Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10875 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10875 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LECCE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha così concluso:
il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria depositata e conclude per il rigetto del ricors udito il difensore, AVV_NOTAIO del foro di ALESSANDRIA, che si è riportato ai motivi del ricorso insistendo per l’accoglimento dello stesso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce, accolto il concordato intervenuto tra l’imputato NOME COGNOME e il procuratore generale ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., ha dichiarato non doversi procedere per prescrizione con riferimento al delitto di bancarotta preferenziale – così riqualificata l’origina imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale – ed ha rideterminato la pena per il residuo delitto di bancarotta fraudolenta documentale in capo a NOME COGNOME, nella veste di amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 2 luglio 2008.
Sono state confermate le statuizioni civili della sentenza di primo grado, essendosi il fallimento costituito parte civile.
La Corte di appello ha dato atto di un lungo periodo di sospensione del corso della prescrizione.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato NOME COGNOME, a mezzo dei difensori di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati negli stretti limiti all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento all’affermazione di responsabilità per l’ipotizzata bancarotta fraudolenta documentale.
L’accusa ritenuta provata si riferisce a due specifiche voci: la mancata contabilizzazione di un credito di 635.000 euro vantato dalla RAGIONE_SOCIALE e un’errata indicazione del valore contabile delle rimanenze, quantificato in eccesso per 194.000 euro.
Quanto alla prima voce, il ricorrente non contesta che essa dovesse essere contabilizzata: si trattava di un credito accertato con sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva, del Tribunale di Milano, che era stato azionato. Segnala invece la manifesta illogicità della motivazione laddove, dopo aver riferito come sia stata proprio la creditrice RAGIONE_SOCIALE a presentare istanza di fallimento, non ne abbia tratto la doverosa conseguenza: che cioè, per definizione, la mancata contabilizzazione del suo credito nelle scritture della fallita non possa aver avuto l’effetto di determinare l’impossibilità di ricostruzione del movimento degli affari non possa essere stata realizzata con tale volontà. Il curatore conosceva l’entità esatta del credito prima ancora di verificare le scritture. Con gli argomenti spesi sul punto dall’atto di appello la Corte territoriale non si sarebbe confrontata, limitandosi a ribadire che la voce doveva essere contabilizzata.
Quanto alla seconda voce, si tratta della differenza tra il valore di un’opera realizzata dalla fallita, pari ad euro 1.863.730,39, ed il ricavo contabilizzato, pa ad euro 1.669.730,99.
Sul punto, la motivazione della Corte di appello richiama quella di primo grado che già dava conto di come il curatore fallimentare avesse approfondito la situazione anche con la collaborazione dell’odierno ricorrente, giungendo alla conclusione che la somma non corrispondesse ad un credito esigibile, dopo «alcune revisioni» da parte del comune che aveva commissionato l’opera.
La Corte di appello si sarebbe dunque limitata a verificare l’errata indicazione in contabilità, senza la necessaria indagine sull’elemento soggettivo, pur devoluta dall’atto di appello.
Vi sarebbe allora violazione di legge, potendo tutt’al più la fattispecie contestata essere sussunta in quella di bancarotta semplice.
La motivazione sul dolo sarebbe del tutto illogica. Essa infatti valorizza: a) l’esposizione debitoria della società, che però non è nemmeno menzionata nelle sentenze di merito; b) la portata delle omissioni contabili, cioè ciò che si dovrebbe appunto dimostrare; c) la natura e portata delle condotte distrattive, che però sono state escluse, avendo la Corte di appello proceduto a riqualificare il residuo episodio di bancarotta patrimoniale (una volta assolti entrambi gli imputati, già in primo grado, dal reato di cui al capo A) in bancarotta preferenziale; d) la nomina di un nuovo amministratore, ritenuto “di comodo”, osservazione inconferente tenuto conto che le condotte ascritte riguardano il periodo in cui la società era ormai in liquidazione.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dì legge, con riferimento all’art. 2639 cod. civ., nonché vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della qualità di amministratore di fatto in capo all’imputato.
Le fonti di prova valorizzate dalle sentenze di merito sono le dichiarazioni di alcuni testimoni. Alle doglianze sul punto sollevate nell’atto di appello la Corte territoriale ha risposto giudicando le dichiarazioni non generiche, ma senza rispondere al dato più significativo, e cioè la valenza temporale delle stesse: le condotte contestate risalgono al momento in cui la società era ormai in liquidazione e, dunque, non possono essere addebitate ad un amministratore (pur di fatto) che aveva cessato le proprie funzioni. La coesistenza della responsabilità dell’amministratore e di quella del liquidatore, affermata apoditticamente dalla sentenza, postula che le condotte ascritte all’amministratore risalgano al momento in cui la società era operativa.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall.
L’invocata attenuante, secondo l’insegnamento della Corte di cassazione citato dalla Corte di appello, va valutata con riferimento al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tut degli interessi creditori. Dunque, alle premesse esposte nella motivazione corrispondono conclusioni non attendibili, laddove nel caso di specie nessun vulnus patrimoniale è stato determinato dalle condotte contestate come bancarotta documentale.
3. È stata chiesta la trattazione orale.
Prima dell’udienza è stato depositato atto di revoca della costituzione di parte civile.
