Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28623 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28623 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a AFRICO il 18/10/1953
avverso la sentenza del 13/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso come da requisitoria in atti.
Uditi i difensori dell’imputato:
avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso dopo essersi soffermato su alcuni punti del ricorso depositato;
avvocato NOME COGNOME che si è riportato al ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di Milano, che ha confermato la decisione del G.U.P. del Tribunale di Como, con cui è stata dichiarata la responsabilità di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE> quale Presidente, dal 23/09/2008 al 20/07/2011, del C.d.A. della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 29/06/2022, per i delitti di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta fraudolenta distrattiva (compendiati nel capo 15 dell’imputazione), aggravati ai sensi dell’art. 219 comma 1 e comma 1 n. 2 L.F. (esclusa la recidiva)
Ricorre per cassazione l’imputato, per il tramite dei difensori di fiducia, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali si affidano a tre motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’a 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo, denunciano erronea applicazione della legge fallimentare e correlati vizi della motivazione con riguardo al delitto di bancarotta fraudolenta documentale, dolendosi della mancata dimostrazione del dolo specifico richiesto per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale nella forma della omessa tenuta delle scritture contabili. La Corte di appello erroneamente ha, invece, ritenuto sufficiente il mero dolo generico correlato alla fattispecie di bancarotta fraudolenta c.d. generica, di cui all’art. 216 co. 1 n. 2, ultima parte, L.F., peralt affidandosi, ai fini della affermazione di responsabilità, in assenza di altri indici fraudolenza, esclusivamente, alla ritenuta infedele annotazione contabile, in spregio al principio di diritto per cui nella bancarotta documentale il dolo non può coincidere con il mero dato della irregolare tenuta della documentazione contabile o, come nella specie, della scomparsa/omissione dei libri contabili, essendo necessari ulteriori elementi anche di natura logica in grado di fare emergere gli scopi perseguiti.
Inoltre, si deduce che la relazione del curatore attesterebbe una regolare tenuta delle scritture obbligatorie nel periodo di vigenza in carica del ricorrente e la consegna delle stesse al nuovo organo dell’amministrazione, all’atto delle dimissioni, tanto che scritture e libri fino agli anni 2011/2012 sarebbero giunti integri al curatore; che la declaratoria di fallimento è intervenuta solo nel giugno 2022, a distanza di oltre un decennio dalla cessazione della carica dello Scordo, a cui non può addebitarsi il mancato rinvenimento delle scritture per il periodo successivo. Lamentano ancora i difensori che la sentenza impugnata non avrebbe indicato «le ragioni per cui si assume che siano stati occultati documenti (fatture SDR e transazione Ferrari) della cui esistenza non è stata fornita alcuna prova, ma solo un’appostazione contabile alla voce “fatture da ricevere”, quindi, non ricevute; quindi – probabilmente- neppure emesse fino al tempo in cui il ricorrente è stato amministratore della fallita »
2.2. Analoghi vizi si denunciano con il secondo motivo, relativo alla bancarotta fraudolenta distrattiva, in specie con riguardo allo scrutinio del dolo generico, che non può confondersi con la mera carica ricoperta, e senza la specifica individuazione degli obblighi a cui sono correlate le condotte contestate, neppure rivestendo alcuna valenza dimostrativa l’affermazione che i pagamenti ritenuti distrattivi siano stati ricevuti da altra società (RAGIONE_SOCIALE, facente c allo stesso Scordo. In realtà, la sentenza impugnata non si è confrontata con la produzione difensiva, tendente a dimostrare che si trattasse di legittimi pagamenti in favore della SDR, che trovavano causa nell’incarico, conferito dalla fallita, avente a oggetto la esecuzione di opere edili di urbanizzazione. Inoltre, l’esiguità degli importi corrisposti rispetto alla importanza dell’opera, e l distanza dell’atto dispositivo rispetto al fallimento escludono il reato sia sotto profilo materiale che dal punto di vista del dolo.
