Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35700 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME NOME CASALVECCHIO SICULO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, de decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza dell’art.16 del decreto-le 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2022, n. 15. Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) e dichiararsi inammissibile nel resto il ricorso;
Letta la memoria del difensore, AVV_NOTAIO, il quale insiste nella richiesta di accoglime del ricorso associandosi, in via gradata, alle conclusioni del Procuratore generale.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Messina ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Messina, in data 12 luglio 2022, che aveva ritenuto NOME
NOME responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e docume condannandola alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione e alle pene accessorie di legge, oltr che al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile
COGNOME NOME è stata condannata per avere, nella qualità di amministratore unico della società “RAGIONE_SOCIALE“, dal 31/03/2014 e fino al fallimento, dichiarato in data 15 ma 2017: dissipato il patrimonio della società omettendo di incassare i crediti vantati nei confr di COGNOME NOME NOMEfiglio della medesima imputata) per l’importo di euro 63.413,00; omesso di assumere iniziative per il recupero di altri crediti nei confronti di terzi per complessi 46.389,00; distratto beni dell’impresa (un autoveicolo Bobcat ed un impianto pesa bestiame); tenuto i libri e le altre scritture contabili in guisa da non consentire la ricostruzione del pat della società, in particolare falsificando il saldo cassa, indicando valori elevati di omettendo di approvare i bilanci di esercizio dal 2013 in poi, omettendo di tenere le scritt contabili per gli anni 2016 e 2017, ed inoltre di consegnare il libro dei verbali di amministrazi
L’imputata, per il tramite del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Deduce, con il primo motivo, vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo A), chiedendo la riqualificazione de condotta ai sensi dell’art. 217 legge fall.
La condotta distrattiva, e dunque il presupposto della effettiva esistenza dei beni, non pu essere fondata sulla presunzione di attendibilità dei libri e delle scritture contabili; in Corte di appello ha ritenuto, senza fondamento e in contrasto con il parere del consulente COGNOME, che i beni distratti possano avere “un valore non irrisorio”.
Con riferimento alla contestata condotta di dissipazione, la Corte di appello, inoltre, avreb omesso di considerare che: l’imputata ha assunto la qualifica di amministratore unico della società fallita, in data 31/03/2014, e che la società ha di fatto cessato la propria attivi 2015, facendo registrare un andamento decrescente a partire dal 2013; i rapporti fra la società ed i clienti erano spesso regolati in contanti; la prova della dissipazione non può essere ricav dal mero dato contabile, in assenza di altri elementi concreti anche riferibili all’elem soggettivo del reato.
2.2. Con il secondo motivo denuncia vizi di violazione di legge con riferimento all’element soggettivo della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, chiedendo la riqualificazion della condotta contestata ai sensi dell’art. 217 legge fall. Deduce, con richiamo di speci approdi ermeneutici di questa Corte in tema di bancarotta fraudolenta documentale, che la Corte di appello, con riferimento alla condotta di omessa tenuta delle scritture contabili in relaz agli anni 2016 e 2017, ha erroneamente ritenuto sussistente l’elemento soggettivo, individuandolo nel dolo generico anziché nel dolo specifico. Una volta contestata la condotta d omessa tenuta della contabilità, il giudice non può ritenere integrata la condotta di irrego tenuta della stessa (punibile a titolo di dolo generico): la sentenza impugnata ha ricondot l’ipotesi di omessa tenuta delle scritture contabili a quella di “confusa” tenuta delle stesse, p
a titolo di dolo generico. La società, peraltro, ha cessato ogni attività già nel 2015 e, per gli 2016 e 2017, l’omessa tenuta della contabilità può essere ricondotta alla fattispecie del bancarotta semplice.
2.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di violazione di legge e vizi di motivazione, relazione all’art. 219, comma 3, legge fall. dolendosi del mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui alla suddetta norma: il fallimento è stato dichiarato su istanza un solo creditore e la maggioranza dei creditori non ha presentato domanda di insinuazione al passivo fallimentare; tali elementi sarebbero indicativi di un soddisfacimento del credito o di danno patrimoniale di particolare tenuità.
2.4. Con il quarto motivo denuncia vizio di violazione di legge e vizi di motivazione, relazione all’art. 62 bis cod. pen. in considerazione dello stato di incensuratezza dell’imputat del soddisfacimento di gran parte dei creditori.
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) e dichiararsi inammissibile nel rest il ricorso;
Il difensore dell’imputato, con memoria, ha insistito nella richiesta di accoglimento d ricorso, associandosi, in via gradata, alle conclusioni del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è infondato limitatamente al primo motivo in quanto le censur espresse non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata e con quella di primo grado.
