Bancarotta fraudolenta documentale: la contabilità semplificata non salva
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale per tutti gli imprenditori: il regime fiscale di contabilità semplificata non esonera dagli obblighi di tenuta dei libri contabili previsti dal codice civile. La loro omissione, se preordinata a danneggiare i creditori, configura il grave reato di bancarotta fraudolenta documentale. Questa ordinanza offre importanti chiarimenti sui doveri contabili dell’imprenditore e sulle conseguenze penali del loro inadempimento.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. I giudici di merito avevano accertato la sua responsabilità penale, riconoscendo le circostanze attenuanti generiche come equivalenti all’aggravante contestata. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a tre motivi principali per contestare la sua condanna.
L’analisi della Corte sui motivi di ricorso
La Suprema Corte ha esaminato e respinto tutti e tre i motivi di ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Primo Motivo: La bancarotta fraudolenta documentale e il regime semplificato
Il ricorrente sosteneva che la condanna per bancarotta fraudolenta documentale fosse illegittima. A suo dire, operando in regime di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette “imprese minori”, non era tenuto a mantenere i libri e le scritture contabili come prescritto dall’art. 2214 del codice civile. La Corte ha smontato questa tesi, definendola in “palese contrasto” con la giurisprudenza costante. I giudici hanno chiarito che il regime tributario agevolato non comporta un esonero dagli obblighi civilistici. Di conseguenza, l’inadempimento di tali obblighi, se finalizzato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore, integra pienamente la fattispecie penale.
Secondo Motivo: La sussistenza del dolo specifico
Il secondo motivo di ricorso contestava la motivazione della sentenza d’appello riguardo all’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo specifico. La Corte ha ritenuto questo motivo una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte correttamente dai giudici di merito. Il dolo specifico, in questo caso, è stato individuato nella precisa volontà di sottrarre ai creditori un ingente magazzino, oggetto della condotta distrattiva. La mancata tenuta delle scritture contabili è stata quindi vista come lo strumento per occultare tale sottrazione.
Terzo Motivo: Il bilanciamento delle circostanze
Infine, l’imputato lamentava l’errata applicazione dell’art. 69 del codice penale, chiedendo che le circostanze attenuanti generiche prevalessero sull’aggravante contestata. Anche questo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ricordato che il giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto è una valutazione discrezionale tipica del giudice di merito. Tale valutazione sfugge al sindacato di legittimità, a meno che non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico, cosa che nel caso di specie non è avvenuta, essendo la decisione supportata da una motivazione sufficiente.
Le motivazioni della decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati. La decisione si fonda su principi consolidati: le norme fiscali non derogano a quelle civilistiche in materia di obblighi contabili; il dolo specifico nella bancarotta documentale è integrato dalla finalità di recare pregiudizio ai creditori; il bilanciamento delle circostanze è un potere discrezionale del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato. La memoria difensiva presentata non ha aggiunto elementi nuovi o decisivi per superare le cause di inammissibilità.
Le conclusioni
Questa ordinanza è un monito per tutti gli imprenditori, in particolare per quelli che gestiscono imprese di minori dimensioni. L’adozione di un regime contabile semplificato ai fini fiscali non deve essere interpretata come una licenza a trascurare la tenuta di una contabilità ordinata e trasparente. La legge penale protegge l’integrità del patrimonio aziendale come garanzia per i creditori, e la corretta tenuta delle scritture contabili è uno strumento essenziale per questa tutela. L’omissione di tali obblighi, se dolosa, può portare a conseguenze penali molto gravi, come una condanna per bancarotta fraudolenta documentale.
Un’impresa in regime di contabilità semplificata può essere accusata di bancarotta fraudolenta documentale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il regime tributario di contabilità semplificata non esonera dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili previsto dal codice civile. L’inadempimento di tale obbligo, se preordinato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio, integra il reato.
In cosa consiste il dolo specifico nel reato di bancarotta fraudolenta documentale?
Il dolo specifico consiste nella precisa intenzione di recare un pregiudizio ai creditori. Nel caso esaminato, la Corte ha identificato tale dolo nella volontà dell’imputato di sottrarre ai creditori un ingente magazzino, utilizzando l’omessa tenuta della contabilità come mezzo per occultare la condotta.
La decisione del giudice sul bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti può essere contestata in Cassazione?
No, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o basata su un ragionamento illogico. La valutazione e la comparazione delle circostanze sono un giudizio discrezionale del giudice di merito che, se sorretto da una motivazione sufficiente, non è sindacabile dalla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2681 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2681 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GIARRE il 18/07/1958
avverso la sentenza del 09/04/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Catania che aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
Considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole della violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo 1) lett. b) in riferimento alla violazione dell’obbligo prescritto dall’art. 2214 cod. civ. – è manifestamente infondato in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto la costante giurisprudenza di legittimità secondo cui il regime tributario di contabilità semplificata, previsto per le cosiddette imprese minori, non comporta l’esonero dall’obbligo di tenuta dei libri e delle scritture contabili previsto dall’art. 2214 cod. civ., con la conseguenza che il suo inadempimento può integrare – ove preordinato a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore – la fattispecie incriminatrice del reato di bancarotta fraudolenta documentale (Sez. 5, n. 52219 del 30/10/2014, Ragosa, Rv. 262198; Sez. 5, n. 656 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 257958 – 01, nonché tra le ultime non massimate Sez. 5, n. 21961 del 12/03/2024, Legina);
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole del vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo per il reato di bancarotta fraudolenta documentale – è meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dal giudice di merito con corretti argomenti giuridici che traggono il dolo specifico dalla volontà di sottrarre ai creditori l’ingente magazzino oggetto della condotta distrattiva;
Considerato che il terzo motivo di ricorso – che invoca un giudizio di prevalenza ex art. 69 cod. pen. delle circostanze attenuanti generiche – è manifestamente infondato, poiché le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora, come nella specie (cfr. pag. 4), non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
Vista la memoria depositata dal difensore dell’imputato, che non aggiunge argomenti decisivi al fine di superare le cause di inammissibilità del ricorso;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/12/2024