Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44936 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44936 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato il 13/10/1957 a Lucera avverso l’ordinanza del 29/10/2024 della Corte di appello di Torino
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte di appello di Torino ha rigettato l’istanza di NOME COGNOME sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, di svolgere attività lavorativa (dal lunedì al venerdì, mattina pomeriggio) dando atto di averne già disposto la consegna all’autorità giudiziaria
francese, con provvedimento impugnato dinanzi alla Corte di cassazione, e ritenendo che la menzionata autorizzazione priverebbe di contenuto la misura cautelare applicata non garantendo l’esecuzione della consegna per il pericolo di fuga.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge in quanto l’ordinanza impugnata, con argomenti generici, non ha delineato le circostanze di fatto poste a fondamento del ritenuto concreto pericolo di fuga del ricorrente rispetto all’esercizio di un’attività lavorativa collocata a poche centinaia di metri dalla propria abitazione.
2.2. Con il secondo motivo censura il vizio di motivazione, consentito in quanto oggetto del ricorso è un appello avverso un’ordinanza che non dispone la misura coercitiva, atteso che la Corte di appello, senza individualizzare la valutazione ha presunto il pericolo di fuga sulla base del solo titolo di reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per genericità.
2.La difesa del ricorrente, a prescindere dalla qualificazione formale del primo motivo di ricorso, censura gli argomenti in base ai quali, pur sinteticamente, i giudici di appello hanno rigettato l’autorizzazione del consegnando, sottoposto agli arresti domiciliari, a svolgere un’attività lavorativa. Invero, il vizio dell’atto, an ove esistente, non potrebbe essere dedotto con ricorso per cassazione essendo questo consentito solo per violazione di legge in ragione del combinato disposto degli artt. 9, comma 7, I. n. 69 del 2005 e 719 cod. proc. pen.
Inoltre, il motivo è generico non solo perché non replica agli argomenti utilizzati dalla Corte per respingere l’istanza (permanenza delle già ravvisate esigenze cautelari giustificative della restrizione con pericolo di fuga, elusione delle stesse in ragione dell’estensione temporale dell’attività lavorativa oggetto di richiesta e pendenza del procedimento presso la Corte di cassazione a seguito del ricorso avverso la sentenza di consegna all’autorità giudiziaria francese), ma si limita a rappresentare, in modo indeterminato, la necessità di assicurare il sostentamento di NOME COGNOME e la volontà di smaltire il lavoro arretrato, senza tenere in alcun conto che il presupposto per l’autorizzazione lavorativa è costituito dall’assoluta indigenza dell’istante, da dimostrare e poi accertare con rigore proprio per la natura eccezionale della previsione di cui all’art. 284, cod. proc. pen.
3.11 secondo motivo è inammissibile in quanto censura il contenuto della motivazione in ordine al pericolo di fuga svolgendo deduzioni sulla non pertinenza degli argomenti utilizzati dalla Corte di appello che investono profili di merito la cui valutazione è stata operata nel provvedimento cautelare, non impugnato, ed è riservata alla fase della decisione sulla richiesta di estradizione, attualmente pendente, cui compete l’apprezzamento dei presupposti della consegna.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge 69 del 2005.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge 69 del 2005.