2.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 78 co. 1 cod. proc. pen. come modificato dalla c.d. legge Cartabia, lamentando la mancata esposizione, nell’atto di costituzione di parte civile del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, delle ragioni poste a fondamento della domanda agli effetti civili, secondo l’interpretazione proveniente dalle sezioni Unite n. 38481/2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non sono fondati. 1.In linea generale può fin d’ora osservarsi che, dalle conformi sentenze di merito – che possono essere lette congiuntamente, in quanto in presenza di una “doppia conforme”, la sentenza impugnata e quella di primo grado si integrano tra loro (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997 – dep. 05/12/1997, COGNOME, Rv. 209145), cosicchè la motivazione deve essere apprezzata congiuntamente ( ez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218) – emerge, per un verso, la consapevole partecipazione dello Scordo alla bancarotta distrattiva, e, quanto alla bancarotta documentale, che quella ravvisata è la forma c.d. generale, integrata dal mero dolo generico.
1.1.Le argomentazioni spese dai giudici di merito, infatti, sono coerenti con l’ampio materiale probatorio, descrivono le vicende che hanno interessato la società poi fallita, individuano il ruolo svolto dal ricorrente, mettendo, quindi, i luce – del tutto ragionevolmente e con motivazione persuasiva – le ragioni della ritenuta configurabilità della responsabilità in capo allo Scordo per i reati ascritt compiuti nella sua veste di Presidente del consiglio di amministrazione della società poi fallita.
Inoltre, è bene ricordare che nel giudizio di legittimità, non è consentito invocare una valutazione o rivalutazione degli elementi probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete. Esula, infatti, dai pote
della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospetta una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze pro (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260). Più di recente si è sostenuto che, nel gi di cassazione, sono precluse al Giudice di legittimità la rilettura degli ele fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuov diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorre maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 Ud., dep. 202 Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; pronunzie che trovan precedenti conformi in Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, COGNOME, Rv. 233780; S 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).
Ciò premesso, non ha pregio il primo motivo, afferente alla bancar documentale, in relazioneilla quale ci si duole della mancata dimostrazione del specifico richiesto per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale nella della omessa tenuta delle scritture contabili.
2.1. Nella sentenza di primo grado la ricostruzione della condotta de Scordo, da un punto di vista materiale, è avvenuta “alla luce della (almeno) parziale alterazione delle scritture, nonché nella tenuta assolutamente irregolare delle predette scritture obbligatorie, così rendendo incompleta e distorta la ricostruzione del patrimonio sociale e del movimento degli affari, in danno dei creditori e al fine di procurarsi un ingiusto profitto.” Quanto al profilo soggettivo, la stessa sentenza ha ricordato che “in tema di bancarotta documentale c.d. ‘generica’, per la sussistenza del dolo dell’amministratore solo formale non occorre che questi si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilità volti ad impedire o a rendere più difficoltosa ricostruzione degli affari della fallita, ma è sufficiente che l’abdicazione ag obblighi da cui è gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilità dell’alterazione fraudolenta della contabilità e dal mancato esercizio dei poteri -doveri di vigilanza e controllo che gli competono”. ( pg. 20 della sentenza di primo grado).
2.2.Dal canto suo, la sentenza impugnata ha già precisato – replicando a doglianza difensiva dell’appellante – che “non gli è contestata l’omessa tenuta delle scritture contabili quanto l’irregolarità della tenuta delle stesse nel periodo in cui ha ricoperto la carica formale, in quanto sostanzialmente sprovviste di qualsivoglia supporto documentale a riscontro”
2.3. Dunque, i giudici di merito hanno chiaramente ravvisato, nella specie, la c.d. bancarotta generale, per la quale “non è necessaria la prova del dolo specifico ma è sufficiente la prova del dolo generico, come correttamente argomentato dal primo giudice” ( pg. 18 della sentenza impugnata).
2.4. Occorre, quindi, considerare che la contestazione formulata nel capo di imputazione è articolata in termini alternativi e/o cumulativi, venendo descritta nel senso che l’imputato “con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, sottraevano, distruggevano e/o falsificavano in tutto o in parte e/o tenevano i libri e le scritture conta obbligatorie in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”.
In proposito, giova evidenziare come si ritenga ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudolenta tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo generico, non determinando tale mòdalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione.(Sez.5 n. 8902 del 19/01/2021, Rv. 280572; Sez. 5, n. 27930 del 01/07/2020, Rv. 27963601). Quest’ultima decisione, riassumendo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, ha ribadito che è legittima la contestazione, nel decreto che dispone il giudizio, di imputazioni alternative, sia nel senso di più reati, sia di fatti alternativi tra loro, in quanto tale meto risponde a un’esigenza della difesa, posto che l’imputato è messo in condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattit processuale (Sez. 1, n. 2112 del 22/11/2007 – dep. 15/01/2008, Rv. 2386360). Ciò che si spiega in un contesto di parziale esistenza della documentazione contabile, ma che impone una evidente scelta al giudice, in sede decisoria.
2.5. I giudici di merito, come si è visto, hanno affermato che, all’esito dello scrutinio dibattimentale, il fatto integrato dalla condotta dell’imputato riconducibile alla fattispecie della irregolare tenuta delle scritture in frode creditori, integrata dal mero dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda difficoltosa o impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali dell’impresa (Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013 (dep. 2014),Rv.258881; Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Rv. 284677 – 02, che ha ricordato come l’impedimento nella ricostruzione del volume degli affari o . del patrimonio del fallito non rappresenta l’evento del reato, ma costituisce una peculiare modalità della condotta, che interagisce sull’elemento psicologico nella sua connotazione di dolo intenzionale). Sotto tale profilo, si afferma, invero, che la formula legislativa ” in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o
del movimento degli affari” connota la condotta (e, dunque, l’elemento materiale del reato) e non la volontà dell’agente, così da escludere che la stessa possa configurare un dolo specifico. In sintesi, si ritiene che l’ostacolo alla ricostruzion del patrimonio e del volume di affari dell’impresa costituisca una connotazione modale della condotta oggetto di incriminazione, ritenendosi cioè tipici solo quei comportamenti che si risolvano in una oggettiva compromissione della utile e immediata fruizione dei dati contabili da parte degli organi fallimentari (Sez. 5, n. 21872 del 25/03/2010 Rv. 247444).
E’ bene anche specificare, sempre con riferimento all’ ipotesi c.d. generale, che l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, poichè è necessario chiarire, da parte del giudice di merito, la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, legge fall. (Sez. 5, n. 172 del 07/06/2006 (dep. 2007 ) Rv. 236031; conf. Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Rv. 262384). Il dolo generico della fattispecie “generale” deve essere, dunque, desunto, con metodo logico-inferenziale, dalle modalità della condotta contestata, e non dal solo fatto che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, fatto che costituisce l’elemento materiale del reato ed è comune alla diversa e meno grave fattispecie di bancarotta semplice, incriminata dall’art. 217, comma secondo, legge fall.( Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, Rv. 276910). Secondo consolidato principio di questa Sezione (cfr. sentenza n. 2900 del 02/10/2018 (dep. 2019 ) Rv. 274630), infatti, “La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fa/I., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2), legge fa/I., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.” In sostanza, nella ipotesi di bancarotta generale, la finalità dell’agente è riferita a un elemento costitutivo della fattispecie, ovvero alla Corte di Cassazione – copia non ufficiale
impossibilità di ricostruire il patrimonio e gli affari dell’impresa (Sez. 3, n. 4697 del 03/11/2004 Rv. 230482; conf. Sez. 5, n. 26907 del 07/06/2006, Rv. 235006).
