Bancarotta Fraudolenta Documentale: La Cassazione sulla Responsabilità dell’Amministratore
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato principi cruciali in materia di bancarotta fraudolenta documentale, focalizzandosi sulla responsabilità penale dell’amministratore, anche quando questi si professi un mero prestanome. La decisione chiarisce che la sparizione dei libri contabili è un fatto che, di per sé, integra il reato e che la posizione di garanzia dell’amministratore non viene meno neanche in caso di gestione di fatto affidata a terzi. Analizziamo insieme la pronuncia per comprenderne la portata.
Il Caso: Sparizione delle Scritture Contabili e Condanna
Il caso trae origine dalla condanna di un amministratore di una società, successivamente fallita, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale. L’accusa si fondava sulla sottrazione o distruzione delle scritture contabili dell’impresa. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo le pene accessorie ma confermando la responsabilità penale dell’imputato.
Contro questa decisione, l’amministratore ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo di essere stato un semplice amministratore “formale” e contestando sia l’effettiva istituzione delle scritture contabili sia il proprio contributo causale alla loro sparizione.
Il Ruolo dell’Amministratore e la Bancarotta Fraudolenta Documentale
Il ricorso presentato dall’imputato mirava a scardinare la propria responsabilità, asserendo una totale estraneità alla gestione operativa della società e, di conseguenza, alla tenuta e conservazione dei documenti contabili. La difesa ha tentato di far passare la tesi dell’amministratore come “testa di legno”, un soggetto che ricopre la carica solo sulla carta, senza un effettivo potere decisionale o di controllo.
Tuttavia, questo tipo di difesa si scontra con i principi consolidati dalla giurisprudenza in materia di doveri legati alla carica di amministratore.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e volto a una non consentita rivalutazione dei fatti già accertati nei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno sottolineato che l’appello non individuava vizi logici macroscopici e decisivi nella motivazione della Corte d’Appello, ma si limitava a proporre una lettura alternativa delle prove.
Secondo la Cassazione, la Corte territoriale aveva correttamente ritenuto che la mancata consegna e/o esibizione della documentazione contabile, rimasta del tutto ingiustificata, fosse un indicatore univoco della sua sottrazione, distruzione o occultamento. Questo comportamento è stato considerato penalmente rilevante e direttamente attribuibile all’amministratore.
La Corte ha specificato che tale condotta era addebitabile all’imputato, quanto meno a titolo di concorso, proprio in virtù della sua veste formale di rappresentante legale. Su di lui incombevano specifici obblighi di vigilanza sulla conservazione e custodia delle scritture contabili, obblighi che non possono essere elusi semplicemente delegando di fatto la gestione a terzi.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la carica di amministratore, anche se solo formale, comporta doveri e responsabilità penali inderogabili. In particolare, nel contesto della bancarotta fraudolenta documentale, l’amministratore ha un obbligo di vigilanza che, se violato, può condurre a una condanna per concorso nel reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili. La decisione serve da monito per chi accetta di ricoprire cariche sociali senza esercitare i relativi poteri di controllo, evidenziando come il sistema legale non ammetta “zone franche” di irresponsabilità.
L’amministratore solo “formale” di una società può essere ritenuto responsabile per la bancarotta fraudolenta documentale?
Sì. Secondo la Corte, anche l’amministratore che ricopre una veste meramente formale ha specifici obblighi di vigilanza sulla conservazione e custodia delle scritture contabili. La loro sparizione può essergli attribuita, almeno a titolo di concorso, proprio in ragione di tale posizione di garanzia.
Cosa dimostra la mancata consegna dei libri contabili di una società fallita?
La sentenza chiarisce che la mancata consegna o esibizione della documentazione contabile nella sua totalità, se del tutto ingiustificata, è considerata un’indicazione univoca della loro sottrazione, distruzione o occultamento, integrando così il reato di bancarotta documentale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No. Il ricorso per cassazione è inammissibile se, come nel caso di specie, mira a sollecitare una rivalutazione delle prove e dei fatti posti a fondamento della decisione. La Suprema Corte può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione, non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12938 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12938 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Napoli ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di COGNOME NOME per il reato di cui agli artt. 216, comma 1, n. 2 e 223, comma 1, RD 267/42, riducendo le pene accessorie applicategli (fatto commesso in Napoli il 4 ottobre 2013);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il proposto motivo, che denuncia il vizio di motivazione in punto di prova della responsabilità del ricorrente – segnatamente in punto di prova sia della effettiva istituzione delle scritture contabili societarie, sia del contributo offerto dal ricorrente, quale mero amministratore formale della società fallita alla loro sparizione – è generico e non consentito in questa sede, giacché, tramite argomentazioni prive di effettiva correlazione alle ragioni sottese alla statuizione impugnata ed interamente versate fatto, mira a sollecitare una rivalutazione delle prove poste a fondamento del giudizio di responsabilità, siccome formulato da entrambi i giudici di merito nelle loro conformi decisioni, in assenza di specifica allegazione di individuati, inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove medesime, capaci, cioè, ictu ocull di scardinare la tenuta dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, che non risulta inficiato da illogicità di macroscopica evidenza (vedasi pagg. 3 – 5, punto 4.1 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha ritenuto che la mancata consegna e/o esibizione della documentazione contabile nella sua totalità, rimasta del tutto ingiustificata, a fronte di elementi di prova circa l’effettiva istituzione di scrittu contabili e del protrarsi dell’attività di impresa fino al 2013, fosse univocamente indicativa della sottrazione e/o distruzione e/o occultamento delle scritture contabili della società e che tale condotta fosse attribuibile, quanto meno a titolo di concorso, anche all’imputato in ragione della veste formale di rappresentante legale della società, che avrebbe dovuto vigilare, in virtù degli specifici obblighi su di lui incombenti, in ordine alla loro conservazione e custodia);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 marzo 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente