Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20557 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20557 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Fabriano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/06/2023 della Corte di appello di Ancona;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, nell’interesse della parte civile NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso depositando anche nota spese;
letta la memoria difensiva degli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, nell’interesse di NOME COGNOME, con cui hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Ancona ha confermato la condanna del Tribunale di Ancona emessa nei confronti di NOME COGNOME per minaccia a pubblico ufficiale, così riqualificato il fatto originariament contestato ai sensi dell’art. 337 cod. pen.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, tramite il suo difensore, con i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto la persona offesa, ausiliaria del traffico, pubblico ufficiale o incaricata di pubblico servizio nonostante detta ultima qualifica sia stata introdotta soltanto con l’art. 12 -bis del Codice della strada (con il d. I. n. 76 del 2020, conv. in I. n. 120 del 2020), quindi successivamente ai fatti avvenuti 11 19 novembre 2015, in violazione degli artt. 25 Cost e 2 cod. pen.
Inoltre, la sentenza impugnata non ha tenuto conto che, nel caso di specie, l’ausiliaria del traffico era stata raggiunta dall’imputato, esaurita la propria atti di accertamento, e, dunque, quando non era nell’esercizio delle proprie funzioni, cosicché la condotta va qualificata come lesioni, improcedibili per mancanza di querela.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in ordine al dolo specifico di cui all’art. 336 cod. pen. in quanto i comportamento violento nei confronti dell’ausiliaria del traffico era stato successivo all’accertamento e, per questo, non era volto a condizionarne la volontà per indurla a compiere un atto contrario al dovere di ufficio, esprimendo, al più, una condotta qualificabile come lesioni o minacce, aggravate dalla qualità rivestita dalla persona offesa, improcedibili per assenza di querela.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, ai sensi dell’a 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale e le parti hanno depositato le conclusioni in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
La sentenza impugnata, da leggere come un unicum rispetto a quella del Tribunale di Ancona, ha ricostruito, in modo completo e coerente, la vicenda storico-fattuale sulla base di argomenti esenti da vizi in questa sede rilevabili e con una completa e sintetica descrizione delle prove assunte, già delineate nella sentenza di primo grado. In forza delle testimonianze, valutate come attendibili, era stato provato che l’ausiliaria del traffico, dopo avere lasciato sul parabrezza dell’auto dell’imputato il modulo di contestazione della violazione, per mancato pagamento del parcheggio, era stata raggiunta da questi che, dopo averla aggredita verbalmente, le aveva intimato di eliminare il verbale e, al suo rifiuto, l’aveva colpita con uno schiaffo.
Il primo motivo, che contesta la qualifica pubblicistica dell’ausiliario del traffico, è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha applicato il condiviso principio di diritto secondo il quale l’ausiliario del traffico, figura introdotta dal d. Igs. n. 285 del 1992 con l’art comma 3, quando esercita le funzioni di accertamento e di contestazione delle violazioni al Codice della Strada nelle aree concesse all’impresa da cui dipende, assume la qualifica di pubblico ufficiale per i poteri riconosciutigl dall’ art. 17, commi 132 e 133, I. n. 127 del 1997 – che disciplina le diverse figure appartenenti alla categoria degli ausiliari del traffico – così come interpretat dall’art. 68 I. n. 488 del 1999 (Sez. 6, n° 31409 del 19/07/23 che richiama Sez. U, n. 7958 del 27/03/1992, Delogu, Rv. 191171 e Sez. 6, n. 28412 del 08/03/2013, Nogherotto, Rv. 255606).
La figura dell’ausiliario del traffico è stata da ultimo disciplinata, in termini chiari, dall’art. 12-bis del Codice della Strada, “Prevenzione ed accertamento delle violazioni in materia di sosta e fermata”, introdotto dall’art. 49 del d. I. n. 76 2020, conv. nella I. n. 120 del 2020, che ha abrogato i commi 132 e 133 del citato art. 17 I. n. 127 del 1997 ed ha ampliato, rispetto al passato, i poteri dell’ausiliar del traffico, stabilendo quello che già costituiva giurisprudenza pacifica di questa Corte secondo i principi generali ovverosia che «Tale personale, durante lo svolgimento delle proprie mansioni, riveste la qualifica di pubblico ufficiale» (art. 12-bis, comma 2, ultima parte).
Alla luce di detto impianto normativo, diversamente da quanto sostenuto dal ricorso, sia prima che dopo l’introduzione dell’art. 12-bis del Codice della Strada,
l’ausiliario del traffico è sempre stato ritenuto dotato di una funzione pubblicistica nello svolgimento dei poteri attribuitigli di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta nell’ambito delle aree affidate.
Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato proprio alla luce dello svolgimento dei fatti accertato nelle sentenze di merito e sostanzialmente non contestato.
La condotta in esame integra il reato di cui all’art. 336 cod. pen. in quanto l’imputato, con il proprio comportamento ha usato minaccia per costringere la persona offesa, nella veste di incaricata di un pubblico servizio, ad annullare il preavviso di accertamento già emesso e, dunque, a non elevare la multa.
Nel delitto in esame l’atto contrario ai doveri di ufficio non appartiene all’elemento oggettivo, ma a quello del dolo specifico inteso come finalità che l’agente si propone con il suo comportamento. Ne consegue che se questi minaccia il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) per costringerlo a violar propri doveri od omettere un atto dell’ufficio, il delitto può dirsi consumato sia se l’attività commissiva o l’omissione cui è finalizzata l’azione dell’agente siano state già realizzate, sia che lo debbano ancora essere (Sez. 2, n. 1702 del 26/10/2021, dep. 2022, Rv. 282434).
Alla luce degli argomenti che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima di quantificare nella misura di euro tremila.
Inoltre, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile, NOME COGNOME, che liquida in complessivi euro 3686 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, NOME COGNOME, che liquida in complessivi euro 3686 oltre accessori di legge.
Così deciso il 18 aprile 2024
La AVV_NOTAIO estensora
DPresidente