Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4554 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4554 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CAGLIARI il 13/05/1973
avverso la sentenza del 30/01/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria scritta del Procuratore generale, COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
Letta la memoria depositata telennaticamente dal difensore di parte civile, avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso e, in via subordinata, a riqualificazione della condotta ai sensi dell’art. 217 Legge fall, con conferma delle statuizioni civili
Letta la memoria del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Cagliari ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari del 15/06/2022 che ha condannato NOME NOME alla pena di anni due di reclusione, con la pene accessorie ex art. 216 ultimo comma legge Fall., nonché al risarcimento dei danni in favore della curatela fallimentare costituita perché ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale per avere tenuto, in qualità di amministratore unico della società IRP s.p.a., libri e scritture contabili in guisa tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La Corte di appello ha confermato il giudizio di penale responsabilità dell’imputato ritenendo che l’inattendibilità delle scritture contabili della società fallita fosse stata determinata da un guasto del software di gestione della stessa contabilità, manifestatosi già all’inizio dell’anno 2006, protrattosi per anni e mai eliminato dall’imputato, per come sostanzialmente ammesso dal medesimo.
L ‘imputato, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia inosservanza e/o erronea applicazione dell’art.223, comma 1 in relazione all’art. 216, comma 1,n.2, Legge fall.
Deduce che la Corte territoriale ha fondato il giudizio di penale responsabilità dell’imputato sul fatto che il medesimo avesse comunicato ai soci, soltanto nel corso dell’assemblea dei soci del 2009, che il bilancio del 2005 era basato su dati non corretti e vi era stato un ritardo nella stesura dei bilanci anche per gli anni successivi in quanto i dati contabili erano stati tenuti in modo errato. La sentenza di primo grado ha, invece, sottolineato che: nel novembre 2009, la società ha approvato i bilanci dal 2005 al 2008, provvedendo a rettificare e riapprovare quello del 2005, dando atto di un errore informatico che si era “trascinato negli anni”; la relazione del curatore fallimentare ha individuato le cause del dissesto nella sproporzione tra passività ed attività dal 2005 ed evidenziato che la presa di conoscenza dello stato di dissesto sociale sarebbe potuta avvenire in un momento precedente con una maggiore diligenza nel trovare una soluzione al guasto informatico che aveva impedito la corretta gestione della contabilità; la responsabilità del ricorrente è stata fondata sulla circostanza che le irregolarità si sono prolungate per circa quattro anni e che il ricorrente, soltanto nel corso dell’assemblea del 30.11.2009, ha informato i soci; i problemi informatici sono stati, tuttavia, risolti nel 2009, prima della
sentenza dichiarativa di fallimento, ed il reato contestato non può dirsi integrato.
2.2. Con secondo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del delitto di cui agli artt. 223, I comma, e 216, I comma n.2, R.D.267/1942 (art. 606 lett. E c.p.p.).Deduce che la Corte di appello di Cagliari, con sentenza (irrevocabile), n. 5/2011 del 10 dicembre 2010, ha revocato il fallimento affermando, pur nella consapevolezza dell’intervenuto guasto informatico, che la situazione patrimoniale delia società, portata a conoscenza dei creditori, coincideva con quella reale e che doveva escludersi la presenza di condotte volte a nascondere la reale situazione finanziaria della società. La sentenza impugnata si sarebbe limitata, tuttavia, a richiamare la suindicata sentenza civile, senza alcuna argomentazione sulle circostanze emerse in quel giudizio, in violazione degli artt. 187 e 192 cod.proc.pen, ai sensi dei quali le decisioni irrevocabili pronunciate in un giudizio civile devono essere ritenute utilizzabili, ai fini della prova del fatto in esse accertato, pur non essendo vincolanti per il giudice penale. Anche nel verbale di assemblea dei soci del 30/11/2009, il cui contenuto era testualmente riportato nella suindicata sentenza, era precisato che il bilancio approvato per l’anno 2005 aveva rappresentato una errata valutazione dei ricavi in esercizio “in conseguenza di un errore informatico che si è trascinato negli anni”, influendo sulla mancata redazione dei bilanci per gli anni successivi, ma che tuttavia la società aveva ricostruito “l’origine dell’errore e portato a quadratura i dati”. La ricostruzione del patrimonio e degli affari della società in base alla contabilità esistente al momento della sentenza dichiarativa di fallimento era stata possibile, essendo stato determinato il passivo del fallimento.
2.3.Con terzo motivo denuncia vizio di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del ritenuto reato di bancarotta documentale fraudolenta. In particolare, deduce, con richiamo di argomenti giurisprudenziali, che il reato presuppone la consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile sia in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, ovvero un animus nocendi o lucrandi (così: Cass. penale sez. V sentenza 20.12.2023, n. 5119; Cass. penale sez. V sentenza 5.11.2020,n.2483); si duole, inoltre, della mancanza, nella sentenza impugnata, di una motivazione grafica sul punto.
2.4. Con quarto motivo denuncia vizio di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del contestato e ritenuto reato deducendo che la sentenza della Corte di appello di Cagliari, del 10/12/2010, resa in sede di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, avrebbe escluso ogni profilo doloso nella condotta dell’amministratore,
ammettendosi soltanto un possibile profilo di negligenza o imperizia. Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata è carente non avendo fornito risposta ai rilievi della difesa diretti a contestare la sussistenza del dolo.
3.11 Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
IL difensore di NOME parte civile, con memoria depositata telematicamente, ha chiesto il rigetto del ricorso e, in via subordinata, la riqualificazione della condotta ai sensi dell’art. 217 Legge fall. con conferma delle statuizioni civili.
Il difensore dell’imputato ha concluso depositando memoria con la quale ha insistito per l’annullamento del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso.
La Corte territoriale ha ritenuto integrato il reato di bancarotta fraudolenta documentale generica considerando che l’imputato, in quanto a conoscenza del guasto informatico al sistema di tenuta della contabilità ed avendo approvato i bilanci del periodo 2005-2009, ma soprattutto quello dell’anno 2005, con ritardo, sarebbe stato consapevole dei problemi riscontrati nella tenuta della contabilità e dell’impossibilità di garantire una corretta gestione e controllo del patrimonio sociale rimproverandogli di avere, nonostante, ciò, deciso di proseguire nell’attività sociale senza adottare tempestivamente un sistema alternativo della contabilità ordinaria e determinando le condizioni per un aggravamento del dissesto della società.
1.1.La norma incriminatrice di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fallimentare, come da tempo affermato da questa Corte, tende a tutelare l’agevole svolgimento delle operazioni della curatela; la disposizione circoscrive nel perimetro della rilevanza penale ogni manipolazione documentale che impedisca o intralci una facile ricostruzione del patrimonio del fallito o del movimento dei suoi affari da parte del curatore in aderenza al dato testuale della norma che richiede che le scritture siano state tenute in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. Il requisito dell’impedimento della ricostruzione del volume degli affari o del patrimonio del fallito, del tutto estraneo al fatto tipico descritto dall’art. 217, comma secondo, legge fallimentare, costituisce la peculiare modalità che connota la condotta della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, seconda parte, legge fallimentare (Sez. 5, n. 47683 del 04/10/2016, Rv. 268503 – 01;.Sez. 5, n. 11390 del 09/12/2020, dep. 24/03/2021,
COGNOME Mauro Nicola, Rv. 280729; Sez. 5, n. 32051 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 260774; Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013, dep. 03/02/2014, COGNOME, Rv. 258881; Sez. 5, n. 48523 del 06/10/2011, COGNOME, Rv. 251709; sez. 5, n. 26907 del 07/06/2006, COGNOME e altri, Rv. 235006). Il bene protetto dalla norma incriminatrice della bancarotta fraudolenta documentale è l’interesse dei creditori alla conoscenza del patrimonio dell’imprenditore destinato a soddisfare le loro ragioni, che viene leso dalla tenuta della contabilità in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o da renderla difficile; la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che la ricostruzione “aliunde” della documentazione non esclude la bancarotta fraudolenta documentale, atteso che la necessità di acquisire presso terzi la documentazione costituisce la riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari della società (Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262588; Sez. 5, n. 5503 del 15/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215255). Poiché nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale l’interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, COGNOME e altro, Rv. 265682; Sez. 5, n. 21588 del 19/04/2010, COGNOME, Rv. 247965; Sez. 5, n. 24333 del 18/05/2005, NOME, Rv. 232212; Sez. 5, n. 10423 del 22/05/2000, COGNOME, Rv. 218383), come nel caso in cui per la ricostruzione sia stato necessario fare capo a fonti di documentazione esterne ed ad appunti del fallito, che avrebbero dovuto restare clandestini (Sez. 5, n. 10423 del 22/05/2000, COGNOME, Rv. 218383).
1.2.Tanto premesso, nel caso in esame, la motivazione della sentenza impugnata non sfugge alle censure difensive in quanto non risultano evidenziati elementi sulla impossibilità o anche mera difficoltà, del curatore di procedere ad una ricostruzione la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, sì da integrare l’offesa al bene giuridico protetto, tanto più considerato che un’approvazione dei bilanci, per il periodo 2005-2009 risulta intervenuta e che non risultano evidenziati, rispetto ad essi, profili di false attestazioni; la sentenza impugnata, come del resto la sentenza di primo grado, ha messo in evidenza come dal comportamento del ricorrente, consistito in una tardiva approvazione del bilancio per
l’anno 2005 e nel ritardare iniziative utili a garantire un immediata soluzione dei problemi di tenuta della contabilità connessi al guasto del sistema informatico, sia derivata piuttosto la difficoltà di prendere immediata contezza della situazione di grave crisi finanziaria nella quale la società versava.
1.3.Inoltre, con riferimento alla doglianza espressa con terzo motivo di ricorso, deve rilevarsi che, pur non essendo la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale “generica” un reato di evento, nel senso che l’impedimento nella ricostruzione del volume degli affari o del patrimonio del fallito non rappresenta affatto l’evento del reato, è evidente che tale situazione di impossibilità o estrema difficoltà ricostruttiva costituisce una peculiare modalità della condotta che interagisce anche sull’elemento psicologico del dolo, nella declinazione incontrastata del dolo generico, dovendo la condotta essere sorretta dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture “con la logica ed immanente consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore, e non anche la volontà dell’effetto di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari” (Sez. 5, n. 6769 del 18/10/2005, dep. 23/02/2006, COGNOME, Rv. 233997),
È inammissibile, invece, in quanto generica la doglianza espressa con secondo e quarto motivo. La difesa deduce che l’insussistenza del fatto dovrebbe ricavarsi dalla sentenza emessa dalla Corte di appello di Cagliari, in sede di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, emessa in data 10 dicembre 2010, allegata al ricorso, nella parte in cui si afferma che ” la situazione portata a conoscenza dei creditori coincide con quella reale” ( pag. 20) nonostante le irregolarità contabili registrate per gli anni precedenti cui la società ha posto rimedio in sede di approvazione dei bilanci 2005-2009, dopo avere risolto il problema legato al difettoso funzionamento del sistema informatico di tenuta della contabilità. Tuttavia, la specificità della causa petendi che ha caratterizzato tale giudizio , di opposizione avverso la decisione che aveva respinto l’istanza di ammissione al concordato, dà contezza della sua non immediata rilevanza ai fini del thema deddendum posto a fondamento dell’odierno giudizio, non potendo evidentemente la prova della esclusione della responsabilità dell’imputato essere ricavata da valutazioni espresse riguardo ad altri fini e del tutto sganciate dal richiamo di risultanze fattuali..
In conclusione, in accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso la sentenza deve essere annullata con rinvio a diversa sezione della Corte di appello di Cagliari per un nuovo giudizio. L’imputato non va condannato alla rifusione delle spese in favore della parte civile, considerate le ragioni dell’annullamento e tenuto conto del fatto che, nel caso di specie, la parte civile non risulta avere effettivamente
esplicato un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, non avendo fornito un utile contributo alla decisione ( Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960-03; Sez. 5, n. 34816 del 15/06/2021, COGNOME, non mass. ; Sez. 1, n. 17544 del 30/03/2021, COGNOME, non mass. ; Sez. 5, n. 26484 del 09/03/2021, Castrignano, non mass. ; Sez. 1, n. 34847 del 25/02/2021, COGNOME, non mass.).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari.
Così deciso il 06/12/2024.