Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12728 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12728 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BRESCIA DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BRESCIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/02/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME che si riporta alla requisitoria depositata e conclude per il rigetto dei ricorsi.
uditi i difensori:
L’avvocato NOME COGNOME, che si riporta ai motivi di ricorso e chiede l’accoglimento degli stessi.
L’avvocato AVV_NOTAIO, che si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dei predetti imputati in relazione al contestazione di bancarotta semplice loro ascritta (da aggravamento del dissesto per non aver tempestivamente chiesto il fallimento e per non avere tenuto il libro degli inventar aggiornato), essendosi il reato prescritto, ed ha rideterminato la pena per entrambi, quanto al delitto di concorso in bancarotta fraudolenta documentale – e per il solo COGNOME anche distrattiva – già diversamente delimitata la contestazione nel perimetro dal GUP in primo grado), in anni uno e mesi quattro di reclusione, riducendo anche le pene accessorie fallimentari, nella durata di tre anni.
Precisamente, gli imputati devono rispondere, COGNOME, delle condotte distrattive contestate, diverse dalla sottrazione di 25.172,10 euro per gli anni 2013 e 2014 (in relazione alla quale il GUP ha pronunciato assoluzione perché il fatto non sussiste), ed entrambi del concorso in bancarotta fraudolenta documentale da apposizione di ricavi fittizi nelle scritture contabili, nella loro qualità di soci e componenti del consi amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 26.6.2015.
Avverso la sentenza d’appello ricorrono entrambi gli imputati, con distinti ricors proposti dai rispettivi difensori di fiducia.
Il ricorso di NOME COGNOME si compone di tre motivi distinti.
3.1. Una prima ragione di censura eccepisce vizio di motivazione manifestamente illogica e carente, deducendosi anche un travisamento della prova, relativamente al delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
La contestazione è costruita nel senso di ascrivere al ricorrente la condotta di ave sottratto o comunque distrutto i libri e le altre scritture contabili relativamente al pe dal 1.1.2015 alla data del fallimento, mentre nella motivazione della sentenza impugnata si fa un riferimento non condivisibile al fatto che “la pronuncia di responsabilit imporrebbe anche qualora si ritenesse che, in realtà, le scritture dell’ultimo semestre non furono effettivamente tenute”, così ritenendosi equivalenti le condotte, ben diverse invece ed alternative e non sovrapponibili, di sottrazione e distruzione rispetto a quell di omessa tenuta, mai contestata.
Vi sarebbe, quindi, un difetto di correlazione tra accusa e sentenza, poiché la contestazione non ha mai avuto ad oggetto la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili.
La difesa denuncia, altresì, il vizio di motivazione rispetto alla prova dell’elemen psicologico del reato, rappresentato dal dolo specifico di aver agito in danno dei creditor
Al più – si afferma- ci si troverebbe dinanzi ad una condotta colposa commessa in violazione del dovere di diligenza e integrante, quindi, il reato di bancarotta semplic documentale.
3.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione carente, manifestamente illogica o con travisamento della prova, quanto alla bancarotta fraudolenta documentale relativa agli anni 2011 e 2012, nei quali si è contestato di aver tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruz del patrimonio e del movimento degli affari, mediante iscrizione di ricavi fittizi al fi esporre utili non veritieri.
Il ricorrente evidenzia come i ricavi fossero effettivamente stati maturati dalla RAGIONE_SOCIALE, che aveva scelto, tuttavia, di non fatturarli, stante l’imposs temporanea di pagamento da parte della società RAGIONE_SOCIALE, da cui derivavano, dal momento che la loro fatturazione, oltre a non essere corrisposta dall’effettivo pagamento (mai poi avvenuto), avrebbe determinato anche l’insorgere del debito IVA. Non vi era, quindi, alla base, un intento fraudolento.
3.3. La terza censura eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione omessa o manifestamente illogica, denunciando ancora una volta il travisamento delle prove anche in relazione alla contestazione di bancarotta fraudolenta per distrazione inerente alla condotta distrattiva di beni facenti parte del patrimonio sociale per euro 569.224,05, della quale non sarebbe stato determinato chiaramente, nel corso del dibattimento e quindi in sentenza, l’oggetto reale della distrazione (beni materiali e rimanenze).
Il ricorso di NOME COGNOME si compone di tre distinti motivi anch’esso.
4.1. Con la prima delle ragioni di censura la difesa denuncia mancanza della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui viene ritenuta la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, in relazione al reat bancarotta fraudolenta documentale. Si evidenzia in proposito che, invece, i ricavi contestati come non veritieri ed iscritti fossero effettivamente stati maturati dalla RAGIONE_SOCIALE, che aveva scelto, tuttavia, di non fatturarli stante l’impossi temporanea di pagamento da parte della società RAGIONE_SOCIALE, da cui derivavano, dal momento che la loro fatturazione, oltre a non essere corrisposta dall’effettivo pagamento (mai poi avvenuto), avrebbe determinato anche l’insorgere del debito IVA. Non vi era, quindi, alla base, un intento fraudolento.
