Bancarotta Bene in Leasing: la Distrazione è Reato Anche se il Contratto è Risolto?
La gestione dei beni aziendali in prossimità di una crisi d’impresa è un terreno minato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale: la sottrazione di un bene aziendale costituisce reato di bancarotta bene in leasing anche se il relativo contratto era già stato risolto prima della dichiarazione di fallimento. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale per la tutela dei creditori.
I Fatti del Caso
Un imprenditore veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva. L’accusa era quella di aver sottratto un bene che la sua società utilizzava in virtù di un contratto di leasing. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che, a causa del mancato pagamento dei canoni, la società concedente aveva risolto il contratto di leasing prima che l’azienda dell’imputato venisse ufficialmente dichiarata fallita.
La Difesa dell’Imprenditore: I Motivi del Ricorso
L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali.
In primo luogo, sosteneva di non aver potuto commettere il reato di distrazione. A suo dire, una volta risolto il contratto, il bene non faceva più parte del patrimonio della società e, pertanto, la sua sottrazione non poteva configurare una bancarotta.
In secondo luogo, si doleva del fatto che la Corte d’Appello non avesse considerato le circostanze attenuanti generiche come prevalenti rispetto all’aggravante contestata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto entrambi i motivi di ricorso infondati, fornendo importanti chiarimenti sul reato di bancarotta fraudolenta in relazione ai beni detenuti in leasing.
Le Motivazioni: Il Principio della Disponibilità di Fatto nella Bancarotta Bene in Leasing
La Corte ha smontato la tesi difensiva principale basandosi su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Per configurare il reato di bancarotta distrattiva, non è necessario che il bene sia di proprietà formale dell’impresa fallita. Ciò che conta è la “disponibilità di fatto” del bene in capo all’imprenditore. Anche se il contratto di leasing era stato risolto, l’azienda aveva ancora il controllo materiale del bene e l’obbligo di restituirlo.
Sottraendolo, l’imprenditore ha impedito alla società concedente di rientrarne in possesso. Questa azione ha causato un pregiudizio diretto alla massa fallimentare. Infatti, l’inadempimento dell’obbligo di restituzione ha generato un debito per l’azienda fallita, un onere economico che finisce per gravare su tutti i creditori, riducendo le risorse disponibili per soddisfare i loro crediti. In sostanza, la distrazione ha impoverito il patrimonio aziendale, se non del valore del bene, del costo derivante dalla sua mancata restituzione.
Riguardo al secondo motivo, la Corte ha evidenziato come fosse basato su un presupposto errato. Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, i giudici di merito avevano già riconosciuto la prevalenza delle attenuanti generiche, rendendo la doglianza priva di fondamento.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza rafforza un principio di grande importanza pratica: la tutela del patrimonio aziendale in senso ampio. Per la legge penale, il patrimonio non è solo ciò che è di proprietà formale, ma tutto ciò che rientra nella sfera di disponibilità e controllo dell’impresa. Un amministratore non può sottrarre un bene in leasing, anche a contratto risolto, pensando di non commettere reato. L’obbligo di una gestione corretta e trasparente a tutela dei creditori si estende a tutti i beni che fanno parte del complesso aziendale, a prescindere dal titolo giuridico in base al quale sono detenuti.
Si può essere condannati per bancarotta per la distrazione di un bene in leasing se il contratto è stato risolto prima del fallimento?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato sussiste perché ciò che rileva è la disponibilità di fatto del bene da parte dell’imprenditore e il pregiudizio che la sua sottrazione causa alla massa dei creditori.
Perché la sottrazione di un bene in leasing, dopo la risoluzione del contratto, danneggia i creditori del fallimento?
Perché la mancata restituzione del bene alla società di leasing genera un onere economico (un debito) per l’inadempimento dell’obbligo di restituzione. Questo debito grava sulla massa fallimentare, riducendo le risorse disponibili per gli altri creditori.
Cosa intende la Corte per “disponibilità di fatto” del bene?
Si riferisce al controllo materiale e concreto del bene da parte della società, che lo utilizza per la propria attività, indipendentemente dal fatto che ne sia proprietaria o che il contratto di leasing sia ancora formalmente in vigore.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14593 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14593 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a FERMO il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE D’APPELLO DI ANCONA;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Ancona ha confermato la pronuncia di primo grado di condanna del ricorrente per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva;
Considerato che il COGNOME, con il primo motivo, assume violazione dell’art. 216, n. 1, I.fall. e correlato vizio di motivazione, in quanto egli non avrebbe potuto distrarre il bene concesso in leasing alla società atteso che, per il mancato pagamento dei canoni, il contratto era stato risolto dalla concedente prima della dichiarazione di fallimento;
Ricordato che, per fermo orientamento della giurisprudenza di legittimità, integra il reato di bancarotta patrimoniale la distrazione di beni entrati nella effettiva disponibilità della società fallita in virtù di un contratto di leasing’, r prima della dichiarazione di fallimento per inadempimento. Quel che rileva, a tal fine, è, infatti, la disponibilità di fatto, in capo all’utilizzatore, de successivamente distratti, considerato che, comunque, la sottrazione del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene gravata dell’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione, ai sensi dell’art. 79 I. fall. (Sez. 5, n. 44350 del 17/06/2016, COGNOME, Rv. 268469 – 01);
Ritenuto, dunque, il primo motivo manifestamente infondato;
Considerato che con il secondo motivo il ricorrente, nell’assumere un vizio della decisione impugnata nel non aver ritenuto le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, non si avvede che la sentenza di primo grado, confermata in parte qua dalla Corte territoriale, aveva già ritenuto le circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen. prevalenti sulle aggravanti;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024