Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31536 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31536 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 03/07/1981
avverso la sentenza del 28/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
NOME
che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Roma, in data 2.12.2022, aveva condannato NOME COGNOME alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta impropria da operazioni dolose, in rubrica ascrittigli ai capi dal n. 1 al n. 4, dell’imputazione, in qualità di legale responsabile della società “RAGIONE_SOCIALE“, società, a sua volta, divenuta amministratore unico (dal 3.2.2014) e poi liquidatore della società “RAGIONE_SOCIALE” (dal 2.10.2015), dichiarata fallita dal tribunale di Roma con sentenza del 23.5.2017, assolveva l’imputato dai reati di cui ai capi n.1 e n. 2, con la formula per non aver commesso il fatto, e dal reato di cui al capo n. 4, con la formula perché il fatto non sussiste, GLYPH con GLYPH conseguente GLYPH rideterminazione GLYPH del GLYPH trattamento sanzionatorio, previa esclusione della sussistenza delle contestate circostanze aggravanti, in favore del prevenuto, rigettando, nel resto, l’appello.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’Huber, lamentando, GLYPH con GLYPH riferimento GLYPH all’unico GLYPH reato GLYPH “sopravvissuto” all’assoluzione, vale a dire il delitto di bancarotta fraudolenta documentale “specifica” per sottrazione delle scritture contabili, di cui al capo n. 3: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine alla ritenuta inidoneità della documentazione consegnata al curatore per la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, che il curatore fallimentare, le cui dichiarazioni sono state pienamente recepite dalla sentenza, afferma incompleta per gli anni antecedenti il 2014, e pressoché deficitaria per gli anni successivi al 2013, in pieno contrasto con il contenuto della sua stessa deposizione dibattimentale (ove egli enuclea, fra la documentazione, anche documentazione societaria e fiscale successiva al 2013), nonché con le emergenze processuali, che evidenziano che la società, dal 2014, alla data del
fallimento, non ha svolto alcuna attività, tant’è che l’imputato è stato assolto dalla contestazione specifica di avere scientemente ritardato la presentazione dell’istanza di fallimento e così di avere aggravato il dissesto della società, e che la società, anche precedentemente al 2014 non aveva in pratica mai operato; 2) violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla sottrazione delle scritture contabili e al dolo specifico del reato, che il giudice di merito espressamente declina in concreto, ritenendo che l’imputato abbia “fatto sparire” le scritture contabili al fine precipuo di impedire che si potesse risalire alla destinazione di un finanziamento ex lege 488/1992, per un progetto di parco eolico pacificamente erogato in data antecedente all’assunzione della carica e altrettanto pacificamente “fatto sparire” dal precedente amministratore COGNOME. Tale conclusione della corte territoriale, ad avviso del ricorrente, è in palese contrasto con pacifiche risultanze processuali di segno opposto, quali: l’assenza di prova circa un qualche rapporto fra l’COGNOME e il precedente amministratore COGNOME; l’avvenuta assoluzione in altro procedimento del COGNOME dai medesimi reati sulla base del medesimo, scarno, corredo probatorio; l’avvenuta attribuzione di incarico gestorio a 360 gradi al procuratore COGNOME comprendente anche l’handling della documentazione contabile e societaria, che il citato COGNOME ha confermato essere nella sua disponibilità; l’avvenuta presentazione di istanza di fallimento in proprio a iniziativa e firma del COGNOME, con assunzione di formale impegno “di consegnare i documenti di cui all’art. 14, I. fall., entro il termine di giorni 15 dalla iscrizione a ruolo della presente istanza”; l’intervento di COGNOME nella fase post fallimentare, ove egli, anziché ostacolare l’attività del COGNOME, lo esorta formalmente, a collaborare pienamente con la curatela del fallimento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso è fondato e va accolto nei seguenti termini.
In via preliminare va rilevata l’infondatezza di alcune delle censure articolate dal difensore, allo scopo di individuare con sufficiente determinatezza il perimetro decisionale entro cui dovrà muoversi il giudice del rinvio.
4.1. La circostanza che la società fosse di fatto inattiva, non determina il venir meno dell’elemento oggettivo del reato.
Il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, infatti, si presenta come un reato di pericolo, per cui fino a quando la società non viene meno attraverso la procedura della cancellazione, vi è sempre uno specifico interesse del pubblico e dei potenziali creditori a essere informati sulla situazione patrimoniale e sul giro di affari della società.
Come è stato affermato dalla giurisprudenza di questa Corte con orientamento costante, il delitto di bancarotta semplice (art. 217 I. fall.) è reato di pericolo presunto che, mirando ad evitare che sussistano ostacoli alla attività di ricostruzione del patrimonio aziendale e dei movimenti che lo hanno costituito, persegue la finalità di consentire ai creditori l’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale, sulla quale possano soddisfarsi. Pertanto, la fattispecie incriminatrice – consistendo nel mero inadempimento di un precetto formale (il comportamento imposto all’imprenditore dall’art. 2214 cod. civ.) – integra un reato di mera condotta, che si realizza anche quando non si verifichi, in concreto, danno per i creditori. L’obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno se l’azienda non abbia formalmente cessato l’attività, anche se manchino passività insolute, ma viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese (cfr. Sez. 5, n. 20911 del 19/04/2011, Rv. 25040; Sez. 5, n. 35168 del 11/07/2005, Rv. 232572).
Principi ribaditi anche con riferimento alla bancarotta fraudolenta documentale, essendosi fatto notare come sia errato il convincimento che tende a giustificare il comportamento (parzialmente) omissivo in violazione dell’obbligo documentativo dell’imprenditore stabilito dall’art. 2214 c.c., con il richiamo all’inattività della società fallita, volendo in tal modo dedurre la cessazione della penale responsabilità. Infatti, gli obblighi documentali (che rinvengono presidio penale nelle norme della legge fallimentare) sopravvivono alla cessazione dell’attività, venendo meno soltanto quando la cessazione dell’attività sociale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese (cfr. anche L. Fall., art.
10) e perché, anche nell’assenza di effettiva gestione, decorrono comunque – obbligazioni che sino all’avvio della procedura concorsuale, coinvolgono il patrimonio dell’impresa, come gli oneri sulle passività finanziarie o fiscali (cfr. Sez. V, 15.7.2010, n. 27650).
Nel caso che ci occupa, come rilevato dalla corte territoriale, la società fallita è stata costituita allo scopo di ricevere fondi pubblici per la realizzazione di un parco eolico.
Tali fondi erano stati effettivamente erogati ma di essi si è persa ogni traccia: il curatore fallimentare non li ha rinvenuti, non riuscendo nemmeno a risalire alla loro utilizzazione, così come nessun parco eolico è stato realizzato, ragione per la quale si era proceduto per bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva, commessa in concorso tra loro, nei confronti del precedente amministratore della “RAGIONE_SOCIALE“, COGNOME NOMECOGNOME e dell’attuale ricorrente, subentrategli quale amministratore unico quanto meno a partire dal 3.2.2021, data di iscrizione della nomina presso la CCIAA.
Orbene, la corte territoriale, investita solo dell’appello dello COGNOME, ha osservato che nei confronti del COGNOME era stata pronunciata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Asti, in data 19.10.2022, nell’ambito di un procedimento penale, definito in sede di giudizio abbreviato, “avente a oggetto un’impressionante serie di delitti fallimentari e tributari concernenti Le società del c.d. RAGIONE_SOCIALE“, sentenza di assoluzione per non avere commesso il fatto con riferimento ai fatti distrattivi contestati allo RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del fallimento della “RAGIONE_SOCIALE“.
Di conseguenza, essendo pacifico che nel momento in cui lo COGNOME divenne amministratore della fallita i fondi già non erano più nella disponibilità della “Maestrale” e non essendo stato dimostrato il co orso del ricorrente nell’attività distrattiva , l corte territoriale lo assolveva dai fatti distrattivi per non aver commesso il fatto (cfr. pp. 8-10 della sentenza oggetto di ricorso), ritenendolo, invece, responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale, in ragione della carica di amministratore di diritto rivestita dal ricorrente.
Sul punto l’imputato ha eccepito, anche in appello, che non sia possibile ipotizzare alcuna responsabilità nei suoi confronti, avendo egli, pur nella consapevolezza della carica rivestita, nominato un “procuratore ad acta per l’esercizio di tale funzione” nella persona di NOME COGNOME, professionista iscritto nell’albo dei Dottori Commercialisti di Pisa” (cfr. p. 6 dell’impugnata sentenza).
Si tratta, tuttavia, come correttamente rilevato dal giudice di appello, di una tesi non sostenibile.
La nomina di un procuratore speciale, invero, non esclude la responsabilità dell’amministratore di diritto, ponendo, piuttosto, le condizioni per un eventuale concorso del procuratore speciale nel reato dell’amministratore di diritto, in qualità di extraneus.
In questo senso depone il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte.
