Avvocato non cassazionista: il ricorso in Cassazione è nullo
La scelta del difensore è un momento cruciale in ogni fase del processo, ma assume un’importanza ancora maggiore quando si arriva all’ultimo grado di giudizio. Affidarsi a un avvocato non cassazionista per un ricorso davanti alla Suprema Corte può avere conseguenze disastrose, come dimostra una recente ordinanza che ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso proprio per questo motivo, condannando la parte ricorrente a pesanti sanzioni. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso Processuale
La vicenda trae origine da una sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) del Tribunale di Bolzano, che aveva condannato un’imputata alla sola pena pecuniaria. Il difensore di fiducia della persona condannata decideva di impugnare la decisione, qualificando il proprio atto come appello. Tale impugnazione veniva successivamente convertita in un ricorso per cassazione, l’unico mezzo previsto dalla legge in questi specifici casi.
Il ricorso veniva quindi trasmesso alla Corte di Cassazione per la sua valutazione. Tuttavia, un controllo preliminare ha fatto emergere una criticità formale insuperabile.
La Decisione della Corte e l’errore dell’avvocato non cassazionista
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è tanto semplice quanto perentoria: il difensore che ha proposto e firmato l’atto non era iscritto all’albo speciale dei Cassazionisti. Si tratta di un requisito di ammissibilità essenziale, la cui assenza impedisce al giudice di esaminare nel merito le questioni sollevate.
Di conseguenza, la Corte non solo ha respinto il ricorso, ma ha anche applicato le sanzioni previste dalla legge in caso di inammissibilità. La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine della procedura penale: la difesa davanti alle giurisdizioni superiori richiede una specifica abilitazione. L’iscrizione all’albo speciale degli avvocati cassazionisti garantisce che il legale possieda l’esperienza e la competenza necessarie per patrocinare davanti alla Suprema Corte, un organo che non riesamina i fatti ma valuta la corretta applicazione del diritto (giudizio di legittimità).
La mancanza di tale requisito rende l’atto di impugnazione radicalmente nullo. La Corte ha inoltre richiamato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che impone la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità del ricorso. Significativamente, i giudici hanno citato una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000) per escludere che la ricorrente potesse invocare una ‘assenza di colpa’ per l’errore del proprio difensore. La scelta del legale è una responsabilità che ricade sulla parte, la quale è tenuta a verificare le qualifiche del professionista a cui affida la propria difesa.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche per il Cliente
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale: prima di affidare un incarico a un legale, soprattutto per un ricorso in Cassazione, è dovere del cliente verificare che questi sia iscritto all’apposito albo speciale. Un errore di questo tipo non solo preclude ogni possibilità di vedere esaminate le proprie ragioni nel merito, ma comporta anche significative conseguenze economiche. La condanna al pagamento di una sanzione, ritenuta equa dalla Corte nella misura di 3.000 euro, rappresenta un ulteriore danno che si somma all’esito negativo del giudizio. La decisione sottolinea come la negligenza nella scelta del difensore non possa essere usata come scusante per evitare le sanzioni processuali, consolidando il principio di auto-responsabilità della parte processuale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione è presentato da un avvocato non cassazionista?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile, il che significa che la Corte non può esaminare il merito della questione e l’impugnazione non produce alcun effetto.
Chi paga le spese e le sanzioni se il ricorso è inammissibile per un errore formale del difensore?
La condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria ricade sulla parte ricorrente (il cliente), non sul difensore. La legge ritiene la parte responsabile della scelta del proprio legale.
È possibile evitare la condanna alle spese sostenendo di non avere colpa per l’errore del proprio avvocato?
No. La Corte di Cassazione, richiamando una precedente sentenza della Corte Costituzionale, ha stabilito che non è possibile invocare l’assenza di colpa per la scelta di un difensore non abilitato, poiché rientra nella responsabilità del cliente verificare le qualifiche del professionista.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25626 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25626 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ALZANO LOMBARDO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2023 del TRIBUNALE di BOLZANO
NOME
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I.
Rilevato che l’impugnazione – qualificata come “atto di appello” e poi convertita in ricors cassazione essendo stata inflitta dal g.i.p. del Tribunale di Bolzano la sola pena pecuniar proposta nell’interesse di NOME COGNOME per il ministero del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO del foro di Bergamo, è inammissibile perché l’indicato difensore non è iscritto al speciale dei Cassazionisti, come risulta dalla certificazione in atti;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024.