Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26693 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26693 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
In nome del Popolo Italiano
– Presidente –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Con sentenza in data 20 febbraio 2025 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano in data 16 novembre 2023 con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di 2 anni di reclusione, nonchØ alle pene accessorie di cui all’ultimo comma dell’art. 216 legge fall. per la durata della pena principale, in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche, dei reati di cui agli artt. 236, comma 2, n. 1, 223, comma 1, 216, comma 1, n. 1, legge fall. (capo A), per avere, quale amministratore unico, dal 16 aprile 2002 al 1° marzo 2018, della RAGIONE_SOCIALEammessa alla procedura di concordato preventivo con decreto del Tribunale di Milano del 9 maggio 2019, distratto somme o dissipato il patrimonio della società omettendo di incassare i canoni di locazione relativi a un immobile sito in Milano, INDIRIZZO per un ammontare di 392.400 euro (di cui 246.000 euro nel corso del 2014 e 146.400 euro nel corso del 2015), non richiedendone il pagamento alla locataria RAGIONE_SOCIALE e, comunque, non prendendo nei confronti di essa alcuna iniziativa per il recupero del credito; nonchØ disponendo, nel 2017-2018, il pagamento ad opera della locataria RAGIONE_SOCIALE dei canoni di locazione relativi ad altra porzione del suddetto immobile su conti esteri intestati alla RAGIONE_SOCIALE per un ammontare di 450.288 euro e, per un ammontare di 15.000 euro, nelle sue mani anzichØ sul conto della locatrice RAGIONE_SOCIALE , alla quale spettavano; reato integrato in Milano il 9 maggio 2019, data del decreto del Tribunale di Milano di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello per mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME Alessandro COGNOME deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e ), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alle risultanze istruttorie circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. Con l’atto di appello era stato dedotto che la RAGIONE_SOCIALE era divenuta, il 30 giugno 2015, proprietaria del 100% delle quote della RAGIONE_SOCIALE e che essa era rimasta, sino al 2016, conduttrice di parte dell’immobile di INDIRIZZO di proprietà della controllata, gravato da un mutuo che era stato sospeso dal 30 giugno 2014 al 30 giugno 2015, consentendo così alla RAGIONE_SOCIALE , in base a un contratto di cash pooling indicato nelle schede contabili a partire dal 2014, di non versare i canoni di locazione dovuti, cui la controllante non era in grado di far fronte dovendo pagare gli stipendi dei dipendenti e i debiti verso l’Erario. Dal momento che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe pagato a sØ stessa i canoni, il mancato versamento di questi ultimi non avrebbe configurato alcuna reale condotta distrattiva, perdurando i crediti dei canoni di locazione in capo alla RAGIONE_SOCIALE sino a quando le due società divennero l’una di proprietà dell’altra. Pertanto, non sarebbe stato configurabile il dolo generico della bancarotta contestata, consistente nella consapevolezza di sviare somme di denaro dalle finalità aziendali mettendo a rischio gli interessi dei creditori, posto che essi erano comunque garantiti dall’immobile di proprietà della società, avente un valore di quasi 5 milioni di euro a fronte di un mutuo di 2.500.000 euro, inferiore al valore del bene. E ove la RAGIONE_SOCIALE si fosse indebitata per pagare i canoni dovuti alla RAGIONE_SOCIALE , i suoi creditori avrebbero potuto agire aggredendone le quote, di cui la prima società era titolare. Pertanto, nessuna somma sarebbe stata utilizzata per esigenze estranee agli
interessi della RAGIONE_SOCIALE e il mancato incasso sarebbe avvenuto a fronte di una crisi di liquidità della RAGIONE_SOCIALE , la quale, ove si fosse indebitata per pagare i canoni, avrebbe compromesso gli interessi anche dei creditori della RAGIONE_SOCIALE
Secondo la Corte territoriale, non sarebbe stato dimostrato il vantaggio compensativo tra il depauperamento della società e gli interessi complessivi del gruppo societario, riscontrabile con valutazione ex ante . Tale assunto non considererebbe, tuttavia, che la procedura concordataria si era conclusa con la totale soddisfazione dei creditori, sicchØ il mancato incasso da parte della RAGIONE_SOCIALE dei canoni di locazione avrebbe trovato la propria contropartita nella moratoria, dal 30 giugno 2014 al 30 giugno 2015, nel pagamento delle rate del mutuo gravante sull’immobile di INDIRIZZO e nella possibilità per la RAGIONE_SOCIALE di resistere alla crisi non versando i canoni fino a quando essa era divenuta socio unico al 100% della RAGIONE_SOCIALE con compensazione delle posizioni a debito e a credito.