Da tempo, infatti, si è affermato che, in tema di fatti di bancarotta fraudolenta, di cui all’art. 223 legge fallimentare, il rilascio di una formale procura da parte dell’apparente amministratore della società non esclude che costui sia un “uomo di paglia” e che il vero amministratore sia l’apparente procuratore, né esclude il concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta con l’amministratore. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, la produzione di copia fotostatica di una procura speciale rilasciata dal formale amministratore della società, avvenuta soltanto in sede di legittimità in allegato ai motivi di ricorso, è stata ritenuta, oltre che tardiva ed irrituale, anche irrilevante: cfr. Sez. 5, n. 5150 del 12/02/1992, Rv. 190060).
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, d’altro canto, l’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare
dell’impresa. (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, Rv. 280133).
A norma degli artt. 2214 e 2241 cod. civ., infatti, l’imprenditore che esercita un’attività commerciale è obbligato, personalmente, alla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili nella propria azienda. Egli può avvalersi dell’opera di un tecnico, sia esso un proprio dipendente o un libero professionista, ma resta sempre responsabile per l’attività da essi svolta nell’ambito dell’impresa. In caso di fallimento, quindi, risponde penalmente dell’attività e delle omissioni delle persone da lui incaricate che non hanno tenuto, in assoluto, o non hanno tenuto regolarmente i libri e le scritture contabili prescritte dalla legge. Il principio opera nel caso di inquadrabilità della condotta sia in reati punibili per dolo o colpa (bancarotta semplice), sia in delitti punibili soltanto a titolo di dolo (bancarotta fraudolenta documentale) (cfr. Sez. 5, n. 709 del 01/10/1998, Rv. 212147).
Va, poi, chiarito che l’amministratore risponde anche dell’omessa o della irregolare tenuta delle scritture contabili verificatasi nel periodo in cui egli non era amministratore di diritto della società, in presenza di una sua inerzia sul punto, una volta divenuto amministratore.
Come affermato, infatti, di recente da un condivisibile arresto della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 39160 del 04/10/2024, Rv. 287061), in tema di bancarotta fraudolenta documentale, in caso di avvicendamento nella gestione di una società, il nuovo amministratore ha l’obbligo di verificare l’effettiva e corretta tenuta delle scritture contabili da parte del predecessore, nonché di ricostruire la documentazione eventualmente mancante o inidonea, di ripristinare i libri e le scritture contabili mancanti e di regolarizzare le scritture erronee, lacunose o false. (In motivazione la Corte ha affermato che, comunque, sull’amministratore cessato permane la responsabilità per la tenuta della contabilità nel periodo in cui ha ricoperto la carica e per l’eventuale occultamento, in tutto o in parte, della documentazione al momento del passaggio di consegne).
4.2. Tanto premesso, occorre soffermarsi sul tipo di bancarotta fraudolenta documentale di cui è stata ritenuta la sussistenza dai giudici di merito, a fronte della solita formulazione ibrida del capo di imputazione, che combina profili di entrambe le fattispecie prese in considerazione dall’art. 216, co. 1, n. 2), I.fall. (“allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori sottraevano le scritture contabili della società in modo da non rendere possibili la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita”), trattandosi di questione decisiva per valutare la correttezza della decisione della corte di appello sulla configurabilità nel caso in esame degli elementi costitutivi del delitto per cui si procede.
Preliminarmente va ribadito che, in tema di irregolare tenuta dei libri contabili nei reati fallimentari, a differenza del reato di bancarotta semplice in cui l’illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, l’elemento oggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale riguarda tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi, ancorché non obbligatori (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 55065 del 14/11/2016, Rv. 268867).
Dunque, l’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sue gestione, diversamente da quanto previsto per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale, in relazione alla quale l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 37459 del 22/09/2021 Ud. (dep. 14/10/2021) Rv. 281875).
Orbene, come affermato con costante orientamento dalla giurisprudenza di legittimità, integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, Rv. 279179).
In una serie di condivisibili arresti si è, inoltre, precisato, che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture
contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Cass., Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Rv. 269904; Cass., Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Rv. 276650; Cass., Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
Per integrare tale forma di bancarotta (cd. bancarotta fraudolenta documentale specifica), non si richiede, dunque, un effettivo pregiudizio delle ragioni del ceto creditorio, ma solo che la condotta del soggetto attivo del reato sia sostenuta dalla finalità di arrecare pregiudizio ai creditori (ovvero di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto).
