Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1800 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1800 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PRATO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della decisio del Tribunale di quella stessa città – che aveva dichiarato NOME COGNOME, quale amministratore unic dal 21/09/2012 al 31/10/2015 e successivamente amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 17 settembre 2018, colpevole di concorso in bancaro documentale semplice per avere omesso, nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, di tenere i libri e le scritture contabili obbligatorie prescritte dalla legge – ha rideterm durata delle pene accessorie fallimentari, commisurandole alla pena principale, e confermato nel resto la sentenza di primo grado.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, con il ministero del difensore dì fiducia, AVV_NOTAIO, che svolge tre motivi.
2.1. Con il primo, sono denunciati erronea applicazione della legge fallimentare in relazio all’art. 49 cod. pen., e correlati vizi della motivazione, anche per travisamento della prova, che illogica e contraddittoria, in relazione alla mancata assoluzione dell’imputato pe insussistenza del fatto. Si contesta alla sentenza impugnata di essere pervenuta al giudizio responsabilità sulla base di una motivazione apodittica e stereotipata, senza confrontarsi con l specifiche deduzioni dell’appellante, che, se adeguatamente vagliate, avrebbero dovuto condurre a diverso esito, essendo emerso che alcuna lesione degli interessi dei creditori si e neppure potenzialmente verificata nel periodo di gestione riferibile solo formalmente al Pacin quando la società era rimasta inattiva.
Alla luce del principio di offensività, di cui all’art. 49 cod. pen., l’imputato doveva assolto dal momento che la sua condotta non era idonea a porre in pericolo il bene giuridico protetto: gli argomenti spesi dalla sentenza impugnata risultano inconferenti atteso che principio di offensività non può essere preso in considerazione per i reati di pericolo, puniscono, non un danno effettivo, ma solo un danno potenziale. Vengono richiamate le elaborazioni dottrinarie e del Giudice costituzionale in terna di offensività in astratto e in co per sottolineare come spetti al Giudice ordinario lo scrutinio dell’offensività in conc apprezzando la concreta potenzialità lesiva della condotta, non potendo limitarsi a una mera verifica di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella astratta, nel rispetto del ca offensività e proporzionalità.
2.2. Violazione di legge e vizi della motivazione sono denunciati con il secondo motivo, co riguardo alla fattispecie di cui all’art. 131-bis cod. pen. Posta la riconducibilità, nell’a applicazione di tale causa di esclusione della punibilità, anche dei reati di pericolo astrat osserva come, nel caso di specie, la condotta concretamente attribuita al COGNOME non abbia causato alcun danno ai creditori.
Quanto al profilo soggettivo, che, si sostiene, la Corte di appello ha ravvis nell’atteggiamento colposo del ricorrente, la sentenza sarebbe afflitta da contraddittori interna quanto al rapporto tra l’ammontare del passivo e l’entità del danno, ove correlati a omessa tenuta delle scritture. In realtà, i giudici di merito non hanno fatto buon uso dei pri
giurisprudenziali affermati in punto di valutazione del danno nell’ambito dei reati fallimen che è quello derivante dal reato nel suo complesso, mentre la Corte di appello ha considerato solo la mancanza di documentazione contabile in uno alla entità del passivo, incentrando la valutazione sul tipo penale, ma prescindendo dagli esiti dell’attività istruttoria quanto al di colpevolezza e alle modalità della condotta.
2.3. Il terzo motivo attinge il trattamento sanzionatorio.
2.3.1. Ci si duole del mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno lieve di cui all’art. 219 L.F., atteso che il curatore è riuscito a ricostruire la documentazione e i movi della società, e che i creditori si sono insinuati al passivo per crediti maturati prima dell’a del COGNOME.
2.3.2. Anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche si fonda su motivazion superficiale e apodittica, che considera esclusivamente la presunta gravità del pericolo, senz confrontarsi con gli elementi valorizzati dalla difesa.
