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Autonoma valutazione: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione chiarisce il concetto di autonoma valutazione del giudice nelle misure cautelari. Annullata l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva invalidato un provvedimento di custodia in carcere per difetto di motivazione. Secondo la Corte, se il giudice dimostra un vaglio critico, anche parziale, della richiesta del Pubblico Ministero, la sua valutazione è da considerarsi autonoma e legittima.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Autonoma valutazione del giudice: quando il ‘copia-incolla’ è legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30590/2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: il requisito della autonoma valutazione del giudice nell’adozione delle misure cautelari. Questa pronuncia offre chiarimenti fondamentali sui limiti della cosiddetta motivazione ‘copia-incolla’ dalla richiesta del Pubblico Ministero, stabilendo che un vaglio critico, anche se manifestato attraverso un accoglimento solo parziale della richiesta, è sufficiente a integrare il requisito di legge.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Milano, che aveva disposto la custodia cautelare in carcere per un indagato accusato di gravi reati, tra cui associazione per delinquere e reati tributari. L’ordinanza del GIP, un provvedimento di notevole mole, riprendeva ampiamente la richiesta formulata dal Pubblico Ministero.

Contro tale provvedimento, la difesa dell’indagato aveva proposto istanza al Tribunale del Riesame, il quale aveva annullato l’ordinanza cautelare. La ragione? Un presunto difetto di motivazione e, in particolare, la mancanza di un’autonoma valutazione da parte del GIP, che si sarebbe limitato a recepire acriticamente le argomentazioni dell’accusa.

Il Procuratore Europeo Delegato ha quindi presentato ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame, sostenendo la contraddittorietà e l’errata applicazione della legge processuale.

Il Principio della Autonoma Valutazione nelle Misure Cautelari

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 292 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge n. 47 del 2015. Tale norma impone al giudice di esporre in modo autonomo le ragioni che giustificano l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale.

Il Tribunale del Riesame aveva ritenuto che, nonostante il GIP avesse operato alcune distinzioni rispetto alla richiesta originaria del PM (come la riqualificazione di alcuni reati o l’esclusione di gravità indiziaria per altri indagati), la motivazione sulle parti accolte fosse insufficiente e non genuinamente ‘propria’.

Il Percorso Giudiziario e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la prospettiva del Tribunale del Riesame, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato nella loro giurisprudenza: l’obbligo di autonoma valutazione non implica la necessità di una riscrittura integrale o di una motivazione stilisticamente diversa da quella dell’atto di impulso dell’accusa.

Ciò che conta è la prova che il giudice abbia esercitato un controllo critico e consapevole. Tale controllo, secondo la Corte, è ampiamente dimostrato proprio dagli elementi che il Riesame aveva sottovalutato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha chiarito che l’accoglimento parziale di una richiesta cautelare è, di per sé, un indice inequivocabile di una valutazione critica e non meramente adesiva. Se il giudice esamina una complessa richiesta, rigettandone parti, escludendo indagati o modificando le imputazioni, dimostra di averla vagliata nel suo complesso. In questo contesto, l’incorporazione delle parti della richiesta che ha ritenuto fondate e condivisibili (la cosiddetta motivazione per relationem) è perfettamente legittima, in quanto espressione di una ‘consapevole e argomentata condivisione’.

La Corte ha censurato il ragionamento del Tribunale del Riesame come contraddittorio, poiché da un lato riconosceva gli indici di un esame critico da parte del GIP, ma dall’altro concludeva illogicamente per l’assenza di autonoma valutazione. Inoltre, la Cassazione ha ricordato al Tribunale del Riesame che, di fronte a una motivazione ritenuta semplicemente insufficiente o stringata (ma non inesistente o meramente apparente), il suo potere-dovere è quello di integrare e correggere la motivazione, non di annullare sic et simpliciter il provvedimento.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante punto fermo per gli operatori del diritto. Essa stabilisce che il requisito dell’autonoma valutazione deve essere interpretato in senso sostanziale e non meramente formale. Gli indici di un vaglio critico, come il parziale rigetto o la modifica della richiesta del PM, sono sufficienti a soddisfare il dettato normativo. Di conseguenza, il giudice non è obbligato a riformulare con parole diverse le argomentazioni dell’accusa che ha deciso di fare proprie dopo un attento esame. Questa decisione annulla la pronuncia del Riesame e impone un nuovo giudizio che tenga conto di questi principi, riaffermando la validità di un approccio pragmatico e sostanzialista alla valutazione delle motivazioni cautelari.

Quando la motivazione di un’ordinanza cautelare può essere considerata frutto di ‘autonoma valutazione’ anche se riprende la richiesta del PM?
Secondo la Cassazione, l’autonoma valutazione è dimostrata quando il giudice esercita un vaglio critico sulla richiesta del Pubblico Ministero. Indici inequivocabili di tale vaglio sono il rigetto parziale della richiesta (per alcuni reati o alcuni indagati), la riqualificazione giuridica dei fatti o la scelta di misure cautelari diverse o meno afflittive rispetto a quelle richieste.

La tecnica del ‘copia-incolla’ dalla richiesta del PM è sempre illegittima?
No. Non è illegittima se dal provvedimento emerge che il giudice ha preso cognizione del contenuto, lo ha valutato criticamente e lo ha fatto proprio in modo consapevole. Se il giudice condivide le ragioni dell’accusa dopo averle esaminate, può legittimamente richiamarle o incorporarle per ragioni di economia processuale, soprattutto se ha già dimostrato il suo approccio critico rigettando altre parti della stessa richiesta.

Cosa deve fare il Tribunale del Riesame se ritiene la motivazione del GIP insufficiente ma non totalmente assente?
Il Tribunale del Riesame ha il potere-dovere di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato. Non deve annullare l’ordinanza se la motivazione, pur stringata o sintetica, esiste e permette di comprendere le ragioni della decisione. L’annullamento è riservato solo ai casi di motivazione mancante o meramente apparente, che non consente alcun controllo sulla decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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