Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30590 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30590 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore Europeo Delegato nel procedimento nei confronti di COGNOME nato a Milano il 26/2/1969
avverso l’ordinanza del 27/12/2024 del Tribunale di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio; udito per COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27 dicembre 2024 il Tribunale di Milano ha annullato, in accoglimento della richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME, l’ordinanza del 21 ottobre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata disposta l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dello stesso COGNOME, indagato per i reati di cui agli artt. 416 e 416-bis 1 cod. pen. (capo OA), 61-bis, 81 cpv. e 110 cod. pen. e 8 d.lgs. n. 74 del 2000 (capi 1, 4, 9, 12 e 15), rilevando un difetto di motivazione, o, comunque, di autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari, a proposito degli indizi di responsabilità in ordine a tali re e anche in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e ai criteri di scelta della misura.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Europeo Delegato, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e l’illogicità della motivaz dell’ordinanza impugnata.
Ha esposto che con l’ordinanza del 21 ottobre 2024, annullata dal Tribunale in accoglimento della richiesta di riesame dell’indagato COGNOME il Giudice per le indagini preliminari, in parziale accoglimento della richiesta del Pubblico ministero, aveva applicato all’indagato la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai soli reati di cui agli artt. 416 e 416-bis 1 cod. pen. (capo OA), 61-bis, 81 cpv. e 110 cod. pen. e 8 d.lgs. n. 74 del 2000 (capi 1, 4, 9, 12 e 15).
Tale ordinanza era stata annullata dal Tribunale per difetto di motivazione, sia nella parte relativa alla sussistenza dei gravi indizi di responsabilità, sia co riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari, ma con motivazione contraddittoria, in quanto lo stesso Tribunale, nel pervenire alla suddetta pronuncia di annullamento, aveva riconosciuto che la motivazione dell’ordinanza applicativa della misura era graficamente esistente, in quanto il Giudice per le indagini preliminari, in un provvedimento di oltre millecento pagine, aveva riportato integralmente la richiesta del Pubblico ministero, facendo seguire a ogni paragrafo della richiesta proprie valutazioni, connotate anche in termini graficamente diversi e denominate “valutazioni Gip”, sottolineando che il Giudice per le indagini preliminari aveva diversamente qualificato alcuni fatti (ad esempio quelli di cui ai capi 168 e 169), aveva ritenuto non fondate alcune contestazioni (quelle di cui ai capi 163 e 164), e aveva escluso la gravità indiziaria per alcuni indagati, con osservazioni dimostrative di un atteggiamento critico nell’esame delle richieste cautelari.
Nonostante ciò il Tribunale aveva, contraddittoriamente, ritenuto insufficiente tale motivazione, pur essendo stata data contezza degli elementi di fatto più significativi riportati nella richiesta cautelare, della selezione compiuta dal prim giudice di tali elementi, del parziale accoglimento della richiesta (sia in relazione alle imputazioni sia riguardo agli indagati cui applicare la misura), della graduazione delle misure da applicare rispetto a quanto richiesto dal Pubblico ministero, con la conseguente sussistenza del denunciato vizio di contraddittorietà e illogicità della motivazione.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b), cod. proc. pen., l’errata applicazione da parte del Tribunale degli artt. 272 292, comma 2, lett. c), e 309, comma 9, cod. proc. pen., in quanto in contrasto, a proposito della adeguatezza della motivazione e, in particolare, del requisito della autonoma valutazione del quadro indiziario e degli altri presupposti applicativi delle misure cautelari, con gli orientamenti consolidati sul punto della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, anche successivamente alla novella del 2015, la incorporazione della richiesta cautelare nel provvedimento applicativo della misura, o il rinvio alla stessa, sono possibili se siano esplicitat indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte ad altri atti del procedimento, le ragioni che giustificano l’adozione del provvedimento cautelare e i criteri adottati dal giudice nella valutazione degli indizi e degli altri elementi da considerare.
