Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7817 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7817 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASERTA il 1/09/1990
avverso la sentenza del 18/04/2024 della CORTE di APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 18 aprile 2024, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Monza in data 4 aprile 2023 con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole del delitto previsto dagli artt. 110 cod. pen., 216, comma 1, n. 1, 219, comma 2, n. 1 e 223, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fall.), perché, in qualità di amministratore unico (dalla costituzione fino al fallimento) della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita dal Tribunale di Monza con sentenza del 12 gennaio 2018, in concorso con NOME COGNOME, amministratore di fatto (dalla costituzione fino al fallimento) della predetta società, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o comunque di recare pregiudizio ai creditori, sottraeva, occultava, distruggeva o comunque non teneva ab initio, in tutto o in parte, i libri e le altre scritture contabili della società, omettendo d consegnarli al curatore; e ciò anche dopo che NOME era venuto a conoscenza – a seguito della notifica dell’invito a rendere interrogatorio ex art. 375, comma 3, cod. proc. pen. – del procedimento penale a suo carico n. 3517/18 R.G.N.R. nnod. 21 e della condotta di bancarotta fraudolenta documentale contestatagli; fatto commesso in Monza il 12 gennaio 2018, data del fallimento.
2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso Salvo per il tramite del Difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 216 e 219, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. In particolare, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) ed e), cod. proc. pen., che NOME, originariamente assunto come pizzaiolo da COGNOME, avesse consentito a costituire la società su proposta dello stesso COGNOME; ma che il successivo venire meno del rapporto lavorativo con quest’ultimo lo avesse reso un mero prestanome, come riconosciuto dallo stesso Giudice dell’udienza preliminare. Quest’ultimo, tuttavia, avrebbe ravvisato il dolo specifico dell’imputato nel fatto che egli si sarebbe reso irreperibile e che avrebbe fatto mancare il proprio apporto informativo alla curatela, laddove NOME, in realtà, avrebbe fatto ritorno in provincia di Caserta senza alcun secondo fine, venendo agevolmente rintracciato per la notifica dell’invito ex art. 375 cod. proc. pen. Quanto, poi, all’affermazione secondo cui la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata creata per realizzare un’accumulazione primaria di beni strumentali alla creazione di società facenti capo a COGNOME, si osserva che NOME, già alla fine del 2016, avrebbe cessato qualsivoglia rapporto con lui, sicché non sarebbe stato a conoscenza delle sue successive iniziative imprenditoriali.
Sotto altro profilo, la Corte territoriale avrebbe ricondotto la responsabilità dell’imputato nell’alveo della bancarotta fraudolenta documentale generica, salvo cercare di colorare il dolo “recuperandolo” attraverso il concorso morale con COGNOME. Tali conclusioni però striderebbero con la assoluzione di NOME per i fatti di bancarotta per distrazione di cui al capo 1); né il dolo specifico potrebbe essere desunto dalla inoperatività sotto il profilo documentale della Sach s.r.I., che, al massimo, avrebbe potuto integrare gli estremi di una bancarotta semplice, posto che in atti vi sarebbe stata solo la prova della sua costituzione e del fatto che le prime due forniture, uniche operazioni poste in essere dalla società, erano state in parte onorate da COGNOME senza che NOME fosse stato coinvolto nell’acquisto e nella successiva gestione dei beni strumentali, avendo dismesso qualsivoglia rapporto lavorativo con costui.
Né sarebbe dato comprendere, infine, quali plurimi e convergenti elementi probatori sconfesserebbero la tesi difensiva del ruolo di “testa di legno” assunto da NOME. Infatti, in assenza di attività distrattive, non si potrebbe confondere la mancata consegna della contabilità con il fine perseguito dall’agente, come ritenuto, in termini apodittici, dalla Corte di appello, non potendo il dolo specifico del delitto di bancarotta fraudolenta documentale coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, dovendo esso consistere in circostanze di fatto ulteriori in grado di illuminare la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero un pregiudizio ai creditori; pregiudizio nel caso di specie assente, essendo state compiute soltanto due operazioni commerciali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Va premesso, per una più efficace disamina dei temi posti dal ricorso, che le due decisioni di merito, le cui motivazioni sono destinate a integrarsi reciprocamente in ragione della loro sostanziale convergenza secondo lo schema della cd. doppia conforme, hanno puntualmente ricostruito il peculiare contesto in cui sono stati commessi i fatti in contestazione.