Principi ribaditi in un recente e condivisibile arresto di questa Corte, in cui si è evidenziato che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, rientra nella prima fattispecie delineata dall’art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, la nozione di omessa tenuta, anche parziale, delle scritture contabili, che comprende non solo la mancata istituzione di uno o più libri contabili, ma anche l’ipotesi della materiale esistenza dei libri “lasciati in bianco” ((cfr. Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, Rv. 287175).
Alla luce di tali principi non è revocabile in dubbio che il giudice di appello abbia qualificato la condotta contestata al ricorrente in termini di bancarotta fraudolenta documentale specifica, evidenziando una sottrazione, almeno parziale, ma “significativa”, dei libri e delle scritture contabili, avendo il curatore ricevuto solo documentazione antecedente l’esercizio dell’anno 2014, peraltro, come riferito dal curatore fallimentare, NOMECOGNOME incompleta, perché “priva dell’allegazione dei mastrini e del libro IVA acquisti compilato per gli ultimi due trimestri del
2013”, circostanza che non aveva consentito al curatore fallimentare di ricostruire, tra l’altro, “le sorti dell’ingente finanziamento” erogato dallo Stato alla società fallita (cfr. pp. 5-6; 10 della sentenza impugnata).
Sul punto il ricorrente lamenta che la corte territoriale, anzi sarebbe più corretto dire, il curatore fallimentare, non ha adeguatamente spiegato perché sulla base di tale documentazione non fosse stato possibile ricostruire il patrimonio e il giro d’affari della fallita, ma, accanto alla considerazione che si tratta di un rilievo di natura meramente fattuale, non consentito in questa sede di legittimità, va osservato che, come si evince dallo stesso elenco dei documenti consegnati al curatore fallimentare dal dott. NOME COGNOME su delega del dott. COGNOME risulta acclarata, tra l’altro, la mancata tenuta delle scritture obbligatorie ex art. 2214, co. 1, c.c., libro giornale e libro degli inventari per gli anni 2013 e 2014, con conseguente lesione del bene giuridico protetto, che, come affermato dal costante insegnamento di questa Corte, non è circoscritto a una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili GLYPH dell’impresa, GLYPH riguardando, GLYPH piuttosto, GLYPH una conoscenza documentata e giuridicamente utile di tali vicende, in relazione all’interesse dei creditori alla conoscenza delle stesse e della consistenza del patrimonio della società destinato a soddisfare le proprie ragioni (cd. ostensibilità della situazione patrimoniale del debitore: cfr., ex plurimis, Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, P.M. in proc. Loy.; Sez. 5, n. 24333 del 18/05/2005, Rv. 232212).
Ciò posto, deve osservarsi che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato.
Dovendo, piuttosto, consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di
procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica; della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica.
Appare, pertanto, evidente che tra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa (cfr., in questo senso, Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, Rv. 283983; Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, Rv. 283659; Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
Tale profilo risulta non sufficientemente meditato nella motivazione della sentenza di secondo grado.
La corte territoriale, infatti, ha dedotto in definitiva la configurabilità del dolo specifico in capo allo COGNOME dalla oggettiva mancanza (parziale) delle scritture contabili e dalla sua qualità di amministratore di diritto della società fallita, senza svolgere alcuna ulteriore effettiva indagine che consenta di ricondurre, al di là di ogni ragionevole dubbio, tale dato oggettivo a una specifica scelta dolosa dell’amministratore.
Si tratta di una lacuna motivazionale non giustificabile alla luce del motivo di impugnazione articolato dall’imputato nell’atto di appello, che investiva il delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
Né va taciuta la contraddizione in cui cade la corte territoriale, nell’ipotizzare che la bancarotta fraudolenta documentale sia servita a impedire la ricostruzione delle attività distrattive verosimilmente poste in essere dalla precedente compagine amministrativa (cfr. p. 12 della sentenza oggetto di ricorso), affermando, tuttavia, al tempo stesso, l’insussistenza di elementi che consentano di affermare la condivisione da parte del ricorrente delle finalità illecite in ipotesi avute di mira dal COGNOME (cfr. p. 9 della sentenza impugnata), che, ulteriore elemento di contraddizione, come si è detto, è stato assolto dai fatti distrattivi
Proprio l’assoluzione dello COGNOME e del COGNOME dal delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, in altri termini, avrebbe
imposto un maggiore approfondimento sul dolo specifico del delitto di bancarotta fraudolenta documentale “specifica” di cui di discute.
5. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Roma, affinché, con riferimento all’affermazione di responsabilità dello COGNOME per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale “specifica” provveda a colmare le evidenziate lacune motivazionali, uniformandosi ai principi di diritto in precedenza indicati.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma il 12.6.2025.