Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 6556 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 6556 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 14/07/1970
avverso la sentenza del 08/02/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la sentenza, emessa dal Tribunale di Padova in data 10.10.2017, con cui NOME COGNOME è stato condannato alla pena di anni due di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta documentale in relazione al fallimento RAGIONE_SOCIALE; la Corte d’Appello ha rigettato richiesta di concedere la sospensione condizionale della pena, valutando negativamente la gravità del fatto e l’assenza di collaborazione in sede fallimentare da parte de ricorrente.
Avverso la citata sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo due diversi motivi.
2.1. Il primo argomento difensivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, con una prognosi negativa basata su presupposti di fatto e valutativi erronei.
Il ricorso evidenzia il dato della collaborazione fornita dal ricorrente al curat fallimentare: egli si è presentato personalmente da questi e dal giudice fallimentare sostenendo di essersi inutilmente avvalso di ben due consulenti specializzati per la tenuta della contabilità, i quali hanno fornito tutte le scritture presenti in società o previst legge, tranne il bilancio, consegnato in un secondo momento, sicchè il curatore ha potuto determinare passivo ed attivo fallimentare.
Inoltre, anche l’altra ragione di diniego addotta dalla Corte d’Appello – vale a dire “locupletazione illecita” – è smentita dai dati processuali e dall’archiviazione per il re di bancarotta fraudolenta distrattiva, ritenuta insussistente.
2.2. La seconda censura argomenta un vizio di violazione di legge e di motivazione riferito alla mancata riqualificazione del delitto di bancarotta fraudolenta documentale in quello di bancarotta semplice documentale. Si sarebbe, a giudizio della difesa, erroneamente e assertivamente affermata la sussistenza del dolo specifico del reato di bancarotta fraudolenta documentale per omissione, mentre invece non è provato lo scopo della condotta omissiva di creare pregiudizio ai creditori.
Non si sarebbe tenuto in conto che l’aver affidato la gestione delle scritture contabili due professionisti qualificati è indice dell’insussistenza di un atteggiamento volontariamente proiettato a perseguire lo scopo di recare a sé o ad altri un ingiusto profitto oppure di recare pregiudizio ai creditori, né tantomeno a tenere i libri contabil guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio societario. Viceversa, tale atteggiamento sarebbe indicativo, al più, di un comportamento colposo del ricorrente, sotto il profilo della scelta inadeguata dei professionisti ai quali ha affidato il compit tenere la documentazione aziendale.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
3.1. La difesa ha depositato memorie in vista dell’udienza, con le quali ribadisce le ragioni di ricorso, ampliando i richiami giurisprudenziali, e ne chiede l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo proposto, preliminare ed assorbente rispetto al primo, sicchè ne andrà disposto l’annullamento con rinvio.
La sentenza impugnata si rivela di difficile comprensione quanto alle linee argomentative che, in generale, la sorreggono e, in particolare, apodittica ed assertiva rispetto alla configurabilità, in capo al ricorrente, del reato di bancarotta fraudole documentale per omessa tenuta delle scritture contabili.
In realtà, la motivazione d’appello sembra confondere i piani di accertamento della tipicità dei reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e bancarotta fraudolen documentale, quando fa riferimento alla circostanza che l’omessa tenuta delle scritture contabili contestata al ricorrente, insieme all’inconsistenza contabile dei flussi numerari, è indice sicuro di “Iocupletazione”; di conseguenza, anche i riferimenti all’elemento soggettivo dei due reati ed alla stessa ricostruzione degli elementi della fattispecie difet della necessaria puntualità e chiarezza.
Vi è da rimarcare, al riguardo, che la contestazione è stata formulata – come di consueto accade nella prassi – in maniera alternativa e bivalente, con riguardo sia all’ipotesi dell prima parte che a quella della seconda parte della disposizione incriminatrice prevista dall’art. 216, comma primo, n. 2), I. fall., da tempo al centro di un’approfondit riflessione nella giurisprudenza di legittimità.
La motivazione della sentenza d’appello, dopo aver dato atto dell’accertamento raggiunto in primo grado e riferito ad una condotta di omessa registrazione in contabilità di cauzioni per tre mensilità, ricevute da conduttori di immobili locati dalla società per conto di alt ha costruito la sua parte argomentativa orientandosi come se la contestazione fosse di bancarotta fraudolenta distrattiva: ha concluso, al riguardo, per la sussistenza della prova della effettiva percezione degli importi afferenti alle cauzioni collegate ai contra di locazione e, quindi, dell’arricchimento ingiustificato da parte di un beneficiario “n identificato con certezza” con conseguente depauperamento delle casse sociali.
Da questa ricostruzione, ha desunto, automaticamente, la sussistenza del dolo specifico del reato di omessa tenuta delle scritture contabili, facendo cenno anche alla sussistenza del “dolo generico della mal tenuta della contabilità”.
2.1. La motivazione della sentenza impugnata è insoddisfacente, sotto il profilo della ricostruzione dell’elemento soggettivo del reato, poiché il dolo specifico della bancarotta
fraudolenta documentale omissiva non può ridursi all’accertamento della scomparsa o dell’omessa tenuta dei libri contabili.
Anche il profilo dell’elemento oggettivo sconta una ricostruzione incoerente e lacunosa, poiché non viene neppure sfiorato il tema di quale e quanta sia stata l’omissione contabile contestata, ma anzi, nel richiamare i motivi d’appello e la sentenza di primo grado, si introduce il diverso piano penale riferito alla fattispecie di irregolare tenuta delle scrit contabili, in guisa da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società fallita.
Anche con riguardo a tale ipotesi, in ogni caso, rimane nell’ombra quale sia stata l’incidenza della omissione sulla ricostruzione stessa, elemento che invece è necessario ad accertare la configurabilità del reato.
La sentenza, pertanto, non si è confrontata adeguatamente con la giurisprudenza di legittimità, che da tempo rammenta la distinzione delle due fattispecie previste dall’art. 216, comma primo, n. 2, I. fall., indicandone il diverso coefficiente soggettivo, oltre ch distinguendone la oggettiva condotta.
Si richiama, in particolare, l’efficace sintesi degli orientamenti di questa Corte regolatri contenuta nella recente sentenza Sez. 5, n. 45246 del 2024, n.m. con cui si è evidenziato come la prima fattispecie è quella costruita dal legislatore a dolo specifico (e per questo definita “specifica”) e consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (total parziale) dei libri e delle altre scritture contabili; richiede il dolo specifico consi nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio creditori.
In tale prima ipotesi va ricompresa anche l’omessa tenuta dei libri contabili, sempre che la condotta omissiva sia sorretta da dolo specifico, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella – analoga sotto il profilo materiale bancarotta semplice documentale prevista dall’art. 217 legge fall. (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179).
L’omessa tenuta (così come la sottrazione, distruzione o falsificazione) può essere anche “parziale” e tale nozione ricomprende oltre alla mancata istituzione di uno o più libri contabili anche l’ipotesi della “materiale” esistenza dei libri contabili che però sono st “lasciati in bianco”.
La seconda fattispecie di reato a dolo generico (e definita “generale”) è integrata dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita; questa ipotesi, diversamente dalla prim presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e si realizza attraverso una falsità ideologic contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dat oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulterior
connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, COGNOME, Rv. 278321); sotto il profilo soggettivo è sufficiente il dolo generico (Sez. 5 n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).
Quanto alla “falsificazione” che, in apparenza, sembra connotare entrambe le fattispecie, la Corte di cassazione, con indirizzo consolidato, ha tracciato una chiara linea di demarcazione, come è stato ancora efficacemente esposto nella citata sentenza n. 45246 del 2024:
la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispeci bancarotta documentale “specifica” può avere natura sia materiale sia ideologica, ma consiste, comunque, in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata;
la condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale “generale”, invece, si realizza sempre con un falso ideologico contestuale alla tenuta della contabilità. In altri termini, l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovver l’omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall. (così, da ultimo, in motivazione Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, Montanari).
L’omissione che consiste non nella totale assenza di annotazioni, ma nella mancata annotazione di specifiche operazioni dà luogo ad annotazioni incomplete, che incidono sul principio di continuità contabile, impedendo di ricostruire il patrimonio e movimento degli affari (non come evento del reato, ma come carattere modale della condotta), danno comunque la parvenza che la contabilità rifletta l’operatività dell’impresa e dunque creano quell’inganno che è punito nella “bancarotta a dolo generico o generale”.
La sentenza impugnata non si è confrontata con tali indicazioni ermeneutiche, sicchè, per le ragioni già esposte, deve essere annullata con rinvio e, nel giudizio rescissorio, i giudice del rinvio dovrà rapportarsi alle opzioni interpretative evidenziate, inserendo concretamente la condotta di reato in una delle ipotesi ivi descritte, valutando anche la possibile configurabilità dell’ipotesi di bancarotta semplice documentale, prevista dall’art. 217 I. fall., ipotesi cui pure si è già fatto cenno nella sintesi già riportata, alla luce delle deduzioni difensive relative all’affidamento dell’incarico di tenuta della contabilit professionista esterno alla società.
In proposito, si terrà conto della giurisprudenza consolidata secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecni
in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attivit svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal tito dell’impresa (cfr. ex multis, Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, COGNOME, Rv. 280133).
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia per nuovo giudizio.