E’ stato, infatti, accertato che la società RAGIONE_SOCIALE, cui afferiscono i fatti ascritti all’odierno imputato, era stata costituita personalmente da NOME COGNOME il quale ne era anche l’unico socio e amministratore. Nel corso della sua esistenza la società aveva compiuto soltanto due operazioni commerciali, consistenti nell’acquisto di alcuni beni strumentali necessari allo svolgimento dell’attività di ristorazione, i quali erano stati ceduti dalle due società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che senza ricevere il prezzo integrale li avevano consegnati a personale delle
NOME
società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, entrambe riferibili alla socia e amministratrice unica NOME COGNOME, al marito, NOME COGNOME e ad NOME COGNOME. Parte di tale materiale era stato, poi, dirottato presso due ristoranti/pizzerie ove, nel corso del tempo, si erano avvicendate società facenti capo allo stesso COGNOME e alla moglie, tra cui la RAGIONE_SOCIALE avente come socia e amministratrice unica la stessa COGNOME, che aveva ereditato dalle già citate RAGIONE_SOCIALE e da COGNOME RAGIONE_SOCIALE gravemente indebitate verso l’Erario e gli enti previdenziali – la gestione delle pizzerie recanti l’insegna COGNOME‘Angelin. Dall’istruttoria svolta era, quindi, emerso un consolidato modus operandi consistente nella apertura e nella chiusura di società, le quali non erano mai in regola sul piano fiscale e previdenziale e venivano “lasciate morire” una volta che la loro esposizione debitoria si era rivelata insostenibile, per essere sostituite con una compagine “pulita”. E dalle intercettazioni telefoniche e ambientali che erano state disposte era, poi, emerso che COGNOME era l’amministratore di fatto di tutte le società del gruppo RAGIONE_SOCIALE e che si impegnava, in prima persona, nella gestione delle commesse e dei rapporti con le linee di credito, nonché nell’amministrazione delle risorse finanziarie.
In tale quadro, la RAGIONE_SOCIALE era stata costituita formalmente da NOME COGNOME, il quale non l’aveva però concretamente gestita. Le due cennate operazioni commerciali, infatti, erano state eseguite da COGNOME, il quale aveva utilizzato la società in questione unicamente per consumare una truffa ai danni della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE che, come ricordato, avevano fornito il materiale senza però ricevere il prezzo integrale pattuito. Rispetto a tali attività truffaldine i Giudici di merito, pur ravvisando gli estremi di una condotta distrattiva idonea a integrare l’ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale contestata al capo 1), hanno nondimeno ritenuto che non fosse dimostrata la responsabilità di NOME COGNOME che è stato, per tale ragione, assolto per non avere commesso il fatto, non essendo stato provato che egli avesse partecipato alla concreta attività gestoria della RAGIONE_SOCIALE
Viceversa, incontestata la assoluta mancanza di documentazione contabile ed extracontabile della società fallita, NOME è stato ritenuto responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica. Pur non essendo stato dimostrato che egli abbia agito allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o per recare un pregiudizio ai creditori, è stato ritenuto che il dolo specifico sussistesse in capo al coimputato COGNOME e che fosse sufficiente, secondo i principi generali in materia di concorso di persone nel reato, che NOME fosse consapevole del fatto che COGNOME avesse agito con le indicate finalità illecite.
A fronte dell’apparato motivazionale testé riassunto, il ricorso ha articolato una serie di considerazioni critiche sostanzialmente riconducibili alla asserita
assenza dell’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale di cui si discute. E in particolare le censure ruotano, per un verso, intorno a una supposta mancata dimostrazione del fatto che NOME fosse realmente consapevole degli intenti illeciti di COGNOME, con cui egli avrebbe cessato qualunque collaborazione già alla fine del 2016, non potendo attribuirsi alcun significato indiziario al fatto che egli non fosse stato reperito dalla curatela, avendo nel frattempo fatto rientro al paese natale per prendersi cura del padre; e, per altro verso, sulla ritenuta contraddizione logica in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nel ritenere sussistente un dolo specifico di vantaggio o di danno e, al contempo, nel ritenere Salvo estraneo a qualunque condotta distrattiva, con conseguente assoluzione per i fatti di cui al capo 1).
3.2. Osserva, nondimeno, il Collegio che le argomentazioni difensive non possono essere condivise.
3.2.1. Va premesso che non appare significativa, nella specie, la carenza di un effettivo ruolo gestorio esercitato da Salvo all’interno della società fallita, che costituisce un dato assodato, ma che non rileva rispetto ai fatti ascritti all’imputato, che prescindono totalmente dal concreto svolgimento delle attività proprie dell’amministratore. Intanto, sul piano dell’elemento materiale, è sufficiente rammentare che è ascrivibile all’amministratore di diritto la sottrazione o l’omessa tenuta delle scritture contabili anche laddove egli sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita, tenuto conto del diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture posto dagli artt. 2214 e 2302 cod. civ. (Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010, COGNOME, Rv. 247251 – 01; Sez. 5, n. 642 del 30/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 257950 – 01; Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, COGNOME, Rv. 271754 – 01; Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, COGNOME, Rv. 282280 – 01).
3.2.2. Inoltre, come segnalato proprio dagli arresti giurisprudenziali richiamati, ai fini della integrazione della fattispecie in rilievo (costituita dalla bancarotta documentale specifica) non è ovviamente sufficiente la violazione di tale obbligo essendo necessario il dolo specifico ovvero la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, diversamente dall’ipotesi di fraudolenta tenuta delle scritture contabili (cd. bancarotta documentale generica), da essa autonoma, che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico (cfr. Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838 – 01, Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650 – 01; Sez. 5, n. 18634 del 1/02/2017, Autunno, Rv. 269904 – 01).
Nel caso in esame, la Corte di appello ha argomentatamente escluso che una siffatta finalità fosse ravvisabile nella condotta omissiva di NOME COGNOME non essendo stato dimostrato che egli agisse in vista dei suddetti specifici obiettivi illeciti. Tuttavia, la sua responsabilità è stata correttamente affermata a partire
dai principi generali in materia di concorso di persone nei reati a dolo specifico, secondo i quali non è necessario che tale particolare forma del dolo ricorra in capo a tutti i concorrenti, essendo sufficiente che esso sussista in capo a taluno di essi, sempre che della sua presenza il primo sia consapevole (ex plurimis Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796 – 01; Sez. 2, n. 38277 del 07/06/2019, COGNOME, Rv. 276954 – 01; Sez. 5, n. 27141 del 27/03/2018, COGNOME, Rv. 273481 – 01). Coerentemente con tali principi, la giurisprudenza di legittimità ha in passato affermato, proprio in materia di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della contabilità interna, la configurabilità del concorso di persone nel reato a condizione che almeno uno dei concorrenti – non necessariamente l’esecutore materiale – agisca animato dal dolo specifico di arrecare pregiudizio ai creditori e che l’altro concorrente sia consapevole di tale proiezione finalistica della sua volontà (Sez. 5, n. 27688 del 14/05/2024, Monteleone, Rv. 286640 – 01).
Nel caso di specie, la consapevolezza di NOME è stata motivatamente affermata a partire da plurimi, pregnanti e convergenti elementi di fatto e, segnatamente, dalla circostanza che: l’imputato si fosse prestato a costituire la Sach e ad assumere la carica di amministratore su invito di COGNOME, lasciando totalmente la società nelle mani del dominus e disinteressandosi completamente del destino di essa; NOME fosse COGNOME pienamente consapevole, come da lui ammesso, dell’assoluta mancanza di operatività corrente della Sach e, anzi, che essa configurasse una mera «società-schermo», inevitabilmente costituita per il mascheramento di attività illegali e, dunque, al fine di consentire a COGNOME di procurarsi un ingiusto profitto o, comunque, di recare pregiudizio ai creditori, come poi del resto avvenuto a cagione delle attività distrattive poste in essere dall’amministratore di fatto.
3.2.3. Palesemente inconferenti, in ultimo, sono gli ulteriori argomenti difensivi correlati, da un lato, alla assoluzione dell’imputato dalla bancarotta fraudolenta per distrazione; e, dall’altro lato, alla mancata produzione di un danno per i creditori in seguito alla mancata tenuta delle scritture contabili.
Quanto al primo profilo, va rilevato che mentre la responsabilità per le condotte distrattive postula una conoscenza, sia pure generale, della loro realizzazione, nella specie non dimostrata, nel caso della bancarotta documentale specifica, il riconoscimento, ammesso dallo stesso imputato in sede istruttoria, della natura di «società-schermo» della RAGIONE_SOCIALE postula, come condivisibilnnente ritenuto dalla sentenza impugnata alla luce dei già richiamati elementi fattuali, una chiara consapevolezza della futura destinazione di essa alla realizzazione di attività illecite da parte dell’amministratore di fatto.
Quanto al secondo aspetto, è appena il caso di osservare che il pregiudizio dei creditori costituisce una delle possibili finalità del dolo specifico dell’ipotesi di
bancarotta fraudolenta documentale contestata, rispetto al quale è irrilevante che l’evento avuto di mira dall’agente sia stato effettivamente conseguito, secondo le caratteristiche tipiche di tale ipotesi di dolo, che presuppone una mera idoneità della condotta alla realizzazione del fine perseguito.
3.3. Ne consegue, pertanto, l’infondatezza delle ragioni di doglianze articolate dalla Difesa con l’unico motivo di impugnazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 9 gennaio 2025
Il Consigliere estensore