1.1. Relativamente alla questione sollevata dalla difesa, oggetto di analoga censura veicolata con i motivi di appello, secondo la quale l’esistenza di beni sociali, non rinvenuti curatore e ritenuti oggetto di condotta distrattiva, non può essere desunta dal mero dat contabile, la Corte territoriale ha fornito una motivazione immune da vizi logici e fondata pacifico insegnamento di questa Corte secondo cui la prova della distrazione dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione del destinazione dei beni suddetti alla garanzia dei creditori (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, de 2016, Aucello, Rv. 267710), in quanto «l’art. 87 legge fall., assegna al fallito obbligo di v circa la destinazione dei beni di impresa al momento dell’interpello formulato dal curatore riguardo, con espresso richiamo alla sanzione penale: l’obbligo di verità, penalmente sanzioNOME e gravante sul fallito ex art. 87 legge fall., unitamente alla sua responsabilità in ordin conservazione della garanzia patrimoniale, giustifica l’apparente inversione dell’oner della prova a suo carico, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavat
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(Sez. 5, n. 2732 del 16/12/2021, dep. 2022, Ciraolo, Rv. 282652)» (così in motivazione Sez. 5, n. 4829 del 12/01/2024, s.m.).
D’altra parte, la motivazione della pronunzia impugnata appare rispettosa anche dei principi enunciati da questa Corte, attraverso la sentenza richiamata dalla stessa difesa, secondo i quali «l’accertamento della previa disponibilità da parte dell’imputato dei beni non rinvenut seno all’impresa non può fondarsi sulla presunzione di attendibilità dei libri e delle scri contabili dell’impresa prevista dall’art. 2710 cod. civ., dovendo invece le risultanze desumi da questi atti essere valutate nella loro intrinseca attendibilità, anche alla luce documentazione reperita e delle prove concretamente esperibili, al fine di accertare la lor corrispondenza al reale andamento degli affari e delle dinamiche aziendali (Sez. 5, n. 52219 del 30/10/2014, Rv.262197)» (così in motivazione Sez. 5, 39507 del 15/09/2021, s.m.).
Nel caso in esame, invero, la Corte di appello ha dato conto di avere desunto la prova della esistenza fisica dei beni, già ammortizzati, oltre che dal dato contabile, per il qua evidenziato la mancanza di elementi di inattendibilità, anche dalla logica considerazione dell loro funzione, in quanto necessari all’esercizio dell’attività d’impresa ed ammortizzati nel co di diversi precedenti esercizi. La censura difensiva -sull’integrale ammortamento dei ben mancanti e sulla mancanza di prova del loro valore- non tiene conto del fatto che il valor contabile non coincide con quello di mercato, sussistendo in sede di ammortamento l’esigenza di evitare che l’iscrizione del bene per il suo intero valore l’anno dell’acquisto fornisc rappresentazione alterata della situazione contabile della società; inoltre, è one dell’interessato, una volta provata dall’accusa l’esistenza dei beni e la loro mancata restituzi alla curatela, dimostrare che questi fossero privi di qualsiasi valore e che dunque la l sottrazione non avesse in alcun modo inciso sulle disponibilità della procedura.
Deve ribadirsi, pertanto, il costante orientamento interpretativo secondo il quale la prov della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desu dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore (sia egli di fatto o di diritto), destinazione dei suddetti beni (Sez. 5, n. 669 del 04/10/2021, Rv. 282643-01; Sez. 5, n. 8260/16 del 22 settembre 2015, Rv. 267710; Sez. 5, n. 19896 del 7 marzo 2014, Rv. 259848; Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Rv. 262740; Sez. 5, n. 22894 del 17/04/2013, RV. 255385), ancorando tale principio alla peculiarità della normativa concorsuale in quanto le condott descritte nell’art. 216, comma primo, n. 1 I. fall. fanno (anche) diretto riferimento alla con infedele o sleale del fallito, nel contesto dell’obbligo di garanzia che grava sul medesimo a tut della conservazione delle ragioni creditorie.
1.2. Le censure mosse relativamente alla contestata condotta dissipativa -per essere subentrata la ricorrente nella gestione della società a partire da un momento prossimo a quello di una sostanziale cessazione dell’attività (risalente al 2015) ed essere stati i rapporti con i regolati “in contanti”- appaiono prive di incidenza rispetto alla natura della condotta contest ed aspecifiche rispetto alla motivazione resa dalla Corte di appello, che ha rilevato com l’imputata, amministratore unico della società fin dal 31/03/2014, abbia dissipato il patrimon
attraverso la mancata riscossione di crediti della società (uno dei quali, maturato nel 2014 p complessivi euro 63.413,24, nei confronti del figlio della stessa, in precedenza socio e amministratore unico della società), non avendo posto in essere alcuna iniziativa volta ad assicurare la riscossione degli stessi.
