Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20234 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20234 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TERAMO il 10/02/1965
avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 23 settembre 2024, la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la condanna pronunciata dal Tribunale di Teramo nei confronti di NOME COGNOME per il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta documentale, commesso, secondo l’editto accusatorio, quale amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 5 gennaio 2015. La carenza di documentazione contabile è stata riferita, in particolare, a crediti verso clienti per euro 250.400, ciò che impediva 1) di verificare la natura di tali crediti, 2) l’eventuale riscossione degli stessi, 3) l’eventuale impiego delle somme corrispondenti.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite dell’Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai motivi di seguito esposti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Col primo motivo, si eccepisce violazione di legge, con riferimento alla qualifica di amministratore di fatto rivestita dall’imputato, ritenuta dalla Corte d’appello malgrado l’omessa indicazione di elementi indicativi dell’effettivo esercizio, da parte del ricorrente, di poteri direttivi, gestionali e rappresentativi.
2.2 Col secondo motivo, si deduce vizio di motivazione in relazione al delitto ascritto, non avendo la Corte territoriale illustrato adeguatamente la sussistenza del dolo specifico, in capo al ricorrente, di arrecare danno ai creditori. Nella motivazione dell’impugnata sentenza non è specificata dolosa ovvero colposa della condotta di omessa tenuta delle scritture contabili. Pertanto, la Corte distrettuale avrebbe dovuto derubricare l’ascritto delitto in quello previsto dall’art. 217 I. fall.
2.3 Col terzo motivo, si contesta vizio di motivazione in relazione all’omessa considerazione dell’inattività della fallita società a partire dal 2009, ciò che renderebbe implausibile il dolo richiesto per il delitto ascritto. Altresì omessa, in motivazione, è la circostanza del sequestro della documentazione contabile ad opera della Guardia di finanza, ciò che dimostrerebbe l’assenza di “operazioni e documenti successivi a tale data”.
Sono state trasmesse le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto pronundarsi l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il primo motivo non supera il vaglio di ammissibilità, in quanto fondato su assunti non specifici, ossia generici e indeterminati, che ripropongono le stesse
ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame e che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01)
In parte motiva, la Corte territoriale ha adeguatamente valorizzato fonti dichiarative – segnatamente, ponendo a raffronto quanto riferito al curatore fallimentare dall’imputato stesso e dall’amministratore di diritto, risultato essere una mera testa di legno – da cui è emerso l’effettivo ruolo gestorio rivestito dal Non i all’interno della fallita società. Si è altresì correttamente evidenziata l’utilizzabilità, in tale contesto, delle dichiarazioni rese al curatore secondo i principi posti da questa Corte (Sez. 5, n. 38431 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 277342 01).
Nel motivo dì ricorso, tali risultanze non vengono contrastate se non in termini assertivi e apodittici. La sentenza impugnata viene contestata, infatti, con un argomentare meramente oppositivo, privo di una critica puntuale al provvedimento e alle ragioni, in fatto e/o in diritto, in virtù delle quali i motivi di appello non sono stati accolti (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 01). In altre parole, per opporsi efficacemente alla decisione dei giudici di merito, il ricorrente avrebbe dovuto puntualmente contestare – ad esempio – la ritenuta sussistenza, nel caso di specie, di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società (quali, ad esempio, i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare (v., ad es., Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277540 01; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269101), e/o rimarcare come le attività gestorie fossero state svolte in maniera puramente episodica o occasionale (Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, COGNOME, Rv. 256534 – 01).
In mancanza di tali, o altre, più specifiche contestazioni, questo Collegio non può che ritenere il motivo, come anticipato, inammissibile.
2. Per contro, il secondo motivo è fondato e assorbe il terzo.
L’affermazione di responsabilità dell’imputato per l’ascritto reato di bancarotta documentale fraudolenta poggia, invero, su basi argomentative assai fragili. È, infatti, asseverativo l’argomentare della Corte d’appello nel punto in cui sostiene che l’omessa tenuta della contabilità avesse “chiaramente lo scopo di impedire la ricostruzione della situazione contabile della società, recando tra l’altro danno ai creditori” (p. 5 dell’impugnata sentenza. Corsivo nostro).
Peraltro, il capo d’imputazione si riferisce a un dolo generico, ciò che sembra prefigurare, quindi, una responsabilità per bancarotta documentale cd. generica (sul punto, v., tra le altre pronunce, Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650 – 01: «in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2, legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi»).
Mette conto osservare, inoltre, che, nella sentenza di primo grado (v. in particolare, p. 6), la mancata tenuta di scritture contabili è indicata non in assoluto, ma a partire da un certo momento in poi (2009).
Ebbene, a fronte di quel capo di imputazione, la Corte distrettuale non esita ad affermare la sussistenza, nel caso in esame, del dolo specifico, in capo al ricorrente, di arrecare danno al ceto creditorio, senza che detta asserzione sia corredata da più specifiche notazioni. A tal proposito, in parte motiva è riferito soltanto che, dalle risultanze processuali, emergeva l’esistenza di “crediti verso clienti per oltre 250.000 euro, per cui appare chiaro come la mancanza assoluta di contabilità abbia avuto come effetto l’impossibilità di compiuta verificazione di tali crediti (p. 5 della gravata sentenza. Corsivo nostro).”
Sul punto, è opportuno ribadire che l’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori; diversamente, risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179 – 01: «integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali»: fattispecie relativa all’occultamento ed omessa consegna della documentazione contabile da parte di un soggetto che aveva assunto la gestione di fatto della società dopo aver dismesso la carica formale di amministratore; Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992).
Ora, nella motivazione dell’impugnata sentenza ciò che appare del tutto omesso è, appunto, la dimostrazione che lo scopo dell’omissione sia stato quello di recare pregiudizio ai creditori. Sicché l’affermazione di responsabilità del Noni
per il delitto di bancarotta documentale fraudolenta resta affidata, in buona sostanza, a forme avverbiali (“chiaramente”) e aggettivali (“chiaro”), certamente
non idonee a supportarne la condanna.
La gravata sentenza deve essere, quindi, annullata, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, affinché formuli un nuovo e più ponderato giudizio sul profilo
testé evidenziato.
3. Per i motivi fin qui illustrati, il Collegio ritiene che l’impugnata sentenza vada annullata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia.,
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia.
Così deciso in Roma, il 17/04/2025
Il consigliere estensore