2.3.3. La pena inflitta sarebbe inoltre eccessivamente rigorosa in spregio ai criter commisurazione della sanzione fissati dalla legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.Non ha alcun pregio il primo motivo, che risulta inammissibile per manifesta infondatezza. La parte ricorrente si appella al principio della inoffensività della condotta contestata, con nella mancata tenuta delle scritture contabili in ragione della assenza di qualsivoglia da cagionato ai creditori, per la mancanza di operazioni da registrare, stante la acclarata inatt della società nel periodo di gestione riconducibile al ricorre Tuttavia, la decisione adottata dalla Corte di merito, sfavorevole alla tesi della difesa, è c ed in linea con la costante giurisprudenza di legittim Ha rilevato questa Corte di cassazione, in più decisioni conformi, che il reato di bancaro semplice documentale, punendo il comportamento omissivo del fallito che non ha tenuto le scritture contabili, rappresenta un reato di pericolo presunto. Esso mira ad evitare che sussista ostacoli alla attività di ricostruzione del patrimonio aziendale e dei movimenti che lo ha costituito e persegue la finalità di consentire ai creditori l’esatta conoscenza della consis patrimoniale, sulla quale possano soddisfarsi La fattispecie, pertanto, consistendo nel mero inadempimento di un precetto formale (i comportamento imposto all’imprenditore dall’art.2214 cod. civ.), integra un reato di pu condotta, che si realizz anche quando non si verifichi, in concreto, danno per i creditori. L’obbligo di tenere le scr contabili non viene meno se l’azienda non ha formalmente cessato la attività, anche se manchino passività insolute; esso viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale si formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese (Sez. 5, n. 4727 del 15/03/2000 Rv. 215985 ; Sez. 5, n. 15516 del 11/02/2011, Rv. 250086; Sez. 5 n. 20514 del 22/01/2019, Rv. 275261). Ne deriva che l’omessa tenuta della contabilità, una volta intervenuta la sentenz
dichiarativa di fallimento, è penalmente sanzionata per la mera possibilità di lesi dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice, di talché si appalesa del tutto irrilevante della mancanza di un effettivo pregiudizio economico per i creditori o di una reale difficoltà ricostruzione del patrimonio dell’ente fallito in conseguenza dell’omissione suddetta. (Sez. 5, n. 20911 del 19/04/2011 Rv. 250407). La esatta e piena integrazione della fattispecie, di natura formale ed a pericolo presunto, rende evidente come non sia correl:tamente evocato, nella specie, la figura del reato impossibile di cui all’art. 49 c.p., comma 2, dovendosi osservare non ricorre ne’ il caso della “inidoneità della azione” ne’ quello della “inesistenza dell’og della condotta: al contrario, può osservarsi che la redazione dell’inventario, da redigersi anno, serve ad evidenziare le attività e le passività dell’impresa oltre a quelle dell’imprend estranee alla medesima. Esso si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle per quale deve dimostrare gli utili conseguiti o le perdite subite (art. 2217 c.c.). Nulla ha vedere, dunque, con la mancata tenuta, in termini corretti, del libro degli inventari, il fatt della eventuale assenza di attività commerciale.
In altre parole, proprio la natura di reato di pericolo determina la necessità di redige scritture contabili finché la società sia formalmente in piedi, indipendentemente dalla operatività concreta, e ciò proprio allo scopo di far costantemente conoscere con immediatezza il flusso di operazioni contabili e, in loro mancanza, l’assenza di esse, che comunque possied attitudine a fotografare lo “stato di salute” dell’impresa. Neppure potrebbe parlarsi di inuti scritture contabili dalle pagine vuote, in quanto prive di operazioni da contabilizzare: informa di tale tipo, vertenti sia sull’operatività societaria che sulla consistenza dei beni az appaiono viceversa utili al ceto creditorio, atteso che quest’ultimo fonda le proprie scelte a sulla circostanza che l’impresa debitrice sia attiva o meno, e in che misura, e se depauperando il suo patrimonio.
