Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21861 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21861 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BRESCIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; udito l’AVV_NOTAIO nell’interesse del ricorrente, che ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Brescia, con la sentenza emessa il 30 giugno 2023, confermava la sentenza del Tribunale bresciano, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME – titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, dichiarato fallito – in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di un autocarro Iveco, ceduto simulatamente in favore della RAGIONE_SOCIALE, anche fallita, della quale era amministratrice unica la moglie dell’imputato, nonché per bancarotta fraudolenta documentale di tipo specifico, per sottrazione dei libri e delle scritture contabili dal 1 ottobre 2016 alla data del fallimento, nonché di bancarotta documentale di tipo generico per la tenuta irregolare delle stesse.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME«) COGNOME consta di tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione lamentando che la Corte di appello avrebbe ritenuto erroneamente che il piccolo imprenditore sia esonerato dalla tenuta ordinaria delle scritture e dei libri contabili, potendo accedere al regime semplificato, salvo poi rilevare che a fronte di tale esonero lo stesso venga meno al dovere di tenuta semplificata nel caso in cui la stessa sia preordinata a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio. Per altro l’imputato fino al 1 ottobre 2016 aveva tenuto regolarmente le scritture, e da tale data era cessata l’attività dell’impresa.
Il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione perché la Corte territoriale non avrebbe dato risposta alla censura in ordine al dolo necessario a sostenere il delitto di bancarotta documentale, risultando tautologico l’argomentare della Corte, non potendo trarsi dalla impossibilità della ricostruzione degli affari la prova del dolo richiesto, cosicché la sentenza impugnata avrebbe dovuto riqualificare la condotta.
Il terzo motivo deduce omessa motivazione in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, lamentando carenza di motivazione in ordine al dolo, limitandosi a verificare la sentenza impugnata sussistenti elementi che integrano la colpa e non il dolo.
Il ricorso è stato trattato con intervento delle parti, a seguito di tempestiva richiesta della difesa, ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, dl. n. 105 del 202, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso. Il
difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ha illustrato ulteriormente i motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
Quanto al primo motivo, va premesso che la contestazione di bancarotta fraudolenta documentale riguarda le due fattispecie astratte previste dall’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall., quella generica fino al 1 ottobre 2016, quella ‘specifica’ da tale data al fallimento.
La norma incriminatrice dell’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall. prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altr scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilit in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi e richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 259904).
Nel caso in esame le due sentenze di merito, che integrano un organismo argomentativo unitario data la doppia conformità, rilevano la sussistenza di entrambe le condotte nella loro oggettività.
Per un verso l’imputato non tenne il libro giornale, il libro inventari e tutte le scritture richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’azienda, osserva il Tribunale, limitandosi la tenuta ai soli registri Iva consegnati al curatore aggiornati solo fino al 30 settembre 2016, cosicché per il periodo seguente l’omissione fu totale (fol. 9, sentenza di primo grado).
La Corte di appello, rispetto al primo motivo di appello, richiama il consolidato orientamento di questa Corte in modo corretto: in tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili, previsto dall’art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta semplice (Sez. 5, Sentenza n. 33878 del 03/05/2017, COGNOME, Rv. 271608 – 01; Sez. F, n. 33402 del 06/08/2009, COGNOME, Rv. 244842 – 01).
Nello stesso senso si sono pronunciate anche le sentenza di questa Corte che si occupavano specificamente della contestazione di bancarotta documentale fraudolenta, e non semplice, affermando che, in tema di reati fallimentari, il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese
minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili previsto dall’art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare – ove preordinato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore – la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta fraudolenta documentale (Sez. 5, n. 52219 del 30/10/2014 Ragosa, Rv. 262198 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 656 del 13/11/2013, dep. 10/01/2014, COGNOME, Rv. 257958 – 01).
Proprio a queste pronunce rinvia la Corte di appello e la censura proposta con il primo motivo è quindi del tutto infondata.
A ben vedere, infatti, il richiamo alla impossibilità di ricostruzione del patrimonio non integra la fattispecie nella sua oggettività, come sembra lamentare il primo motivo dell’attuale ricorso, ma è da intendersi come elemento aggiuntivo e distintivo fra l’ipotesi di bancarotta fraudolenta e quella di bancarotta semplice.
In sostanza il dato di partenza, con il quale non si confronta il ricorso, è che la condotta di bancarotta documentale, sia essa semplice o fraudolenta, prevede che l’imprenditore di impresa minore debba tenere le scritture obbligatorie anche in caso di regime di contabilità semplificata, scritture che nel caso in esame il ricorrente non aveva detenuto né prima né dopo il 2016, con l’unica eccezione dei libri Iva, aggiornati fino al settembre 2016, che furono depositati alla curatela.
Quanto al secondo motivo, inerente il dolo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, nelle due forme contestate, lo stesso è fondato.
3.1 Deve osservarsi come in primo grado siano state ritenute sussistenti sia la fattispecie di bancarotta ‘specifica’ che quella ‘generica’, ma la motivazione quanto al dolo richiesto, rispettivamente specifico e generico, è stata articolata come segue: «l’entità della omissione contabile, che comprova la coscienza e volontà dell’imputato di pregiudicare le ragioni creditorie, al contempo rendendo impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali» (foll. 9 e 10 della sentenza di primo grado). Si tratta di una motivazione confusa, perché sovrappone i due coefficienti soggettivi, confondendoli.
A fronte del motivo di appello, la Corte territoriale puntualizza in modo più argomentato, ma non distingue nettamente fra le due diverse ipotesi di dolo, richieste per le fattispecie in contestazione.
Afferma la Corte di appello che occorre un «apprezzamento complessivo della condotta imprenditoriale tenuta dal fallito, il quale, come ricavabile dalla relazione del curatore, ha costantemente omesso il versamento dei tributi erariali e previdenziali, ha accumulato debiti tributari già a partire dall’esercizio 1989; inoltre, dalle stesse dichiarazioni rese dal fallito al curatore emerge la completa inaffidabilità delle scritture contabili. Peraltro, nella relazione integrativa redatt
dal curatore fallimentare si riporta chiaramente il dato della impossibilità di ricostruire il patrimonio aziendale per la mancanza delle scritture relative all’ultimo periodo di esercizio della impresa e per la non significatività di quelle consegnate. Tanto basta a denotare l’evidente scopo di pregiudizio ai creditori sotteso alla condotta omissiva tenuta, scopo che, all’evidenza, vale anche a connotare la condotta di fraudolenta tenuta delle scritture consegnate.
La stessa costituzione di una società, amministrata dalla moglie dell’imputato, che svolgeva la stessa attività della impresa fallita e in locale già nella disponibilità dell’impresa fallita è coerente col disegno di “dismissione” dell’impresa ormai decotta, cui la sottrazione delle scritture è all’evidenza funzionale».
Si tratta di una motivazione che confonde i coefficienti soggettivi relativamente alle due diverse fattispecie di bancarotta documentale contestate, richiamando l’impossibilità di ricostruzione delle movimentazioni aziendali come prova dell’evidente scopo di pregiudicare i creditori.
Diversamente va richiamata Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677, che ha evidenziato come: sia definitivamente superata ed assolutamente non più proponibile l’opzione ermeneutica secondo la quale, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, venivano ritenute condotte equivalenti la distruzione, l’occultamento o la mancata consegna al curatore della documentazione e l’omessa o irregolare o incompleta tenuta delle scritture contabili, sicché per la sussistenza del reato si riteneva sufficiente l’accertamento di una di esse e la presenza in capo all’imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, n. 8369 del 27/9/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259038; Sez. 5, n. 9435 del 12/6/1984, COGNOME, Rv. 166406; Sez. 5, n. 6967 del 11/05/1981, COGNOME, Rv. 148775); la differenza strutturale tra le due categorie, da un lato quella che ricomprende l’omessa tenuta delle scritture, ovvero la loro distruzione o il loro occultamento, e, dall’altro, quella relativa alla fraudolenta tenuta delle stesse, deve osservarsi come risulti invalsa nella prassi della consentita contestazione della fattispecie secondo una formulazione alternativa, di omissione delle scritture contabili ovvero di tenuta delle stesse in guisa tale da non consentire la ricostruzione del volume d’affari e del patrimonio della fallita (da ultimo: Sez. 5, n. 8902 del 19/01/2021, Tecchiati, Rv. 280572); se in sede di accertamento emerga la fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, anche nella forma della loro omessa tenuta, non può essere addebitata all’agente la fraudolenta tenuta delle medesime, proprio perché, come detto, tale ultima ipotesi implica un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli stessi organi fallimentari. Qualora emerga, come è per il caso in esame, sulla scorta di uno
specifico accertamento, che la contabilità sia in parte omessa ed in parte irregolarmente tenuta, e che detta ultima situazione renda impossibile o complessa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, evidentemente proprio la descritta struttura della norma rende possibile non solo la contestazione alternativa, ma anche la sufficienza, ai fini delle individuazione della fattispecie penalmente rilevante, dell’accertamento di una sola delle condotte, ancorché diversamente strutturate, purché risulti possibile configurare anche il relativo elemento soggettivo. Ciò che, invece, non appare in alcun modo possibile è la confusione tra le due diverse condotte, data la loro specificità strutturale, sia sotto l’aspetto della condotta che dell’elemento soggettivo.
Infatti. Sez. 5, Gualandri evidenzia come, una volta contestata la condotta per la quale è richiesto il dolo specifico, il giudice deve accertare la sussistenza delle prove in riferimento a tale ipotesi, non potendo, a fronte di una omessa tenuta della contabilità, anche parziale o limitata ad un determinato arco temporale, ritenere integrata, piuttosto, la condotta di tenuta irregolare della stessa. A fronte della possibilità che qualunque scrittura – anche non obbligatoria – possa essere funzionale a rivelare condotte distrattive o, comunque, incompatibili con una corretta gestione imprenditoriale e tali da determinare un vantaggio ingiusto per l’imprenditore o un pregiudizio per il ceto creditorio, va affermato il principio secondo cui la motivazione del giudice di merito deve individuare e spiegare la concreta attitudine e, quindi, l’incidenza, volta per volta, delle scritture prese in considerazione rispetto a tali determinazioni fenomeniche; il che, quindi, presuppone, auspicabilmente, anche la chiara indicazione, sin dalla fase della contestazione, della funzionalità delle scritture, in riferimento alla specifica condotta posta in essere ed alla corrispettiva attitudine delle stesse, come individuate, ad incidere sulla rappresentazione contabile dell’azienda e sulla sua alterazione: pertanto gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico, nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica non possono certamente coincidere con la mera scomparsa dei libri contabili, il che rende evidente come, in concreto, a fronte di fenomeni di distrazione, la prova della bancarotta documentale risulti indiscutibilmente più agevole. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Spetta ai giudici del merito individuare le ulteriori circostanze funzionali a circoscrivere la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori. In tal senso risulta evidente come tra le suddette circostanze assuma un rilievo fondamentale la condotta del fallito, nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa, nel senso che, una volta accertati fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il giudice di merito potrà, del tutto ragionevolmente, ricollegare, sul piano probatorio, che l’omessa tenuta della contabilità, o le condotte ad essa equivalenti,
siano funzionali alla detta dissimulazione di atti depauperativi, allo scopo di arrecare un pregiudizio ai creditori o avvantaggiare il fallito, ovvero terzi (tra le altre, Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, COGNOME NOME, Rv. 276910; Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 262384).
Altrettanto palesemente risulta come le situazioni maggiormente problematiche siano da individuare in quei casi in cui non si ravvisano condotte distrattive di alcun tipo. Se non risulta elevata alcuna contestazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, oppure sia intervenuta assoluzione per tale imputazione, va ribadita la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa sull’elemento soggettivo dell’addebito di bancarotta fraudolenta documentale, perché in tal caso la prova non può giovarsi della presunzione per la quale l’omessa tenuta (o la condotta di sottrazione equivalente) delle scritture contabili sia di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale. Ciò è ancora più vero nel caso della bancarotta fraudolenta documentale a dolo specifico che, come detto, può manifestarsi anche in forma di parziale omissione; in presenza di specifiche circostanze – come ad esempio, la coincidenza tra l’omissione e l’affermarsi di una condizione di insolvenza; l’accertamento di condotte distrattive specifiche; la totale irreperibilità del legale rappresentante dell’azienda o la mancata cooperazione dello stesso con gli organi della procedura fallimentare – è ben possibile argomentare come il quadro ricostruttivo appaia ragionevolmente incompatibile con un’ipotesi di trascuratezza colposa.
In tal caso, quindi, è possibile ritenere il dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice, purché sorretto da adeguata motivazione che dia conto anche della specifica funzione delle scritture contabili e della finalizzazione della loro omissione alla determinazione dell’evento su cui deve cadere la rappresentazione e la volontà del soggetto agente.
Diversamente, nel caso in cui non siano ravvisabili elementi a sostegno del dolo specifico, va senza dubbio esclusa la possibilità di far rientrare la condotta in quella punita a titolo di dolo generico, la cui struttura fenomenica – in quanto basata su scritture che, per quanto incomplete o inidonee alla ricostruzione dell’andamento dell’impresa, sono state sottoposte agli organi fallimentari – risulta del tutto eccentrica rispetto alla condotta omissiva, anche parziale.
In tali casi, se le circostanze della vicenda processuale non consentono di individuare compiutamente neanche una condotta di irregolare tenuta delle scritture contabili – ossia di altre scritture alterate e/o falsificate, diverse da quel non rinvenute – si verifica, senza alcun dubbio, l’assenza di elementi circostanziali che consentano di individuare il dolo specifico della fattispecie, con la conseguenza che la condotta dovrà essere inquadrata in quella di cui all’art. 217, comma 2, legge fallimentare.
A fronte di tali condivisi principi, richiamati da Sez. 5, Gualandri, il motivo di ricorso è quindi fondato, in quanto appare evidente una confusione fra le due fattispecie di bancarotta documentale in relazione ai rispettivi coefficienti soggettivi.
Va annullata sul punto la sentenza impugnata: spetterà alla Corte territoriale precisare gli indici rilevatori dei coefficienti soggettivi, se sussistenti, tenendo gl stessi ben distinti l’uno dall’altro.
Quanto al terzo motivo di ricorso, invece, lo stesso è infondato.
La Corte territoriale chiarisce che le sorti dell’autocarro siano rimaste ignote, come anche che l’imputato non si recò ove l’autocarro doveva essere, in occasione della redazione dell’inventario, e lo stesso non fu rinvenuto.
Corretto è quindi trarre dalla condotta dell’imputato, che non ha saputo indicare la destinazione dell’automezzo, in sintonia con il principio per cui la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere tratta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei suddetti beni (Sez. 5, n. 8260/16 del 22 settembre 2015, COGNOME, Rv. 267710; Sez. 5, n. 19896 del 7 marzo 2014, COGNOME, Rv. 259848; Sez. 5, n. 11095 del 13 febbraio 2014, COGNOME, Rv. 262740; Sez. 5, n. 22894 del 17 aprile 2013, COGNOME, RV. 255385; Sez. 5, n. 7048/09 del 27 novembre 2008, COGNOME, Rv. 243295; Sez. 5, n. 3400/05 del 15 dicembre 2004, COGNOME, Rv. 231411).
Solo nel caso in cui vi sia una indicazione specifica della destinazione aziendale dei beni da parte del fallito, il giudice non può ignorarne l’affermazione, quando però le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire I rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione (Sez. 5, n. 17228 del 17/01/2020, Costantino, Rv. 279204 – 01; mass. conf. n. 19896 del 2014 Rv. 259848 – 01). Ma nel caso in esame non risulta offerta alcuna informazione specifica, anzi l’imputato si è sottratto alla fase di individuazione del bene, rappresentando che lo stesso era stato pignorato, fermo restando che il pignoramento non era stato eseguito materialmente perché l’autocarro non era mai entrato nella effettiva disponibilità del creditore pignorante (cfr. sentenza di primo grado fol. 10). Ne consegue l’infondatezza del terzo mol:ivo.
La sentenza va dunque annullata con rinvio limitatamente all’imputazione di bancarotta documentale.
Il ricorso va invece rigettato nel resto.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Brescia. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, 12/03/2024
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