Quanto alla consapevolezza che l’azione intrapresa era idonea a creare danno ai creditori della RAGIONE_SOCIALE , COGNOME avrebbe agito soltanto per tutelare la RAGIONE_SOCIALE , evitando, già nel 2015, il suo fallimento e garantendo, al contempo, la sopravvivenza economica della RAGIONE_SOCIALE Nulla, poi, la Corte territoriale direbbe circa la gestione del gruppo da parte dell’imputato come se vi fosse un contratto di cash pooling .
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. e ), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla valutazione delle risultanze istruttorie circa i canoni versati dalla RAGIONE_SOCIALE su un conto maltese intestato alla RAGIONE_SOCIALE
Sul punto, ribadito che per COGNOME non vi era distinzione tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE , per cui egli gestiva il tutto come se vi fosse, di fatto, un contratto di cash pooling , come annotato nelle schede contabili nel 2014, il ricorso evidenzia, quanto alle somme bonificate sul conto corrente dell’imputato, la mancata dimostrazione che COGNOME non fosse effettivamente creditore della RAGIONE_SOCIALE per compensi arretrati, sicchØ il relativo versamento avesse davvero carattere distrattivo. Quanto alle somme versate sul conto estero della RAGIONE_SOCIALE, esse sarebbero state comunque utilizzate per pagare gli stipendi dei dipendenti di tale società, i cui conti correnti erano stati pignorati. Ciò farebbe dubitare della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato, atteso che se la RAGIONE_SOCIALE avesse versato le somme dovute sul conto della RAGIONE_SOCIALE esse sarebbero andate comunque a ripianare i debiti della RAGIONE_SOCIALE , sicchØ, nei fatti, si sarebbe trattato del semplice salto di un passaggio contabile. Tali profili, debitamente dedotti nell’atto di appello, non sarebbero stati analizzati dalla Corte territoriale che si sarebbe limitata a generici ragionamenti circa la mancanza di una prova sulla destinazione dei 15.000 euro da parte dell’imputato, omettendo di considerare la mail del 22 dicembre 2017 prodotta dalla difesa e i documenti INPS, senza sciogliere i nodi argomentativi presentati dalla Difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Giova premettere all’analisi dei motivi di ricorso una sintetica esposizione della vicenda processuale e dei fatti così come accertati in sede di merito.
2.1. La RAGIONE_SOCIALE , costituita il 6 giugno 2001, aveva come oggetto sociale la vendita, locazione, costruzione di beni immobili, costituzione ed estinzione di diritti reali su
beni immobili. Il 95% delle partecipazioni della RAGIONE_SOCIALE era di proprietà, dal 16 aprile 2002, della RAGIONE_SOCIALE , mentre il 5% delle quote era detenuto da COGNOME che ne era anche l’amministratore. Il 30 giugno 2015 la RAGIONE_SOCIALE era divenuta la titolare del 100% delle quote.
RAGIONE_SOCIALE era stata proprietaria di un unico immobile, sito in INDIRIZZO a Milano, oggetto di un contratto di leasing stipulato nel 2002 e poi riscattato, anticipatamente, con atto di acquisto del 24 novembre 2010 per il quale era stato acceso un mutuo presso il Credito valtellinese . L’immobile era stato dato in locazione alla RAGIONE_SOCIALE (il piano terreno dal 2010 al 2016, con canone inizialmente di 250.000 euro, poi ridotto, nel luglio 2014, a 120.000 euro) e alla RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE (dal 2014 al 2016 solo il primo piano e, dal 2016 in poi, anche il piano terra).
A causa della crisi del mercato editoriale la RAGIONE_SOCIALE si era trovata in gravi difficoltà economiche e, per tale ragione, COGNOME, amministratore e socio delle due società, aveva fatto in modo, per sua stessa ammissione nel corso dell’esame dibattimentale, che la società in crisi non versasse il canone di locazione dell’immobile, con un debito accumulato nel 2014-2015 di oltre 391.000 euro. Successivamente, l’amministratore aveva anche fatto sì che i canoni corrisposti dalla RAGIONE_SOCIALE (per un ammontare complessivo di 450.288 euro) fossero dirottati su un conto corrente estero intestato alla RAGIONE_SOCIALE , al fine di poter pagare i dipendenti di questa e, in generale, per impedirne il fallimento. Infine, egli aveva anche proceduto al prelievo di una somma pari a 15.000 euro, che era stata accreditata sul suo conto personale.
Secondo le due sentenze di merito tali condotte avevano natura distrattiva e avevano determinato la crisi di liquidità della RAGIONE_SOCIALE , la quale non era riuscita a fare fronte al pagamento dei debiti e, in particolare, delle rate del mutuo contratto per l’acquisto dell’immobile con il Credito Valtellinese , che aveva proceduto al pignoramento presso terzi dei canoni. E da ciò era successivamente scaturita l’apertura della procedura di concordato preventivo e l’avvio del procedimento penale per le condotte distrattive sopra descritte.
2.2. Secondo la Corte territoriale tali condotte non potevano essere escluse dal rapporto di partecipazione e controllo tra due società, le quali, per quanto collegate, rimanevano due autonomi soggetti giuridici, dovendo essere comunque dimostrato il vantaggio compensativo conseguito dal depauperamento della società in favore degli interessi complessivi del relativo gruppo societario, laddove tale prova nel caso di specie non era stata fornita. NØ Ł stata ritenuta rilevante l’assenza di danno al ceto creditorio, essendo il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale un reato di pericolo e assumendo rilevanza, dunque, anche il mero pericolo di una lesione dell’interesse dei creditori all’integrità dei mezzi di garanzia ( ex plurimis Sez. 5, n. 13382 del 03/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281031 – 04). Quanto all’elemento soggettivo, si Ł ribadito che quello necessario per la configurabilità della bancarotta patrimoniale Ł il dolo generico, integrato dalla consapevolezza che le operazioni siano idonee a dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, senza che sia necessaria l’intenzione di cagionare un danno ai creditori (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266805 – 01). Con riferimento alla condotta distrattiva relativa alle somme versate sul conto maltese per conto della RAGIONE_SOCIALE , la sentenza ha evidenziato come l’imputato non abbia fornito alcuna prova che tali somme siano state poi destinate alle finalità societarie, nØ che la somma di 15.000 euro confluita sui suoi conti personali sia stata utilizzata per finalità conformi agli interessi sociali; prova richiesta dalla giurisprudenza di legittimità nel caso del mancato rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni o utilità nella disponibilità della società fallita.
Tanto premesso, osserva il Collegio che il primo motivo, che si concentra sul profilo relativo all’elemento soggettivo della bancarotta per distrazione ascritta all’imputato, appare del tutto reiterativo delle censure dedotte con il corrispondente motivo di appello, le quali hanno già trovato compiuta e condivisibile risposta nella sentenza impugnata, come piø sopra sintetizzata.
Invero, già la sentenza di primo grado aveva adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali doveva essere esclusa la configurabilità di un rapporto di cash pooling , del quale non Ł mai stata acquisita alcuna evidenza, fatta esclusione per un generico riferimento nelle scritture contabili, ma in assenza dei requisiti formali richiesti dalla giurisprudenza di legittimità. Secondo il consolidato indirizzo interpretativo, infatti, il contratto a causa mista cd. di cash pooling può consentire di escludere la natura distrattiva delle operazioni in danno della società controllata che ridondino a favore della società controllante nel solo caso in cui ricorra la formalizzazione di tale negozio di conto corrente intersocietario, con puntuale regolamentazione dei rapporti giuridici ed economici interni al gruppo (Sez. 5, n. 37062 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283661 – 02); e purchØ i consigli di amministrazione delle società interessate abbiano deliberato il contenuto dell’accordo, definendone l’oggetto, la durata, i limiti di indebitamento, le aliquote relative agli interessi attivi e passivi e le commissioni applicabili (Sez. 5, n. 39139 del 23/06/2023, COGNOME, Rv. 285200 – 02). Ne consegue che, dinnanzi alla puntuale ricostruzione sviluppata dal primo Giudice, la riproposizione della questione con l’atto di appello non avrebbe potuto condurre ad un differente epilogo applicativo da parte della Corte territoriale, che, infatti, non ha ulteriormente argomentato rispetto alle condivise considerazioni della prima decisione.