2. Anche il secondo motivo non ha pregio. Esso, già prospettato nei medesimi termini con l’atto di appello, ha ricevuto puntuale replica dalla sentenza impugnata, che ha escluso l riconducibilità del fatto allo schema dell’art. 131bis cod. pen., facendo leva sulle concrete circostanze del caso concreto, caratterizzato dalla mancanza totale della documentazione contabile relativa alle annualità in cui il ricorrente era stato amministratore della s ritenute, ragionevolmente, incompatibili con la causazione di un pericolo di lieve entità.
2.1. La Corte di appello ha dedicato una specifica argomentazione anche al profilo soggettivo rilevando come il dovere di tenere correttamente le scritture contabili sia rimasto del inadempiuto, atteso che il ricorrente, rendendosi irreperibile alla curatela fallimentare, no mai consegnato la documentazione richiesta, condotta idonea a integrare la responsabilità a titolo colposo. Nel ricusare le obiezioni difensive che facevano leva sulla circostanza ch curatore fosse riuscito ugualmente a ricostruire il movimento degli affari societari fino al la Corte di appello ha, altresì, correttamente evocato l’orientamento giurisprudenziale a ten del quale, in tema di bancarotta fallimentare semplice documentale, è estraneo al fatto tipic descritto dall’art. 217, comma secondo, I. fall., il requisito dell’impedimento della ricostr
del volume d’affari o del patrimonio del fallito, che costituisce, invece, l’evento di una fattispecie alternativamente integranti il diverso delitto di bancarotta fraudolenta document (Sez. 5, n. 32051 del 24/06/2014, Rv. 260774 ; conf. Sez. 5 n. 11390 del 09/12/2020 (dep. 2021 ) Rv. 280729).
3. Manifestamente infondato il terzo motivo, correttamente affrontato dalla sentenza impugnata, che ha posto in luce il dato processuale costituito dalla totale impossibilità di ricostruzio movimento degli affari della società dal 2012 fino al fallimento, oltre alla circostanza passivo, accertato, alla data del fallimento (Sez. 5 n, 856 del 26/11/2020 (deo. 2021 ) Rv. 280156 ), di trecentomila euro, per giustificare il mancato riconoscimento della invoca circostanza attenuante, non venendo in rilievo un danno lieve. La valutazione operata dalla Corte di appello è conformata all’orientamento giurisprudenziale, peraltro espressamente richiamato, con il quale si afferma che, in tema di reati fallimentari, il danno di speciale tenuità di circostanza attenuante prevista dall’art. 219, comma terzo, legge fall., è quello cagionato fatto di reato globalmente considerato e non quello derivante dal passivo fallimentare, talché, ipotesi di bancarotta semplice documentale, detto danno deve valutarsi sia in relazion all’impossibilità di ricostruire totalmente o parzialmente la situazione contabile dell’impresa o di esercitare le azioni revocatorie o altre azioni a tutela dei creditori, sia in relaz diminuzione che l’omessa tenuta dei libri contabili abbia determinato nella quota di attivo ogge di riparto tra i creditori. (Conf., altresì, Sez. 5, n. 5707 del 1986, Rv. 173156-01).
3.1. Parimenti infondate le ulteriori deduzioni riguardanti il diniego delle circostanze atte generiche e la commisurazione della pena. Quanto al primo profilo la Corte di appello ha ricordat il ruolo tutt’altro che marginale del ricorrente nella società fallita, mentre ha minusvalenti gli elementi valorizzati dalla difesa, costituiti dal contegno processuale e condotta post delictum. Giova ricordare che il giudice di merito può escludere la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purchè non contraddittori congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 42 24.09.2008, Rv. 242419; conf. sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269) essendosi limitato a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod.pen., quello che ritiene preval e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicchè anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzione di può essere sufficiente in tal senso (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 2 , n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 27954902).
3.2. Analoghe considerazioni valgono con riguardo alla entità della pena: la graduazione dell pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. p espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria un
specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, Sentenza n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243).
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge art. 616 cod.proc.pen ) la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilit determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giug 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, addì 22 novembre 2023
Il Consigliere estensore