Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27512 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27512 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a FIRENZE il 02/05/1978
avverso la sentenza del 17/12/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso riportandosi alla requisitoria scritta già
depositata.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza emessa il 17 dicembre 2024, confermava la sentenza del Tribunale di Firenze del 22 giugno 2022 che condannava NOME alla pena ritenuta di giustizia, per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, perché quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 21 settembre 2016, ometteva di tenere le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (Capo A), e per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per aver occultato beni della società, attraverso bonifici a proprio favore ovvero tramite prelevamenti in contati (capo B).
All’esito del giudizio di merito, la Corte di appello di Firenze ha ritenuto, sulla scorta dell’attività probatoria espletata: –a ) la consegna alla curatela solo di una parte della contabilità obbligatoria relativa agli anni 2009-2011; -b ) la mancata consegna del libro degli inventari e dei libri sociali; -c ) l’omessa tenuta delle scritture contabili per gli anni successivi al 2011; -d ) la società fallita aveva continuato ad operare, per come emerso dalla documentazione attestante il rapporto di lavoro con i dipendenti; -e ) la distrazione di varie somme di denaro, nel periodo 20122013, attraverso l’emissione di bonifici a favore dell’imputato per la somma complessiva di euro 74.000,00 ovvero attraverso prelevamenti in contati; -f ) l’impossibilità per il curatore di ricostruire la destinazione delle somme così sottratte, stante l’esistenza delle sole scritture contabili sino al 31 dicembre 2011, né la possibilità di rinvenire una giustificazione contabile ai bonifici intestati al ricorrente.
2.1. L’elemento soggettivo del reato di cui al capo A, sub specie di dolo specifico, è stato desunto dal giudice di merito dalle movimentazioni anomale dirette a distrarre le somme societarie in proprio favore, di modo che la contabilità incompleta impediva l’accertamento della consistenza patrimoniale della società fallita .
In particolare, sebbene fosse stata consegnata alla curatela solo una parte delle contabilità obbligatoria, peraltro limitata all’arco temporale 2009 -2011, la società ha continuato ad operare (per come emerso dai movimenti in uscita nel periodo 2014.2016, per come rilevate dall’estratto del conto corrente intestato alla RAGIONE_SOCIALE, circostanza significativa ella intenzionalità dell’omissione delle scritture contabili
2.2. Quanto al carattere distrattivo del passaggio di denaro dal patrimonio della società fallita a quello dell’imputato, i giudici di merito hanno evidenziato che nessuna giustificazione plausibile è stata fornita in ordine ai prelevamenti in contati ovvero ai bonifici effettuati.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME deducendo tre distinti motivi
di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo del ricorso si eccepisce la violazione di legge con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale.
In particolare, il ricorrente osserva che i giudici di merito non hanno motivato in ordine alla volontà del ricorrente di compiere un’azione allo scopo di raggiungere un fine particolare.
3.2. Il secondo motivo deduce violazione di legge con riferimento alla configurabilità del delitto di cui al capo B.
La difesa ha provato che l’imputato aveva riversato la somma di euro 120.000 sul conto della società RAGIONE_SOCIALE, somma ricevuta dal primo da altra società a titolo di indennità.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia violazione di legge in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Con requisitoria scritta, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. NOME COGNOME chiede il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che saranno esplicitati.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La Corte di appello non supera le censure già sviluppate in appello riconducibili all’assenza dell’elemento psicologico del reato contestato nella imputazione di bancarotta fraudolenta documentale.
2.1. In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), legge fall.-rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai citati organi (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv.279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, COGNOME, Rv.279179).
–
L’indirizzo in esame ha superato l’interpretazione che tendeva ad equiparare riguardo delle condotte riconducibili alla fattispecie
a
di bancarotta fraudolenta documentale nella duplice declinazione, specifica e generica – l’omissione della tenuta della contabilità alla sua conservazione irregolare od incompleta; l'”omissione” connota l’ inesistenza degli adempimenti contabili, ritenuta equivalente alla sottrazione o all’occultamento di scritture esistenti e non consegnate al curatore, purché accompagnata dalla prova dello scopo di trarne un ingiusto profitto o di recare nocumento alla massa creditizia.
Invece, la cura irregolare o incompleta di un impianto contabile messo a disposizione della curatela, per assurgere all’integrazione del più grave delitto di bancarotta fraudolenta documentale nella forma di cui all’art. 216 comma primo n. 2, seconda ipotesi, R.D. n. 267 del 1942 rispetto a quello di bancarotta semplice di cui all’art. 217 comma 2 del R.D. n. 267 del 1942, deve essere caratterizzata quanto all’elemento soggettivo -dal dolo generico di “fraudolenza”, inteso quantomeno come compiuta rappresentazione che le scritture consegnate alla curatela del fallimento non renderanno possibile la puntuale ricostruzione del patrimonio o dell’andamento degli affari (cfr. Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904) ovvero, in altre parole, come consapevolezza che la tenuta della contabilità sarà potenzialmente idonea ad influire sulla rituale intellegibilità degli eventi aziendali da parte degli organi fallimentari (Sez. 5, n. 32733 del 25/03/2021, COGNOME COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, Pisano, Rv. 274630).
