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Avviso messa alla prova: quando è nullo il decreto?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava la nullità del decreto di citazione a giudizio per la mancanza dell’avviso sulla messa alla prova. La Corte ha stabilito che il provvedimento del Tribunale non era abnorme e che l’eccezione era tardiva, distinguendo nettamente la disciplina della citazione diretta da quella del giudizio immediato.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Avviso Messa alla Prova: la Cassazione sui limiti della nullità

L’avviso messa alla prova è una comunicazione fondamentale per garantire il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato. Ma cosa succede se questo avviso manca nel decreto di citazione a giudizio? La sua assenza comporta sempre la nullità dell’atto? Con la sentenza n. 12310 del 2025, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, sottolineando l’importanza della tempestività delle eccezioni e le differenze strutturali tra i vari riti processuali. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: l’Eccezione di Nullità

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso un’ordinanza del Tribunale di Milano. L’imputato aveva eccepito la nullità del decreto di citazione a giudizio ricevuto nel 2021, lamentando la mancanza dell’avviso circa la facoltà di richiedere la sospensione del processo con messa alla prova. L’eccezione, tuttavia, era stata sollevata solo a distanza di anni dall’inizio del processo, in occasione della rinnovazione del dibattimento dovuta a un cambio nella persona del giudice.

Il Tribunale aveva rigettato l’eccezione, sostenendo che l’obbligo di tale avviso fosse stato introdotto da una normativa successiva all’emissione del decreto. L’imputato, ritenendo tale provvedimento “abnorme”, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo la violazione del diritto di difesa.

La Decisione della Cassazione sull’Avviso Messa alla Prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale di Milano. I giudici di legittimità hanno escluso che l’ordinanza impugnata potesse qualificarsi come un atto abnorme, sia dal punto di vista strutturale che funzionale.

Distinzione tra Citazione Diretta e Giudizio Immediato

Un punto chiave della sentenza riguarda la distinzione tra il procedimento per citazione diretta (il caso di specie) e quello per giudizio immediato. L’imputato aveva richiamato una pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 19/2020) che aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 456 c.p.p. proprio per la mancata previsione dell’avviso.

Tuttavia, la Cassazione ha precisato che la ratio di quella decisione si fondava sulla specificità del giudizio immediato, dove i termini per richiedere riti alternativi sono molto brevi e decorrono dalla notifica del decreto. Nel rito a citazione diretta, secondo la disciplina vigente all’epoca dei fatti, la richiesta di messa alla prova poteva essere formulata fino all’apertura del dibattimento. Di conseguenza, la mancanza dell’avviso non comportava una perdita irrimediabile della facoltà, rendendo il pregiudizio per la difesa meno grave.

L’importanza della tempestività dell’eccezione

La Corte ha inoltre stigmatizzato la tardività dell’eccezione. Essa è stata sollevata solo quando si è resa necessaria la rinnovazione del dibattimento per il mutamento del giudice. I giudici hanno chiarito che il cambio del giudice impone la ripetizione degli atti dibattimentali, ma non fa regredire il processo alla fase degli atti preliminari. Le questioni non sollevate tempestivamente in quella sede non possono essere riproposte in un momento successivo, specialmente se, come in questo caso, l’imputato non aveva mai manifestato un reale interesse per il rito alternativo.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità su una duplice base. In primo luogo, il provvedimento del Tribunale non è abnorme. Non è strutturalmente abnorme perché il giudice ha esercitato un potere che l’ordinamento gli attribuisce, ovvero decidere su un’eccezione processuale. Non è funzionalmente abnorme perché non ha causato una stasi del processo né una sua illogica regressione; al contrario, ha permesso al procedimento di proseguire.

In secondo luogo, l’eccezione dell’imputato era infondata nel merito e processualmente tardiva. Era infondata perché tentava di applicare estensivamente un principio giurisprudenziale nato per un rito diverso (giudizio immediato) con presupposti differenti. Era tardiva perché sollevata a notevole distanza dall’atto contestato e solo in una fase di rinnovazione dibattimentale, configurandosi come un mero tentativo dilatorio piuttosto che come l’esercizio di un diritto di difesa violato.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce due principi fondamentali della procedura penale. Primo, non ogni irregolarità procedurale è causa di nullità o, a maggior ragione, di abnormità. È necessario valutare il contesto normativo, la struttura del rito e il pregiudizio effettivo al diritto di difesa. Secondo, i diritti processuali devono essere esercitati con diligenza e tempestività. L’inerzia della parte non può essere sanata invocando tardivamente vizi procedurali, soprattutto quando il cambio del giudice non comporta una regressione del processo alla sua fase iniziale. La decisione, pertanto, funge da monito sull’importanza della strategia difensiva e del rispetto delle preclusioni processuali.

La mancanza dell’avviso di messa alla prova nel decreto di citazione a giudizio lo rende sempre nullo?
No. Secondo questa sentenza, per i decreti emessi sotto la disciplina previgente alla riforma Cartabia, dove la richiesta poteva essere fatta all’apertura del dibattimento, la mancanza dell’avviso non determina di per sé la nullità, a differenza dei riti come il giudizio immediato dove i termini per la richiesta sono molto più brevi e anticipati.

Un’eccezione processuale può essere sollevata in qualsiasi momento del processo?
No. Le eccezioni, come quelle relative alla nullità degli atti, devono essere sollevate tempestivamente nei termini previsti dalla legge. In questo caso, l’eccezione è stata ritenuta tardiva perché proposta solo in fase di rinnovazione del dibattimento dovuto al cambio del giudice, e non all’inizio del processo quando le questioni preliminari devono essere decise.

Cosa si intende per “provvedimento abnorme” in procedura penale?
Un provvedimento è considerato abnorme quando si colloca al di fuori del sistema processuale (abnormità strutturale) o quando, pur essendo formalmente legittimo, provoca una paralisi insuperabile del processo o una sua illogica regressione a una fase precedente (abnormità funzionale). Il semplice rigetto di un’eccezione non è stato ritenuto un atto abnorme.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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