Il comportamento posto in essere, lontano da ogni logica di buona gestione societaria, è stato correttamente ricondotto nell’alveo della fattispecie di bancarotta fraudolenta dissipazione, integrata, secondo la giurisprudenza di questa Corte, da ogni attività non so completamente estranea all’oggetto sociale, ma incoerente con le esigenze economiche dell’azienda e che si risolvono in una ingiustificata e volontaria sottrazione dei beni dell’imp alla loro naturale funzione di garanzia delle passività della medesima (Sez. 5, n. 7437 de 15/10/2020, Rv. 280550-02): in particolare, è stato correttamente messo in rilievo sia il da oggettivo della sua contrarietà al raggiungimento dello scopo sociale ed al soddisfacimento delle esigenze dell’impresa, sia il dato soggettivo della consapevolezza dell’imputata di aggravare la situazione della crisi in cui la società versava, oltre che di favorire l’impresa del figlio.
È fondato, invece, il secondo motivo, con il quale si lamenta vizio di motivazione ordine al reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo B).
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, «in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il d specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costitui una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), legge fall rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi.» (Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, Inverardi, Rv. 276650).
L’occultamento delle scritture contabili – nel cui perimetro rientra anche l’ipotes omessa tenuta- è punito a titolo di dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori; la cond di fraudolenta tenuta di tali scritture integra invece un’ipotesi di reato a dolo generico presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904).
La distinzione delle due fondamentali categorie di manifestazione della condotta penalmente rilevante in tema di bancarotta fraudolenta documentale è stata di recente affrontata anche sotto l’aspetto dell’individuazione del discrimine tra la condotta di falsificaz integrante la bancarotta documentale, di cui alla prima parte della disposizione incriminatric punita a titolo di dolo specifico, e quella concernente la condotta di cui alla seconda pa dell’art. 216, comma 1, n. 2, legge fallimentare, punita a titolo di dolo generico. In tal se stato chiarito che «la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fatt di bancarotta documentale prevista dalla prima parte della norma da ultima citata può avere natura tanto materiale che ideologica, ma consiste comunque in un intervento manipolativo su
una realtà contabile già definitivamente formata. La condotta integrante la fatti di bancarotta documentale ‘generica’ si realizza sempre, invece, con un falso ideologico, che si caratterizza per la contestualità alla tenuta della contabilità. In altri termini, l’annot originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di da veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norm incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall.» (Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, COGNOME NOME, Rv. 278321).
Nel caso in esame la sentenza impugnata non risulta avere fatto buon governo di tali insegnamenti avendo considerato, previa inversione dei risultati del pacifico approdo giurisprudenziale, punibile, a titolo di dolo specifico, la condotta di tenuta fraudolenta scritture contabili, nonché, a titolo di dolo generico, la condotta di omessa tenuta delle scri contabili. In definitiva, la motivazione della sentenza impugnata – in ogni caso carente punto- costituisce l’esito di un disorientamento concettuale, da parte della Corte territor circa le categorie interpretative che individuano la fattispecie di bancarotta fraudol documentale nella sua duplice declinazione.
La sentenza impugnata, in accoglimento delle doglianze del difensore, deve essere annullata, rimanendo assorbita la questione relativa alla possibile diversa qualificazione del condotta ai sensi dell’art. 217, comma 2, legge fall.
È manifestamente infondato il terzo motivo concernente il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di particolare tenuità, ancorato all circostanza che il fallimento è stato dichiarato su istanza di un solo creditore e che “la magg parte” dei creditori non risulta avere presentato domanda di insinuazione al passivo fallimentare avendo la Corte di appello, con motivazione congrua e non manifestamente illogica, evidenziato l’irrilevanza delle circostanze dedotte rispetto al beneficio invocato, oltre che escluso la ricor del presupposto giustificativo dello stesso (ovvero la configurabilità di un pregiud particolarmente tenue).
4. È manifestamente infondato anche l’ultimo motivo.
La Corte territoriale si è attenuta al principio reiteratamente affermato sul tema da giurisprudenza di legittimità, secondo il quale le attenuanti generiche non vanno intese come oggetto di benevola “concessione” da parte del giudice, nell’ambito del suo potere discrezionale, ma come riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non ricomprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen. (così Sez. 1, n. 46568 del 18/05/20 Lamin, Rv. 36 271315; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 2, n. 35570 del 30/05/2017, COGNOME, Rv. 270694, nonché, di recente, Sez. 3, n. 26272 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 276044, in motivazione).
Sotto altro profilo, «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generi essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62-bis, disposta con il dl. 23 maggio 2008, n. 9 convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della conces della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 395 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610; da ultimo v. Sez. 3, n. 7755 del 21/01/2021, COGNOME, non mass.).
Inoltre, il giudice di merito non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elem dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quel decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valut (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549; Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275509; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826).
5. In conclusione, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio ad altra sezione della Corte di appel di Messina, per un nuovo esame sul punto alla stregua dei principi sopra enunciati. Nel resto il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Messina. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 10/07/2024.