Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28090 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28090 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME,a SELARGIUS il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a TORTOLI’ il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, il quale ha chiesto pronunciarsi l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla doglianze in tema di continuazione e la declaratoria di inammissibilità nel resto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 23 maggio 2023, la Corte d’appello di Cagliari, salvo ridurre la pena inflitta a NOME COGNOME per effetto della concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle ritenute aggravanti, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condanNOME il COGNOME e la moglie NOME COGNOME, avendoli ritenuti responsabili delle condotte distrattive loro rispettivamente ascritte, nonché il solo COGNOME in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto, contestate al COGNOME quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 5 marzo 2014, e alla COGNOME quale amministratrice della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, beneficiarie di alcune delle condotte distrattive.
Nell’interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod proc. pen.
2.1 Col primo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto irrilevanti i rapporti tra la società fallita e RAGIONE_SOCIALE, che, al contrario, erano fondamentali per intendere l’insussistenza delle condotte distrattive. Secondo il ricorso, per quanto emerso dalla deposizione del teste COGNOME e del consulente COGNOME, oltre che dalla documentazione della RAGIONE_SOCIALE – prodotta sin dalla fase delle indagini preliminari alla Guardia di Finanza – il carburante della RAGIONE_SOCIALE, ossia della società poi fallita, veniva acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE, amministrata dalla madre del COGNOME. Pertanto, rispetto alla società fallita non si era registrata alcuna distrazione, posto che le somme incassate per effetto della gestione dell’attività erano di pertinenza della società acquirente – la RAGIONE_SOCIALE, appunto – che coerentemente registrava gli incassi nella propria contabilità. Di conseguenza, al netto dell’irregolarità contabile operata dalla società poi fallita che aveva anch’essa provveduto alla registrazione degli incassi – doveva ritenersi che le somme contestate come oggetto di distrazione non appartenessero alla società fallita, come avvertito dal p.m. che, in primo grado, aveva chiesto la condanna solo in relazione alla bancarotta documentale.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta omessa motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME, sia quanto al dedotto ruolo di amministratrice meramente formale, sia in relazione all’assenza del dolo, poiché la RAGIONE_SOCIALE, dopo avere ricevuto le somme per effetto degli assegni indicati nel capo di imputazione, le restituiva attraverso l’emissione di
assegni in pagamento delle spese di gestione dell’impianto: il meccanismo, per quanto emerso dalla deposizione del COGNOME e dalla consulenza del COGNOME, scaturiva dall’impossibilità di utilizzo dei conti correnti della società fallita.
2.3. Col terzo motivo ,si lamentano vizi motivazionali, ribadendo che il sistema di doppia fatturazione degli incassi – e, per quanto qui rileva, la fittizia registrazione degli stessi da parte della fallita — aveva reso necessario operare con artifici contabili – non casualmente posti in essere a fine anno e con operazioni inverosimili per ingenti importi e in contanti – al fine di realizzare il risultat sostanziale di azzerare gli stessi, evitare la doppia imposizione correlata alla parallela registrazione da parte della RAGIONE_SOCIALE e far emergere la reale situazione della fallita. Secondo tale prospettazione, sia le regisl:razioni in entrata sia quelle in uscita erano fittizie, con conseguente totale inattendibilità delle scritture contabili, come emergeva dalla deposizione del teste COGNOME, il cui contenuto sarebbe stato completamente travisato dai giudici di merito. Si aggiunge che la motivazione della sentenza impugnata (in cui si era tratta la prova dell’esistenza di disponibilità finanziarie da parte della società fallita da dichiarazioni testimoniali, che avevano confermato il versamento di assegni in favore del COGNOME) rivelerebbe che le stesse condotte considerate come distrattive nel capo 1), perché versate sui conti di altre società per finalità estranee all’attività imprenditoriale, non potevano essere considerate anche come materialmente nella disponibilità della società fallita, ossia come oggetto della bancarotta distrattiva di cui al capo 2).
2.4. Col quarto motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al mancato riconoscimento della disciplina della continuazione con riguardo ai reati per i quali è intervenuta la sentenza di condanna del Tribunale di Lanusei, confermata da quella del 26 marzo 2019 della Corte d’appello di Cagliari. Questi ultimi, concernenti la bancarotta documentale della RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE, entrambe fallite nel 2006, riguardavano fatti sostanzialmente coevi alle irregolarità contabili della RAGIONE_SOCIALE, iniziate, secondo quanto riferito dal teste COGNOME, già nel 2000.
Aggiunge il ricorso che si sarebbe dovuto considerare anche la distrazione post-fallimentare avvenuta dal 13 al 31 luglio dello stesso 2006 e che, con riferimento alla bancarotta semplice oggetto del presente processo, la situazione di insolvenza della RAGIONE_SOCIALE si era manifestata, secondo quanto accertato dalla decisione di prirno grado, proprio nel 2006. Infine, si osserva che la RAGIONE_SOCIALE era succeduta nella gestione dell’impianto proprio alla RAGIONE_SOCIALE, a riprova della gestione unitaria e continua nel tempo della medesima attività di famiglia.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alle doglianze in tema di continuazione e la declaratoria di inammissibilità nel resto del ricorso, nonché note di replica nell’interesse dei ricorrenti.
Considerato in diritto
Il primo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione logica, sono, nel complesso, infondati.
Il terzo motivo -sin dalla rubrica evidentemente finalizzato a rafforzare le conclusioni del primo, quanto all’insussistenza delle contestate distrazioni – è infondato, ove lo si ritenesse destiNOME a contestare la sussistenza della bancarotta documentale, posto che la strumentalità delle false appostazioni a rendere le scritture coerenti con le modalità di gestione dell’attività imprenditoriale è esplicitamente riconosciuta in ricorso. Con riferimento alla bancarotta distrattiva, si osserva che è stato acclarato, in termini non equivoci, che importi certamente riferibili alla fallita – in quanto versati da terzi che avevano acquistato il carburante dalla fallita – sono stati fatti transitare su conti di terze società, in tal mod sottraendoli alla garanzia dei creditori.
Il fatto che tanto dipendesse dalle criticità che emergono dal ricorso stesso, e che impedivano alla società poi fallita una piena operatività sui propri correnti, è del tutto irrilevante, dal momento che il dato fattuale è rappresentato dalla costante protezione degli incassi ricevuti attraverso l’utilizzazione di conti intestati a terzi soggetti.
Il ricorso, peraltro, non contesta, se non in termini assertivi e generici, l’affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale le somme riversate presso terzi sarebbero poi state impiegate per saldare i debiti della società fallita: nella sentenza impugnata, si è razionalmente osservato che la mancata insinuazione di creditori diversi dall’Erario non rafforza logicamente la deduzione difensiva, in quanto si tratta di un dato equivoco, che ben potrebbe correlarsi all’assenza di attivo e alla presenza di un creditore privilegiato.
In realtà, l’assunto difensivo, più che mettere in discussione gli incassi da parte della società fallita che gestiva l’impianto di distribuzione, deduce che, da un punto di vista sostanziale ed economico, essi sarebbero stati di spettanza della RAGIONE_SOCIALE che aveva assunto su di sé l’onere dell’acquisto.
Ora, l’esistenza dei rapporti interni fra le due società non incide sul fatto che la RAGIONE_SOCIALE fosse gravata da debiti personali e
disponesse di risorse giuridicamente proprie rappresentate dagli incassi derivanti dalla vendita dei carburanti, destinati al soddisfacimento delle ragioni creditorie.
Rispetto alla sostanza di tali argomentazioni, il ricorrente reitera una prospettazione priva di giuridico fondamento, in quanto aspira a incrinare il titolo che giustifica l’appartenenza delle risorse con l’argomento secondo cui il carburante venduto dalla società poi fallita sarebbe stato acquistato in origine dalla RAGIONE_SOCIALE
Del tutto assertiva e generica è poi la deduzione che le somme versate in favore di terzi sarebbero le medesime somme oggetto delle distrazioni di cui al capo 2).
