Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 6398 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 6398 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/01/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria di replica con la quale il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Cagliari confermava la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
Avverso la richiamata sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, affidandosi a due motivi di impugnazione, di seguito riportati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 216, comma 1, n. 2, I.fall., poiché la sentenza impugnata avrebbe erroneamente disatteso i motivi di gravame in ordine all’insussistenza del dolo specifico necessario per l’integrazione del delitto contestato, non considerando una serie di circostanze rilevanti, ossia che: le condotte relative ii suoi rapporti con il curatore erano successive al reato; egli aveva assunto l’incarico di amministratore nel luglio 2009, quando la società era inattiva e non vi erano poste contabili da registrare, sicché l’omessa tenuta della contabilità negli anni 2009 e 2010 era stata dovuta a mera negligenza.
2.2. Mediante il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di travisamento della prova per omissione laddove la Corte territoriale avrebbe ritenuto la sussistenza del dolo specifico facendo leva sulle dichiarazioni del teste COGNOME, senza tenere conto, invece, di quelle del commercialista COGNOME, che avevano confermato l’impedimento all’accesso, da parte del primo, sino al 2010, ai locali nei quali erano contenuti i documenti contabili necessari per la predisposizione della dichiarazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso non è fondato.
Occorre premettere che è stato ormai ripetutamente chiarito nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di arrecare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa nell’ambito dell’art. 216, comma primo, n. 2), legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente
>- rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (ex ceteris, Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279838 – 01; Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650 – 01). Tuttavia come è stato ulteriormente precisato, nella bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della contabilità interna lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (cfr., ex aliis, Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME Pietra, Rv. 284304 – 01).
Orbene, la pronuncia impugnata, come già quella di primo grado, ha individuato, nel solco della richiamata giurisprudenza, una serie di indici idonei a illuminare il dolo specifico di omettere la predisposizione delle scritture contabili al fine di arrecare pregiudizio ai creditori.
In primo luogo è stato evidenziato che, a differenza di quanto dedotto dall’imputato, sebbene per un breve periodo, l’attività della società fallita in Sardegna si era svolta agli inizi dell’anno 2009 senza che vi fosse alcuna documentazione contabile.
Inoltre, rispetto all’omessa tenuta della contabilità, nell’istruttoria son risultate non veritiere le giustificazioni addotte dal ricorrente, nel senso che i documenti contabili si trovavano in un capannone nel quale il teste COGNOME gli aveva impedito l’accesso sino all’anno 2010, poiché detto teste ha smentito tale circostanza nel corso del dibattimento e, peraltro, non vi è alcuna prova della richiesta della documentazione al medesimo prima della consegna avvenuta il 4 marzo 2010.
D’altra parte rilievo decisivo rispetto alle indicate considerazioni assume la circostanza che i documenti che si trovavano nel capannone in questione sono quelli afferenti la contabilità sociale sino all’anno 2008, e dunque non quelli per l’assenza dei quali è stata elevata la prospettazione accusatoria nei confronti del COGNOME.
Che, di poi, come ancora una volta osserva, con motivazione congrua, la decisione impugnata, l’omessa tenuta della contabilità avesse la finalità di sottrarre le risorse economiche della fallita ai creditori è corroborato anche dalla circostanza che lo stesso ricorrente ha dichiarato al curatore, in data 8 novembre 2010, che la società disponeva di un grande quantitativo di merce a Maranello. Tuttavia l’imputato si era reso in seguito irreperibile non consentendo alla Curatela di recuperare tali beni.
2. Il secondo motivo è inammissibile.
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E’ opportuno premettere che il vizio di “travisamentc della prova” (o di contraddittorietà processuale come lo qualifica la dottrina più attenta) chiama in causa, in linea generale, le ipotesi di infedeltà della motivazione rispetto al processo e, dunque, le distorsioni del patrimonio conoscitivo valorizzato dalla motivazione rispetto a quello effettivamente acquisito nel giudizio. Tre sono le figure di patologia della motivazione riconducibili al vizio in esame: la mancata valutazione di una prova decisiva (travisamento per omissione); l’utilizzazione di una prova sulla base di un’erronea ricostruzione del relativo “significante” (cd. travisamento delle risultanze probatorie); l’utilizzazione di una prova non acquisita al processo (cd. travisamento per invenzione). Tale vizio vede comunque circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME Welton, Rv. 283370 – 01).
Nella specie, il lamentato travisamento per omissione sarebbe costituito, secondo quanto rappresentato nel motivo di ricorso, dal mancato vaglio della testimonianza del commercialista, dottor COGNOME, il quale aveva confermato la deduzione del Serra secondo la quale, sino all’anno 2010 era stato reso impossibile l’accesso dal Curatore della società RAGIONE_SOCIALE al capannone della stessa dove vi erano le scritture contabili della società fallita, ciò che si porrebbe in contrasto con le dichiarazioni del teste COGNOME, le uniche, di contro, vagliate ai fini della decisione, sul fatto che egli non aveva impedito detto accesso.
Sennonché la censura del ricorrente non rientra nell’ambito del travisamento per omissione che schiude le porte al sindacato di legittimità entro i termini che si sono richiamati bensì attiene alla valutazione complessiva delle prove assunte da parte del giudice di merito ai fini della ricostruzione dei fatti, valutazione che, ove sorretta da una congrua motivazione, non può essere rivisitata dalla Corte di cassazione.
Infatti la decisione impugnata non ha valorizzato, in maniera ragionevole, le dichiarazioni del dottor COGNOME, atteso che, come si è già rilevato, ad ogni modo, esse afferivano a circostanze non decisive poiché la documentazione contabile della società fallita che si trovava nel capannone nel quale sarebbe stato impedito l’accesso era quella sino all’anno 2008 e, dunque, priva di rilievo rispetto all’imputazione e alla condanna che hanno riguardo zilla sottrazione agli organi fallimentari delle scritture contabili e dei documenti fiscali della società negli anni 2009 e 2010.
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Il ricorso deve dunque essere nei complesso rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q..M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2023 Il Consigliere COGNOME
Il Presidente