A fronte della impossibilità, alla stregua della richiamata cornice giurisprudenziale, di ricondurre il rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE allo schema del cash pooling , la Difesa ha declinato la questione del collegamento societario sul versante dell’elemento soggettivo, deducendo che l’imputato non abbia inteso distrarre risorse della società controllata, ma che abbia, in realtà, agito nell’interesse di essa, posto che la decisione di non richiedere il pagamento del canone, avvantaggiando la società controllante, avrebbe corrisposto a un interesse anche della controllata. Anche in relazione a tale questione, le sentenze di merito hanno ben spiegato che questo profilo Ł esterno al dolo generico, il quale richiede unicamente la consapevolezza di realizzare un’azione distrattiva, che cioŁ si realizzi un vulnus alle ragioni dei creditori della società, peraltro nei termini dell’integrazione di una mera situazione di pericolo, senza che ad essa corrisponda, necessariamente, un effettivo pregiudizio in capo ai creditori medesimi. E che una situazione di pericolo si fosse effettivamente determinata a seguito del mancato ingresso nelle casse della società dei canoni locatizi dell’immobile di INDIRIZZO Ł pacificamente emerso a partire dalla situazione di illiquidità della RAGIONE_SOCIALE e del conseguente mancato versamento delle rate di mutuo dopo la conclusione della moratoria concessa dal Credito Valtellinese , il quale, proprio per tale ragione, aveva avviato la procedura esecutiva per il recupero del proprio credito. E trattandosi di un accertamento, quello sul pericolo determinato dalla condotta distrattiva, che deve essere compiuto ex ante non può riconoscersi rilievo alla circostanza, pure evidenziata in ricorso, che la procedura concordataria si fosse conclusa con la totale soddisfazione dei creditori. Nella stessa prospettiva non può riconoscersi rilevanza al fatto che il credito bancario fosse assistito da una garanzia reale costituita sull’immobile di proprietà della RAGIONE_SOCIALE , di valore ben superiore all’ammontare del credito, posto che la procedura esecutiva, il cui esito non può mai ritenersi scontato, ben avrebbe potuto portare a realizzare una somma inferiore a quella dovuta, con conseguente esposizione a rischio della garanzia dei creditori.
Infondato Ł anche il secondo motivo, con cui la Difesa dell’imputato deduce un vizio di motivazione in relazione alla ritenuta natura distrattiva delle operazioni relative ai canoni locatizi corrisposti dalla RAGIONE_SOCIALE e del versamento della somma di 15.000 euro sul conto corrente personale di Chiarini.
Quanto al primo profilo, infondate sono le argomentazioni difensive secondo cui il dolo dell’imputato avrebbe dovuto essere escluso in quanto le somme versate sul conto estero di RAGIONE_SOCIALE sarebbero state comunque utilizzate per pagare gli stipendi dei dipendenti di tale società e in quanto, per converso, se RAGIONE_SOCIALE avesse versato le somme dovute sul conto di RAGIONE_SOCIALE esse sarebbero andate comunque a ripianare i debiti di RAGIONE_SOCIALE Come correttamente osservato dalla sentenza impugnata (pag. 6), con la cui motivazione il ricorso non si Ł sostanzialmente confrontata, le due società costituivano autonomi soggetti giuridici con distinte sfere giuridico-patrimoniali, sicchØ il mancato versamento nelle casse della controllata delle ingenti somme dovute dalla società controllante, significativamente accreditate su un conto corrente estero, aveva certamente determinato una situazione di pericolo per le ragioni dei creditori della società e, in primis , del Credito Valtellinese .
Del pari, quanto alle somme accreditate sul corrente personale di COGNOME e che l’imputato ha giustificato come un’anticipazione di quelle spettantigli a titolo di compenso professionale, va richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione Ł integrato dalla condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se, come avvenuto nel caso di specie, non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchØ, in tal caso, il credito Ł da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’ an , non Ł determinato anche nel quantum (Sez. 5, n. 30105 del 05/06/2018, COGNOME, Rv. 273767 01; Sez. 5, n. 50836 del 3/11/2016, COGNOME, Rv. 268433 – 01; Sez. 5, n. 11405 del 12/06/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263056 – 01). Donde l’infondatezza anche delle censure difensive relative a tale contestazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 11 giugno 2025
Il Presidente
NOME COGNOME