2. Il secondo motivo è fondato.
Esso, come anticipato, investe l’affermazione di responsabilità della COGNOME e la motivazione, in effetti assertiva, della Corte territoriale, che, a fronte di appello puntuale con il quale si deduceva il ruolo di mero prestanome della donna, ha affermato l’irrilevanza del fatto che il AVV_NOTAIO COGNOME non si fosse mai interfacciato con la donna. Siffatta affermazione non è, tuttavia, giustificata in alcun modo, né si correla ad alcuna puntuale analisi dei dati processuali che concernono la specifica posizione della ricorrente e, soprattutto, della reale consapevolezza delle modalità gestorie alle quali il marito faceva ricorso.
3. Il quarto motivo è, nel suo complesso, infondato.
Come anche di recente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Sez. 1, n. 15625 del 10/01/2023, Kritz, Rv. 284532), ai fini dell’applicazione della disciplina della continuazione, i singoli reati devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso, che deve essere deliberato per conseguire un determiNOME fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di reati, già concepiti nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, COGNOME, Rv. 266413-01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 255156- 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098-01). L’unicità del programma criminoso, a sua volta, non deve essere assimilata a una concezione esistenziale fondata sulla serialità delle attività illecite del condanNOME, perché in tal caso la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntato al crimine, e che dal crimine intende trarre sostentamento, e, pertanto, è piuttosto penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e l tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordiNOME al favor rei (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950-01). La verifica di tale preordinazione
criminosa, infine, non può essere compiuta dall’autorità giudiziaria sulla base di indici di natura meramente presuntiva ovvero di congetture processuali, essendo necessario, di volta in volta, dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso che, almeno nelle sue linee fondamentali, risulti unitario e imponga l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 671 cod. proc. pen., che può essere applicata, indifferentemente, sia per tutti i reati presupposti sia per una parte limitata di essi (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 26759601; Sez. 1, n. 35639 del 02/07/2013, COGNOME, Rv. 256307-01; Sei. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833-01).
Con specifico riguardo alla continuazione esterna avente ad oggetto reati commessi in relazione ad attività imprenditoriali, per le quali siano intervenute distinte sentenze di fallimento, questa Corte ha altresì chiarito che, ai fini dell’individuazione della contiguità cronologica quale indice della sussistenza della medesima identità del disegno criminoso, assume rilievo la data di commissione della condotta (Sez. 1, n. 24657 del 05/02/2019, Baldini, Rv. 276194 – 01).
La Corte territoriale, pertanto, al netto della svista materiale commessa indicando la data di inizio delle distrazioni “dalla metà del 2017” anziché “dalla metà del 2007” – errore materiale che non incide sulla razionalità delle argomentazioni spese – ha chiaramente valorizzato il dato cronologico delle distrazioni (e la loro distanza dalle condotte relative al distinto processo del quale si fa menzione nel quarto motivo di ricorso) per sottolineare l’assenza di una programmazione unitaria delle distinte condotte illecite. Peraltro, la strumentalità degli artifici contabili -sui quali si fonda la condanna per bancarol:ta documentalealla copertura delle disinvolte operazioni costituenti oggetto della condanna per bancarotta distrattiva è esplicitamente riconosciuta in ricorso (pur negandosi il fondamento di quest’ultima), talché il fatto che esista un buco contabile dal 2000 al 2003 – omissione, peraltro, non considerata dalla sentenza impugnata – è del tutto priva di logica correlazione con gli artifici successivi, che non riguardano omissioni ma, appunto, alterazioni delle annotazioni contabili.
Ancor meno un vincolo di carattere ideativo può essere razionalmente ravvisato tra le condotte fraudolente dei capi da 1 a 3 e l’omessa richiesta della dichiarazione di fallimento, se non sul piano – in sé irrilevante, in quanto privo di significatività quanto al tema della programmazione criminosa – della mera insorgenza dello stato di insolvenza.
Il cenno svolto in ricorso all’unitarietà del modus operandi è del tutto generico, poiché, secondo quanto si è sopra osservato, esprime piuttosto una concezione esistenziale fondata sulla serialità delle attività illecite del condanNOME.
Per i motivi fin qui esposti, il Collegio rigetta il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME; al rigetto dei ricorso, consegue, ex art. 606 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari. Rigetta il ricorso di COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12/04/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente