Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 578 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 578 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/12/2024
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 2168/2024
NOME COGNOME
UP Ð 02/12/2024
NOME COGNOME
R.G.N. 32112/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Senise il 30 novembre 1958;
avverso la sentenza del 7 novembre 2023 della Corte dÕappello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per lÕinammissibilitˆ del ricorso;
Oggetto dellÕimpugnazione è la sentenza con la quale la Corte dÕappello di Roma, in parziale riforma della condanna pronunciata in primo grado, ha assolto lÕimputato dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale originariamente contestatogli, confermando la responsabilitˆ per gli ulteriori reati di bancarotta fraudolenta documentale specifica e di bancarotta impropria da operazioni dolose, per avere, nella sua qualitˆ di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 19 dicembre 2017), sottratto i libri e le altre scritture contabili, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, e concorso a
cagionare, con dolo, attraverso lÕomissione sistematica del pagamento di imposte e contributi previdenziali, il fallimento della societˆ da lui amministrata.
Il ricorso, proposto nellÕinteresse dellÕimputato, si compone di due motivi di censura, attinenti, il primo, alla contestazione di bancarotta fraudolenta documentale e, il secondo, allÕaggravante contestata; nulla viene dedotto con riferimento alla bancarotta impropria da operazioni dolose.
Il primo, formulato sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, attiene alla sussistenza dellÕelemento soggettivo del reato contestato e deduce che la Corte territoriale non avrebbe compiutamente indicato gli elementi logici e fattuali dai quali dedurre la specifica intenzione di arrecare, attraverso la sottrazione delle scritture contabili, un pregiudizio ai creditori, procurandosi, parallelamente, un vantaggio. La Corte territoriale, sostiene la difesa, non avrebbe considerato come lÕimputato, in epoca coeva al fallimento, fosse stato attinto da misura cautelare e, una volta libero, si fosse trasferito allÕestero. CosicchŽ lÕunica richiesta inoltrata al curatore sarebbe stata comunicata presso un indirizzo ove il medesimo non era più reperibile. Dedurre lÕesistenza di un intento fraudolento in capo al ricorrente dalla sola impossibilitˆ di ricostruire la consistenza attiva confligge con le emergenze istruttorie e, in particolare, con la mancata insinuazione dei fornitori nello stato passivo formato dal curatore.
Il secondo, formulato sotto i profili della violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione, attiene al trattamento sanzionatorio e, in particolare, alla sussistenza dellÕaggravante contestata, ritenuta dalla Corte territoriale nonostante la particolare tenuitˆ del fatto e senza alcuna valutazione della diminuzione globale che la condotta posta in essere avrebbe provocato alla massa attiva destinata al riparto.
Il primo motivo è generico in quanto non si confronta con lo specifico impianto argomentativo offerto nella sentenza impugnata.
Va premesso che il ricorrente è stato tratto a giudizio per aver sottratto i libri contabili della societˆ da lui amministrata al fine specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurarsi un ingiusto profitto, rendendo, cos’, impossibile la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari.
Formulata in questi termini, essendo chiaramente indicata la condotta che caratterizza la fattispecie (la fisica sottrazione delle stesse alla disponibilitˆ degli organi fallimentari), peraltro concordemente ritenuta da entrambi i giudici di merito e non contestata dal ricorrente nella sua oggettivitˆ, la contestazione deve intendersi riferita alla bancarotta fraudolenta documentale specifica, nonostante
lÕincoerente successivo riferimento alla Òimpossibilitˆ di una ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affariÓ; inciso non solo del tutto irrilevante, ma anche oggettivamente tautologico, comportando, in sŽ, la condotta materiale contestata, la logica impossibilitˆ della prospettata ricostruzione.
Ci˜ considerato, il reato, per come costantemente ritenuto da questa Corte, si caratterizza, sotto il profilo soggettivo, per il dolo specifico, inteso, appunto, come scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali; un profilo, quello della frode, che distingue le figure delittuose di bancarotta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. dalle ipotesi, che ne sono prive, di bancarotta semplice, previste dal successivo art. 217, il cui secondo comma incrimina, parimenti, l’omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, sia essa volontaria o dovuta a mera negligenza (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630)
Sotto il profilo probatorio, lo scopo fraudolento che deve caratterizzare il fatto pu˜ essere desunto (in ragione della natura psicologica del dato da apprezzare) dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che la caratterizzano, evidenziando gli elementi dai quali dedurre la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283983).
Ci˜ considerato, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte territoriale ha chiaramente indicato la specifica finalizzazione della condotta posta in essere dando atto, sotto il profilo oggettivo, che le scritture contabili non sono state mai consegnate al curatore e l’imputato non ha mai indicato ove esse fossero o comunque quale fosse stata la loro sorte e, sotto il profilo soggettivo, che tale silenzio, valutato alla luce della parallela contestazione bancarotta impropria, ha rappresentato, nella prospettazione offerta dalla Corte territoriale, un dato indiziario significativo dal quale dedurre il fine specifico avuto di mira dallÕamministratore (ledere i creditori della societˆ).
Tanto più alla luce delle significative anomalie della cessione originariamente contestata a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale (poi esclusa dalla stessa Corte territoriale) ove non venivano indicati i beni oggetto del trasferimento. Dato che, se letto alla luce della mancata disponibilitˆ del libro degli inventari, ha reso impossibile individuare quali beni siano stati oggetto della predetta cessione e quale fosse lÕeffettiva consistenza patrimoniale della societˆ. Per cui, nonostante non abbia condotto allÕaccertamento di una specifica responsabilitˆ penale, è elemento che ben pu˜ essere utilizzato, sotto il profilo logico, ai fini che in questa sede rilevano.
Ebbene, la motivazione, in sŽ, non è nŽ manifestamente illogica, nŽ, in assenza di contrarie deduzioni, contraddittoria (e, pertanto, non è sindacabile in questa sede) e, comunque, con essa il ricorrente non si confronta.
NŽ rileva la circostanza (invocata dalla difesa) che la documentazione non fosse stata (ritualmente) richiesta dal curatore. LÕimprenditore dichiarato fallito, infatti, ha lo specifico obbligo di consegnare al curatore tutte le scritture contabili inerenti allÕimpresa e ogni ulteriore documentazione da lui richiesta (art. 86 l. fall., oggi 194 CCI). Un obbligo che si pone come adempimento ulteriore e differente rispetto a quello indicato nel decreto di convocazione (art. 15 l. fall., oggi 41 CCI) e, successivamente, nella sentenza dichiarativa del fallimento (art. 16 l. fall., oggi 49 CCI). Questi ultimi, diversamente caratterizzati per lÕoggetto (i soli bilanci e la situazione patrimoniale economica e contabile aggiornata e le scritture contabili obbligatorie) e per la funzione (verifica e controllo della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi di fallibilitˆ, art. 15 l. fall.; iniziale controllo della consistenza statica e dinamica dellÕimpresa in quanto strumentale ai primi improcrastinabili adempimenti del curatore, art. 16 l. fall.), la ÒconsegnaÓ di cui allÕart. 86 avviene nelle mani del curatore e riguarda tutta la documentazione contabile della quale è obbligatoria la conservazione (art. 2220 cod. civ.), in quanto strumentale alla necessaria ricostruzione della consistenza patrimoniale dellÕimpresa, nelle sue componenti attive e passive, statiche e dinamiche, quale attivitˆ prodromica alla successiva liquidazione; attivitˆ che, allÕevidenza, presuppongono una completa ed attendibile ricostruzione della documentazione contabile (ed extracontabile) e che trovano il loro logico nelle disposizioni normative contenute nellÕart. 2214 cod. civ. e, sotto il profilo tributario e fiscale, nelle norme riportate nel d.P.R. 600/73. E che tale obbligo discenda direttamente dalla legge e prescinda da una specifica richiesta formulata dal curatore è logica conseguenza della necessaria strumentalitˆ, nei termini evidenziati, della documentazione stessa rispetto alle ineludibili attivitˆ di accertamento e liquidazione strutturalmente connesse alla procedura fallimentare.
Il secondo motivo di censura è, invece, radicalmente eccentrico rispetto alla contestazione.
Va premesso che al ricorrente è contestata lÕaggravante di cui allÕart. 219 l. fall., per aver commesso più fatti di bancarotta. UnÕaggravante che, per la sua oggettivitˆ (riferita alla sussistenza di una pluralitˆ di condotte commesse allÕinterno del medesimo fallimento), prescinde da ogni valutazione in ordine gravitˆ o tenuitˆ del danno arrecato (viceversa proprio delle ulteriori circostanze, aggravanti o attenuanti, indicate nella medesima previsione normativa). CosicchŽ lÕasserita omessa valutazione in ordine alla particolare tenuitˆ del fatto, al rapporto
tra fallito e creditore, ad eventuali singole operazioni commerciali o speculative o, in ultimo, alla diminuzione globale che il comportamento del fallito avrebbe provocato la massa attiva, rappresentano dati fattuali del tutto irrilevanti rispetto alla prospettazione accusatoria e a quanto ritenuto dalla Corte territoriale. Tanto più che lÕinvocata rideterminazione della pena confligge con una quantificazione erronea del trattamento sanzionatorio che ha irrogato una pena di anni due a fronte di un minimo edittale di anni tre di reclusione, nonostante il giudizio di equivalenza delle riconosciute attenuanti generiche rispetto allÕaggravante contestata.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Cos’ deciso il 2 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME