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Bancarotta distrattiva: compenso amministratore

La Cassazione conferma la condanna per bancarotta distrattiva di un amministratore per prelievi ingiustificati. Il compenso, anche se deliberato, deve essere provato congruo, altrimenti costituisce distrazione di beni aziendali.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Distrattiva: Il Compenso dell’Amministratore Sotto la Lente della Cassazione

La gestione di una società comporta oneri e responsabilità, ma anche diritti, come quello al compenso per l’attività svolta. Tuttavia, quando la società naviga in cattive acque, il confine tra legittima retribuzione e illecita sottrazione di risorse può diventare molto sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi paletti che delimitano questa area, chiarendo quando il prelievo di somme a titolo di compenso si trasforma nel grave reato di bancarotta distrattiva. Analizziamo il caso per comprendere i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Un amministratore di una S.r.l. immobiliare veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di bancarotta distrattiva. L’accusa si fondava su una serie di bonifici, per un totale di circa 38.650 euro, effettuati dalle casse sociali senza una causale chiara. Di questa somma, 12.000 euro erano stati versati a sé stesso, a titolo di compenso per i suoi 7 mesi di mandato, mentre i restanti 26.650 euro erano stati destinati a un terzo, asseritamente per prestazioni di consulenza finanziaria.

La Difesa dell’Amministratore

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su diversi punti:

1. Breve durata dell’incarico: Ha sottolineato di aver gestito la società per soli 7 mesi, in un periodo in cui non vi erano segni di insolvenza, cedendo poi l’amministrazione ad altri.
2. Legittimità dei pagamenti: Ha sostenuto che i 12.000 euro rappresentavano il suo giusto compenso mensile (2.000 euro al mese) e che i restanti 26.650 euro erano il corrispettivo per consulenze finanziarie documentate da fatture.
3. Mancanza di documentazione: Ha attribuito l’assenza di documenti giustificativi (come delibere autorizzative) a una successiva distruzione o occultamento da parte degli amministratori che gli erano succeduti, i quali avevano portato la società al fallimento.
4. Assenza di dolo: Ha affermato di non aver agito con la consapevolezza di arrecare un pregiudizio ai creditori, data la situazione di apparente solidità economica della società al momento dei fatti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la condanna. I giudici hanno ritenuto le argomentazioni della difesa manifestamente infondate e volte a ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti in sede di legittimità.

Le Motivazioni: Analisi della Sentenza sulla Bancarotta Distrattiva

La sentenza offre spunti cruciali per comprendere i contorni del reato di bancarotta distrattiva, specialmente in relazione ai compensi degli amministratori.

La Mancanza di Giustificazione Documentale

La Corte ha smontato la tesi difensiva secondo cui la documentazione giustificativa sarebbe esistita ma poi scomparsa. I giudici hanno sottolineato che nulla avrebbe impedito all’amministratore di conservare una copia, anche autenticata, dei documenti relativi a esborsi così significativi. In assenza di prove concrete, l’affermazione che tali documenti siano stati distrutti da terzi è stata considerata una mera supposizione, priva di fondamento. La responsabilità di provare la legittimità di un prelievo dalle casse sociali ricade su chi lo effettua.

La Congruità del Compenso come Requisito Essenziale nella Bancarotta Distrattiva

Questo è il cuore della decisione. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: non basta affermare di avere diritto a un compenso. Per evitare che il prelievo configuri una bancarotta distrattiva, è necessario dimostrare la congruità dell’importo. Tale valutazione deve basarsi su elementi oggettivi, quali:

* Gli emolumenti degli amministratori precedenti.
* I compensi medi in società dello stesso settore e dimensione.
* L’impegno orario effettivo.
* I risultati conseguiti.

Nel caso di specie, l’amministratore non ha fornito alcun elemento per supportare la congruità dei 2.000 euro mensili. Lo stesso vale per il compenso del consulente, la cui attività è rimasta del tutto generica e non specificata. Senza questa prova, i prelievi diventano distrazioni di patrimonio ai danni dei creditori.

L’Elemento Soggettivo (Dolo) nella Bancarotta Distrattiva

La Corte ha anche respinto la tesi dell’assenza di dolo. Per la configurazione del reato di bancarotta, non è richiesto che l’agente abbia agito con lo scopo specifico di causare il fallimento (dolo specifico). È sufficiente il cosiddetto dolo generico: la consapevolezza di effettuare un’operazione che diminuisce il patrimonio sociale, rendendo così più difficile per i creditori soddisfare le proprie pretese. Il fatto che il dissesto si manifesti in un momento successivo è irrilevante.

Le Conclusioni

Questa sentenza lancia un monito chiaro ad amministratori e professionisti: ogni prelievo dalle casse sociali deve essere non solo formalmente legittimo, ma anche sostanzialmente giustificato e provabile. Il diritto al compenso non è un’autorizzazione a disporre liberamente del patrimonio aziendale. In assenza di una prova rigorosa della congruità e della effettiva controprestazione, il rischio di incorrere nel grave reato di bancarotta distrattiva è estremamente concreto, anche se la società, al momento del pagamento, appariva ancora in salute.

Il prelievo di un compenso da parte dell’amministratore di una società poi fallita costituisce sempre bancarotta distrattiva?
No, non sempre. Tuttavia, non è sufficiente che il compenso sia previsto o deliberato. L’amministratore deve essere in grado di dimostrare che l’importo prelevato è congruo rispetto a parametri oggettivi (dimensione dell’azienda, settore, impegno richiesto, risultati). In assenza di tale prova, il prelievo è considerato una distrazione di patrimonio a danno dei creditori.

L’amministratore può giustificare prelievi affermando che i documenti contabili sono stati distrutti da altri?
No. Secondo la Corte, questa è una mera affermazione non provata. L’amministratore ha l’onere di conservare copia della documentazione che giustifica importanti esborsi. La responsabilità di provare la legittimità dei pagamenti ricade su chi li ha disposti, e la semplice accusa verso terzi non è sufficiente a esonerarlo.

Per commettere il reato di bancarotta distrattiva, è necessario che l’amministratore abbia voluto causare il fallimento della società?
No. La legge non richiede l’intenzione di provocare il dissesto (dolo specifico). È sufficiente la consapevolezza e la volontà di compiere l’atto di distrazione, ovvero di diminuire il patrimonio sociale a scapito dei creditori (dolo generico), a prescindere dal fatto che il fallimento sia considerato un evento certo o solo possibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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