2.2. Pertanto, l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili, che si attaglia al caso condotto all’attenzione del collegio (per lo meno relativamente al periodo temporale dal 2011 alla data di fallimento del settembre 2016), può rientrare – in questi termini – nell’alveo della bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1 n. 2, prima ipotesi, del R.D. n. 267 del 1942, qualora si accerti (e si dia conto) che scopo dell’omissione sia stato quello di assicurarsi un profitto ingiusto o di recare pregiudizio ai creditori, atteso che altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217, comma 2, R.D. n. 267 del 1942.
2.3. Sul versante dell’elemento soggettivo del reato, si è chiarito che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato.
Lo scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, in cui si sostanzia il dolo specifico, ben può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda, dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta, colorando di specificità l’elemento soggettivo, il quale può pertanto essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la
finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304). Deve, pertanto, consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica; della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica.
Appare, pertanto, evidente che tra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa (Sez. 5, n. 2228 del 04/11 novembre 2022, COGNOME, Rv. 283983; Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, COGNOME, Rv. 283659).
Pertanto, soffermandosi sugli elementi della prova del dolo specifico, si è sottolineata la necessità di privilegiare una chiave di lettura che esalti la specularità di talune emergenze probatorie – come, a titolo esemplificativo, la dimostrazione dell’esistenza di risorse finanziarie o di un patrimonio positivo resi inaccessibili agli organi fallimentari, anche attraverso la realizzazione di atti depauperativi o la sproporzione tra l’entità del passivo e l’inesistenza di attivo – che orientino sull’intenzionalità di ostacolarne il tracciamento attraverso la mancata consegna delle scritturazioni (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv.284304; Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, COGNOME, Rv. 283983).
I giudici di merito hanno condannato il ricorrente per la omessa tenuta, in tutto o in parte, dei libri e delle scritture contabili della società, ed omessa consegna al curatore di qualsivoglia documentazione successivamente al 2011, riportando i rilievi sollevati dal curatore nel corso delle sue attività di verifica, valorizzando il ruolo di amministratore unico della società del ricorrente, la vicenda distrattiva di cui al capo B, quali indici del dolo specifico, ossia dello scopo di assicurarsi un profitto ingiusto o di recare pregiudizio ai creditori, in quanto il comportamento omissivo de ll’ imputato era finalizzato all’occultamento delle vicende gestionali.
Il “centro gravitazionale” della decisione della corte territoriale è rappresentato dalla affermazione che la fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale è accompagnata dalla bancarotta fraudolenta patrimoniale, la cui sussistenza contribuisce a gettare luce anche sulla componente soggettiva del reato di bancarotta fraudolenta documentale.
In altri termini, l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato viene fatta derivare dal fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, e dalla contestazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Orbene il percorso argomentativo seguito nella sentenza impugnata non soddisfa gli indicati standard motivazionali, presentando profili di incompletezza, se
solo si pone mente alla circostanza che l’imputato ha distratto somme di denaro a suo favore a mezzo bonifici, ovvero con mezzi di pagamento tracciabili.
La Corte territoriale – a fronte del motivo di appello che evocava la necessità che fosse provato il dolo specifico -ha rilevato come il dolo fosse consistito nella volontà di occultare atti depauperativi del patrimonio sociale, senza indagare e dare conto della esistenza in concreto di ulteriori indici di fraudolenza. Ma si tratta di una motivazione apparente sul punto, in quanto si sconosce del tutto quali siano gli atti ai quali la Corte di appello si riferisce.
La motivazione è monca in quanto, perché possa ritenersi la sussistenza del dolo specifico è necessaria la dimostrazione, non solo astratta e presunta, ma effettiva e concreta della consapevolezza di procurare un ingiusto profitto a taluno, attentandosi altrimenti al principio costituzionale della personalità della responsabilità penale ( ex multis , Sez. 5, n. 44293 del 17/11/2005, COGNOME, Rv. 232816; Sez. 5, n. 642 del 30/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 257950; Sez. 5, n. 40176 del 02/07/2018, COGNOME n.m.; Sez. 5, n. 40487 del 28/05/2018, COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 34112 del 01/03/2019, NOMECOGNOME n.m.).
Spetta ai giudici del merito individuare le ulteriori circostanze funzionali a circoscrivere la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze che, nella piena libertà valutativa del compendio probatorio, dovrà – alla luce dei principi di diritto illustrati – chiarire quali siano gli indici dai quali desumere il dolo specifico di procurarsi un ingiusto profitto o recare pregiudizio ai creditori.
4. Il secondo motivo è infondato.
La prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei suddetti beni (Sez. 5, n. 7048 del 27/11/2008, COGNOME, Rv. 243295). L’imprenditore è posto dal nostro ordinamento in una posizione di garanzia nei confronti dei creditori, i quali ripongono la garanzia dell’adempimento delle obbligazioni dell’impresa sul patrimonio di quest’ultima e l’art. 87, comma terzo, legge fall. (anche nella sua formulazione precedente alla sua riforma) assegna al fallito obbligo di verità circa la destinazione dei beni di impresa al momento dell’interpello formulato dal curatore al riguardo, con espresso richiamo alla sanzione penale. Osservazioni che giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova ascritta al fallito nel caso di mancato rinvenimento di cespiti da parte della procedura e di assenza di giustificazioni a proposito (o di giustificazione resa in termini di spese, perdite ed oneri attinenti o compatibili con le fisiologiche regole di gestione). Trattasi, invero, di sollecitazione al diretto interessato della dimostrazione della concreta destinazione dei beni o del loro ricavato, risposta che (presumibilmente) soltanto egli, che è (oltre che il responsabile) l’artefice della gestione,
può rendere (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267710; Sez. 5, n. 2732 del 16/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282652).
Peraltro, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, COGNOME, Rv. 270763).
Così che anche invocate “scelte imprenditoriali” che conducano ad un esito depauperativo del patrimonio della fallita acquistano rilievo penale. Rilievo che non è escluso dal fatto che al momento delle condotte la società fosse, in ipotesi, priva di squilibri economici e finanziari, posto che si è detto come l’epoca del depauperamento può assumere rilevanza ai fini della sussistenza degli indici di fraudolenza e, dunque, del dolo, solo nel caso in cui la condotta dell’agente presenti elementi non univoci di qualificazione giuridica in termini di distrazione, ma non certo quando il depauperamento consegua ad una deliberata condotta di sottrazione, priva di un’alternativa ipotesi qualificatoria (Sez. 5, n. 45230 del 16/09/2021, COGNOME, Rv. 282284; Sez. 5, n. 7437 del 15/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280550).
4.1. La sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi logici, ha chiarito la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva, evidenziando che, relativamente ai prelievi di somma dal conto corrente intestato alla società fallita ovvero i bonifici effettuati a proprio favore, il ricorrente non ha giustificato l’effettiva destinazione né è stato in grado di individuare il sinallagma in entrata, non offrendo alcuna documentazione contabile a giustificazione delle operazioni realizzate.
L’odierno ricorrente ha asserito di avere rigirato la somma di euro 120.000,00, ricevuta dalla società RAGIONE_SOCIALE, alla RAGIONE_SOCIALE, ma non ha fornito prova alcuna delle sue affermazioni. Infatti, i giudici di merito, dopo aver dato atto della singolarità della operazione asseritamente compiuta attraverso sei distinti bonifici in tre mesi con causale giroconto a correzione di bonifico erroneamente arrivato, hanno evidenziato l’assenza di ogni documentazione dimostrativa della transazione intervenuta con la società RAGIONE_SOCIALE cosicché la Corte di appello ha correttamente concluso che le condotte per le quali è stata pronunciata condanna integrino altrettante distrazioni patrimoniali ai danni della società.
La sentenza impugnata ha operato buon governo del consolidato e costante principio indicato da questa Corte secondo cui integrano il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione tutte le operazioni economiche che, esulando dagli scopi dell’impresa,
determinano, senza alcun utile per il patrimonio sociale, un effettivo depauperamento di questo in danno dei creditori, anche attraverso il distacco di beni da detto patrimonio, senza immettervi alcun corrispettivo, così da impedirne l’apprensione da parte degli organi fallimentari (Sez. 5, n. 36850 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 280106).
I giudici del merito hanno ritenuto provato che il prelevamento di denaro ed i bonifici integrassero distrazione di risorse economiche della società fallita non solo in virtù dell’omessa dimostrazione della destinazione delle somme, ma anche sulla base di una serie di elementi di natura logica che fanno apparire non credibile la tesi sostenuta dall’imputato (v. p. 10 della sentenza).
In conclusione, la Corte di Appello ha desunto la responsabilità del ricorrente dalla circostanza che il prelievo è avvenuto per attività non documentata, sicché si è trattato di incameramento di denaro diretto al depauperamento societario. La motivazione fornita dai giudici del merito appare adeguata e priva di contraddizioni o manifeste illogicità.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso rispetto al delitto di bancarotta fraudolenta documentale, comporta l’assorbimento del terzo motivo ma non precluso nel giudizio di rinvio – relativo al trattamento sanzionatorio.
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 1/7/2025