4.2. Il secondo motivo di ricorso eccepisce mancanza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha ritenuto sussistente l’elemento oggettivo del reato di bancarotta semplice relativamente all’aggravamento del dissesto contestato.
4.3. GLYPH La terza ragione di censura denuncia violazione di legge per la mancata riqualificazione della condotta contestata in quella di bancarotta semplice documentale.
Il AVV_NOTAIO PG NOME COGNOME ha chiesto il rigetto dei ricorsi con requisitoria scritta
5.1. E’ stata ammessa la trattazione orale dei ricorsi su istanza difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono infondati e devono essere rigettati, per le ragioni che s esporranno di seguito.
Il ricorso di NOME COGNOME si compone di motivi che, ad un esame globale, si traducono in ragioni già esposte con l’atto di appello e, nel loro nucleo essenziale esaminate dalla Corte territoriale, con una sentenza convincente dal punto di vista logicostrutturale.
2.1. Il primo dei punti censori dedotti, che attacca, contemporaneamente, il travisamento della prova relativa al reato di bancarotta fraudolenta documentale e la mancata riqualificazione della condotta in bancarotta semplice, nonché il difetto di correlazione tr accusa e condanna, non tiene conto che la sentenza impugnata ha enunciato puntuali elementi di fatto dai quali ha dedotto la sussistenza del reato; argomenti con i quali ricorso si confronta solo superficialmente e parzialmente.
Anzitutto, infatti, la sentenza impugnata ha stigmatizzato la consegna al curatore soltanto di una parte della contabilità, vale a dire quella sino al novembre 2014, nonché una consegna incompleta nel mese successivo ed una consegna del tutto mancante nei sei mesi precedenti il fallimento.
Secondo la Corte d’Appello, la mancanza di qualsiasi documento contabile proprio nei mesi cruciali che hanno preceduto la decozione ha determinato la conseguenza di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari – sottolinea la sentenza impugnata – proprio per il periodo più importante, quello immediatamente precedente al fallimento, impedendo di risalire alla sorte di alcune voci attive del patrimonio sociale, presenti al fine del 2014, come risulta dalla contabilità invece acquisita: a fronte di un fondo p 22.665 euro, di rimanenze pari ad oltre 175.000 euro e di beni materiali per 370.000 euro, il curatore, infatti, ha ritrovato soltanto alcuni beni strumentali rivenduti pe ricavo di 7.000 euro.
Da qui, la logica conclusione dei giudici di secondo grado circa la riconducibilità dell condotta di sottrazione o distruzione od omessa tenuta delle scritture contabili all’elemento soggettivo del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori.
Si rivela infondata, così, anche la denuncia relativa alla mancata riqualificazione dell condotta di bancarotta fraudolenta documentale in quella di bancarotta semplice.
Non ha pregio, poi, l’argomento riferito al difetto di contestazione e di correlazione t accusa e sentenza, poiché, se è vero che l’imputazione formalmente si riferisce alle due condotte alternative di sottrazione o distruzione, è anche vero che, sin dal primo grado,
la difesa è stata posta in grado di conoscere i caratteri concreti di quanto veniv contestato al ricorrente, vale a dire la mancata, volontaria consegna delle scrittur contabili relative all’ultima fase della vita della società, con l’intenzione di pregiudic ceto creditorio.
Inoltre, giova ricordare che già in passato la Cassazione ha avuto modo di chiarire come non sussista violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nell’ipotesi i cui la condanna per il reato di bancarotta fraudolenta documentale sia pronunciata per omessa tenuta delle scritture contabili, piuttosto che per sottrazione o distruzione dell stesse come indicato nell’imputazione, poichè tali fattispecie si equivalgono, evidentemente in un’ottica di fenomenologia degli esiti, sempre costituiti dalla lor mancanza per le dovute verifiche del curatore (cfr. Sez. 5, n. 42754 del 26/5/2017, COGNOME, Rv. 271847). E ciò non smentisce la diversità delle condotte di occultamento, anche per omessa tenuta, delle scritture contabili, piuttosto che di sottrazione distruzione delle stesse (tutte fattispecie a dolo specifico, in ogni caso: cfr., tra le m Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 29838).
2.2. Il secondo motivo di ricorso, con cui si dubita dell’affermazione di responsabili relativa all’ulteriore condotta di bancarotta fraudolenta documentale – quella riferita periodo 2011 e 2012 (reato contestato in concorso con il coimputato e altro ricorrente NOME COGNOME) ed alla tenuta di essa in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, con l’iscrizione di ricavi fittizi al fine di e utili non veritieri – è manifestamente infondato e costruito secondo schemi di censura sottratti al sindacato di legittimità.
Le argomentazioni della sentenza impugnata, infatti, superano indenni le eccezioni difensive, che ripropongono una alternativa ipotesi ricostruttiva delle prove rivalutandone il significato e, quindi, proponendo al Collegio una diversa e più favorevole lettura della vicenda.
Ed invece, come noto, sono precluse al giudice di legittimità – a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato – la rilettu degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le più recenti, Sez. 6, n del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).
Nella specie, i giudici d’appello hanno evidenziato che il mantenimento di appostazioni attive in contabilità ha dato una fallace rappresentazione della situazione patrimoniale della società, nella consapevolezza della possibile alterazione, nei destinatari dell informazioni contabili, della percezione dello stato patrimoniale e della solidità economica della società e ritardando la possibilità di conoscere, per i creditori e in general
pubblico, la situazione economica reale della società, già nel 2011 afflitta da uno stato d decozione acuta.
2.3. Quanto al terzo motivo di censura, riferito alla bancarotta fraudolenta pe distrazione, la sentenza di secondo grado ha evidenziato che il ricorrente non ha dato spiegazioni sulla destinazione dei beni patrimoniali non rinvenuti e che, risultanti dal contabilità, avrebbero dovuto essere reperiti in sede fallimentare mentre invece non erano stati ritrovati. E si è già evidenziato come di quei beni e di quelle attività l’ultima traccia si ritrova nelle scritture contabili del 2014, poiché quelle relative ai sei precedenti al fallimento sono state volutamente non consegnate – a prescindere dalla causa a monte di tale assenza dei dati contabili societari – proprio per impedire l ricostruzione del patrimonio della fallita.
La giurisprudenza di questa Corte, per tali situazioni, sfiegt~glielza frequenti ne dinamiche delle sorti delle società decotte, da tempo ha stabilito linee interpretativ stabili, secondo le quali, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni del società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti (Sez. 5, n. 8260 del 22/9/2015, COGNOME, Rv. 267710; Sez. 5, n. 22894 del 17/04/2013, COGNOME, Rv. 255385)
Nell’affermare tale principio, la sentenza COGNOME, per prima, ha osservato che la responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87 I. fall. sul f interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell’impresa, giustifica l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato, non essendo a tal fine sufficiente la generica asserzione per cui gli stessi sarebbero stati assorbiti costi gestionali, ove non documentati né precisati nel loro dettagliato ammontare.
Tale affermazione consolidata trova ulteriore sviluppo nella giurisprudenza che ha chiarito come, in ogni caso, l’applicazione corretta del principio di apparente inversion dell’onere della prova implica che il giudice non possa ignorare le ragioni dell’imputat che, ad esempio, esponga di aver impiegato tali beni per finalità aziendali o di averl restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli element probatori acquisiti, quando le informazioni fornite alla curatela, al fine di consenti rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione (Sez. 5, n. 17228 d 17/1/2020, COGNOME, Rv. 279204). Tuttavia, come ha segnalato la stessa sentenza COGNOME, non può valere a superare l’inversione dell’onere della prova della distrazione di beni mobili a carico del fallito l’indicazione generica della loro ubicazione che non consenta l’esatta individuazione.
Allo stesso modo, la Corte d’Appello, nel caso di specie, ha correttamente ritenuto implausibile l’ipotesi difensiva del deterioramento dei beni o della loro dispersione, so
genericamente addotta, ispirandosi alla giurisprudenza della Cassazione poc’anzi richiamata e condivisa dal Collegio.
Il ricorso di NOME COGNOME è anch’esso complessivamente infondato.
3.1. La prima delle tre censure proposte, che si duole del vizio di motivazione quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico del reato di bancarotta fraudolenta documentale, è priva di pregio, poiché basata su un erroneo presupposto logicointerpretativo.
Il ricorso, infatti, erra nel ritenere che la condotta contestata di tenuta delle scri contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari sia un’ipotesi di reato a dolo specifico, mentre invece essa si caratterizza per l’atteggiamento generico della volontà delittuosa, secondo quanto oramai chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice.
Ed infatti, la fraudolenta tenuta delle scritture contabili, di cui alla seconda parte del 216, comma primo, n. 2, I. fall., e che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari (come accaduto nel caso di specie), integra un’ipotesi di reato a dolo generico mentre sono le condotte tipizzate nella prima parte della medesima disposizione (occultamento anche nelle forme dell’omessa tenuta, sottrazione, distruzione) a qualificarsi dal punto di vista dell’element soggettivo del reato come fattispecie a dolo specifico (cfr. Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 33114 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 279838).
Tale vizio genetico della censura proposta la rende inutile dal punto di vista dell prospettazione rivolta al Collegio.
3.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché genericamente formulato e svolto in chiave rivalutativa degli elementi di prova, senza neppure tener conto che, in relazione alla condotta di bancarotta semplice da aggravamento del dissesto – cui la censura sembra riferita, ancorchè non chiaramente – il provvedimento impugnato ha pronunciato sentenza di estinzione del reato per prescrizione, dando atto della mancata rinuncia alla stessa prescrizione e dell’insussistenza di ragioni in base alle quali procedere ad una pronuncia pienamente assolutoria ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
3.3. La terza censura è inammissibile perché estremamente generica, diretta a contestare la mancata riqualificazione delle condotte di bancarotta fraudolenta documentale in bancarotta semplice, mediante un mero argomento evocativo incentrato sull’assertiva proposizione che l’atteggiamento tenuto dal ricorrente sia stato di mera superficialità.
Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
7 GLYPH
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 gennaio 2024.