Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5937 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5937 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/10/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e fl ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore, AVV_NOTAIO che ha esposto i motivi di gravame e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
È oggetto di ricorso la sentenza della Corte d’appello di Bari del 13 ottobre 2022, che ha confermato, per quel che qui rileva, la decisione resa dal giudice di primo grado con cui NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del delitto di bancarotta documentale fraudolenta. Secondo la lettera del capo d’imputazione, il COGNOME, in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 13 maggio del 2013, non «approntava la documentazione contabile diversa dai bilanci di esercizio, che presentava comunque solo fino all’anno 2004».
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., col quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione al tipo di dolo individuato dalla Corte d’appello nel caso di specie e posto a base dell’affermazione di responsabilità dell’imputato.
La difesa premette che, sia nel capo d’imputazione sia nella parte motiva dell’impugnata sentenza, si è fatto riferimento all’omessa tenuta delle scritture contabili, dunque a un tipo di condotta che integra gli estremi della bancarotta documentale cd. specifica. E, infatti, la Corte d’appello ha ricordato l’impossibilità, per il curatore fallimentare, di accertare le cause del fallimento e di ricostruire adeguatamente la situazione patrimoniale della fallita società, data, appunto, l’assenza di documentazione contabile. Così descritta la condotta, la Corte territoriale ha ritenuto sufficiente dimostrare la sussistenza, nel caso in esame, del dolo generico, tralasciando il necessario approfondimento sul dolo specifico richiesto dalla fattispecie normativa di cui alla prima parte dell’art. 216, primo comma, n.2, I. fall. In difetto di prova del dolo specifico, la difesa chiede la derubricazione del fatto nella fattispecie di bancarotta documentale semplice, per la quale sarebbe già ampiamente decorso il termine di prescrizione.
3. All’udienza del 19 ottobre 2023 si è svolta trattazione orale del ricorso. Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
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Considerato in diritto
L’unico motivo di ricorso è infondato, dal momento che, pur essendo esatto che la Corte territoriale ha erroneamente affermato, sul piano generale, la sufficienza, nel caso di specie, del mero dolo generico, è altrettanto vero che, poi, ha in concreto tratteggiato una puntuale ricostruzione del dolo specifico perseguito
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dall’imputato, con motivazione rispetto alla quale la difesa omette di confrontarsi in maniera critica ed effettiva. In altri termini, posta la correttezza di quanto ricordato dalla difesa sul tema del dolo specifico, la cui dimostrazione è necessaria per ritenere integrata la fattispecie normativa di cui alla prima parte dell’art. 216, primo comma, n.2, I. fall., è anche vero, tuttavia, che a tale dimostrazione la Corte territoriale è senz’altro pervenuta nella motivazione dell’impugnata sentenza, fornendo, in particolare, un argomento significativamente non contrastato dal ricorrente.
La Corte d’appello ha infatti ricordato come, a fronte di uno stato passivo della fallita società di più di 200.000 euro, l’imputato si sia attivato nel recupero giudiziale delle ragioni creditorie non soddisfatte, per poi celare traccia di tale recupero al fine di evitarne l’attrazione nella passività aziendale. Tale profilo è stato interpretato dai Giudici del merito -in termini, si torna a dire, eloquentemente non contrastati dalla difesa- quale circostanza del fatto che, colorando di specificità l’elemento soggettivo, ne caratterizza la valenza fraudolenta (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304 – 01: «in tema di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della contabilità interna, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta, colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali»).
L’occultamento dell’effettiva situazione debitoria è stato poi argomentato dalla Corte d’appello anche a partire dall’inverosimiglianza del denunziato furto delle scritture contabili (avvenuto, secondo il ricorrente, in coincidenza temporale con la messa in liquidazione); tale profilo è stato disatteso dalla Corte territoriale sulla base di razionali argomentazioni, cui il ricorrente, ancora una volta, non ha opposto deduzione alcuna.
L’obiezione difensiva tesa a evidenziare l’alterno riferimento, da parte della Corte territoriale, al dolo generico (in vista dell’irregolare tenuta della contabilità e a quello specifico (in vista dell’omessa tenuta della contabilità), e quindi a censurare il mancato rispetto dei principi posti da questa Corte in tema di alternatività/autonomia delle due ipotesi di bancarotta documentale fraudolenta di cui all’art. 216, primo comma, n. 2, I. fall. (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838 – 01), è destinata a infrangersi contro l’iter logico della motivazione, che ha dato conto: 1) dell’omessa consegna della documentazione contabile fino al 2007 (affidata, nella prospettazione difensiva, a un non reperito dottore commercialista); 2) dell’omessa consegna della contabilità successiva al
2007 (dovuta, secondo la prospettazione difensiva, al furto della stessa, denunciato nel 2011, di cui la Corte ha argomentato l’inverosimiglianza; 3) della mancata consegna della contabilità dal 2011 al 2013, anno del fallimento, anni durante i quali l’attività societaria si è comunque protratta, come ricordato dalla Corte territoriale.
Pertanto, malgrado il riferimento, in un passaggio della motivazione, anche al dolo generico, ritiene il Collegio che la Corte d’appello abbia correttamente argomentato in punto di ricorrenza dell’elemento soggettivo sub specie di dolo specifico, avendo dimostrato – attraverso il riferimento alle circostanze già descritte e non contrastate dalla difesa- il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistito nella fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilit degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta (cfr., Sez. 5, n. 33114 del 2020, COGNOME, già citata; v. anche, in seguito, Sez. 5, n. 8902 del 19/01/2021, Tecchioli, Rv. 280572 – 01).
Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19/10/2023
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