Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21865 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21865 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIMERCATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo lelinammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Milano ha parzialmente riformato la decisione del Tribunale di quella stessa città – che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole, quale membro del CDA, fino al 18 marzo 2009, e poi amministratore unico fino alla data del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita con sentenza del 17 ottobre 2014), del delitto di bancarotta documentale di cui agli artt. 110 cod. pen. 223, comma 1, 216, comma 1 n. 1, n. 2, 219, comma 1, R.D. 267/1942, (avendolo assolto dalla bancarotta per distrazione), per avere concorso nella sottrazione o distruzione delle scritture contabili e, comunque, tenendole in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio della società – riconoscendo le circostanze attenuanti generiche e riducendo la pena inflitta ad anni due di reclusione e la durata delle pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
2.Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore avvocato NOME AVV_NOTAIO, articolando un solo motivo – con cui lamenta violazione di legge e correlato vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità penale dell’imputato; si contesta, in particolare, lo svolgimento dell’effettiva attività gestoria da parte dell’imputato, che, al di là della carica di consigliere di amministrazione, si era occupato della sola gestione tecnica dell’attività aziendale, mentre le attività economiche e bancarie erano state curate da NOME COGNOME fino al 2009, e, successivamente, da COGNOME, che gestiva le pratiche attraverso la società RAGIONE_SOCIALE, che è risultata essere affidataria delle scritture; la Corte di appello n argomenta in merito alla circostanza che l’onere di conservazione delle scritture copre un arco temporale di cinque/dieci anni, cosicchè per alcune annualità oggetto di contestazione ( dal 2000 al 2004) era decorso il termine decennale di prescrizione dell’obbligo di tenuta delle scritture, e, per altre, ( registri IVA), e decorso il termine quinquennale.
2.1. Con specifico riferimento all’elemento soggettivo, si deduce che la Corte di appello non ha considerato, ai fini dell’intento fraudolento, la circostanza che COGNOME è stato assolto dalla bancarotta patrimoniale, né ha dato rilievo ai documentati controlli effettuati dal RAGIONE_SOCIALE, e, comunque, la responsabilità è stata tratta dalla mera condotta, senza un adeguato scrutinio del dolo di sottrazione, anche in assenza di elementi indicativi della consapevole2:za dello stato delle scritture, considerata la sostanziale estraneità del ricorrente alla gestione economica della società, affidata prima a NOME COGNOME poi alla RAGIONE_SOCIALE
2.2.Con un ultimo rilievo, ci si duole del mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 219 L.F.
3.Con successiva memoria, il difensore ha formulato due motivi aggiunti.
3.1. Con il primo, ha dedotto la mancata individuazione, da parte della Corte di appello, della specifica condotta di bancarotta documentale, se generica o specifica, con conseguenti ricadute sull’elemento soggettivo del reato; d’altro canto, si ribadisce la contestazione in merito alla stessa sussistenza del reato. 3.2.Con il secondo motivo nuovo, il ricorrente deduce erronea applicazione della circostanza aggravante del danno di rilevante gravità di cui all’art. 219 comma 1,
L.F.. e correlati vizi della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, per quanto si dirà.
111 motivo di ricorso con il quale si contesta la sussistenza, sul piano oggettivo, del delitto di bancarotta documentale non è fondato. Il ruolo di NOME COGNOME, nelle diverse qualità, prima di membro del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, dal 23.12.04 al 18.3.09 e, poi, di amministratore unico della stessa, da tale data al fallimento, dichiarato il 17.10.2014, è stato attentamente esaminato dalla Corte di appello, senza sottovalutare la sua competenza di tecnico, la circostanza che la società fosse controllata dalla RAGIONE_SOCIALE, che l’aveva costituita nel 2000, e che la gestione contabile fosse affidata ad altra società collegata, la RAGIONE_SOCIALE
1.1. La sentenza impugnata ha spiegato che l’istruttoria ha dimostrato l’ avvenuta consegna della documentazione contabile da parte della RAGIONE_SOCIALE, che ne era affidataria, a persona delegata dal COGNOME, il quale poi ne ha omesso la consegna alla curatela, almeno di una parte delle scritture ( pg. 3), risultando smentita la tesi difensiva che mirava a sostenere che la documentazione fosse detenuta da altri componenti del C.D.A., anche in ragione della circostanza, indicata dal curatore, che il ricorrente ha allegato, a una relazione da lui redatta, svariati documenti contabili di cui era, evidentemente, in possesso; d’altro canto, egli forniva risposte evasive ingiustificate in merito ad alcune posl:e attive.
1.2. Le deduzioni, difensive risultano prive del dovuto confronto critico con le ragioni poste a sostegno della decisione sul punto e, comunque, non consentite in questa sede, in quanto miranti a un alternativo apprezzamento delle prove, rispetto alla valutazione operata dai giudici di merito nelle loro conformi decisioni, richiedendosi alla Corte di cassazione di prendere posizione tra le diverse letture dei fatti, operazione preclusa, in questa Sede, tanto più in presenza di un congruo
apparato motivazionale, che ha evidenziato come, dalle stesse dichiarazioni dell’imputato, si ricavi che la documentazione contabile era stata effettivamente nella sua disponibilità, altresì esplicitando le ragioni per le quali non può dubitarsi del ruolo gestorio svolto dal ricorrente, avendo egli stesso ammesso di avere partecipato a tutte le assemblee dei soci e a tutte le riunioni del CDA, e, dal 2009, lo ha affermato lo stesso COGNOME, aveva delega a operare sui conti correnti ( cfr. pagg. 7 e 8 della sentenza impugnata)
Sono fondate, invece, le doglianze che attingono la ricostruzione dell’elemento soggettivo (secondo motivo del ricorso originario e il correlato motivo nuovo).