Il Procuratore generale si è riportato alla memoria nella quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il Difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO anche in sostituzione del codifensore, ha chiesto l’accoglimento del ricorso ed ha evidenziato come la transazione che ha portato alla revoca della costituzione di parte civile sia avvenuta per la modesta somma di cinquemila euro. Ha eccepito la prescrizione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente occorre evidenziare che non è ancora decorso il termine prescrizionale.
Tale termine per il reato come contestato è pari a dodici anni e sei mesi, pari al massimo della pena edittale aumentato di un quarto, ai sensi degli artt. 157, comma primo, e 161, comma secondo, cod. pen.: termine decorrente dalla data di fallimento e dunque dal 2 luglio 2008.
Occorre però aggiungere il tempo durante il quale il corso della prescrizione è rimasto sospeso, calcolato secondo la regola per la quale «in tema di calcolo della prescrizione, il conteggio del periodo di sospensione del dibattimento deve essere effettuato secondo il calendario comune, con riferimento ai giorni e non ai mesi e nel computo del termine deve essere considerato il giorno dell’udienza rinviata e non quello dell’udienza di rinvio» (Sez. 4, n. 5599 del 25/10/2022, dep. 2023, Emili, Rv. 284351).
La sospensione ha riguardato i seguenti periodi:
dal 18 dicembre 2013 al 21 maggio 2014, su richiesta del difensore (154 giorni);
-dal 19 novembre 2014 all’il marzo 2015, per astensione del difensore dalle udienze (112 giorni);
-dal 21 gennaio 2019 al 9 marzo 2020 per due successive richieste difensive (413 giorni);
-dal 9 marzo 2020 per 64 giorni in ragione dell’emergenza pandemica (cfr. Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432);
-dall’8 febbraio 2021 al 20 febbraio 2023, per quattro successive richieste difensive (746 giorni),
per un totale di 1489 giorni.
Il termine massimo di prescrizione, dunque, decorrerà alla data del 29 gennaio 2025.
Il secondo motivo di ricorso, logicamente preliminare rispetto al primo, non è consentito in sede di legittimità, sia perché sollecita la Corte di cassazione alla rivalutazione delle prove inerenti la qualità di amministratore di fatto, si perché è manifestamente infondato.
Da questo secondo punto di vista, occorre osservare che le irregolarità contabili di cui si discute derivano da vicende precedenti alla messa in liquidazione (basti considerare che la sentenza del Tribunale di Milano che ha accertato il credito non annotato è del 2005), sicché è corretta la motivazione dei giudici di merito che hanno affermato la responsabilità degli amministratori (di fatto e di diritto) per la bancarotta documentale ascritta.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
3.1. La bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma primo, n. 2 legge fall. prevede due fattispecie alternative:
quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabi che richiede il dolo specifico;
quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).
La fattispecie di reato ascritta al ricorrente, come chiaramente si evince dal capo di imputazione, è quella di bancarotta documentale a dolo generico: gli si contesta di avere, nella veste di amministratore di fatto della società poi fallita
omesso di annotare in contabilità un credito di 635.000 euro e di aver indicato le rimanenze finali in misura superiore al reale per 194.000 euro. Si precisa che tali irregolarità avrebbero compromesso la tenuta corretta del libro giornale e delle altre scritture contabili, «in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari», così espressamente facendo riferimento alla ricordata ipotesi di reato.
Va poi precisato che «nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale l’interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, sicché il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza» (Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018, dep. 2019, Cortinovis, Rv. 274455).
Quanto all’elemento soggettivo, la bancarotta fraudolenta documentale c.d. generica, come quella ascritta al ricorrente, richiede il dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore (per tutte v. Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630); laddove, invece, l’elemento soggettivo della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fall. può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere regolarmente le scritture contabili.
3.2. La sentenza impugnata è incorsa in manifesta illogicità.
La Corte territoriale ha espressamente dichiarato, con riferimento alle due voci cui si riferisce il capo di imputazione: a) che il credito di 635.000 euro non annotato corrisponde esattamente al credito giudizialmente accertato in favore del creditore che ha promosso la procedura concorsuale, sicché la sua omessa contabilizzazione non ha affatto impedito al curatore di prenderne conoscenza, essendo al contrario tale credito la ragione stessa dell’apertura della procedura concorsuale e della nomina del curatore; b) che l’errore nella contabilizzazione delle rimanenze è stato chiarito attraverso l’interlocuzione dello stesso ricorrente e del comune di Ceglie Messapica, che aveva commissionato l’opera sulla cui valutazione è caduto l’errore.
A fronte di ciò, la Corte non ha giustificato la conclusione circa l’impossibilità o quantomeno la notevole difficoltà, di ricostruzione del movimento degli affari, cagionata dalle predette irregolarità.
Ciò che dunque risulta accertato nei giudizi di merito è la tenuta irregolare dei libri contabili obbligatori. Il capo di imputazione menziona quantomeno il libro giornale, e va ricordato che se «l’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione» (Sez. 5, n. 37459 del 22/09/2021, De Bernardi, Rv. 281875), per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale «l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie» (ibidem).
La corretta qualificazione giuridica del fatto, nei termini di bancarotta documentale fraudolenta o semplice, sarà oggetto di scrutinio nel giudizio di rinvio.
5. Il terzo motivo è assorbito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.
Così deciso il 21/02/2024