Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32537 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32537 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Sant’Arpino il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza dell’Il ottobre 2024 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la memoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo esame;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Napoli, confermando sostanzialmente la condanna pronunciata in primo grado (riformata solo in termini di durata delle pene accessorie), ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale, per avere, nella sua qualità di rappresentante legale della “RAGIONE_SOCIALE” (dichiarata fallita il 6 febbraio 2014), occultato e distrutto la documentazione
contabile rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società fallita.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si compone di tre motivi d’impugnazione a mezzo dei quali si deduce:
l’incompetenza territoriale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, per essere competente, secondo la difesa, il Tribunale di Napoli Nord, costituito sei mesi prima della pronuncia di fallimento;
il comportamento collaborativo dell’imputato, tanto più alla luce della mancanza di uno specifico obbligo di consegna della documentazione da parte dell’amministratore cessato (essendo addebitabile la condotta penalmente rilevante solo all’ultimo degli amministratori che si sono succeduti nel tempo) e della radicale assenza di motivazione in ordine al profilo soggettivo del reato contestato;
la sussistenza dei presupposti applicativi per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato.
Il primo motivo è infondato.
I reati fallimentari, ove commessi anteriormente alla dichiarazione di fallimento, si consumano (anche ove, in ipotesi, si considerasse il fallimento quale condizione obiettiva di punibilità: Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017, COGNOME, Rv. 269388) nel luogo e nel tempo in cui è stata pronunciata la relativa sentenza (Sez. 5, n. 27426 del 01/03/2023, Rv. 284785). Per cui la competenza territoriale non può che riconoscersi in capo al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha (pacificamente) pronunciato la sentenza dichiarativa di fallimento; pronuncia che, tra l’altro (anche a voler ricondurre la censura all’interno del procedimento civilistico), una volta acquisito il carattere della irrevocabilità, viene a costituire dato definitivo e vincolante, insuscettibile di essere sindacato dal giudice penale (Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, COGNOME, Rv. 239398; Sez. 5, n. 21920 del 15/03/2018, COGNOME, Rv. 273188), non solo quanto al presupposto oggettivo dello stato d’insolvenza e a quelli soggettivi di fallibili dell’imprenditore, ma anche con riferimento a tutti i profili astrattamente suscettibili di fondare l’esercizio (legittimo) della relativa impugnazione, fra i quali, appunto, anche quello relativo alla competenza.
Infondato è anche il secondo profilo di censura (quanto alla titolarità degli obblighi di formazione, conservazione e tenuta delle scritture contabili e all’esistenza di un compiuto impianto motivazionale a sostegno del ritenuto dolo specifico).
2.1. Va premesso che il reato di bancarotta fraudolenta documentale può manifestarsi nelle sue due alternative forme descritte (entrambe) al n. 2 dell’art. 216 I. fall.: l’occultamento, la sottrazione o la distruzione delle scritture contabil (bancarotta documentale specifica) e la fraudolenta tenuta di tali scritture (bancarotta documentale AVV_NOTAIO).
Nonostante l’incongrua formulazione del capo d’imputazione (in sé, una crasi delle due diverse ipotesi descritte dalla norma), entrambi i giudici di merito, sul presupposto della radicale assenza di documentazione, hanno ritenuto l’ipotesi della bancarotta specifica.
Ebbene, per come costantemente ritenuto da questa Corte, tale fattispecie si caratterizza, sotto il profilo soggettivo, per la necessità che la condotta di fisica sottrazione delle scritture sia assistita dal dolo specifico, inteso quale scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali; un profilo, quello della intenzionale direzionalità della condotta, che distingue le figure delittuose di bancarotta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. dalle ipotesi, che ne sono prive, di bancarotta semplice, previste dal successivo art. 217, il cui secondo comma incrimina, parimenti, l’omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, sia essa volontaria o dovuta a mera negligenza (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630) e che, sotto il profilo probatorio, non può che essere desunto (in ragione della natura psicologica del dato da apprezzare) da elementi indiziari, e, fra questi, i dati emersi dalla complessiva ricostruzione della vicenda e le circostanze fattuali che la caratterizzano.
Ciò chiarito, tra i doveri che fanno capo all’amministratore di una società, rientra anche il diretto e personale obbligo di tenere e conservare le scritture contabili; scritture che, al termine del mandato, l’amministratore uscente ha il dovere di consegnare al nuovo amministratore, in applicazione dei principi generali che regolano il rapporto organico (esplicitati dall’art. 1713 co. 1 cod. civ. in tema di mandato) e, per la fase liquidatoria, in adempimento dell’esplicito disposto di cui all’art. 2487-bis del codice civile.
Per cui, accertato il mancato rinvenimento delle scritture contabili (relative al periodo in cui il ricorrente svolgeva pacificamente le funzioni di amministratore) ed essendo l’amministratore cessato responsabile per l’effettiva e regolare tenuta della contabilità nel periodo in cui ha ricoperto la carica (rispondendo dell’eventuale occultamento della stessa, in tutto o in parte, al momento del passaggio delle consegne al nuovo amministratore: Sez. 5, n. 55740 del
25/09/2017, COGNOME, Rv. 271839), sarebbe stato onere del ricorrente provare che il mancato rinvenimento delle predette scritture fu conseguenza di fatti a lui stesso non imputabili.
Ebbene, la Corte d’appello non solo ha dato atto del pacifico inadempimento del suddetto onere, ma ha anche chiaramente indicato gli elementi indiziari dai quali ha desunto la sussistenza del necessario dolo specifico, richiamando le coerenti argomentazioni offerte in primo grado (la sopravvenuta irreperibilità dell’imputato rispetto alle plurime richieste del curatore e la sostanziale mancanza di allegazione di elementi precisi e realmente dimostrativi dell’asserita estraneità alla vita societaria) e ricollegando la condotta di occultamento alle pregresse distrazioni consumate in favore del figlio; condotte che, a prescindere da una loro formale contestazione, rappresentano comunque un dato fattuale sul quale fondare, logicamente, l’accertamento della finalità fraudolenta perseguita dall’amministratore.
In ciò l’infondatezza della censura prospettata.
3. Indeducibile, infine, il terzo motivo di ricorso.
Le circostanze attenuanti generiche, in sé, non costituiscono oggetto di un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma necessitano, in positivo, della sussistenza di elementi idonei a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio, rendendolo coerente alla concreta gravità del fatto (dei quali il giudice deve dar conto in motivazione); trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata, a fronte di specifica richiesta dell’imputato, anche attraverso la sola indicazione delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza la stretta necessità della contestazione o dell’invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Rv. 271315; Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Rv. 252900; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590).
Ciò considerato, la Corte territoriale ha ritenuto di non riconoscere le circostanze attenuanti generiche in considerazione del comportamento assunto dall’imputato, che, in sede di interrogatorio, forniva informazioni lacunose e imprecise, non assolveva all’impegno assunto di recuperare la documentazione del commercialista e, infine, si rendeva irreperibile.
La motivazione esiste e non è né manifestamente illogica, né contraddittoria e, per quanto, osservato, non sindacabile in questa sede.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua
Così deciso il 10 luglio 2025
Il
Il Presidente