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Attualità esigenze cautelari: la Cassazione decide

Con la sentenza n. 52142/2019, la Corte di Cassazione, Sez. 4 Penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro la custodia cautelare in carcere. L’indagato, accusato di essere a capo di un’associazione a delinquere dedita a furti a sportelli ATM, sosteneva la mancanza del requisito dell’attualità delle esigenze cautelari, dato il tempo trascorso dall’ultimo reato. La Corte ha stabilito che il mero lasso temporale non è sufficiente a escludere il pericolo di recidiva se altri elementi, come la profonda radicalizzazione criminale e la disponibilità a commettere nuovi illeciti, dimostrano che il pericolo è ancora concreto e attuale.

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Pubblicato il 8 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Attualità Esigenze Cautelari: Quando il Tempo Trascorso Non Annulla il Pericolo

Il concetto di attualità delle esigenze cautelari rappresenta uno dei cardini del nostro sistema processuale penale, un baluardo a tutela della libertà personale dell’indagato. Ma cosa succede quando è trascorso più di un anno dall’ultimo reato contestato? Questo tempo è sufficiente a far venir meno il pericolo di recidiva? Con la sentenza n. 52142 del 2019, la Corte di Cassazione offre un’analisi rigorosa, spiegando perché una valutazione meramente cronologica sia insufficiente.

Il Fatto: Associazione a Delinquere e Misure Cautelari

Il caso riguarda un soggetto indagato per un reato di estrema gravità: partecipazione a un’associazione a delinquere con il ruolo di promotore, capo e organizzatore. L’organizzazione criminale era altamente specializzata e finalizzata alla commissione di furti pluriaggravati ai danni di sportelli bancomat, utilizzando un modus operandi sofisticato che includeva jammer per disturbare segnali cellulari e GPS, e chiodi a più punte per ostacolare eventuali inseguimenti delle forze dell’ordine.

A fronte di un quadro indiziario grave, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva la misura della custodia cautelare in carcere. Contro tale provvedimento, la difesa proponeva ricorso, lamentando la violazione dell’art. 274, lett. c), del codice di procedura penale. L’argomento centrale era la presunta carenza del requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione, poiché l’attività delittuosa contestata si era interrotta ben tredici mesi prima dell’applicazione della misura.

La Questione Giuridica sull’Attualità delle Esigenze Cautelari

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione del requisito dell’attualità delle esigenze cautelari. Per poter limitare la libertà personale di un individuo non ancora condannato in via definitiva, la legge richiede che il pericolo che questi possa commettere nuovi reati sia non solo concreto, ma anche attuale. La difesa sosteneva che un’interruzione dell’attività criminale di oltre un anno fosse prova sufficiente dell’insussistenza di tale attualità.

La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a stabilire se il Tribunale del Riesame, nel confermare la misura, avesse correttamente motivato la persistenza di un pericolo attuale, nonostante il considerevole lasso di tempo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo gli Ermellini, la motivazione dell’ordinanza impugnata era immune da vizi logici o giuridici e aveva correttamente argomentato la sussistenza di un concreto ed attuale pericolo di reiterazione criminosa. La Corte ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, che non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma deve limitarsi a un controllo sulla coerenza e correttezza giuridica della motivazione.

Le Motivazioni

La Cassazione ha ritenuto del tutto logiche le argomentazioni del Tribunale del Riesame per giustificare l’attualità delle esigenze cautelari. Nello specifico, la decisione si fonda su diversi punti chiave:

* Inserimento in una Rete Organizzata: L’indagato non era un criminale occasionale, ma il vertice di una rete organizzata, altamente specializzata e dedita da anni a commettere reati sistematici. Questa elevata professionalità criminale e pericolosità sociale non svanisce con il semplice passare del tempo.
* Irrilevanza del Tempo Trascorso: La data di contestazione dell’ultimo reato (marzo 2018) non poteva essere considerata così risalente da annullare il pericolo. Inoltre, l’assenza di prove su episodi successivi era facilmente spiegabile con la cessazione dell’attività di intercettazione, avvenuta pochi mesi dopo l’ultimo fatto noto.
* Disponibilità a Delinquere: Anche dopo l’ultimo reato contestato, le indagini avevano rivelato che l’indagato si mostrava ancora disponibile a organizzare altre azioni illecite per sostenere economicamente i suoi associati.
* Radicamento Criminale: L’inserimento nel circuito criminale era talmente profondo che l’indagato si vantava di aver arricchito molte persone con la sua organizzazione. Erano inoltre pendenti altri procedimenti penali a suo carico, a dimostrazione di una persistente inclinazione al crimine.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre un insegnamento fondamentale: la valutazione sull’attualità del pericolo di recidiva non è un mero calcolo aritmetico basato sul tempo trascorso. È, al contrario, un giudizio complesso che deve tenere conto della personalità dell’indagato, della natura e gravità dei reati, della struttura criminale di appartenenza e di ogni altro elemento concreto che possa indicare la persistenza di un pericolo per la collettività. Per la Cassazione, di fronte a una pericolosità sociale così radicata e a una struttura criminale organizzata, il mero decorso di tredici mesi non è sufficiente a ritenere recisi i legami con l’ambiente criminale e a considerare superato il rischio di nuove, gravi condotte illecite.

Un lungo periodo di inattività criminale esclude automaticamente l’attualità delle esigenze cautelari?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il tempo trascorso è solo uno degli elementi da valutare. Se altri fattori, come la gravità dei reati, la professionalità criminale e la continua disponibilità a delinquere, indicano un pericolo concreto e attuale, la misura cautelare può essere giustificata.

In che modo la fine delle intercettazioni ha influenzato la decisione?
La Corte ha ritenuto che la mancanza di prove su reati successivi fosse spiegabile con la cessazione dell’attività di intercettazione. Pertanto, l’assenza di nuove prove non significava necessariamente l’assenza di nuove attività criminali, ma solo l’assenza di un monitoraggio investigativo.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare le esigenze cautelari?
Il suo ruolo è limitato a un controllo di legittimità. Non può riesaminare nel merito la sussistenza delle esigenze cautelari (compito del GIP e del Tribunale del Riesame), ma solo verificare che la motivazione della decisione impugnata sia logica, coerente e non basata su errori di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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