Ancora, va richiamato, con riferimento alla “falsificazione” che, in apparenza, sembra connotare entrambe le fattispecie, l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità che ha tracciato la seguente linea di demarcazione: la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispecie di bancarotta documentale “specifica” può avere natura sia materiale sia ideologica, ma consiste, comunque, in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata. La condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale “generale”, invece, si realizza sempre con un falso ideologico contestuale alla tenuta della contabilità. In altri termini l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall., quella c.d. ‘generale’ (così, da ultimo, in motivazione Sez. 5, n. 5081 del 13/01/2020, COGNOME).
Come è stato efficacemente chiarito, per rimarcare, in modo ancora più netto, la differenza rispetto alla fattispecie di “omessa tenuta”, anche parziale, «occorre chiarire che rientra nella ipotesi “a dolo generico” il caso della omessa annotazione di dati veri allorché l’omissione consista non nella totale assenza di annotazioni, ma nella mancata annotazione di specifiche operazioni. Proprio questo consente di cogliere la differenza tra bancarotta fraudolenta documentale “specifica” e “generale” e la ratio sottesa al diverso elemento soggettivo richiesto: nel caso della bancarotta “generale” la fraudolenza è pressoché insita nella condotta materiale di alterazione della valenza delle scritture, sicché è sufficiente il dolo generico; mentre nel caso della bancarotta “specifica” l’elemento oggettivo è polivalente sicché è richiesta una specifica direzione della volontà. In questa ottica le annotazioni incomplete, che incidono sul principio di continuità impedendo di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari (non come evento del reato, ma come carattere modale della condotta), danno comunque la parvenza che la contabilità rifletta l’operatività dell’impresa e dunque creano quell’inganno che è punito nella “bancarotta generale”.»( Sez. 5 n. 42546 del 07/11/2024, Rv.287175)
2.6. Di tali principi i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione laddove hanno ravvisato la fattispecie di bancarotta c.d. generale, atteso che per quanto si legge nelle sentenze – le scritture contabili, pure istituite, eran tenute, nel periodo di amministrazione del ricorrente, in maniera parziale e irregolare, presentando vistose carenze, sprovviste di supporto documentale di
riscontro (fatture, contratti a supporto dei costi sostenuti), circostanza che integra, d’evidenza, l’elemento oggettivo del reato di bancarotta documentale contestato, essendosi anche posto in luce l’obbligo del fallito ( inosservato nella specie) di depositare anche le scritture fiscali obbligatorie ( donde l’infondatezza della deduzione difensiva sul punto dell’assenza di riscontro formale).
In realtà, risulta adeguatamente argomentato il dolo generico già dal primo giudice, sul rilievo della piena conoscenza, da parte del ricorrente, delle strategie criminali dei correi, dal momento che lo COGNOME aveva, non solo accettato consapevolmente l’incarico formale, ma anche “aderito e partecipato alla fase ideativa del progetto criminoso del COGNOME, portandolo avanti in prima persona e omettendo di esercitare i poteri – doveri di vigilanza e controllo che gli derivavano dalla carica assunta”( pg. 20 della sentenza di primo grado).
2.7. A tanto può aggiungersi che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall., il dolo, generico, può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall’accertata responsabilità dell’imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta l’evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale( Sez. 5 n. 33575 del 08/04/2022 , Rv. 283659).
E, invero – venendo al secondo motivo -risulta allo stesso modo infondata la censura attinente alla affermata responsabilità per la bancarotta distrattiva, in relazione alla quale i giudici di merito hanno messo in luce come il ricorrente, all’epoca delle distrazioni, fosse amministratore di diritto della società, consapevole delle dinamiche sottostanti alle operazioni economiche in essere, e di come parte delle somme distratte siano state versate a società di cui egli stesso era amministratore, senza una congrua giustificazione.
3.1. La Corte territoriale ha, quindi, correttamente applicato consolidati principi di questa Sezione, con argomentazioni che non soffrono di illogicità, in presenza del dato oggettivo dell’ingiustificato versamento delle somme, condotta che correttamente è stata ritenuta infedele o sleale nel contesto della garanzia che grava sull’amministratore in vista della conservazione delle ragioni creditorie ed integrante il reato contestato, anche sotto il profilo soggettivo.
3.2. E’ noto, infatti, che, per pacifico orientamento, il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito, in cui si concretizza l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero
del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore degli organi concorsuali, e che la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti ( Sez. 5 n. 11095 del 13/02/2014, Rv. 262741; Sez. 5 n. 22894 del 17/04/2013, Rv. 255385; Sez. 5 n. 3400/05 del 15/12/2004 , Rv. 231411; Sez. 5 n. 7048 del 27/11/2008, Rv. 243295). Tanto in ragione della posizione dell’imprenditore di garante nei confronti dei creditori, i quali confidano nel patrimonio dell’impresa per l’adempimento delle obbligazioni sociali. Da qui, la diretta responsabilità dell’imprenditore, quale gestore di tale patrimonio, per la sua conservazione ai fini dell’integrità della garanzia. La perdita ingiustificata del patrimonio o elisione della sua consistenza costituisce un vulnus alle aspettative dei creditori e integra, pertanto, l’evento giuridico presidiato dalla fattispecie della bancarotta fraudolenta. Tali considerazioni giustificano la, solo apparente, inversione dell’onere della prova incombente sul fallito, in caso di mancato rinvenimento di beni da parte della procedura e in assenza di giustificazione al riguardo ( nel senso di dare conto di spese, perdite o oneri compatibili con il fisiologico andamento della gestione imprenditoriale), poiché, anche in ragione dell’obbligo di verità gravante sul fallito ai sensi dell’art. 8 comma 3 della legge fallimentar con riferimento alla destinazione di beni di impresa al momento in cui viene interpellato da parte del curatore, obbligo presidiato da sanzione penale, si tratta di legittima sollecitazione affinchè il diretto interessato dia adeguata dimostrazione, in quanto gestore dell’impresa, della destinazione dei beni o del loro ricavato (Sez. 5 n. 7588 del 26/01/2011, rv.249715), derivando dal prelievo di somme dalle casse sociali, la valida presunzione della loro dolosa distrazione, essendone pacifica la previa disponibilità, da parte dell’imputato, accertata nella loro esatta dimensione (Sez. 5, n. 35882 del 17/06/2010 Rv. 248425). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La decisione gravata si è, dunque, conformata ai principi accreditati dalla giurisprudenza prevalente in tema di prova della bancarotta per distrazione, attestati sulla affermazione secondo cui ben può operare il meccanismo della presunzione dalla dolosa distrazione, rilevante, ai sensi dell’art.192 c.p.p., al fine di affermare la responsabilità dell’imputato, nel caso di un ingiustificato mancato rinvenimento, all’atto della dichiarazione di fallimento, di beni e valori societari, una volta accertata la previa disponibilit da parte dell’imputato, di detti beni o attività nella loro esatta dimensione e al d fuori di qualsivoglia presunzione (Rv. 248425 cit. ; (Rv. 201517 secondo cui (Sez. 2, n. 5838 del 09/02/1995 Rv. 201517). Le deduzioni difensive con le quali si introduce una ragione giustificatrice del versamento – correlato ad attività asseritamente svolte dalla destinataria su incarico della fallita – contrasta con la
ricostruzione dei giudici di merito e pretende una non consentita rivalutazione dei fatti.
3.2. Quanto al profilo soggettivo, come è noto, l’elemento psicologico del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale è costituito dal dolo generico; pertanto, è sufficiente che la condotta di colui che pone in essere o concorre nell’attività distruttiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l’intenzione dai causarlo ( Sez. 5 n. 51715 del 05/11/2014, Rv. 261739); si è precisato, altresì, che oggetto del reato in tale fattispecie, non è la consapevolezza del dissesto o la sua prevedibilità in concreto, quanto la rappresentazione del pericolo che la condotta costituisce per la conservazione della garanzia patrimoniale e per la conseguente tutela degli interessi creditori ( Sez. 5 n. 40981 del 15/05/2014, Rv. 261367). Coerentemente con la natura di reato di pericolo della bancarotta patrimoniale, non si richiede lo specifico intento di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza della mera possibilità di danno potenzialmente · derivante alle ragioni creditorie, e, infatti, si è ripetutamente affermato che dolo può essere diretto, ma anche indiretto o eventuale, quando il soggetto agisca anche a costo, a rischio di subire una perita altamente probabile se non certa ( Sez 5 n. 42568 del 19/06/2018, Rv. 273825; Sez. 5 n. 14783 del 09/03/2018, Rv. 272614; Sez. 5 n. n. 51715 del 05/11/2014, Rv. 261739; Sez. 5 n. 10941 del 20/12/1996, Rv. 206542).
3.3. Non ha alcun rilievo la deduzione in ordine alla notevole distanza temporale tra le condotte distrattive contestate all’imputato e la data del fallimento, alla luce dei principi espressi dalla sentenza delle sezioni unite ‘COGNOME‘, nella quale è stato chiarito che, al fine della sussistenza del reato d bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività; i fatti di distrazione, una vol intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni – di – insolvenza, non assumendo rilievo, pertanto, la lontananza nel tempo degli eventi che, a seguito della dichiarazione di fallimento, assumono valenza di distrazione penalmente rilevante. (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016 ud. (dep. 27/05/2016), COGNOME, rv. 266804)
4.Quanto all’ultimo motivo di ricorso, in primo luogo, si osserva che la questione non sembra essere stata posta dinanzi al giudice di primo grado; in ogni caso, la
risorse ad impieghi estranei alla sua attività; i fatti di distrazione, una vo intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni – di – insolvenza, non assumendo rilievo, pertanto, la lontananza nel tempo degli eventi che, a seguito della dichiarazione di fallimento, assumono valenza di distrazione penalmente rilevante. (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016 ud. (dep. 27/05/2016), COGNOME, rv. 266804)
4.Quanto all’ultimo motivo di ricorso, in primo luogo, si osserva che la questione non sembra essere stata posta dinanzi al giudice di primo grado; in ogni caso, la Corte di appello, nella sentenza impugnata, ha replicato alle deduzioni dell’appellante sul punto, e la lettura dell’atto di costituzione non ne evidenzia la dedotta inammissibilità. Le ragioni della costituzione di parte civile risultano infatti, sufficientemente delineate, e correttamente sono state ritenute dalla Corte territoriale idonee a fondare la ammissibilità della domanda anche ai sensi del novellato art. 78 comma 1 lett. d) cod. proc. pen.
4.1. E’ noto, invero, che le Sezioni unite, con la sentenza del 21 settembre 2023 (ud. 25 maggio 2023), n. 38481, hanno preso posizione in merito ai requisiti richiesti per l’atto di costituzione di parte civile, giacchè, ha affermato, «la modifica dell’art. 78 comma 1 lett. d) c.p.p., ad opera della cd. riforma Cartabia, non può restare indifferente ai fini della spiegazione del significato del nuovo comma 1-bis dell’art. 573 al quale offre, invece, un necessario completamento, ed assume, anzi, un rilievo decisivo proprio agli effetti della risoluzione del contrasto giurisprudenziale su cui le Sezioni Unite sono chiamate ad intervenire».
Le Sezioni unite hanno, infatti, individuato, alla luce della relazione illustrativa del d.l.vo n. 150/2022, un collegamento con la disciplina della impugnazione ai soli effetti civili ( di cui all’art. comma 1 -bis dell’art. 573) essendosi chiarita la funzione della necessaria specificazione, nell’atto di costituzione, delle ragioni della domanda «agli effetti civili in correlazione con la mutata attribuzione della decisione di detta impugnazione al giudice o alla sezione civile competente cui il giudizio deve essere rinviato in prosecuzione». Se, dunque, si è osservato, «il giudizio è sempre quello iniziale che prosegue, senza soluzione di continuità, dalla sede penale a quella civile, il possibile epilogo decisorio oggi rappresentato, in caso di impugnazione residuata per i soli effetti civili, dall’art. 573, comma 1 -bis, cit., dovrà essere contemplato dalla parte civile sin dal momento dell’atto di costituzione e a tale epilogo la stessa dovrà dunque
far fronte strutturando le ragioni della domanda in necessaria sintonia con i requisiti richiesti dal rito civile».
Il Supremo Consesso ha, quindi, affermato che « se nella vigenza del precedente tenore della norma, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, era del tutto sufficiente, ad integrare la causa petendi cui si riferisce l’art. 78, comma 1, lett. d) cit., il mero richiamo al ca d’imputazione descrittivo del fatto allorquando il nesso tra il reato contestato e la pretesa risarcitoria azionata risultasse con immediatezza, ciò non può più bastare a fronte della nuova disciplina», richiedendosi «che le ragioni della domanda vengano illustrate secondo gli stilemi dell’atto di citazione nel processo civile, ovvero, secondo quanto prevede oggi l’art. 163, comma 3, n. 4, cod. proc. civ. con “l’esposizione in modo chiaro e specifico” delle stesse (alla stregua del testo attualmente risultante a seguito delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 12, lett. a), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, decorrenti dal 28 febbraio 2023 ed applicabili ai procedimenti instaurati successivamente alla data del 29 dicembre 2022 per effetto dell’art. 35, comma 1, di detto decreto, come modificato dall’art. 1, comma 380, lett. a), legge 29 dicembre 2022, n. 197, con le quali si è inserito appunto l’inciso “in modo chiaro e specificog».
4.2. Tenuto conto della piena equiparazione propugnata dalle Sezioni unite quantomeno circa la causa petendi, tra la dichiarazione di costituzione di parte civile nel processo penale ai sensi dell’articolo 78 cod. proc. pen. e l’atto d citazione nel processo civile ai sensi dell’articolo 163 cod. proc. pen., i parametro di giudizio al quale porre mente è costituito dagli insegnamenti della giurisprudenza civile circa i requisiti richiesti dall’articolo 163 cod. proc. c secondo cui, nell’atto di citazione civile relativo a un risarcimento del danno da fatto illecito, l’attore, pur non avendo l’onere di designare con un preciso nomen iuris il danno di cui chiede il risarcimento e nemmeno di determinarne il suo preciso ammontare, «ha invece il dovere di indicare analiticamente e con rigore i fatti materiali che assume essere stati fonte di danno. E, dunque, in cosa è consistito il pregiudizio non patrimoniale; in cosa è consistito il pregiudizi patrimoniale; con quali criteri di calcolo dovrà essere computato » (Sez. 3, civ. n. 13328 del 30/06/2015 (Rv. 636016 – 01).
In sintesi, la giurisprudenza civile riconosce che l’entità dell’ammontare del risarcimento del danno richiesto non sia requisito indispensabile ai fini della legittimità dell’atto di citazione civile, sebbene esiga l’individuazione dei criteri calcolo del danno patito.
4.3. Nel caso in scrutinio, la costituenda parte civile, per quanto emerge dall’atto depositato all’udienza preliminare (peraltro, prima della decisione delle Sezioni unite citate), ha esposto con sufficiente specificazione – conformemente
4.5. Può, dunque, affermarsi che risponde ai requisiti del novellato art. 78
comma 1, lett. d), cod. proc. pen., l’atto di costituzione di parte civile del curatela fallimentare nell’ambito di un giudizio per reati di bancarotta che, ai fin
della esposizione dei fatti, contenga la indicazione delle condotte illecite attraverso il richiamo alla analitica descrizione contenuta nei capi di imputazione,
e individui nel risarcimento del danno patrimoniale – specificamente indicato parametrandolo, ai fini del calcolo, alli entità delle distrazioni – il diritto
valere.
5. Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 16 giugno 2025
Il Cons