di una società appena nata può integrare il reato, se crea uno “squilibrio genetico” e ingiustificato tra attività e passività, destinato a compromettere irreversibilmente la vita della società.

Il Dolo e il Conflitto di Interessi

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, la Corte ha chiarito che è sufficiente il “dolo generico”, ovvero la consapevolezza e la volontà di destinare le risorse sociali a scopi estranei all’interesse dell’impresa. L’intenzione dell’amministratore di “salvare” le altre società del gruppo o di ottenere vantaggi fiscali non esclude il dolo, ma rappresenta un movente irrilevante. Anzi, il palese conflitto di interessi dell’amministratore, che ha agito a vantaggio di altre sue società a danno di quella poi fallita, è stato considerato un chiaro “indice di fraudolenza”.

le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato il rigetto del ricorso sottolineando che la ricostruzione dei giudici di merito era logica e corretta. Le operazioni contestate, dall’acquisto del ramo d’azienda a condizioni di mercato ingiustificate fino al pagamento di debiti estranei, erano tutte funzionali agli interessi delle altre società dell’amministratore e non a quelli della società poi fallita. Questa finalità, del tutto estranea all’oggetto sociale, ha integrato la condotta distrattiva. La Corte ha ribadito che il pericolo per i creditori era concreto fin dall’inizio, poiché la nuova società nasceva già gravata da un’operazione che ne minava l’integrità patrimoniale. L’eventuale tentativo successivo dell’amministratore di ‘salvare’ l’impresa con garanzie personali è stato ritenuto un motivo a delinquere, al più valutabile per le attenuanti, ma ininfluente sulla sussistenza del reato.

le conclusioni

La sentenza n. 21860/2024 offre un importante monito per gli amministratori. Dimostra che la responsabilità per bancarotta fraudolenta può sorgere da operazioni compiute in tempi non sospetti, anche all’inizio della vita di una società. La gestione aziendale deve essere sempre improntata all’esclusivo interesse della società amministrata, specialmente nelle transazioni infragruppo o con parti correlate. Qualsiasi operazione che depauperi il patrimonio sociale per finalità esterne, anche se motivata da presunte convenienze fiscali o strategie di gruppo, espone l’amministratore a gravi rischi penali se mette in pericolo, anche solo potenzialmente, le ragioni dei creditori.

Un atto di distrazione commesso molto prima del fallimento può costituire bancarotta fraudolenta?
Sì. Secondo la sentenza, i fatti di distrazione assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi, anche quando l’impresa non versava ancora in condizioni di insolvenza, poiché il reato è di pericolo e non richiede un nesso causale con il fallimento.

Il primo atto di gestione di una società appena costituita può integrare il reato di bancarotta fraudolenta?
Sì. La Corte afferma che anche il primo atto gestorio di una nuova impresa può costituire bancarotta se tale operazione risulta essere un fattore genetico di un ingiustificato e radicale squilibrio fra attività e passività, che inciderà in modo irreversibile sulla vita della società e sulla garanzia per i creditori futuri.

Se un amministratore offre garanzie personali per salvare l’azienda, può essere escluso il dolo di bancarotta?
No. La sentenza chiarisce che il dolo richiesto è quello generico, consistente nella consapevolezza di compiere operazioni dannose per i creditori. L’intenzione di ‘salvare’ l’impresa, anche attraverso garanzie personali, costituisce un motivo che non esclude il reato, ma può essere al massimo valutato per la concessione di circostanze attenuanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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