3.1. Posto che, dalle conformi sentenze di merito, emerge che la Corte di appello avrebbe ravvisato la fattispecie di bancarotta documentale c.d. specifica per sottrazione delle scritture contabili (pg. 8 della sentenza impugnata), per la quale è necessario il dolo specifico e, dunque, la prova dell’intento fraudolento costituito dallo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, la sentenza impugnata incorre in una vistosa contraddittorietà della motivazione, laddove opera – a tali fini – il riferimento alla volontà di non consentire l
ricostruzione dell’attivo, in pregiudizio ai creditori, elemento questo che rimanda alla diversa fattispecie della c.d. bancarotta generale, integrata dal mero dolo generico. Ne risulta la mancata individuazione dei necessari indicatori di fraudolenza, in tal senso, risultando insufficienti – ai fini del dolo specifico riferimenti, di cui si legge nella sentenza impugnata, alla complessiva ricostruzione della vicenda e alle circostanze del fatto, in particolare, alla entità della documentazione sottratta e alle risposte evasive, che, come afferma la stessa sentenza impugnata, sarebbero espressive della volontà di non consentire la ricostruzione dell’attivo, in pregiudizio ai creditori, elemento psicologico riferibile alla bancarotta generale. Tanto più in considerazione dell’avvenuta assoluzione dalla bancarotta distrattiva.
3.2. Come è noto, nel comma primo n. 2 dell’art. 216 è confiqurata la bancarotta fraudolenta documentale, integrata da due condotte alternative che, rispettivamente, delineano la bancarotta documentale “specifica” ( “ha sottratto, distrutto o falsificato in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altr un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le scrit contabili”), e “generale” ( “li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”). Anche sotto tale versante l’ordinamento fa carico all’imprenditore insolvente di tenere un comportamento attivo volto a dimostrare non solo la situazione economica nella sua attualità, ma anche la consistenza della pregressa gestione, con lo scopo di consentire la migliore ricostituzione possibile dell’asse attivo sul quale la procedura potrà effettuare la liquidazione, poiché i libri e le scritture contabili no costituiscono solo un fatto interno all’impresa ma sono anche destinati a tutelare i terzi che con l’impresa vengono a contatto. Nella giurisprudenza di questa Corte si è da tempo evidenziato per la ipotesi c.d. “generale” la legge prevede solo il dolo generico, consistente nell’intenzione dell’agente di rendere impossibile o estremamente difficile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, mentre il dolo specifico, configurato dalla locuzione” con lo scopo di recare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori” è richiesto soltanto per le ipotesi di c.d. bancarotta documentale “specifica” . L’utilizzo della disgiuntiva tra le ipotesi che integrano il dolo specifico richiesto per la c:onfigurabilità dell fattispecie di bancarotta documentale specifica ha fatto ritenere che, accanto allo scopo di recare pregiudizio ai creditori ( animus nocendr,i sia contemplato, alternativamente, lo scopo di recare a sé o ad altri un ingiusto profitto ( animus lucrandi), sicchè la prova di uno dei due diversi intenti è sufficiente all’affermazione
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di responsabilità ( Sez. 5 n. 43966 del 28/06/2017, Rv. 271611; Sez. 5 n. 18634 del 01/12/2017, Rv. 269904): pertanto, per la configurazione delle ipotesi di reato di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili previs dall’art. 216, primo comma n. 2 prima parte della legge fallimentare, è necessario il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, che deve essere congruamente esplicitato attraverso elementi fattuali apprezzabili quali indicatori dello specifico intento fraudolento richiesto dalla norma.
3.3. La Corte di appello di Milano, nel rinnovato giudizio, dovrà, dunque, prendere posizione in merito alla fattispecie di bancarotta documentale ravvisata, e individuare chiari indici di fraudolenza propri della tipologia dell’elemento psicologico corrispondente, tenendo a mente che “la finalità di non consentire la precisa ricostruzione dell’attivo in pregiudizio ai creditori sociali” sorregge la bancarotta c.d. generale, di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, comma primo n. 2, L. fall., che richiede, appunto, il dolo generico, nella forma del dol intenzionale ( Sez. 5, n. 1137 del 17/12/2008 (dep. 2009 ), Rv. 242550 ), ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, in quanto la locuzione “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari “connota la condotta e non la volontà dell’agente, sicché è da escludere che essa configuri il dolo specifico(Sez. 5, n. 21872 del 25/03/2010, Rv. 247444; conf. Sez. 5, n. 5237 del 22/11/2013 (dep. 2014) Rv. 258982; Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013 (dep. 2014), Rv. 258881).
3.4. La Corte di appello dovrà anche pronunciarsi sul terna, specificamente dedotto, del decorso del termine di conservazione delle scritture contabili, in parte certamente maturato alla data dell’iscrizione del fascicolo nel registro dei reati, avvenuta nel 2017.
L’epilogo del presente scrutinio di legittimità è l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso il 03 aprile 2024
‘ Il consigliere estensore