Lo stesso Tribunale aveva, contraddittoriamente, richiamato le parti dell’ordinanza applicativa della misura che si differenziano dalla richiesta del Pubblico ministero, affermando, però, che le considerazioni del giudice della cautela risultavano generiche e assertive, benché nell’ordinanza applicativa della misura annullata dal Tribunale fossero stati indicati i criteri di metodo seguiti nell valutazione dei risultati delle indagini posti a fondamento della richiesta, l rilevanza delle dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie di più coindagati, i riscontri probatori esterni di tali dichiarazioni (costituiti da conversazioni a mezzoin captazioni ambientali e dagli accertamenti della polizia giudiziaria sulle frodi carosello), gli elementi a carico di COGNOME riguardo ai reati fine, gli elementi da cui era stata autonomamente ricavata la sussistenza delle esigenze cautelari (in particolare la recidiva contestata a COGNOME) che, però, erano stati trascurati dal Tribunale.
L’affermazione del Tribunale, secondo cui sarebbe assente nell’ordinanza applicativa della misura la prescritta autonoma valutazione degli elementi indiziari e delle esigenze cautelari, sarebbe, pertanto, apodittica, non essendo stato considerato che nell’ordinanza annullata, per oltre 100 pagine, erano stati esaminati tutti gli aspetti strutturali delle specifiche fattispecie contestate, era state richiamate puntualmente le parti condivise della richiesta del Pubblico ministero, era stata rigettata la richiesta per uno degli indagati (NOME COGNOME, era
stata esclusa la gravità indiziaria a carico di alcuni degli indagati per alcun contestazioni, era stata compiuta una scelta delle misure cautelari in parte diversa rispetto a quelle oggetto della richiesta, era, infine, stata compiuta una diversa qualificazione di alcune delle condotte contestate.
Si censura, infine, la valutazione frazionata della motivazione dell’ordinanza applicativa della misura che sarebbe stata compiuta dal Tribunale, di cui, invece, avrebbe dovuto essere considerato il complessivo percorso motivazionale, idoneo, nella sua struttura complessiva, a dare conto adeguatamente delle ragioni della decisione e della prescritta autonoma valutazione sia del quadro indiziario, sia delle esigenze cautelari, sia della adeguatezza della misura applicata all’indagato COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Pubblico ministero è fondato.
2. Va, in premessa, rammentato che la giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664 – 01; nonché, tra le tante, Sez. 2, n. 55199 del 29/05/2018, COGNOME, Rv. 274252 – 01; Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014, COGNOME Rv. 261839 – 01; Sez. 6, n. 48428 del 08/10/2014, Barone, Rv. 261248 – 01; Sez. 4, n. 4181 del 14/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238674 – 01), da tempo, ha chiarito che la motivazione per relationem è legittima, purché: faccia riferimento ad altro atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto delle ragioni del provvedimento di riferimento, ritenendole coerenti con la decisione; l’atto di riferimento sia conosciuto dall’interessato, o almeno sia a lui ostensibile, quanto meno quando si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed eventualmente di gravame.
È stato poi aggiunto che l’obbligo di autonoma motivazione deve essere osservato qualora il provvedimento si discosti dalle ragioni dell’atto richiamato, mentre se l’atto richiamante condivide le ragioni di quello richiamato, è sufficiente che il contenuto del secondo sia fatto consapevolmente proprio dal primo che, solo per ragioni di economia processuale si limita a richiamarne il contenuto (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274403 – 01; Sez. 2, n. 25750 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 270662 – 01; Sez. 6, n. 51936 del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268523 – 01; Sez. 2, n. 6966 del 26/01/2011, COGNOME, Rv. 249681 – 01; Sez. 3, n. 2125 del 27/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223294 – 01).
Inoltre, in materia di misure cautelari personali non è nulla per difetto assoluto di motivazione l’ordinanza applicativa in cui risulti trasfusa integralmente e alla lettera la richiesta del Pubblico ministero, sempre che risulti che il giudice abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni dell’atto incorporato, senza recepirlo acriticamente (Sez. 2, n. 3289 del 14/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265807 01; Sez. 1, n. 14830 del 28/03/2012, COGNOME, Rv. 252274 – 01; Sez. 2, n. 13385 del 16/02/2011, COGNOME, Rv. 249682 – 01).
Con specifico rilievo nel caso in esame, si è poi affermato che, in tema di misure cautelari personali, la necessità di un’autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall’art. 292 comma primo, lett. c), cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, deve ritenersi assolta quando l’ordinanza, benché redatta con la tecnica del cosiddetto copia-incolla, accolga la richiesta del Pubblico ministero solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne (Sez. 2, n. 25750 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 270662 – 01, cit.; Sez. 6, n. 51936, del 17/11/2016, COGNOME, Rv. 268523 – 01, cit.; Sez. 2, n. 3289 del 14/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265807 – 01, cit). Si è in proposito specificato che il diniego opposto dal Giudice che ha emesso la misura a una o più richieste formulate in sede di domanda cautelare soggettivamente od oggettivamente cumulativa segnala univocamente, infatti, che la richiesta stessa, nell’intero complesso delle sue articolazioni interne, è stata effettivamente e materialmente esaminata e valutata in senso critico e non meramente adesivo, così che l’accoglimento della stessa per altri indagati o per altre imputazioni cautelari, sia pure negli stessi esatti termini, anche linguistici e argomentativi, formulati dal Pubblico ministero, non può essere stigmatizzata in termini di mancato esercizio di quel dovere critico che la nozione di autonoma valutazione sottintende e che il rigetto di alcune richieste segnala come sicuramente esercitato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In tema di misure cautelari personali, è configurabile, dunque, un’autonoma valutazione da parte del giudice, ex art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., quando venga richiamato in maniera più o meno estesa il provvedimento impugnato con la tecnica di redazione “per incorporazione”, con condivisione delle considerazioni già svolte da altri, perché valutazione autonoma non vuol dire valutazione diversa o difforme, sempreché emerga dal provvedimento una conoscenza degli atti del procedimento e, se necessario, una rielaborazione critica degli elementi sottoposti a vaglio giurisdizionale, eventualmente con la graduazione o rigetto delle misure (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274403 – 01, cit.).
al;
3. Nel caso in esame il Giudice per le indagini preliminari si è attenuto a tali criteri, come, peraltro, evidenziato anche nella stessa ordinanza impugnata, laddove si sottolinea, riportando, mediante incorporazione nel testo della motivazione, ampi stralci della motivazione del provvedimento applicativo della misura oggetto della richiesta di riesame, che il Giudice per le indagini preliminari ha illustrato: lo svolgimento delle complesse indagini; gli elementi indiziari acquisiti a carico dei vari indagati (sia in ordine alla varie articolazioni associati costituenti il sodalizio unitario di cui al capo O, operanti in diversi ambiti territor sia in ordine ai reati fine tributari, fallimentari e di riciclaggio e autoricicl contestati); quelli specifici a carico del COGNOME (sia in ordine al reato associativo di cui al capo OA, sia riguardo ai reati fine); gli elementi dimostrativi del sussistenza delle esigenze cautelari.
Nonostante ciò, il Tribunale di Milano, nell’accogliere la richiesta di riesame, ha escluso l’idoneità della motivazione dell’ordinanza impugnata, ritenendola mancante della prescritta autonoma valutazione del quadro indiziario e degli elementi dimostrativi delle esigenze cautelari.
Tale conclusione risulta, però, non coerente con il ricordato orientamento della giurisprudenza di legittimità, risalente nel tempo e del tutto univoco, in quanto, come esposto nella stessa ordinanza impugnata, il Giudice per le indagini preliminari, dopo aver riportato, evidentemente per comodità espositiva, le richieste del Pubblico ministero, riepilogative anche dello svolgimento e degli esiti delle indagini, mantenendone anche la struttura e la suddivisione in capitoli e paragrafi, ha fatto seguire a ogni paragrafo della richiesta le proprie autonome osservazioni, connotate in termini anche graficamente diversi, denominate “valutazioni Gip”.
Nell’ordinanza impugnata, pur sottolineando, peraltro in modo assertivo, la sinteticità delle valutazioni compiute dal Giudice per le indagini preliminari, si evidenzia anche, a riprova della autonomia delle valutazioni compiute da tale giudice, la riqualificazione di alcune contestazioni (tra cui quelle di cui ai capi 16 e 169), la ritenuta infondatezza di altre (quelle di cui ai capi 163 e 164), l’esclusione della sussistenza della gravità indiziaria per alcuni indagati (NOME COGNOME per i fatti di cui ai capi da 43 a 47, NOME COGNOME per i fatti di cui ai c da 19 a 25, lo stesso richiedente COGNOME per i reati fine di cui ai capi 10 e 11), con osservazioni ritenute dallo stesso Tribunale dimostrative di un atteggiamento critico della prospettazione dell’accusa, ritenute, però, insufficienti o, comunque, non autonome per tutti i fatti per i quali il Giudice per le indagini preliminari accolto la richiesta cautelare senza procedere alla esposizione di un percorso motivazionale proprio.
Tale ultima affermazione del Tribunale risulta, però, contraria all’indirizzo ermeneutico ricordato, perché, accertato il compimento di una autonoma valutazione del quadro indiziario, ravvisata dallo stesso Tribunale alla luce delle autonome valutazioni compiute dal Giudice per le indagini preliminari, in alcuni casi difformi dalle richieste del Pubblico ministero, dimostrative anche dell’autonomo esame di dette richieste, l’accoglimento delle richieste ritenute fondate e condivisibili non postulava necessariamente una loro riscrittura o riformulazione né un percorso motivazionale diverso o alternativo, essendo consentito, come ricordato, il loro recepimento, nel caso, come quello in esame, di consapevole e argomentata condivisione.
Quanto affermato dal Tribunale a proposito della mancanza di motivazione a proposito della gravità indiziaria in ordine alla sussistenza del livello associativ superiore di cui al capo 0, che non sarebbe in alcun modo stata affrontata dal giudice della cautela, pare, anzitutto, privo di rilievo, avendo il giudice disposto misura nei confronti del ricorrente solo per la sottoarticolazione di cui al capo OA. In ogni caso, non versandosi in una ipotesi di motivazione del tutto priva di vaglio critico dell’organo giudicante, essendo comunque state indicate le ragioni della gravità indiziaria a proposito della esistenza di detta sottoarticolazione, o apparente, sussisteva il potere-dovere del tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impositivo della misura, in quanto questo era assistito da una motivazione che enunciava le ragioni della cautela, sia pure in forma stringata ed espressa per relationem in adesione alla richiesta cautelare (cfr. in proposito Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272596 – 01; Sez. 5, n. 3581 del 15/10/2015, dep. 2016, RAGIONE_SOCIALE Rv. 266050 – 01; Sez. 3, n. 49175 del 27/10/2015, COGNOME, Rv. 265365 – 01).
L’identità delle valutazioni espresse per ciascuna delle sottoarticolazioni, oltre a non incidere sulla motivazione di quella di cui è stato ritenute partecipe il richiedente COGNOME, ritenuta idonea dallo stesso Tribunale (come esposto alle pagg. 22 e 23 dell’ordinanza impugnata), non determina, di per sé, mancanza assoluta di motivazione o carenza della suddetta necessaria autonoma valutazione del quadro indiziario, in considerazione del richiamo alla ampia analitica richiesta del Pubblico ministero, condivisa dal giudice della cautela, e, soprattutto, della identità di struttura e modalità operative di dette sottoarticolazioni, che ben può giustificare l’analogia o la sovrapponibilità delle motivazioni sul punto.
La motivazione in ordine alla configurabilità della circostanza aggravante della transnazionalità, peraltro priva di rilievo in ordine alla valutazione del quadro indiziario, alla stregua del principio secondo cui non vi è interesse a contestare un provvedimento sulla libertà personale in ordine alla configurabilità di circostanze aggravanti quando dall’esistenza o meno di tali circostanze non dipenda, per l’assenza di ripercussioni sull’an o sul quomodo della cautela, la legittimità della
disposta misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489
– 01; Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508 – 01), non è assente, essendo stato fatto ampio e analitico riferimento alle dichiarazioni di RAGIONE_SOCIALE
cosicché, anche a questo proposito, non si versa in una ipotesi di motivazione assente o apparente, con la conseguente sussistenza del ricordato obbligo di
integrazione a carico del tribunale investito della richiesta di riesame.
Analogamente, per quanto riguarda le esigenze cautelari, non si versa, alla luce di quanto esposto nella stessa ordinanza impugnata, in una ipotesi di
motivazione assente o apparente, sia in ragione del rinvio compiuto dal primo giudice alla richiesta del Pubblico ministero; sia alla luce di quanto esposto, pur in
termini generali ma comunque validi a giustificare l’imposizione della misura, a proposito della gravità dei reati, alla dimensione della attività associativa, all
pericolosità dei coindagati e, più in generale, di tutti i soggetti coinvolti negli ill cosicché, anche a questo riguardo, non può utilmente discorrersi di motivazione
priva di autonomia, mancante o apparente.
Il ricorso in esame deve, dunque, essere accolto, essendo ravvisabili i vizi della motivazione e le errate applicazioni di disposizioni di legge processuale denunciate dal Pubblico ministero ricorrente, cosicché l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame della richiesta di riesame al Tribunale di Milano.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Milano competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso il 7/4/2025