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Bancarotta documentale: serve la prova del dolo specifico

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una condanna per bancarotta documentale, stabilendo un principio chiave: per questo reato non è sufficiente la semplice omissione o tenuta irregolare delle scritture contabili, ma è necessaria la prova del dolo specifico, ovvero l’intenzione precisa di procurare un ingiusto profitto o di danneggiare i creditori. La Corte ha ritenuto che tale intenzione non possa essere presunta automaticamente dalla contemporanea commissione del reato di bancarotta patrimoniale (distrazione di beni), che invece è stato confermato. La sentenza sottolinea che la motivazione a supporto del dolo specifico deve basarsi su elementi concreti e non può essere meramente apparente.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Documentale: Quando l’Assenza di Scritture non Basta per la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reati fallimentari, distinguendo nettamente tra la condotta materiale e l’elemento psicologico necessario per la condanna. Il caso riguarda un amministratore accusato sia di aver sottratto fondi alla società (bancarotta patrimoniale) sia di aver omesso la tenuta delle scritture contabili (bancarotta documentale). La Suprema Corte, pur confermando la condanna per la distrazione dei beni, ha annullato quella per la bancarotta documentale, specificando che la sola impossibilità di ricostruire il patrimonio aziendale non è sufficiente. Occorre una prova rigorosa del dolo specifico.

I Fatti di Causa

L’amministratore di una S.r.l., dichiarata fallita nel 2016, veniva condannato in primo e secondo grado per due distinti reati di bancarotta fraudolenta. In particolare, gli veniva contestato:
1. Capo A (Bancarotta Documentale): di aver omesso di tenere le scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società. La contabilità risultava parziale e ferma a diversi anni prima della dichiarazione di fallimento.
2. Capo B (Bancarotta Patrimoniale): di aver distratto fondi per circa 74.000 euro attraverso bonifici a proprio favore e prelevamenti in contanti, senza alcuna giustificazione plausibile.

L’imputato ricorreva in Cassazione, sostenendo, tra gli altri motivi, che i giudici di merito non avessero adeguatamente provato l’elemento soggettivo del reato di bancarotta documentale, ossia il dolo specifico.

La Decisione della Cassazione e il Dolo Specifico nella Bancarotta Documentale

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso relativo alla bancarotta documentale. I giudici hanno chiarito che questo reato, nella sua forma di omessa tenuta delle scritture, richiede il “dolo specifico”. Ciò significa che non basta dimostrare l’irregolarità contabile (elemento oggettivo), ma è indispensabile provare che l’amministratore ha agito con lo scopo preciso di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fatto derivare la prova del dolo specifico dalla sussistenza dell’altro reato, quello di bancarotta patrimoniale. In pratica, aveva ragionato così: poiché l’amministratore ha distratto fondi, l’omessa tenuta della contabilità era finalizzata a nascondere quella distrazione. La Cassazione ha ritenuto questo automatismo una “motivazione apparente”, poiché l’elemento psicologico di un reato non può essere provato semplicemente dalla commissione di un altro. La volontà di occultare atti depauperativi non coincide necessariamente con la finalità di frodare i creditori, che deve essere dimostrata attraverso indici concreti e specifici.

La Conferma della Bancarotta Patrimoniale

Al contrario, la Corte ha rigettato il ricorso per quanto riguarda la bancarotta patrimoniale. La condanna per la distrazione di somme di denaro è stata confermata. I giudici hanno ribadito il principio secondo cui spetta all’amministratore dimostrare la destinazione dei beni sottratti al patrimonio sociale. In assenza di giustificazioni o prove che dimostrino l’impiego di tali somme nell’interesse della società, la distrazione si presume e integra il reato. La difesa dell’imputato, che aveva sostenuto di aver versato alla società una somma maggiore, non è riuscita a fornire alcuna prova documentale di tale transazione, rendendo le sue affermazioni non credibili.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla necessità di mantenere una chiara distinzione tra l’elemento materiale del reato di bancarotta documentale (la scomparsa dei libri contabili o la loro tenuta irregolare) e l’elemento soggettivo (il dolo specifico). I giudici hanno sottolineato che far coincidere i due elementi svuoterebbe di significato la norma, che richiede una finalità specifica. La prova del dolo specifico deve emergere da “circostanze di fatto ulteriori” in grado di illuminare la ratio del comportamento omissivo. Ad esempio, l’esistenza di un patrimonio occultato o la sproporzione tra passivo e attivo inesistente. Derivare il dolo specifico dalla sola condotta distrattiva è una scorciatoia argomentativa che viola il principio della personalità della responsabilità penale. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata su questo punto con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi principi.

Le Conclusioni

Questa sentenza è di fondamentale importanza pratica perché innalza lo standard probatorio richiesto per la condanna per bancarotta documentale. Non è sufficiente che l’accusa dimostri un “caos contabile”, ma deve fornire elementi concreti che provino l’intento fraudolento dell’amministratore. La decisione riafferma che ogni reato ha una sua autonomia e che la colpevolezza per un’accusa non può automaticamente dimostrare la colpevolezza per un’altra, anche se commesse nello stesso contesto aziendale. Gli amministratori sono chiamati a una gestione trasparente, ma i giudici, dal canto loro, devono fondare le condanne su prove rigorose per ogni singola fattispecie di reato, senza presunzioni o automatismi.

Per configurare il reato di bancarotta documentale è sufficiente che le scritture contabili siano mancanti o irregolari?
No. Secondo la sentenza, l’omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili costituisce solo l’elemento materiale del reato. Per la condanna è necessaria anche la prova del dolo specifico, cioè la dimostrazione che l’amministratore ha agito con il fine specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.

Come si prova il ‘dolo specifico’ nel reato di bancarotta documentale?
La prova del dolo specifico non può essere presunta o derivata automaticamente da altri comportamenti illeciti (come la distrazione di beni). Deve essere desunta da circostanze di fatto ulteriori e concrete che dimostrino l’intenzionalità di ostacolare la ricostruzione del patrimonio a fini fraudolenti. La motivazione del giudice deve individuare specifici indici di fraudolenza.

L’amministratore che preleva fondi dalla società può essere condannato per bancarotta patrimoniale anche se non viene provato il dolo specifico per la bancarotta documentale?
Sì. I due reati sono autonomi. La sentenza ha confermato la condanna per bancarotta patrimoniale perché l’amministratore non ha fornito alcuna prova della legittima destinazione delle somme prelevate. L’onere di giustificare l’uscita di fondi dal patrimonio sociale ricade sull’amministratore stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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